RE: APPELLO/APPEL/APPEAL

Posted: 8th Maggio 2021 by rivincitasociale in Politica
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APPELLO/ APPEL / APPEAL

Posted: 4th Marzo 2014 by rivincitasociale in Politica

14 febbraio 2023. (Aggiornato 20-04-2023)

DON’T TOUCH MY NAME!

Don’t touch my constitutional rights!

Benché, in Italia, Ponzio Pilato sia peggio di Giuda, nessuno si permetta di infangare il mio cognome.

Aspetto la dovuta risposta alle mie ultime PEC del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del Ministro della Salute Orazio Schillaci, dei Presidenti della Camera Onorevole Lorenzo Fontana e del Senato, Onorevole Ignazio La Russa e del Prefetto di Cosenza

Vedi PEC rimasti senza risposta fin qui con, in allegato, uno documento del Ministero della Salute richiedendo spiegazioni all’Ordine dei Medici di Cosenza. Il documento e altri simili sono disponibili qui: http://rivincitasociale.altervista.org/constrastare-terrorismo-italiano-mi-serve-un-avvocato-dufficio-fiducia-26-luglio-2020/

Vedi, in particolare, il DOC 5 .c. Documento_Principale_0031044-13_06_2019-DGPROF-MDS-P RINALDI 13-06-2019, vedi:http://rivincitasociale.altervista.org/wp-content/uploads/2020/07/DOC-5-.c.-Documento_Principale_0031044-13_06_2019-DGPROF-MDS-P-RINALDI-13-06-2019.pdf

Le PEC sopracitate sono disponibili qui: http://rivincitasociale.altervista.org/dont-touch-my-name-14-feb-2023/

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« Dall’Ucraina al precipizio, cantando? 29 gennaio 2023 ». Aggiornamento 24-08-2023, in http://rivincitasociale.altervista.org/dallucraina-al-precipizio-cantando-29-gennaio-2023/  

SARS-CoV-2 : BRÈVES/FLASH NEWS/BREVE, in: http://rivincitasociale.altervista.org/sars-cov-2-brevesflash-newsbreve/

A ) ULTIMA BREVE : 4 gennaio 2024. « Vaccini » Covid-19 contaminati con molecole di DNA …

11 novembre 2023. 1 ) Il libro cruciale di Christine Cotton sulla mancanza di rigore dei protocolli utilizzati nei studi clinici per i « vaccini » contro il Covid-19; 2 ) Dr. Drew afferma che 50 % dei giovani pazienti con miocardite soffrano di « danni cardiaci permanenti »; 3 ) Vaccini: “Ci siamo fidati della scienza, ora nessuno ci ascolta”. I governi firmatari dei contratti sapevano sin dall’inizio.

B ) 18-19 maggio 2023: Prepotenza dell’OMS, decessi in eccesso, il FMI e gli aiuti fiscali, ecc

C ) Data 29 marzo 2023,  « Bombshell Vax Analysis Finds $147 Billion In Economic Damage, Tens Of Millions Injured Or Disabled »,  by Tyler Durden,  Tuesday, Mar 28, 2023 – 09:20 PM, https://www.zerohedge.com/markets/bombshell-vax-analysis-finds-147-billion-economic-damage-tens-millions-injured-or-disabled  (incluso 26,6 milioni feriti, solo negli Stati Uniti, ecc, ecc …)

C ) Data 10 marzo 2023, Ecco una recente intervista dell’eminente genetista francese: « Alexandra Henrion-Caude : “Toutes les vérités sur le covid n’ont pas encore été dites !” », https://www.youtube.com/watch?v=jt93RxwLae0

D ) Data 28 gennaio 2023: Dr Campbell « Excess deaths in 30 countries », Jan 26, 2023. D ) Data 21 gennaio 2023: Domande da Rebel News al CEO di Pfizer. Da emulare altrove? e E ) Data 12-13 gennaio 2023. 1 ) « Tutti i vaccini COVID-19 con mRNA inducono morti cardiache improvvise »; 2 ) La teoria filo-semita nietzschiana dei « superuomini » prende ora la forma della fine della Specie umana da digitalizzare in più Specie algoritmiche diverse, in realtà caste create geneticamente : http://rivincitasociale.altervista.org/sars-cov-2-brevesflash-newsbreve/ )

Ecco una recente intervista dell’eminente genetista francese: « Alexandra Henrion-Caude : “Toutes les vérités sur le covid n’ont pas encore été dites !” », https://www.youtube.com/watch?v=jt93RxwLae0

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« Dovere di memoria: cosa intendo con il termine filo-semita nietzschiano ?» in http://rivincitasociale.altervista.org/dovere-di-memoria-cosa-intendo-con-il-termine-filosemita-nietzschiano/

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J’accuse : « Lettera aperta al Presidente della Repubblica, ai Presidenti della Camera e del Senato, alle deputate e ai deputati, alle senatrici e ai senatori, 18 aprile 2022 », in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-al-presidente-della-repubblica-ai-presidenti-della-camera-e-del-senato-alle-deputate-e-ai-deputati-alle-senatrici-e-ai-senatori-18-aprile-2022/

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA.  2 dic. 2021, (in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-al-presidente-sergio-mattarella-2-dic-2021/ )

Per il contesto, oltre alle lettere aperte qui sotto, vedi : « In memory of my elder brother Giuseppe De Marco medically murdered by Jews with the complicity of Canadians, Italians and others.*» in http://rivincitasociale.altervista.org/self-separation-the-united-states-and-israel-leave-unesco-good-riddance/

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Lettera aperta al Consiglio Superiore della Magistratura, 7 ottobre 2020. (English version included) http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-al-consiglio-superiore-della-magistratura-7-ottobre-2020/

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LETTERA APERTA AI PRESIDENTI DELLA CAMERA E DEL SENATO DELLA REPUBBLICA ITALIANA, 13 SETTEMBRE 2020, http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-ai-presidenti-della-camera-del-senato-della-repubblica-italiana-13-settembre-2020/

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Lista dei Presidenti del Consiglio, dei Ministri della Difesa, dei Capi di Stato-Maggiore, dei Ministri dell’Interno, della Salute, della Giustizia, del Copasir e delle istituzioni garanti, colpevoli dei mostruosi crimini perpetrati contro di me e la mia stirpe sin dal mio rimpatrio nel giugno 2013, (21 settembre 2020), http://rivincitasociale.altervista.org/lista-dei-presidenti-del-consiglio-dei-ministri-della-difesa-dei-capi-maggiore-dei-ministri-dellinterno-della-salute-della-giustizia-del-copasir-delle-istituzioni-garanti-colpevoli/

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Appello alla solidarietà pubblica. Diffondete la vostra indignazione cittadina contro questa mostruosa negazione della giustizia!

Parlamentari italiani, abbiate il coraggio di fare rispettare i nostri diritti costituzionali, almeno per una volta.

PER CONTRASTARE IL TERRORISMO DI STATO ITALIANO MI SERVE UN AVVOCATO D’UFFICIO DI FIDUCIA, 26 Luglio 2020,

http://rivincitasociale.altervista.org/constrastare-terrorismo-italiano-mi-serve-un-avvocato-dufficio-fiducia-26-luglio-2020/

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The solidarity of all law-abiding person will be welcome. Help make this monstrous persecution and absurd denial of justice public.

TO COUNTER ITALIAN STATE TERRORISM I NEED A LAWYER WORTHY OF TRUST, July 26, 2020. http://rivincitasociale.altervista.org/to-counter-italian-state-terrorism-need-lawyer-worthy-of-trust-july-26-2020/

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Appel à la solidarité internationale. Apportez votre concours pour rendre cette monstrueuse affaire publique et faire en sorte que la justice passe : POUR CONTRER LE TERRORISME D’ÉTAT ITALIEN, J’AI BESOIN D’UN AVOCAT DIGNE DE CONFIANCE, 26 juillet 2020,  http://rivincitasociale.altervista.org/pour-contrer-le-terrorisme-detat-italien-jai-besoin-dun-avocat-digne-de-confiance-26-juillet-2020/

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« Mancata risposta – da tutti i ministeri in carica. Rinnovo della mia PEC del 28 ottobre 2019 » 24 nov.2019, in http://rivincitasociale.altervista.org/mancata-risposta-dai-tutti-ministeri-carica-rinnovo-della-mia-pec-del-28-ottobre-2019/

Seconda lettera aperta al CSM, 4 settembre 2019, con tre prove fotografiche accusatrici, in  http://rivincitasociale.altervista.org/seconda-lettera-aperta-al-csm-4-settembre-2019/

Lettera aperta al Consiglio Superiore della Magistratura sulla violazione del mio domicilio, l’alterazione del mio cibo e delle mie bevande e gli atti intimidatori di chiaro stampo poliziesco-mafioso. 24 luglio 2019, (THE ENGLISH VERSION follows the Italian version/VERSION FRANҪAISE INCLUSE) in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-al-consiglio-superiore-della-magistratura-sulla-violazione-del-mio-domicilio-lalterazione-del-mio-cibo-delle-mie-bevande-gli-atti-intimidatori-chiaro-stampo-poliziesco-mafioso/

Lettera al Presidente del Consiglio ed al Ministro della Giustizia per la necessaria riapertura delle mie denunce disattese dalla Procura di Cosenza e l’intempestivo ristabilimento dei miei diritti fondamentali e della mia riputazione. 25 luglio 2019 in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-al-presidente-del-consiglio-ed-al-ministro-della-giustizia-la-necessaria-riapertura-delle-mie-denunce-disattese-dalla-procura-cosenza-lintempestivo-ristabilimento-dei-miei-diritti-fo/

LETTERA APERTA AL GOVERNO sulla gravissima mancata risposta dell’Ordine dei Medici di Cosenza. 21 aprile 2019 http://rivincitasociale.altervista.org/letter-aperta-al-governo-sulla-gravissima-mancata-risposta-dellordine-dei-medici-cosenza-21-aprile-2019/

LETTERA APERTA ALL’ONOREVOLE P. PARENTELA (Seconda richiesta della copia delle riposte scritte alle Sue due interrogazioni parlamentari. 13 Maggio 2019) in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-allonorevole-p-parentela-seconda-richiesta-della-copia-delle-riposte-scritte-alle-sue-due-interrogazioni-parlamentari-13-maggio-2019/

Lettera aperta al Ministro Bonafede selle continue violazioni del mio domicilio e sulle mie denunce disattese, 5 giugno 2019, in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-al-ministro-bonafede-selle-continue-violazioni-del-mio-domicilio-sulle-mie-denunce-disattese-5-giugno-2019/

Lettera aperta all’Ordine dei Medici di Cosenza, 1 luglio 2019, in http://rivincitasociale.altervista.org/lettera-aperta-allordine-dei-medici-cosenza-1-luglio-2019/

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PROEMIO – AVANT-PROPOS – FOREWORD (For the English version, please go to the March 2014 Posts section)

« La politica non è l’arte del possibile bensì l’arte di fare emergere nuove possibilità socialmente più umane » (Marzo 1985)

                                Jure Vetere : l’unico vero tempio è la coscienza umana.

ITALIANO. Vai all’Appello

Care compagne, cari compagni,

E arrivata l’ora della rivincita sociale dei popoli, in Italia ed in Europa. E arrivata l’ora di lavorare tutte/i insieme alla nascita di Comitati cittadini per la Rivincita Sociale capaci di condurre all’emergenza del Partito della Rivincita Sociale. Questi partiti nazionali comporrebbero poi una Federazione Per l’Europa Sociale, che al suo turno farebbe parte di una Nuova Internazionale (senza cifra). Il nome mi sembra importantissimo, perché corrisponde al programma come pure alla voglia di ricatto oggi molto diffusa tra le nostre cittadine e i nostri cittadini.

A questo link troverete un Appello intitolato « E arrivata l’ora della rivincita sociale dei popoli, in Italia ed in Europa ». In riassunto il programma proposto, da dettagliare in comune, è lo seguente:

a) Una nuova definizione dell’anti-dumping – per i dettagli vedi l’Appendice dell’Appello. Nel sistema commerciale globale attuale, la base del calcolo dell’anti-dumping è il salario senza contributi sociali. Noi chiediamo semplicemente che sia il salario con tutti i contributi sociali.

b) La nazionalizzazione del credito per eliminare simultaneamente il debito pubblico ed il « credit crunch », e per toglierci il Fiscal Compact dalle spalle, assieme ai banchieri ed alle loro banche cosiddette « universali » .

c) La laicità, la parità donna-uomo e i diritti civili;

d) L’ecomarxismo, il ripristino del Territorio ed il principio di precauzione;

e) La democratizzazione dell’educazione e della cultura, ed il finanziamento pubblico della Ricerca & dello Sviluppo;

f) La fine della sovra rappresentanza socio-economica e mediatica, come pure la fine della falsa rappresentanza elettorale e democratica – cioè, la fine della falsa rappresentanza elettorale a tutti i livelli, anche al livello sindacale, a dispetto della Costituzione.

g) Il ripudio di ogni intervento estero o di guerra che non sia strettamente difensivo, assieme al ritorno allo spirito ed alla lettera della sicurezza collettiva.

Sottometto quest’Appello alla vostra attenzione, chiedendo cortesemente una risposta. Per arricchire la riflessione comune potete aggiungere un commento a questo Appello – i commenti giudicati non idonei alla deontologia scientifica o cittadina saranno cancellati. Oppure i Comitati in formazione potranno contattarmi all’indirizzo qui sotto per trovare il migliore modo di coordinamento. Mi permetto sopratutto di chiedervi la più ampia diffusione possibile dell’indirizzo di questo sito tra le vostre conoscenze, tra i vostri membri ed altri gruppi amici, almeno se giudicati che questo possa essere utile per lanciare il dibattito e creare una dinamica rivendicativa di fondo. Il sito stesso dovrebbe diventare il vettore di una creazione collettiva. L’emergenza capillare dei Comitati dovrebbe presto trasformarsi in un’onda gigantesca ed autonoma ma organica al popolo delle lavoratrici e dei lavoratori intellettuali e manovali, in breve organica a tutte le nostre e tutti i nostri concittadine/i di buona volontà.  

La rottura radicale col sistema neoliberale attuale non si fa a parole ma bensì militando e organizzandoci per cambiare l’attuale definizione dell’anti-dumping, costruendo il programma attorno a questa domande chiave. Questo renderà tutto il resto possibile.

Perciò, questa nuova definizione deve ricevere priorità assoluta anche perché, interiorizzandone la logica, si muterà radicalmente il « senso comune » della gente, e si creerà gli anticorpi ideologici – nel senso nobile del termine – necessari al nostro popolo, aprendo così la strada alla concezione pratica di un nuovo modello sociale, sostenuto dall’evidenza scientifica, come pure dai principi cardini della nostra Costituzione. Su questa base risulterà possibile costruire una vasta alleanza di classi in vista di « una riforma democratica rivoluzionaria », tranquilla ma capace di andare alle radici dei problemi che confrontano il nostro Paese e la nostra gente.

Alcune/i di voi mi conoscono già tramite le mie e-mail inviate a [email protected], e forse anche grazie al mio sito www.la-commune-paraclet.com. Da qualche mesi, ho effettuato il mio rimpatrio in Italia, a San Giovanni in Fiore, nella mia città nativa in Calabria, col desiderio di essere utile al lavoro di militanza e di organizzazione comune, oggi più urgente che mai.

Vostro,

Paolo De Marco

Per contattarmi: [email protected]

Questo libro, frutto di oltre 23 anni di lavoro e di ricerca, da un contributo importante allo studio dell’avifauna silana e alla divulgazione delle bellezze naturalistiche della Sila. In quanto territorio montano situato nel cuore della Magna Grecia, la Sila fu parte integrante della culla mediterranea e occidentale della civiltà moderna. Fu ospite di Pitagora e diede i natali durante il Primo Rinascimento medievale all’Abate florense pitagorico Gioacchino da Fiore, l’ideatore della secolarizzazione dello Spirito lungo una Storia di conflitti, di fratellanza e di emancipazione umana.

La Sila, suddivisa in Sila Grande, Sila Piccola e Sila Greca, parte delle Alpi traslocata a Sud, è conosciuta da sempre come « il Gran Bosco d’Italia ». L’autore Gianluca Congi la descrive con innato affetto come il « cuore verde nell’azzurro mediterraneo » (p 41), immagine che spiega certamente le lunghe ore consacrate sin dalla tenera infanzia all’osservazione e allo studio degli uccelli del Parco Nazionale e dell’area MaB Riserva UNESCO della biosfera della Sila.

Chi ama la Natura e le Belle Arti sa che ogni uccello è un capolavoro, per così dire una « natura viva ». « Sono 760 fotografie per il solo atlante fotografico e riguardano ben 151 diverse specie. In totale il numero delle immagini proposte nel volume raggiunge le 853 unità. Inoltre, sono presenti: 15 illustrazioni, di cui 2 inedite (il disegno del Picchio nero e l’elaborazione della foto del Culbianco con la descrizione della relativa topografia ), 5 carte di inquadramento territoriale e 9 foto-illustrate derivanti da immagini dell’autore, con all’interno celebre frasi sugli uccelli e sulla natura. » ( p 32)

A parte 6 foto fornite da amici, tutte le altre « sono state rigorosamente realizzate dallo sottoscritto – G. Congi – sul territorio della Sila. » dal 1997 al 2020. (p 33)

I specialisti della disciplina saranno grati per questa somma di lavoro. (1) Come tutti quelli che si sono impegnati con passione e disinteressamento – l’opera, la cui seconda edizione fu stampata in 1000 esemplari *, fu donata al Parco gratis -, Gianluca Congi, Vice Presidente della Società Ornitologica Italiana, nonché coordinatore del GLC, LIPU Sila, non esita a rendere un sentito omaggio ai suoi predecessori. Scrive « Ai compianti Edgardo Moltoni (1896-1980), ornitologo italiano di fame internazionale e vero pioniere degli studi ornitologici silani e a Sergio Tralongo (1961-2019), stimato amico ed eccellente ornitologo calabrese, rivolgo la mia gratitudine per le preziose opere sull’ornitofauna. » ( 21)

Il libro è suddiviso in Cinque Parti più gli Appendici. La Seconda Parte fornice una sintesi « della normativa a tutela degli uccelli selvatici e dei loro habitat ». Sarà apprezzata da tutti gli ambientalisti come pure dai neofiti. Similarmente, la Terza Parte « consacrata agli ambienti e paesaggi presenti in Sila » è adornata da 32 foto che catturano lo splendore naturalistico dell’Altopiano silano, scrigno naturale dei tesori alati che lo popolano. Sono ben « 151 diverse specie di uccelli » ad avere scelto la nostra regione per il loro habitat.

Oltre agli inediti contributi sull’avifauna silana, i specialisti apprezzeranno « l’Indice analitico delle specie trattate nell’atlante fotografico e nella Check-List, con richiami nel testo. »

Da sottolineare 15 « Box-Curiosità e approfondimenti. » Ad esempio, il Box 1 « il volo in V » degli uccelli « con il fine di sfruttare i vortici d’aria creati dall’individuo che sta avanti, venendo quindi « risucchiati » e stancandosi di meno durante il volo. » (p150), oppure il Box 15 « dieta e sali minerali » (p 353).

Chi dice fauna e uccelli, a volta esemplari rari, dice possibile bracconaggio. Il nostro giovane concittadino sangiovannese Gianluca Congi è anche Brigadiere capo della Polizia provinciale di Cosenza e dunque contribuisce in questo ruolo alla tutela del nostro patrimonio naturalistico e avi-faunistico. Su Geo, la nota trasmissione di Raitre, si può ammirare la sua presentazione della « Cicogna nera che ha fatto della Sila la sua dimora stabile » (2)

La nostra Sila dai mille sentieri e dai mille ruscelli è un giardino naturale. Sono a disposizione degli escursionisti oltre 600 km di sentieri in un ambiento quasi incontaminato. (3) Questo libro ne fornisce una splendida illustrazione tanto visuale quanto scientifica. Perciò, l’autore consiglia la lettura dell’opera « sdraiati su un prato, seduti in un bosco o più semplicemente in contemplazione lungo la riva di un fiume » (p 37 )

Concludiamo citandolo un’altra volta: « Un mondo senza uccelli non sarebbe la stessa cosa. » (p 24)

Paolo De Marco, sangiovannese.

22 Marzo 2024.

Note:

1 ) Per alcune recensioni scientifiche, i specialisti potranno consultare questo articolo: « Il libro di Gianluca Congi sugli uccelli della Sila recensito sulle riviste ‘Il Naturalista Siciliano’ e ‘Picus’ »,  Le ultime recensioni a cura di Bruno Massa, direttore responsabile de: Il Naturalista siciliano e da parte del biologo – ornitologo Maurizio Fraissinet su Picus, la rivista di ornitologia edita dal CISNIAR. Il libro di Congi si trova anche in alcune importanti biblioteche pubbliche del Paese e presso la biblioteca specializzata della Stazione ornitologica svizzera a Sempach che è una delle più grandi biblioteche ornitologiche europee, di Monia Sangermano, 19 Apr 2022, https://www.meteoweb.eu/2022/04/libro-gianluca-congi-sila/1786366/

In oltre, troveranno una approfondita recensione scientifica della prima edizione del 2019 redatta da Flavio Ferlini. Si veda: https://www.academia.edu/79241313/Atlante_fotografico_degli_uccelli_del_Parco_Nazionale_della_Sila_con_inediti_contributi_sull_avifauna_silana

2 ) Trasmissione del 15 febbraio 2024 (a -1:07:00) Ecco la email: https://www.raiplay.it/video/2024/02/Geo—Puntata-del-15022024-558a26db-c0fa-42ad-ab30-75bf35b4f8c9.html

Il Corriere della Sila ha segnalato la trasmissione alla pagine 6 del suo numero di Marzo 2024.

3 ) Si veda : https://parcosila.it/itinerari/sentieri/#:~:text=Attualmente%20la%20rete%20dei%20sentieri%20del%20Parco%20Nazionale,51%20secondari%20e%205%20tratti%20del%20sentiero%20Italia.

Il Sito del Parco Nazionale della Sila: https://parcosila.it/

* ) La mia copia, gentilmente autografata dall’autore, presenta una duplicazione delle pagine 65-72.

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English version

Review of Gianluca Congi’s book, « Atlante fotografico degli uccelli del Parco Nazionale della Sila con inediti contributi sull’avifauna silana », Second revised and updated edition. Ente Parco Nazionale della Sila-Lorica di San Giovanni in Fiore (cs), 416 pp, March 2021 », 22, 2024.

This book, the result of more than 23 years of work and research, makes an important contribution to the study of Silan avifauna and to the popularization of Sila’s natural beauty. As a mountainous territory located in the heart of Magna Graecia, Sila was an integral part of the Mediterranean and Western cradle of modern civilization. It was the host of Pythagoras and, during the Early Medieval Renaissance, it was the birthplace of the Pythagorean founder of the Order of Flora, the Abbot Gioacchino da Fiore, the originator of the secularization of the Spirit in the long course of a History of conflict, brotherhood and human emancipation.

Sila, subdivided into Sila Grande, Sila Piccola and Sila Greca, apart of the Alps translocated to the South, has always been known as ” the Great Forest of Italy.” Author Gianluca Congi describes it with innate affection as the ” green heart in the Mediterranean blue ” (p 41), an image that certainly explains the long hours devoted since early childhood to observing and studying the birds of the National Park and the MaB area UNESCO Biosphere Reserve of Sila.

Those who love Nature and Fine Arts know that every bird is a masterpiece, so to speak a ” living nature. ” There are 760 photographs for the photo atlas alone and they cover as many as 151 different species. In total, the number of images offered in the volume reaches 853. In addition, there are: 15 illustrations, 2 of which are unpublished (the drawing of the Black Woodpecker and the elaboration of the photo of the Wheatearrow with the description of its topography ), 5 maps of territorial framing and 9 photo-illustrations derived from the author’s pictures, with famous phrases about birds and nature inside. ” ( p 32)

Apart from 6 photos provided by friends, all the others ” were strictly taken by the undersigned – G. Congi – on the Sila territory. ” from 1997 to 2020. (p 33)

The specialists in the discipline will be grateful for this sum of work. (1) Like all those who committed themselves with passion and selflessness – the work, the second edition of which was printed in 1,000 copies*, was donated to the Park free of charge -, Gianluca Congi, Vice President of the Italian Ornithological Society, as well as coordinator of the GLC, LIPU Sila, does not hesitate to pay a heartfelt tribute to his predecessors. He writes ” To the late Edgardo Moltoni (1896-1980), Italian ornithologist of international fame and a true pioneer of ornithological studies in Sila, and to Sergio Tralongo (1961-2019), esteemed friend and excellent Calabrian ornithologist, I address my gratitude for their valuable works on ornithofauna. ” ( 21) 

The book is divided into Five Parts plus Appendices. Part Two provides a summary ” of legislation to protect wild birds and their habitats.” It will be appreciated by all conservationists as well as neophytes. Similarly, Part Three ” devoted to the environments and landscapes found in Sila ” is adorned with 32 photos that capture the naturalistic splendor of the Silan Plateau, the natural treasure chest of the winged treasures that populate it. As many as ” 151 different species of birds ” have chosen our region for their habitat.

In addition to the unpublished contributions on Silan avifauna, specialists will appreciate ” the Analytical Index of species covered in the Photo Atlas and the Check-List, with references in the text. “

Of note are 15 ” Box-Curiosities and Insights. “. For example, Box 1 ” the V-flight ” of birds ” with the purpose of taking advantage of the air vortices created by the individual ahead, thus being ” sucked in ” and becoming less tired during flight. ” (p150), or Box 15 ” diet and minerals ” (p 353).

Those who say fauna and birds, sometimes rare specimens, say possible poaching. Our young Sangiovannese fellow citizen Gianluca Congi is also Chief Brigadier of the Cosenza Provincial Police and therefore he contributes in this role to the protection of our naturalistic and avian-faunal heritage. On Geo, the well-known Raitre program, you can admire his presentation of the ” Black stork that has made Sila its permanent home ” (2)

Our Sila of a thousand trails and streams is a natural garden. More than 600 km of trails in an almost pristine environment are available to hikers. (3) This book provides a splendid illustration of this both visually and scientifically. Understandably, the author recommends reading the work “lying on a meadow, sitting in a forest or more simply in contemplation along the bank of a river” (p 37 )

We conclude by quoting him one more time, ” A world without birds would not be the same. ” (p 24)

Paolo De Marco, Sangiovannese.

March 22, 2024.

Notes:

1 ) For some scientific reviews, specialists may consult this article, « Il libro di Gianluca Congi sugli uccelli della Sila recensito sulle riviste ‘Il Naturalista Siciliano’ e ‘Picus’ », The latest reviews by Bruno Massa, editor in chief of: The Sicilian Naturalist and by biologist-ornithologist Maurizio Fraissinet in Picus, the ornithology magazine published by CISNIAR. Congi’s book can also be found in some important public libraries in the country and at the specialized library of the Swiss Ornithological Station in Sempach, which is one of the largest ornithological libraries in Europe, by Monia Sangermano, Apr 19, 2022, https://www.meteoweb.eu/2022/04/libro-gianluca-congi-sila/1786366/

In addition, they will find an in-depth scholarly review of the first 2019 edition written by Flavio Ferlini. See: https://www.academia.edu/79241313/Atlante_fotografico_degli_uccelli_del_Parco_Nazionale_della_Sila_con_inediti_contributi_sull_avifauna_silana   

2 ) See the transmission of February 15, 2024 (at -1:07:00) Here is the email: https://www.raiplay.it/video/2024/02/Geo—Puntata-del-15022024-558a26db-c0fa-42ad-ab30-75bf35b4f8c9.html  

The Corriere della Sila reported the broadcast on page 6 of its March 2024 issue. 

3 ) See : https://parcosila.it/itinerari/sentieri/#:~:text=Currently%20the%20network%20of%20sentiero%20of%20the%20National%20Park%20,51%20secondary%20and%205%20tracts%20from%20the%20sentiero%20Italy .

The Sila National Park Site: https://parcosila.it/  

* ) My copy, kindly autographed by the author, has duplicate pages 65-72.

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French version. Version franҫaise

Compte rendu du livre de Gianluca Congi, « Atlante fotografico degli uccelli del Parco Nazionale della Sila con inediti contributi sull’avifauna silana, deuxième édition révisée et mise à jour. Ente Parco Nazionale della Sila-Lorica di San Giovanni in Fiore (cs), 416 pp, mars 2021 », 22 mars 2024.

Ce livre, résultat de plus de 23 ans de travail et de recherche, apporte une contribution importante à l’étude de l’avifaune de la Sila et à la diffusion de sa beauté naturelle. Territoire montagneux situé au cœur de la Grande Grèce, la Sila faisait partie intégrante de la Méditerranée et du berceau occidental de la civilisation moderne. Elle fut la patrie de Pythagore et donna naissance, au début de la Première Renaissance médiévale, à l’abbé pythagoricien Gioacchino da Fiore, qui créa l’Ordre de Flore et qui fut le créateur de la sécularisation de l’Esprit au cours d’une longue Histoire faite de conflits, de fraternité et d’émancipation humaine.

La Sila, subdivisée en Sila Grande, Sila Piccola et Sila Greca, une partie des Alpes qui migra vers le Sud, a toujours été connue comme “la Grande Forêt de l’Italie”. L’auteur Gianluca Congi la décrit avec une affection innée comme le “cœur vert dans le bleu de la Méditerranée” (p. 41), une image qui explique certainement les longues heures consacrées depuis sa tendre enfance à l’observation et à l’étude des oiseaux du parc national et de la zone MaB, la réserve de biosphère UNESCO de la Sila.

Les amoureux de la Nature et des Beaux-Ats savent que chaque oiseau est un chef-d’œuvre, une “nature vivante” en quelque sorte. “L’atlas photographique compte à lui seul 760 photographies, couvrant pas moins de 151 espèces différentes. Au total, le volume compte 853 images. A cela s’ajoutent : 15 illustrations, dont 2 inédites (le dessin du pic noir et l’élaboration de la photo du bruant avec une description de sa topographie), 5 cartes de cadrage territorial et 9 photo-illustrations dérivées des photos de l’auteur, avec à l’intérieur des phrases célèbres sur les oiseaux et la nature. ” ( p 32)    

A part 6 photos fournies par des amis, toutes les autres ” ont été prises par le soussigné – G. Congi – sur le territoire de Sila. “(…) de 1997 à 2020. (p 33)

Les spécialistes de la discipline seront reconnaissants pour cette somme de travail. (1) Comme tous ceux qui se sont engagés avec passion et désintéressement – l’ouvrage, dont la deuxième édition a été tirée à 1000 exemplaires*, a été offert gracieusement au Parc -, Gianluca Congi, Vice-Président de la Société ornithologique italienne et coordinateur du GLC, LIPU Sila, n’hésite pas à rendre un hommage appuyé à ses prédécesseurs. Il écrit : “A feu Edgardo Moltoni (1896-1980), ornithologue italien de renommée internationale et véritable pionnier des études ornithologiques à Sila, et à Sergio Tralongo (1961-2019), ami estimé et excellent ornithologue calabrais, j’adresse ma gratitude pour leurs précieux travaux sur l’ornithophilie”.(p 21)

L’ouvrage est divisé en Cinq Parties et en Annexes. La deuxième partie présente un résumé “de la législation protégeant les oiseaux sauvages et leurs habitats”. Elle sera appréciée par tous les protecteurs de la nature ainsi que par les néophytes. De même, la troisième partie ” consacrée aux milieux et paysages de la Sila ” est agrémentée de 32 photos capturant la splendeur naturaliste du Plateau de la Sila, véritable écrin naturel des trésors ailés qui le peuplent. Pas moins de “151 espèces différentes d’oiseaux” ont choisi notre région comme habitat.

Outre les contributions inédites sur l’avifaune de la Sila, les spécialistes apprécieront ” l’Index analytique des espèces couvertes par l’atlas photographique et la Check-List, avec des références dans le texte. “

Les 15 ” Encadrés-Curiosités et Regards ” sont particulièrement intéressants.”. Par exemple, l’encadré 1 ” le vol en V ” des oiseaux ” dans le but d’exploiter les tourbillons d’air créés par l’individu qui les précède, d’être ainsi ” aspirés ” et de moins se fatiguer en vol. “(p150), ou l’encadré 15 ” alimentation et minéraux ” (p 353).

Qui dit faune et oiseaux, parfois des spécimens rares, dit braconnage possible. Notre jeune concitoyen Sangiovannese Gianluca Congi est également Brigadier-Chef de la police provinciale de Cosenza et contribue donc, à ce titre, à la protection de notre patrimoine naturel et ornithologique. Sur Geo, le célèbre programme de Raitre, on peut voir sa présentation de la “Cigogne noire qui a fait de Sila sa demeure permanente” (2).

Notre Sila aux mille sentiers et aux mille ruisseaux est un jardin naturel. Plus de 600 km de sentiers dans un environnement presque intact sont à la disposition des randonneurs. (3) Ce livre en est une splendide illustration visuelle et scientifique. C’est pourquoi l’auteur recommande de lire l’ouvrage “allongé dans une prairie, assis dans une forêt ou plus simplement en contemplation au bord d’une rivière” (p 37 ).

Nous conclurons en le citant encore une fois : “Un monde sans oiseaux ne serait pas le même. ” (p 24)

Paolo De Marco, Sangiovannese.

22 mars 2024.

 Notes :

1 ) Pour quelques comptes rendus scientifiques, les spécialistes peuvent consulter cet article : « Il libro di Gianluca Congi sugli uccelli della Sila recensito sulle riviste ‘Il Naturalista Siciliano’ e ‘Picus’ », Les derniers comptes rendus de Bruno Massa, rédacteur en chef de : Il Naturalista siciliano et par le biologiste-ornithologue Maurizio Fraissinet dans Picus, la revue d’ornithologie publiée par le CISNIAR. Le livre de Congi est également disponible dans certaines bibliothèques publiques importantes du pays et à la bibliothèque spécialisée de la Station ornithologique suisse de Sempach, qui est l’une des plus grandes bibliothèques ornithologiques d’Europe, par Monia Sangermano, 19 avr. 2022, https://www.meteoweb.eu/2022/04/libro-gianluca-congi-sila/1786366/

En outre, vous trouverez un examen scientifique approfondi de la première édition de 2019, rédigé par Flavio Ferlini. Voir : https://www.academia.edu/79241313/Atlante_fotografico_degli_uccelli_del_Parco_Nazionale_della_Sila_con_inediti_contributi_sull_avifauna_silana

2 ) La transmission du 15 février 2024 (à -1:07:00) Voici l’email : https://www.raiplay.it/video/2024/02/Geo—Puntata-del-15022024-558a26db-c0fa-42ad-ab30-75bf35b4f8c9.html  

Le Corriere della Sila a fait état de l’émission en page 6 de son numéro de mars 2024.

3 ) Voir : https://parcosila.it/itinerari/sentieri/#:~:text=Attualmente%20le%20réseau%20de%20sentiero%20du%20Parc%20National%20,51%20secondaires%20et%205%20tracts%20du%20sentiero%20Italie .

Le Site du Parc National de la Sila : https://parcosila.it/

* ) Mon exemplaire, aimablement dédicacé par l’auteur, présente une duplication des pages 65-72.

Commenti disabilitati su Débiliter les peuples souverains avec les « communs », critique du livre de Pierre Dardot et Christian Laval, 10 février 2024.

Re : Pierre Dardot, Christian Laval, Commun : essai sur la révolution au XXIè siècle, La Découverte poche, 2014, 2015.

Introduction

Catégories aristotéliciennes ou concepts historiquement déterminés.

La sur-représentation et la délégitimation du socialisme et du communisme.

Délégitimation des biens publics, de l’Etat social et du New Deal.

Quelques rectificatifs sur les falsifications bourgeoises.

La problématique de la transition.

Sur leur interprétation de Castoriadis.

Sur les Modes de production comparés.

Détours par les « commons » anglais.

Le nouveau sophisme des servi in camera et des bas clergés.   

Rousseau, Hegel et le « commun ».

L’eau comme « commun » : Lucarelli, Podestà etc. vs le référendum de 2011.

Conclusion.

Résumé en 10 points de synthèse.

Notes

Introduction

Selon ces ineffables auteurs post-modernes, c’est-à-dire post-communistes à leur façon, il faudrait se garder de revendiquer des « biens communs », autrement connus comme « biens publics » offerts par des entreprises publiques, car cela renverrait à des traditions nationales et étatiques souveraines qui sont désormais obsolètes puisque la révolution néolibérale globale a gagné la bataille. Pour ces auteurs cette victoire ne concerne pas uniquement la globalisation politique mais aussi la théorie néolibérale – Mises, Hayek etc. – du « marché ». Cette pure ineptie est du même calibre que leur choix de donner la priorité à la valeur d’usage sans considération pour la valeur d’échange, ce qui n’est en réalité qu’une manière de la ravaler au subjectivisme de l’« utilité » marginaliste. (1) Il faudrait donc oublier les conquêtes sociales passées et s’adapter en s’organisant autrement, ou plutôt passer son temps à discourir de ces nouveaux modes d’organisation antisystèmes selon lesquels, en conformité avec l’adage alter-globaliste, il faut désormais « penser global mais agir strictement au plan local ». On a même entendu certains dire tout haut en renversant Shakespeare : « They have the talk, we have the walk » ou « Laissons les manifester et allons de l’avant ». Cette thèse s’étale sur 759 pages sans compter la 4ème de couverture. Son message principal, parfaitement inscrit dans l’air du temps occidental, est celui de la dénonciation du « communisme contre le commun », celui de la logorrhée dénonciatrice de toute forme de « socialisme réel ». D’ailleurs proclament-ils : « Ce communisme prétendument scientifique est partout à l’agonie » (p 95) Par prudence, sont aussi écartés les « commons » anglais trop ouvertement subordonnés et vulnérables face aux enclosures capitalistes. Les narrations de classes n’aiment pas le « réel ».

Ainsi, en matière de « commun » il faudrait distinguer le substantif « commun » du qualitatif le « commun ». Le substantif « commun » renvoie donc à une « praxis constituante », à un procès d’institutionnalisation sociale – pardonnez la redondance – qui sait néanmoins rester à l’écart de toute « institution » qui, par définition, en empruntant à Sartre, ne porterait qu’à la réification du processus. Un processus qui ne s’objectifie pas dans la réalité peut-il être une « praxis » ?

En outre, dans ce sens-là, les « communs » renverraient à ce qui est fondamentalement « inappropriable ».

Au fond, tout cela n’a aucun lien avec le réel et doit se limiter à l’imaginaire – pour « militant.e.s nihilistes » portés à la rivière par les éternels joueurs de pipeaux et autres bas clergés : « On objectera peut-être que la pratique d’une telle citoyenneté ne suffit pas à rapprocher de nous l’horizon d’une fédération mondiale des communs. Laissons Hannah Arendt répondre à cette objection : « Mais si vous me demandez à présent quelles peuvent en être les chances de réalisation (d’un Etat formé à partir des conseils ), je dois vous répondre qu’elles sont extrêmement faibles, pour autant même qu’elles existent. Mais, peut-être, après tout, avec la prochaine révolution …» ( p 728) L’important c’est de mener les peuples et surtout le jeunes néo-pastoureaux en « croisades » avec ces mirages de « communs » et avec les inepties génocidaires du GIEC, pour qui la Terre, aux ressources finies, ne pourrait supporter que quelques 2 milliards d’individus. Or, nous sommes déjà plus de 8 milliards … (voir les textes en français dans la catégorie Ecomarxismo ici; voir aussi le Note 2, plus bas)

Au fond tout ce charabia subordonné au néolibéralisme global donné comme triomphant prétend occulter cette supercherie en ressassant des clichés sur de fausses oppositions entre « socialisme réel » et socialisme démocratique, entre social et politique, le politique devant se dissoudre de manière permanente non pas dans le « social » – il faut penser global mais se limiter à l’action local, pour ne pas déranger les puissants globalistes – mais dans le « commun » qui reste indéfinissable, limité par – leur – définition.

Cette supercherie repose sur une falsification primaire qui mutile la pensée marxiste, à savoir que ce « commun » remplacera la propriété par la valeur d’usage (p 590). Or, c’est chose impossible vu la nécessité de l’échange des marchandises entre elles, dont la valeur d’échange repose sur un vecteur tangible, la valeur d’usage. L’échange découle, en effet, de la nécessaire division sociale – et internationale – du travail. Marx, les marxistes et les Bolchéviques – qui avaient pour leur part inventé la « possession individuelle » contre la propriété privée, dont la datcha stalinienne – soulignent clairement que la place occupée par le Domaine de la Nécessité économique lié à la valeur d’échange, donc à la production de marchandises, ira en diminuant, libérant ainsi, par des cycles de RTT successifs, le Domaine de la Liberté socialiste où les Etres humains, enfin émancipés, auront du temps libre durant lequel épanouir leur personnalité, par exemple en produisant par le travail non-aliéné des valeurs d’usage qui ne seront plus destinées à être des marchandises échangées pour en tirer un profit.

 Remarquez la peu habile dissimulation : ces deux auteurs opposent propriété privée à valeur d’usage, or la propriété privée renvoie à la valeur d’échange, donc à la dualité intrinsèque de toute marchandise, valeur d’échange portée par un vecteur valeur d’usage. Ils ne pouvaient évidement pas dire que la valeur d’échange serait remplacée par la valeur d’usage sans passer pour des ânes. Ils jouèrent donc sur un innuendo langagier pour les nuls – et malheureusement pour les étudiantes et étudiants qui n’ont plus en général que ce genre d’enseignants et de professeurs. C’est d’un pathétisme accompli. Et il est peu surprenant qu’ils aient eu l’appui empressé du PCF post-Marchais et d’une certaine gauche qui, elle aussi, chantait la victoire du néolibéralisme et concevait ses mesures d’accompagnement avec, par exemple, la « justice sociale » à la Giddens et à la Rawls. Quant à eux, ils ajoutent, selon l’air du temps, les « communs » sans en connaitre la genèse néoconservatrice-reaganienne – voir ci-dessous à propos de l’attaque de Reagan contre l’UNESCO et la Conférence du Droit de la Mer.   

Catégories aristotéliciennes ou concepts historiquement déterminés.

Ces auteurs ont ainsi consacré leur livre à tresser ce qui était autrefois qualifié de « mythes soréliens », les narrations propagées par de nombreux servi in camera et autres bas clergés laïques ou moins au bénéfice des masses bonnement jugées crédules quant à leurs propres droits sociaux conquis de haute lutte. Ils débutent par une série de digressions sur certains concepts tirés du droit romain préalablement soustraits par eux à leurs déterminations historiques. Ils digressent longuement sur le res nullius, le res communis, le res communis in bonis, l’ager publicus, l’ager privatus etc. Ces expositions ne seraient pas sans intérêts si, à la Vico ou à la Marx, elles respectaient les genèses et les fonctions historiques de ces concepts juridiques plutôt que de les traiter de manière statique et abstraite. Mais leur analyse idéologique a-historique ne leur permet pas. Le prix à payer est fatal car il mène à l’impasse barbare de l’incompréhension du droit et de ses catégories conҫus sans historicité, de sorte qu’une taxonomie romaine antique occulte les formes de propriété et de possession qu’elle recouvrait alors ainsi que leur devenir, faisant ainsi l’impasse sur les formes de propriété et de possession collectives qui entérineront le dépassement du Mode de production capitaliste.

Selon Vico, le concepteur moderne du « diritto delle genti » institutionnalisant la Loi naturelle, les institutions sont une des trois Réalités objectives qui incluent également la Nature et les « fictiones » ou concepts intellectuels, sur la base desquelles se meut la dialectique historique d’ensemble. (voir mon Introduction méthodologique) Le droit et les institutions qu’il régente ne sont que l’objectivation de la lutte des classes qui porte, bien entendu de manière non-linéaire et avec un parcours parfois marqué par de dramatiques « retours » exclusivistes et rabbinico-nietzschéens, vers une émancipation égalitaire toujours plus marquée de l’Espèce humaine. Vouloir abstraire la lutte pour la préservation, la défense et l’extension des conquêtes politiques et sociales du champ du droit est, au mieux, une invitation à la reddition de classe et à la puérilité propre aux chatting classes qui accompagnent le globalisme spéculatif lié aux social media. Au pire, cela transforme les citoyens, surtout les jeunes, en nouveaux « poverelli » et en nouveaux « pastoureaux » menés en croisade climatologique contre le CO2, préalablement établi en nouveau « péché originel » à l’usage des « gentils » puisque il est bénéfique à la végétation et aux cultures et que la vie sur Terre est à base carbone … (2)

L’« inappropriable » qu’ils font miroiter est de cette farine mais il implique une réfutation passablement analphabète de la pensée moderne, en particulier de la pensée dialectique. Un paupérisme conceptuel qui informe l’incompréhension du droit, tel que pointé ci-dessus. L’Être humain devant nécessairement se reproduire au sein de la Nature et de la Société, l’appropriation de la triple réalité vichienne par le travail humain manuel et intellectuel est constitutif de son propre être naturel et historique. L’inappropriable est une impossibilité qui nie les formes dialectiques de notre interaction en tant qu’Espèce avec la Nature et l’Histoire. Si l’on se situe au niveau concret, l’inappropriable se confond au mieux avec l’inépuisable : ce qui nous renvoie à Locke, la Terre, la Nature appartenant également à tous les Hommes, se pose alors la question de l’appartenance des fruits du travail individuel – et social – donc des formes de propriété que ces deux auteurs veulent obstinément occulter.

Puisque l’Espèce humaine est à la fois Nature et Histoire, pour éviter qu’elle ne se nie elle-même, il importe que sa reproduction au sein de la Nature et de l’Histoire soit la plus harmonieuse possible, ce qui condamne aussi les dérives, du genre Davos et al., concernant la modification de l’Espèce humaine en tant qu’Espèce en vue de qui sait quel horizon post-humain cherchant à actualiser les pires inepties exclusivistes excogitées par des « pitres » à la Zacaria Sitchin élucubrant sur les supposées expériences génétiques des Anunnaki – lui qui savait mal le sumérien – et sur les planètes manquantes. Un certain humanisme idéaliste affirme avec les meilleures intentions du monde que l’Homme écrit sa propre Histoire, qu’il se crée lui-même dans le devenir historique ce qui est parfaitement exact du moins si l’on respecte les données de la dialectique d’ensemble. Cette autocréation ne concerne pas la transformation de l’Espèce vers autre chose, sur-espèces dominant sur des sous-espèces, espèces à la carte etc. Ceci nie l’émancipation humaine qui concerne la dialectique de l’Histoire s’accomplissant sur sa base naturelle. Peut-être que certaines réticences relèvent de la confusion entre le « genre » qui est, en partie, une construction sociale, et le génome qui est la base génétique matérielle définissant l’Espèce en tant qu’Espèce. On ne peut émanciper l’Espèce humaine en niant son humanité ou alors c’est qu’on a d’autres projets en tête.(3) Dans le 18 Brumaire de Louis Bonaparte Marx écrit : « Les hommes font leur propre histoire, mais ils ne la font pas arbitrairement, dans les conditions choisies par eux, mais dans des conditions directement données et héritées du passé.» (Voir ici)

Comme on sait, pour les globalistes du Report from the Iron Mountain suivis par le Club de Rome et aujourd’hui par, entre autres, le GIEC et Davos, les ressources de la Planète Terre étant mathusiennement « finies », elle ne pourrait supporter « durablement » que 2 milliards d’humains. Problème, nous sommes déjà plus de 8 milliards. (Sur la narration exclusiviste écologique, voir les textes en franҫais ici.) On ne remerciera jamais assez Marx et les communistes, voire les agriculteurs néerlandais aujourd’hui sacrifiés aux inepties vertes spéculatives européennes, pour leur critique définitive de Malthus … ainsi que des idéologies de classes qui visent à perpétuer l’exploitation de l’Homme par l’Homme.  

La sur-représentation et la délégitimation du socialisme et du communisme.

Ces deux auteurs ont une obsession issue de la nouvelle doxa anti-égalitaire qui prétend faire la critique tant de la Révolution citoyenne française que des Révolutions socialistes. Les retombées du révisionnisme historique des François Furet, Chauvet, Stéphane Courtois etc., y sont pour beaucoup. Reste que ce rejet global de tout l’héritage du marxisme et du socialisme réel est la conséquence directe de la surreprésentation philosémite nietzschéenne au sein du mouvement socialiste occidental. Elle se manifesta d’abord par le biais majoritaire de ceux que Lénine – et Rosa Luxemburg – qualifia de « renégats » particulièrement au sein du Marxisme autrichien. Ensuite, elle sévit avec une détermination sournoise à l’intérieur même du PCUS et de la IIIème Internationale, pour ne rien dire de la IVème. La création de l’Etat d’Israël, pourtant sauvé à sa naissance le 14 mai 1948 par l’envoi d’armes par Staline via l’Allemagne de l’Est, provoqua le basculement de la loyauté première des surreprésentés juifs, qui passa de l’émancipation communiste au rêve exclusiviste criminel sioniste. Pour tout remerciement Staline fut assassiné et présenté par ces gens-là comme « pire d’Hitler ». Le rôle criminel de Yeshov, le Sade nain juif des services soviétiques fut occulté pour mieux imputer ses crimes à Staline. Les contre-révolutions en Europe de l’Est suivirent, notamment en Hongrie en 1956 ; elles préludèrent la trahison interne menant à la chute de l’URSS en 1991. Enfin, pour faire bref, Liberman et Khrouchtchev, posèrent les jalons du « marginalisme socialiste » qui détruisirent de l’intérieur la planification soviétique, alors en avance dans tous les domaines. (Voir ceci) Pour sa part, le PCF, génériquement considéré « stalinien » jusqu’à la mort de G. Marchais, fut fortement travaillé de l’intérieur par la même sur-représentation, en particulier après l’affaire Slansky en Tchécoslovaquie et plus encore après la publication des frauduleux Rapports Khrouchtchev, par ce que j’ai choisi d’appeler collectivement « la section Kriegel ». (Voir ici) Aujourd’hui, ce PCF dévoyé appuie le régime proto-nazi du juif-ukrainien Zelensky et ses bataillons nazis Azov et Aidar etc. tout en se précipitant pour affirmer son soutien inconditionnel au régime d’Apartheid sioniste de Netanyahou immédiatement après le 7 octobre sans jamais relayer les faits objectivement démontrés selon lesquels près de la moitié des victimes ce jour-là le furent du fait du feu des hélicoptères Apaches et des chars israéliens – voir ici et ici  – et tout en se limitant à faire le service minimum pour dénoncer les politiques génocidaires israéliennes à Gaza et dans les Territoires malgré l’avis de la Cour de Justice Internationale de la Haie.

Le sort échut au PCI sabordé en 1991 à la Bolognina est encore plus triste. Malgré les Rossana Rossanda et autres Ingrao, il tint bon jusqu’à Luigi Longo. Avec Enrico Berlinguer, un eurocommuniste qui disait en privé préférer l’Otan au Pacte de Varsovie et qui trahit les « metalmeccanici » et la classe ouvrière dès 1968, commença le début de la fin, d’autant plus que les Années de Plomb voulues par les Etats-Unis et la P2 se chargèrent d’interdire toute velléité de « compromesso storico » ce qui porta à l’assassinat de Moro et à une demie marche-arrière de la part du PCI. Mais il était trop tard. Notre histoire communiste n’est pas seulement mal racontée, elle est sciemment salie. Le sort fait au marxisme et à la loi de la valeur est encore pire.

Délégitimation des biens publics, de l’Etat social et du New Deal.

Mais soyons plus spécifiques. Voyons d’abord comment ces deux compères accusent sans les nommés les marxistes « attardés » de vouloir encore défendre les biens publics offerts par des entreprises publiques ou, pire encore, de vouloir réhabiliter Keynes et F. D. Roosevelt, à savoir l’Etat social, ou Welfare State anglo-saxon, et sa reconnaissance concrète des droits sociaux fondamentaux matérialisés dans les infrastructures et les biens publics. Tout ceci, répétons-le, du fait que ces « attardés » qu’ils incriminent n’auraient pas encore compris et intériorisé la victoire du néolibéralisme à l’échelle mondiale ! Il semble pourtant que les BRICS+ et le nouveau monde multilatéral qui émerge ne soient pas de nature à appuyer leur optimiste impérial à la A. Negri et M. Hardt et autre Hannah Arendt … (Voir ici )

Voici ce qu’ils écrivent : « Dénoncer la marchandisation du monde conduit bien souvent à se contenter de défendre les services publics nationaux ou d’en appeler à l’élargissement de l’intervention étatique. Quel que soit son bien fondé, cette revendication reste sur le terrain de l’adversaire en se refusant à mettre en cause un antagonisme précisément constitué pour faire du marché la règle et de l’Etat l’exception. » (p 171)

Pour écrire des phrases de ce genre il ne faut rien savoir sur la différence entre salaire, salaire différé et « plus-value sociale ». Les conquêtes populaires qui menèrent à l’Est social – ou au Welfare State anglo-saxon – reposaient sur l’ajout au seul salaire individuel net du salaire différé finançant la Sécu et de la fiscalité progressive finançant les infrastructures et les services sociaux dont l’accès citoyen est constitutionnellement garanti. Ces conquêtes sont l’objet de la régression tentée en Occident depuis l’arrivée au pouvoir des néocons de Thatcher-Reagan. Personne ne dit que la transition hors du capitalisme est une chose simple ou linéaire. Au contraire, elle est l’enjeu de luttes et d’alliances de classes très âpres, qui, on le sait aujourd’hui, forcent les sociétés à choisir entre la nouvelle domesticité et le nouvel esclavage ou bien une transition pacifique – ou révolutionnaire, selon les circonstances – hors d’un Mode de production capitaliste créant « ses propres fossoyeurs » selon la formule de Marx du fait de son incapacité à absorber le chômage endémique qu’il crée par son inéluctable recherche de la productivité microéconomique la plus haute, sauf par la précarité générale, la démographie négative et les guerres d’agression.  

On notera en passant la peur d’une réhabilitation du marxisme qui les anime malgré la guerre idéologique à laquelle ils prêtent leur concours : « Le communisme d’Etat continue d’hypothéquer l’alternative. Et le danger existe qu’à l’occasion des désastres croissants engendrés par le capitalisme, apparaissent ici ou là des réhabilitations plus ou moins sophistiquées des régimes qui se sont appelés « communistes » ( p 67) Et sur les services publics vs les biens communs : « Au fond c’est paradoxalement le néolibéralisme lui-même qui a imposé le tournant de la pensée politique vers le commun en brisant la fausse alternative en miroir de l’Etat et du marché, en faisant voir qu’il était désormais vain d’attendre que l’Etat « réencastre » l’économie capitaliste dans le droit républicain, la justice sociale et même la démocratie libérale » (p 16) Et pour  faire bonne mesure, on nous met en garde « Il faudra donc cesser de répéter que « la prise du pouvoir politique » est la panacée de tous les maux. » (p 512) Le pouvoir politique n’étant même plus national puisqu’il relèverait des transnationales, les classes subalternes doivent s’inventer des histoires, par exemple sur la démocratie directe coupée des autres formes de démocraties – voir ici – , et surtout se cantonner à « agir localement » sans chercher à institutionnaliser leurs luttes. 

L’inanité de ces raisonnements saute aux yeux. Mais pas entièrement tant que l’on ne prend pas conscience du fait que les discours sur les « biens publics » offerts par des entreprises publiques ou les « biens communs » offerts par le secteur privé sur fonds publics tout en transformant les citoyens-usagers en clients dignes d’intérêt uniquement lorsqu’ils sont solvables, ne mettent pas en cause uniquement les formes de la démocratie mais aussi celles de l’économie politique pratiquée dans une Formation sociale donnée. Etant entendu que la « plus-value sociale » devrait normalement revenir aux travailleurs qui la produisent ou pour le moins être mieux répartie en tenant compte des trois composants du « revenu global net » des ménages – salaire net, salaire différé finançant la Sécurité Sociale et la partie des taxes et impôts revenant aux ménages sous forme d’accès citoyen universel garanti aux infrastructures et aux services publics – il devrait être clair que la nationalisation ou au moins la socialisation des biens de production et d’échange majeurs reste le vrai enjeu de la démocratie avancée, la forme paisible de la « prise du pouvoir politique ».

C’est même là ce qui constitue le fond de la voie pacifique vers le socialisme ainsi qu’argumenté dans le chapitre  Réformes démocratiques révolutionnaires ou lamentable Rossinante du réformisme de mon Tous ensemble – voir Livre 1 ici. Dans le chapitre  Biens publics: sauvons ce qui peut encore être sauvé de ce même Livre 1, nous avions tenté de montrer à la lueur de la faillite de Enron que la défense des « biens publics » offerts par des entreprises publiques était redevenue une urgence pour lutter contre les méfaits du capital spéculatif hégémonique et son train de misère et de disparités régionales. Nous avons également montré que tous système de Reproduction dynamique mettait en jeu une part de crédit qui vient compléter la « plus-value sociale » disponible pour être réinvestie. Cela fait, en effet, une grande différence lorsque la « plus-value sociale » est abandonnée entièrement dans les mains des firmes privées, qui plus est transnationales et jouissant des paradis fiscaux et autres tax rulings, sans même être coordonnée par une planification stratégique respectueuse de l’économie mixte.

Les dégâts sont encore plus grands lorsque ce réinvestissement privé et par nature fragmenté jouit des possibilités offertes par la privatisation de la Banque centrale et donc du crédit. Bien entendu, la logique du capital reste la plus grande productivité possible face à la concurrence, ce qui implique plus de production avec moins d’ouvriers, surtout moins d’ouvriers à plein temps. Fatalement la croissance de la précarité systémique, utilisée pour faire du chiffre sur le chômage au sens du BIT, implique aussi une baisse structurelle de la demande interne mais également du salaire différé et donc des cotisations sociales et des services sociaux accessibles. Il en va de même avec la fiscalité : on sait qu’en France plus de la moitié des travailleurs ne payent pas ou peu d’impôts sur le revenu car gagnant trop peu. Pour faire bonne mesure, la logique de la public policy – Buchanan et Pollock, 1964 – et de ses tax expenditures servant à financer la privatisation rampante via les programmes verts, favorise le financement par les crédits d’impôts … Faire miroiter alors au niveau strictement local des « biens communs » définis comme des biens « inappropriables » est pire qu’une supercherie.

Notons la faillite complète aujourd’hui entérinée par les faits de cette public policy néolibérale monétariste. Pour résumer, il nous fut dit que les stimuli fiscaux, crédit et dépenses fiscales – tax expenditures – produisaient un meilleur multiplicateur économique comparé aux vielles subventions directes et à l’interventionnisme de l’Etat social ou Keynésien. Ce ne fut jamais vrai bien que la destruction du Gatt et la généralisation des traités de libre-échange produisirent une extroversion indéniable du Multiplicateur, qui pouvait être corrigée par exemple en favorisant systématiquement le secteur public où le Multiplicateur sectoriel reste élevé. (voir The Body economic : why austerity kills ici) Aujourd’hui, il n’y a plus rien à discuter vu la débâcle de l’ « équivalence ricardienne » de R Barro puisque au Q4 2023 la croissance du PIB américain fut de USD 329 milliards pour une dette nouvelle pour le même Q4 2023 de USD 834 milliards. Voir ici. Le reste est à l’avenant, et en Europe avec une dette qui a explosé du fait de la gabegie covidiste – voir ici – on impose un nouveau Pacte de stabilité beaucoup plus dur et en réalité impossible à respecter. Voir ici. A lire avec la critique au Rapport Arthuis ici. (Citation traduite : «  Les pays surendettés seraient soumis à des règles de sauvegarde leur imposant, entre autres, de réduire leur dette en moyenne de 1 % par an si leur dette est supérieure à 90 % du PIB, et de 0,5 % par an en moyenne si leur dette est comprise entre 60 % et 90 % du PIB. ») M. Le Maire cherche déjà 20 à 30 milliards d’euros d’économies supplémentaires pour 2025, en sachant qu’il perdra 10 milliards de PNRR fin 2026 ? 

Cette incapacité à comprendre l’évolution des formes du Mode de production capitaliste vers un système socialement plus avancé, parfois remis en cause par des régressions contre nature – le corporatisme fasciste des années 20-30-40 et le corporatisme mercantiliste global néolibéral monétariste actuel – apparaît dans l’attaque au New Deal et aux politiques socialement avancées – disons keynésiennes – de F. D Roosevelt.

Voici ce qu’en disent ces auteurs : « Ceux  qui rêvent de douce transition vers un monde plus écologique et plus généreux, ceux qui pensent pouvoir faire revenir en douceur le capitalisme dans son lit par quelques mesures fiscales, monétaires et douanières, ceux qui attendent un nouveau Keynes ou un nouveau Roosevelt, pèchent gravement par irréalisme et ignorance. Ils ne veulent toujours pas comprendre l’impitoyable dynamique par laquelle le néolibéralisme fait de la concurrence la loi de notre monde, ils ne veulent pas comprendre, surtout, le caractère systématique du pouvoir oligarchique mondial, fait de gouvernance financière et de surveillance policière, ils se refusent en conséquence à admettre les contraintes insurmontables que le cadre institutionnel du néolibéralisme impose aux politiques, aux comportements et aux subjectivités, tant du moins qu’on en demeure prisonnier.

(…)

Certains critiques nous reprochèrent de nourrir fatalisme et découragement. (…) Nous persistons et signons : la raison néolibérale n’a pas encore rencontré de contre-forces suffisantes mais aussi parce que la manière dont elle s’impose n’a toujours pas été bien comprise. » ( pp 730-731) Le marché est roi.

Les vessies pour des lanternes. Pourtant l’hégémonie globale du capital financier spéculatif tient uniquement à sa planche à billet – j’ai appelé ceci le « papier Kerouac », en souvenir du fameux rouleau utilisé par l’auteur de On the road -, alors que sa spéculation phagocyte l’économie réelle, créant ainsi ses propres fossoyeurs. Il suffit littéralement pour s’en débarrasser de rétablir la planification stratégique avec le crédit public émis à coût quasiment nul par la Banque centrale publique pour reprendre ainsi le contrôle de l’économie réelle, sans même avoir à s’en prendre frontalement au capital spéculatif, à sa sphère de Monopoly, du moins jusqu’au moment fatidique où survient la faillite ouvrant à des audits publics. Le tout en adoptant des swaps de lignes de crédit bilatérales couvrant l’import-export entre pays pour se débarrasser de la servitude envers une monnaie de réserve dominante ! C’est d’ailleurs vers quoi se dirige le monde multilatéral naissant. Voir ici.   

La méprise de nos auteurs est donc, là encore, totale. Il ne s’agit pas de « réhabiliter » le New Deal mais au contraire de comprendre en quoi il reposait sur une avancée scientifique, certes limitée mais réelle, de la disciple économique aux prises avec la Grande Dépression. Les théories keynésiennes et celles, européennes, de la régulation économique, incarnèrent cette prise de conscience. A tel point que Keynes avait reconnu que les « esprits animaux » du capitalisme abandonné à lui-même menaient fatalement à une crise classique de surproduction et de sous-consommation de sorte, qu’à terme, il fallait partager le travail socialement disponible entre toutes les citoyennes et les citoyens aptes au travail. En empruntant au grand marxiste Paul Lafargue sans le dire, Keynes imaginait même le passage à la semaine de 15 heures lorsque la productivité générale le permettrait – voir ici.

J’ai montré à plusieurs reprises dans mes livres et articles que le choix reste d’ailleurs toujours entre les cycles récurrents de la RTT assurant le plein emploi à plein temps et le « retour » à la société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage théorisé par l’Establishment US dans le Report from the Iron Mountain et aujourd’hui mis à jour et appliqué par nos élites philosémites et philo-sionistes nietzschéennes sans le moindre état d’âme. Fin Années 70, la Commission Trilatérale n’exigea-t-elle pas la fin des « rising expectations » des travailleurs, citoyennes et citoyens ? A Davos des J Harari et al. vont même jusqu’a théoriser la destruction de l’Espèce humaine en sous-espèces  simplement parce qu’une seule Espèce  humaine ne peut signifier rien d’autres que l’égalité et l’émancipation individuelle et générale dans le respect des fondamentaux constitutifs de l’Espèce en tant qu’Espèce humaine à la fois ancrée dans la Nature et dans l’Histoire. Je renvoie ici à mon essai «Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs » dans la partie rose de mon vieux site www.la-commune-paraclet.com . Voir aussi sur les Nouvelles Lois de Manu, ici.

C’est triste mais les discours lénifiants sur le « commun » substantif sans substrat réifié etc. etc., apparaissent plutôt creux et pour tout dire dangereusement réactionnaires dans le contexte de régression générale tentée par les élites globales occidentales et apatrides. On n’est guère étonné d’apprendre que le fond de leur réflexion est appuyé sur la trilogie de servi in camera du nouvel Empire putatif philo-sioniste nietzschéen du genre Antonio Negri et Michael Hardt – Empire, Multitude et Commonwealth, pp 243 et suivantes, etc. Je me demande ce que les pauvres victimes des Années dites de Plomb en Italie, considérées comme autant de « nihilistes militants » ou de « useful idiots » par les services occidentaux et leur P2, mais peu vouées pour leur part à être recyclées dans les Universités occidentales, en pensent ? Bref c’est du niveau des élucubrations pro-impériales d’un « pitre » à la André Glucksmann et autres « pitres » du genre donnés pour des Nouveaux Philosophes « franҫais » – qui fleurirent après la disparition du grand Louis Althusser, à une époque où il fut même tenté – le croira-t-on ? – de présenter ces intellectuels de seconde zone comme des « marxistes » … – et à qui fut dédié mon Livre 2 intitulé Pour Marx, contre le nihilisme, 2002, voir ici.

Nous sommes ici en pleine régression éthico-politique et morale outre le projet de régression humaine mené au nom de la Doctrine de la guerre préventive – par définition illégale – et des guerres de civilisation, principalement menées contre l’Islam vu comme principal obstacle à l’établissement d’un Eretz Israël, Etat croupion d’Apartheid officiel et génocidaire, dominant un Grand Moyen-Orient et par delà le monde entier ! Spinoza parlait déjà en toute connaissance de cause « du délire des rabbins » ! Nous nageons ici en plein délire lunatique niant la Loi naturelle et son institutionnalisation avancée dans la Déclaration Universelle des Droits Individuels et Sociaux fondamentaux de 1948 et dans nos Constitutions nées de la Résistance. Il n’y a pas d’élus de droti divin d’un côté et de goyim – gentils – de l’autre.

Leur ennemi n’est pas seulement le « socialisme réel » dont, par ailleurs, ils ne savent rien hormis les clichés les plus éculés. Remontant à la source, cette dérive communiste étatique centralisatrice remonterait à Marx, et, en particulier à sa position évolutive mais toujours équivoque sur la Commune de Paris de 1871. (p 716) Ceci nous voudra un habituel détours petit-bourgeois sur les différents présumés qui opposèrent Marx et Proudhon selon leur propre vision rétrospective qui choisit d’ignorer les arguments scientifiquement tranchants de Marx – Misère de la philosophie – ainsi que les analyses marxistes sur la lutte des classes en France et en particulier sur l’expérience primordiale de la Commune de Paris, de même que sur les aperçus concernant la société communiste à venir dans la Critique du programme de Gotha . Cette dernière contient le concept clé de « fonds social » qui renvoie très exactement à ce que j’ai nommé la « plus-value sociale » dont l’allocation dans la Planification en privilégiant les objectifs sociaux et culturels constitue le cœur de l’organisation démocratique à venir. D’ailleurs à un détour de phrase ces auteurs reconnaissent : « Au lieu que la centralisation étatique « corresponde » à la centralisation de la grande industrie, ce serait cette fois la mutualité politique qui prolongerait la mutualité des échanges économiques. Mais, dans les deux cas, la sphère de la politique emprunterait son principe d’organisation à la sphère de l’économie, ce qui ne pourrait que compromettre son existence. A l’horizon de cette position on retrouve l’idée bien connue d’une dissolution du gouvernement dans l’économie qui avait hanté le premier Proudhon et dont Marx persistera à faire la vérité ultime de l’histoire. » (p 721) Ne pas envahir la sphère économique, s’en tenir sagement au « social ».

Sur une telle base on imagine les tombereaux de clichés sur l’organisation sociale du bas vers le haut, le potentiel des associations de travailleurs – dont les Ateliers de Louis Blanc ? -, la fédération des communes, voire des conseils et ainsi de suite. Marx fut un lecteur très attentif de l’économie politique française, de Proudhon autant que de Saint-Simon ou des Physiocrates ainsi que des Philosophes et des « idéologues » comme Destutt de Tarcy. Concernant Proudhon, Marx lui reproche surtout son incompréhension bornée de la méthode dialectique et surtout de la loi de la valeur. Or, sans cette compréhension, aucune planification socialiste – ou autre – viable n’est possible, une association de petits producteurs indépendants soumis à la « main invisible » des marchés n’est qu’un leurre, au mieux spontanéiste.

L’histoire du socialisme réel montre à quel point Marx avait raison : la planification bolchévique, soigneusement encadrée par une constitution adaptée à chaque étape, fit des merveilles malgré le fait que la Loi de la productivité marxiste ne fut pas – jusqu’à moi – élucidée et intégrée de manière cohérente dans les Equations de la Reproduction Simple et Élargie. Jusqu’à la domination de Liberman-Khrouchtchev après 1956, les Bolchéviques et Staline choisirent néanmoins de résoudre le problème de manière pragmatique : Le Schéma des Equations de la Reproduction Simple du Livre 2 du Capital fut utilisé comme Modèle de référence car il reste parfaitement cohérent lorsque la productivité est identique dans les Deux grands Secteurs des Mp et des Cn, donc avec la même composition organique du capital – v/C où C = (c + v ) – et le même taux d’exploitation – pv /v – qui en découle dans les conditions paramétriques du système de reproduction.

Sur la base de ce Modèle et de la centralisation de la « plus-value sociale » à réallouer au mieux par la planification selon ses priorités, les Bolchéviques choisirent d’introduire partout, chaque fois que cela était possible, la plus grande productivité possible. Sans la Loi de la productivité ceci produisit fatalement des distorsions de valeurs et de prix. Les Bolchéviques choisirent donc une comptabilité quantitative, le Produit Matériel Net, ce qui permettait de corriger en cours de route en réallouant les ressources disponibles quantitativement dans la Reproduction Elargie. La variation en valeur et prix était par ailleurs contenue puisque l’échelle salariale bolchévique était très restreinte, se bornant au plus à reconnaitre des « travailleurs responsables » et des émoluments matériels pour les « stakhanovistes ».

Ce système permit à Staline et aux siens d’industrialiser le pays en seulement deux Plans quinquennaux. Le grand et lucide statisticien bolchévique Strumulin en témoigne. La planification socialiste n’a pas de rivale. Et encore ne maitrisait-elle pas les potentialités du crédit public pouvant anticiper une Reproduction Elargie allant au-delà des possibilités de réinvestissement de la seule « plus-value sociale ». En effet, le crédit public, qui ne coûte quasiment rien sinon ses frais d’administration et quelques fonds de provisionnement pour pertes, est une anticipation de la production qui demande néanmoins un accès supplémentaire au capital constant et au capital variable mis en mouvement, soit, à l’interne, par une surproduction et des stocks, soit autrement par l’importation, ce qui renvoie à l’équilibre des balances internes.

Avec le retour en arrière effectuée par les sur-représentés apologues du « marginalisme socialiste » parvenus au pouvoir avec Liberman-Khrouchtchev, le système alla rapidement à vau-l’eau, y compris dans le domaine agricole par des gens qui ne connaissent rien du rôle de Lyssenko dans le quadruplement de la production agricole bolchévique dont la partie écoulée sur les marchés internationaux permis d’accélérer l’industrialisation du pays et la collectivisation des terres. A ce sujet, tous les historiens minimalement honnêtes savent que la majorité des victimes de la famine en Ukraine advient hors du contrôle bolchévique sur les terres occupées par la réaction. Chose dérisoirement facile à vérifier. Staline, qui écrivit un des meilleurs essais sur la planification – voir ici – avait tenté indirectement de poser le problème de la transformation des valeurs en prix de production aux meilleurs esprits du temps. Paul Sweezy fit de son mieux avec grande honnêteté et publia une série d’articles permettant de cerner le – faux – problème. On posa la question à A. Einstein – Why socialism, May 1949, voir ici – sans résultat. Sraffa tenta un retour infructueux à la loi de la valeur classique via la réhabilitation de Ricardo et finit par reconnaitre son échec en proposant des prolégomènes avec son essai Production de marchandises des marchandises qui, au fond, ne fait que remplacer la valeur de la force de travail estimée selon la valeur de « la force de travail socialement nécessaire à sa reproduction » par la réification du « panier de marchandises produisant des marchandises », le tout sans rien savoir de l’extraction de la plus-value par le sur-travail. Aucune autre marchandise à part le travail humain ne produit de surtravail, partant de plus-value.

Quelques rectificatifs sur les falsifications bourgeoises.

L’histoire des falsifications bourgeoises est longue : elles auraient dû prendre fin après mon Tous ensemble – 1998 – où la preuve est faite et pour la première fois publiée que le problème de la transformation des valeurs en prix de production est un faux problème falsifié en toute connaissance de cause par Böhm-Bawerk lequel fut par ailleurs incapable de voir qu’il s’agissait, en fait, de résoudre le problème du passage de la rente absolue à la rente différentielle, autrement dit de démontrer scientifiquement la Loi de la productivité. Tout ceci est ignoré par un monde académique de sous-fifres surpayés ressassant sur fonds publics toujours les mêmes clichés et les mêmes falsifications, souvent sans même s’en rendre compte !  

Le marxisme est une chose sérieuse reposant sur son statut scientifique, il est totalement étranger aux « mythes soréliens ». Pour faire court voici quelques liens :

1 ) Introduction méthodologique et Précis d’économie politique marxiste, ici

2 ) La pseudo science économique de la bourgeoisie voilà pourquoi nous devrions changer rapidement de paradigme économique dans   http://rivincitasociale.altervista.org/la-pseudo-science-economique-de-la-bourgeoisie-voila-pourquoi-nous-devrions-changer-rapidement-de-paradigme-economique/  

3 ) Le PIB: outil de narration marginaliste contre le bien-être des peuples et la prospérité des Etats-nations, 24 mai 2020 dans  http://rivincitasociale.altervista.org/le-pib-outil-de-narration-marginaliste-contre-le-bien-etre-des-peuples-et-la-prosperite-des-etats-nations-24-mai-2020/         

4 ) Le socialisme marginaliste ou comment s’enchaîner soi-même dans la Caverne capitaliste, dans https://www.la-commune-paraclet.com/EPIFrame1Source1.htm#socialismemarginaliste Voir aussi : Nota sulla pianificazione socialista 2, dans http://rivincitasociale.altervista.org/nota-sulla-pianificazione-socialista-2/ 

5 ) La transition au socialisme déblayage définitif des falsifications malveillantes en particulier celles de Ch Bettelheim, 21 juin 2021, texte complet à relire/ dans http://rivincitasociale.altervista.org/la-transition-au-socialisme-deblayage-definitif-des-falsifications-malveillantes-en-particulier-celles-de-ch-bettelheim-21-juin-2021-texte-complet-a-relire/

6 ) Calcul économique structure des prix relatifs taux de change et désastre réchauffiste du GIEC : une-courte note, 30 oct 2023, dans http://rivincitasociale.altervista.org/calcul-economique-structure-des-prix-relatifs-taux-de-change-et-desastre-rechauffiste-du-giec-une-courte-note-30-oct-2023/ 

7 ) De nouvelles formes de démocratie socialiste à inventer 1 dans  http://rivincitasociale.altervista.org/de-nouvelles-formes-de-democratie-socialiste-a-inventer-1/     

8 ) Pour la démocratisation politique et économique se reporter au chapitre « Pour le socialisme cubain » dans mon Pour Marx, contre le nihilisme (ici) en prenant soin de comprendre que le développement du centralisme démocratique dans tous les domaines ne doit pas être confondu avec un quelconque retour au pluralisme confrontationnel bourgeois visant le contrôle de l’accumulation privée et l’occultation de la Loi des Grands Nombres dans les divers processus de sélection. Voir aussi la Section « Pour le socialisme cubain » dans mon vieux site www.la-commune-paraclet.com . Si on laissait opérer la Loi Des Grands Nombres dans un système d’éducation public démocratisé et accessible à tout.e.s, l’échelle salariale se réduirait de manière drastique. A preuve l’URSS et la Chine. Aujourd’hui, en Occident, les travaux les plus pénibles ont les salaires les plus bas …   

9 ) Fin 70 début 80, la victoire des néocons néolibéraux monétaristes avec Thatcher et Reagan ouvrit la voie à la pire régression socio-économique depuis la Grande Dépression. Ses lignes de force majeures et ses contradictions étaient détectables au tout début du cycle : public policy – Buchanan-Pollock etc. – avec équilibre budgétaire annuellement imposé allant de pair avec la fin de la planification stratégique et des subventions directes en faveur des tax expenditures afin de garder en permanence le budget au bord du précipice pour décourager toutes exigences sociales, privatisation et dérégulation de l’économie et surtout le « plein des sans-emplois » et des précaires au nom de la fluidité du marché du travail. Débutait ainsi une longue marche philo-sémite nietzschéenne vers le « retours » au « minuit » de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage par le refus exclusiviste de partager équitablement le travail socialement disponible entre toutes les citoyennes et citoyens aptes au travail : le partage de la misère entre travailleurs et l’inégalité affichée plutôt que la RTT. En Calabre, le taux d’occupation oscille déjà autour de 39-42 % alors que la marche vers l’argentinisation du marché du travail aux USA le fixe déjà à 62.5 % avec un taux de chômage factice au sens du BIT de 3.7% !!! On sait que selon cette évaluation statistique officielle du chômage on compte les emplois dont les jobines plutôt que les employé.e.s.

Ma genèse de cette régression remonte à mars 1985 dans l’essai Les conséquences socio-économiques de Volcker, Reagan et Cie, voir ici. Ceci ouvrit la voie aux traités de libre-échange et à la sanctuarisation de la nouvelle définition de l’anti-dumping à l’OMC qui exclut toute référence aux droits du travail, y compris à minima selon l’OIT, ainsi qu’à toute référence au principe de précaution environnemental, voir « L’Appel » ici. Cette course mondiale au moins disant salarial et environnemental mena à l’élimination progressive du « salaire différé » finançant la Sécurité Sociale alors que la précarité réduisait les cotisations sociales versées tout en rendant la fiscalité générale, déjà réduite par les tax expenditures, tendanciellement évanescente, en particulier en ce qui concerne le financement de l’assurance et de l’assistance sociales pourtant entérinées comme droits sociaux fondamentaux par nos constitutions.

Cette manie de payer le salaire net avec le salaire différé signe la volonté de paupériser les travailleurs en transférant leur épargne salariale, y compris les retraites, à la spéculation. Un Claude Reichman salive uniquement en pensant aux 872 milliards d’euros socialisés dans la Sécu qui pourraient être transférés aux investisseurs privés. Les gouvernements avec leur démantèlement des services sociaux et publics sont sur la même longueur d’onde. Voir ici.

Suivit l’affirmation de l’hégémonie du capital spéculatif symbolisé par la « banque universelle », un mouvement entériné par l’abrogation en 1999 du Glass Steagall Act de 1933 par lequel le New Deal avait imposé la compartimentation fonctionnelle du système bancaire financier en 4 piliers, soit la banque de dépôt, la banque commerciale, les assurances et les credit unions ou caisses populaires sans but lucratif. La catastrophe qui se matérialisa avec la crise des subprimes de 2007-2008 fut annoncée dès 2005 dans mon Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance, voir Livre-Book III ici. Bref, les « communs » sans planification, au moins stratégique, appuyée par le crédit public, sans salaire différé finançant la Sécurité Sociale et sans fiscalité républicaine progressive prélevée grâce au plein-emploi assuré par la RTT sur des emplois plein-temps et sur le capital, me semble être une pure fantaisie.      

En effet, toutes ses considérations scientifiques sont évacuées pour des clichés éculés ressassés ad nauseam par des gens qui nous annoncent tranquillement à longueur de pages que le néolibéralisme global a gagné partout et qu’il convient donc d’en tenir compte !!! Ils ne savent même pas que ce globalisme néolibéral est dominé par le capital spéculatif hégémonique qui impose légalement l’intérêt spéculatif comme un véritable taux de profit – normalement l’intérêt bancaire ou financier est déduit du taux de profit – menant ainsi inexorablement à la cannibalisation de l’économie réelle … et, par conséquent, à l’organisation d’un Nouvel Ordre Multilatéral de la part des Etats-nations désireux de se protéger et de protéger le fruit du travail de leurs citoyennes et citoyens, voir : Un monde multilatéral ouvert sans suzeraineté monétaire sans ingérence et sans extraterritorialité pour des lignes de crédit bilatérales et le crédit public, 7 avril 2022/ dans http://rivincitasociale.altervista.org/un-monde-multilateral-ouvert-sans-suzerainete-monetaire-sans-ingerence-et-sans-extraterritorialite-pour-des-lignes-de-credit-bilaterales-et-le-credit-public-7-avril-2022/     

En fait, au lieu de partir du postulat faux et démagogique du triomphe global du néolibéralisme à quoi opposer des « communs » « inappropriables », ces deux auteurs auraient mieux fait de déclarer que la planification démocratique appuyée sur le crédit public constitue la base de tout progrès social, y compris les droits sociaux fondamentaux entérinés dans nos Constitutions – celles que le néolibéral Denis Kessler appela à démanteler, voir ici – et dans la Déclaration Universelle des Droits Individuels et Sociaux Fondamentaux de 1948, toutes deux nées de la Résistance contre le nazi-fascisme et son corporatisme libériste économique. Au moins, ceci est facilement démontrable en pointant à la reconstruction d’après guerre mettant sur pieds la première mouture de l’Etat social moyennant une dette publique oscillant entre 17 et 27 % du PIB, alors qu’elle explosa immédiatement après la privatisation de la Banque de France par la loi Pompidou-Giscard-Rothschild de 1973. Le crédit est une anticipation de la croissance qui s’ajoute à la part de « plus-value sociale » réinvestie dans la Reproduction élargie ; le crédit public est quasi gratuit mais il se transforme généralement en masse salariale supplémentaire – salaire net, salaire différé et fiscalité – et en capital fixe, particulièrement dans les infrastructures et les services publics qui font la compétitivité macroéconomique de la Formation Sociale laquelle est le socle indispensable de la productivité micro-économique comme le savait déjà Alfred Marshall dans sa théorie de la localisation des industries … Voici un tableau qui n’a pas besoin de grands commentaires (cité ici).

La problématique de la transition.

Autre ineptie inventée par nos auteurs et mise dans la bouche de Karl Marx. Ils dénoncent donc « l’illusion marxienne d‘une production objective du commun par le capital » (p 103) Ainsi, le développement de la grande industrie porterait mécaniquement à l’émergence du commun. Et à la concentration étatique bureaucratique de la propriété dans les mains de l’Etat et pire encore selon Yves Cohen (p 103-104) dans les mains totalitaires du Parti-Etat. Il faudrait donc concevoir « le commun de la démocratie contre le commun de la production » (p 106)

En tant que marxiste je suis chaque fois stupéfait par l’ignorance crasse des théories de Marx, du marxisme et du léninisme par tant d’académiques qui, de manière évidente, en ont lu très peu et compris encore moins. Ce que Marx, puis Lénine à sa suite, théorisent ce sont les lois de motions du Mode de production capitaliste qui découlent paradoxalement de la pratique légalement imposée de la concurrence entre agents économiques supposés « libres ». La concurrence joue particulièrement sur les hausses de productivité qui « libèrent » la force de travail qui ne trouve par toujours à se « déverser » – mot de A Sauvy – dans de nouveaux secteurs, intermédiaires ou pas. Aujourd’hui, tous les secteurs sont intensifs en capital, contrairement aux secteurs intermédiaires mis en place après la Seconde Guerre Mondiale – auto, électroménagers, transports, avionique etc.  Il s’agit de la concentration et de la centralisation du capital. Des forces tellement puissantes que mêmes les élites bourgeoises en prirent note pour réfuter le régime de concurrence libéral classique et largement mythique décrit par A Smith, Bentham, John Stuart Mill et al, selon lequel le boucher et boulanger du coin travaillant chacun pour soi travaillaient également pour l’intérêt général selon les bonnes œuvres de la « main invisible » du marché.

Après Paul Lafargue, Hobson, Hilferding, et surtout Lénine mirent en lumière l’affirmation des cartels et des trusts. Puis, dès les Années 20 aux USA Means mit en scène la Big corporation – ce qui plus tard permit aux New Dealers dont Berle, de concevoir la montée en puissance légale des syndicaux dans l’industrie afin de rééquilibrer les relations de pouvoir sur la base de contre-poids ouvriers et sociaux. Même les marginalistes, et les néo-ricardiens, très présents dans les universités, durent incorporer les oligopoles et les monopoles – Schumpeter, Chamberlin, Sraffa, Joan Robinson etc. Aujourd’hui, un Tirole fait rire de lui en proposant une théorie de la « concurrence imparfaite » qui évacuerait toute velléité de rééquilibrage dans la production ou dans la sphère des échanges – Anti-trust, Sherman Act, Baby Bells etc. – en remplaçant les régulations étatiques par des organes de surveillance relevant de l’industrie ou, mieux encore, pour les grosses transnationales comme les GAFAM, sur les organes de discipline internes fonctionnant par analyse des cookies pour jauger la satisfaction des « clients ». Pour le plus grand profit de diverses entreprises comme Cambridge Analytica …

Tout ceci n’est pas sérieux. La concentration et la centralisation du capital mettent en cause une série de régulations qui changent le régime de propriété capitaliste et les relations sociales qui en dépendent, dont la démocratie industrielle qui, en France, avait atteint le niveau sans précédent des Lois Auroux. (Voir ici)

Selon Marx, la transition hors du MPC est inéluctable, constat reconnu d’ailleurs par le marginaliste pessimiste Schumpeter qui proposa sa théorie de « création destructive » dans le simple but de retarder l’issue fatale. Car, ces Lois de motion du capital qui découlent de la recherche de la productivité la plus haute contre les entreprises rivales, finissent par aggraver la surproduction allant de pair avec la sous-consommation au point où les forces productives du capital ne sont plus compatibles avec les rapports de production, surtout après l’émergence du prolétariat intellectuellement armé par le marxisme et le marxisme-léninisme. Cette contradiction ne pourra être résolue de manière durable que par la transition vers un Mode de production nouveau, socialiste, qui rétablira l’équilibre en développement des forces productives et des rapports sociaux de production de plus en plus émancipés et égalitaires. La RTT en constitue une des clefs. La propriété privée cèdera la place à la domination, pas nécessairement uniforme, vu la coexistence à dominance des Modes de production durant les transitions, de la propriété collective – selon des formes diverses, Etat, publique et coopérative – allant de pair avec les nouvelles formes de possession individuelles, dont notoirement la Datcha stalinienne qui est un rêve lointain pour la plupart des prolétaires occidentaux ou autres …

L’objectif du socialisme étant l’émancipation égalitaire des Humains conçus comme des citoyens à part entière, par le bais de la planification, la propriété collective constituera la forme démocratique principale puisqu’elle visera l’allocation des ressources de la Communauté pour la Communauté à travers les priorités sociales informant les Equations de la RS-RE. De même, l’émancipation exigeant le respect de l’espace privé nécessaire à l’éclosion de la personnalité de chacun, la possession – socialiste – individuelle jouera un rôle essentiel. Tous seront tenus à accomplir leur part de travail dans le Domaine de la Nécessité – socio-économique – selon des cycles récurrents de RTT, ce qui ouvrira au développement toujours plus accru du Domaine de la Liberté socialiste, dont les droits individuels, sociaux et civils inaliénables dûment protégés par les nouvelles formes de démocratie à inventer. (voir ici)  Aujourd’hui, les effets destructeurs du capital spéculatif hégémonique et d’une nouvelle vague technologique axée sur l’IA et la robotique, pose le choix entre « barbarie et socialisme » avec encore plus d’acuité qu’avant. Du temps de Rosa Luxemburg, ceux que Lénine dénomma les « renégats » – déjà philosémites nietzschéens – tentèrent d’occulter l’alternative réelle, des Bernstein et des Sombart appuyant à leur façon la fumeuse théorie des classes moyennes de Max Weber et Cie, aspirant au fond à une modernisation du Modèle Wagner-Bismarck inventé par le Chancelier de Fer pour faire pièce à la montée du socialisme et de la 1ère Internationale en Allemagne. Nos deux auteurs sont dans cette laborieuse lignée … avec néanmoins une moindre connaissance des textes « marxistes » et « bolchéviques » de base …

Sur leur interprétation de Castoriadis

Pour assoir la narration subalterne à la domination globale du néolibéralisme il convient donc de critiquer toutes les véritables avenues concrètement anti-capitalistes. On a vu les clichés véhiculés contre les entreprises publiques, la planification et le « socialisme réel ». Particulièrement dans le cas de l’URSS, nous sommes confrontés à des puérilités idéologiques convenues aussi bien de gauche que de droite. A gauche, c’est toujours les critiques à la Victor Serge ou pire encore à la Trotski ; en critiquant le « socialisme dans un seul pays », particulièrement après le coup d’arrêt de l’expansion à l’Europe « avancée » avec l’échec des révolutions allemande et polonaise, ce dernier semblait ignorer que l’URSS était, à elle seule, un continent comptant en son sein 15 républiques fédérées, avec leurs autres républiques, régions et districts autonomes, un Etat multinational soviétique comptant plus de 110 nationalités, qui furent toujours protégées contrairement à la situation faite aux indigènes aux USA, en Australie et dans les territoires sous contrôle occidental. Remarquons qu’à ma connaissance Trotski n’a rien contribué à l’économie politique marxiste, sa contribution principale étant le concept vague de « révolution sociale».

Bref, l’URSS, après la brève expérience de la Commune de Paris de 1871, reste la première et la plus longue expérience concrètement socialiste, authentiquement égalitaire, jamais tentée dans l’Histoire de l’Humanité. Elle innova en bien des domaines : Etat multinational, fédération des Soviets, planification bolchévique carrément fondée sur une compréhension marxiste des Equations de la Reproduction bien que devant faire ses comptes avec quelques obscurités, par exemple l’intégration cohérente de la Loi de la productivité marxiste dans les Equations de la RS-RE et ainsi de suite. Aucun scientifique ne devrait se rabaisser à traiter une telle expérience égalitaire avec la légèreté des idéologues en proie à un anti-communisme primaire. Ceux qui se veulent de gauche ne devraient pas se permettre d’ignorer cette longue et cruciale expérience égalitaire née de la Première Internationale de Marx et poursuivie avec la IIIème Internationale bolchévique.

Il devrait être possible d’analyser une expérience aussi complexe de manière objective, mieux de manière critique marxiste. Par exemple, comment se fait-il que l’URSS commença à péricliter après l’adoption du « socialisme marginaliste » de Liberman, comment se fait-il que les critiques contre Staline, exception fait de Trotski, fassent toute l’impasse sur le rôle du policier nain juif Yeshov qui émula le rôle joué par Sade dans la Section des Piques pour détruire le bolchévisme de l’intérieur ? Comment se fait-il que les accusations de « stalinisme » dans le sens péjoratif du terme relèvent surtout du système dit « de commande et de contrôle » qui découla de la désorganisation de la planification bolchévique après le XXème et le XXIIème Congrès qui suivirent la prise de pouvoir et l’établissement de l’hégémonie des apparatchiks sur-représentés dans la lignée de Liberman et de Khrouchtchev ?  Mao parla alors de « capitalistes roaders » en les distinguant précisément de la politique léniniste transitoire qui donna lieu à la NEP. Et ainsi de suite : préférez-vous Lyssenko qui quadrupla la production agricole soviétique, notamment celle du blé, permettant ainsi l’industrialisation du pays et la collectivisation des terres – kolkhozes et sovkhozes – ou bien la révolution biogénétique bourgeoise actuelle avec sa viande et autres productions in vitro et ses OGM et pesticides associés ? Noter que même si la preuve était apportée que ces OGM en soi n’étaient pas nocifs pour la population, ce qui est impossible puisque qu’ils sont conçus avec des pesticides associés – ex maïs et glyphosate ou Round up – ils ne seraient pas pour autant acceptables du moins sur large échelle. Les Mexicains le savent bien, la tortilla étant un aliment d’usage quotidien. Après la soumission des paysans à la glèbe qui aujourd’hui tombe de plus en plus dans les mains des grands financiers globaux – Blackrock en Ukraine etc. -, voici la soumission des agriculteurs à des semences génétiquement conçues pour être stériles, donc ne pouvant pas être replantées. Tout ceci mériterait mieux que des dénonciations convenues à l’emporte-pièce. Notre Histoire est bien mal racontée, ce qui coûte très cher tant socio-politiquement que culturellement et scientifiquement.  

En ce qui concerne les clichés démagogiques sur le sujet, Castoriadis nous en donne un énième exemple. Ce qui permet à nos auteurs d’enfoncer le clou idéologique dans la bière du « socialisme réel » sans toutefois contribuer, du moins à leurs yeux, à faire avancer la théorie de ce qu’ils conçoivent comme « commun ». Castoriadis, un court moment influencé par les critiques trotskistes au « stalinisme », a très tôt pris ses distances avec le parti communiste grec. On sait comment ce parti et la Résistance grecque furent massacrés par l’intervention voulue par Churchill et les USA alors effrayés par la victoire des communistes yougoslaves. L’éclectique Castoriadis resta dans cette optique immuable jusqu’à la fin.  

La stratégie employée par Castoriadis constitue à s’inventer une ligne discursive alternative tout en prétendant rester à l’intérieur de l’analyse historique mais dans une version a-marxiste. Kant pour sa part piquait de belles colères contre les paralogismes véhiculés par nombre de ses contemporains. Le sophisme de départ de Castoriadis est le suivant, le reste n’étant que broderie. Voici une longue mais explicite citation : « La révolution reste à ses (Marx) yeux un « accouchement», selon la métaphore obsédante qu’il emploie, dans la mesure même où la forme supérieure de société est contenue dans la forme qui la précède, parce que le capitalisme crée lui-même les conditions matérielles de son propre dépassement. Pourtant, ces conditions du communisme qu’il suppose produites par le développement du capital, ne ressemblent en rien à ce qui a permis la constitution du pouvoir économique de la bourgeoise. Castoriadis le constatait dès 1955, témoignant ainsi de la distance qu’il commençait à prendre avec la pensée de Marx. Si le capitalisme a bien produit des usines, des prolétaires en masse, une concentration du capital, l’application de la science à la production, ses présuppositions n’ont que peu à voir avec les conditions de la révolution bourgeoise : « Mais où sont les rapports de production socialistes déjà réalisés au sein de cette société, comme les rapports de production bourgeois l’étaient dans la société « féodale » ? Car il est évident que ces nouveaux rapports ne peuvent pas être simplement ceux réalisés dans la « socialisation du processus de travail», la coopération de milliers d’individus au sein de grandes unités industrielles. Ce sont là les rapports de production typiques du capitalisme hautement développés.» La « socialisation » capitaliste ne peut se confondre avec l’association des producteurs : elle se caractérise, comme le rappelle Castoriadis, par l’antagonisme entre la « masse des exécutants » et « un rapport séparé de direction de la production. Ce qui lui fait dire que si la révolution bourgeoise est « négative », en ce sens qu’il lui suffit d’élever à la légalité un état de fait en supprimant une superstructure déjà irréelle en elle-même, la révolution socialiste est « essentiellement positive », car elle doit « construire son régime » – non pas construire des usines, mais construire des nouveaux rapports de production dont le développement du capitalisme ne fournit pas les présuppositions » (pp 94-95)

A ce niveau d’illettrisme en matière de méthodologie et de théorie marxiste de l’Histoire – mieux du matérialisme historique -, il est difficile de tomber. Notons que ces dérives dans ces cercles précèdent la contre-révolution hongroise de 1956 qui était surtout une contre-révolution des juifs hongrois et des membres de l’intelligentsia pro-atlantistes surreprésentés avec l’appui de Béria qui avait prévu de rétrocéder l’Europe de l’Est à l’Occident en échange de l’appui américain à sa prise de pouvoir à Moscou, trahison qui se réalisera ensuite avec Andropov-Gorbatchev-Eltsine quasiment dans les mêmes termes, y compris le rôle crucial joués par la plupart des surreprésentés juifs en URSS et en Europe de l’Est. Cette trahison est loin de la problématique de la transition au socialisme pour des sociétés ayant déjà connu un certain développement « démocratique » selon les contributions de Rosa Luxemburg ou Gramsci. Comme le démontre l’entrisme transparent d’un Georg Lukàcs, la fracture ne tenait pas à la nature de la démocratie socialiste à inventer mais bien à un choix pseudo-culturel philo-sémite pro-occidental, y compris en faveur du pluralisme bourgeois. De fait, pour la transition au socialisme en Europe de l’Est Staline s’était inspiré soigneusement de Gramsci en développant le concept de « démocratie populaire». Pour consolider l’hégémonie anti-nazi-fasciste au sein de l’intelligentsia de l’Europe de l’Est, Staline, qui savait comment Lénine avait utilisé la NEP sans perdre le contrôle de la planification socialiste, avait même favorisé la venue en Pologne d’Oscar Lange, le concepteur walrasien mais bien intentionné du « socialisme marginaliste », voir ici. La proclamation de l’Etat d’Israël en 1948 signa un désastreux basculement de loyauté qui, en dépit de la « question juive » de Marx, passa de l’émancipation humaine générale au vieux rêve suicidaire théocratique raciste suprématiste de « seule race élue » juive, tous les peuples gentils n’étant que des goyim infra-humains. On voit ce que cela donne aujourd’hui en Palestine et à Gaza avec l’appui de la Zionist Manifest Destiny impériale américaine, de sa Doctrine – illégale – de la guerre préventive contre tous les rivaux militaires et économiques du putatif empire et ses regime changes.     

La défaite de cette première trahison n’empêcha pourtant pas la clique Liberman-Khrouchtchev de détruire l’URSS de l’intérieur par la destruction de la planification bolchévique avec l’imposition du soi-disant « marginalisme socialiste » et sa fragmentation de la « plus-value sociale». Cela étant dit, les connaissances historiques de Castoriadis sont très minces, plus encore possiblement que ses connaissance de Marx. Les formes politiques bourgeoises n’étaient aucunement contenues dans les régimes féodaux qui avaient d’ailleurs fait place à la monarchie absolue mitigeant les relations entre noblesse et bourgeoise marchande – Althusser, Anderson etc.

Sur les Modes de production comparés

Le fond du problème est celui de l’extraction de la plus-value selon les Modes de production, de sorte que, en période de transition d’un Mode à un autre, le problème est de bien comprendre la « coexistence à dominance » d’une forme d’extraction de la plus-value qui est imposée légalement par le Mode dominant. Le Mode de production féodal, y compris dans sa forme mitigée de monarchie absolue, reposait sur l’extraction de la plus-value absolue, cette domination politique et légale – les nobles en France ne pouvaient pas déroger contrairement aux Lords anglais – tenant en laisse le capital marchand, par ailleurs coopté par mariage (voir l’exemple du financier de Louis XIV, Samuel Bernard). Ce qui était en cause était le passage de la rente absolue à la rente différentielle – Ricardo, Torrens, Marx – qui, ainsi que je le démontre, une fois généralisée hors du domaine agricole, donne la productivité qui est la forme d’extraction révolutionnaire caractéristique du MPC.

La transition du Mode « féodal » au Mode capitaliste ne se fit pas en un jour, même après la Révolution de 1789 et la Nuit du 4 août, ni du côté du développement du machinisme et des manufactures – hors régulation, disons colbertistes – ni du côté de l’organisation de la « pin factory » détruisant les « métiers » – et les vielles corporations avec leur apprentissage, bête noire de Adam Smith et de la Loi Chapelier de 1791 (p 470)  – pour les recomposer dans l’organisation moderne qui portera de la « pin factory » au taylorisme. (Notons à ce sujet que trop de gens confondent le taylorisme qui concerne la fragmentation-recomposition des tâches sur les lignes de montage, c’est-à-dire l’organisation (scientific management ) du procès de travail immédiat en vue d’extraire le maximum de sur-travail alors que le fordisme (5 Dollar/Day) concerne la rétribution au sein du même procès de travail mais aussi plus largement les rapports de redistribution au niveau macro-économique de l’Etat.) Du point de vue conceptuel et éthico-politique, il en alla de même : Gramsci analysa les traits essentiels de cette longue formation de la contre-hégémonie, aujourd’hui connue sous le nom des Lumières, avec le développement de la philosophie de Machiavelli et La Béotie, à Hobbes, Locke, Rousseau, Condorcet et tant d’autres dont Buffon, Cuvier, Lamarck etc. précédant Darwin, le tout symbolisé et synthétisé par la grande pédagogie de masse résultant de l’Encyclopédie française, ses articles et surtout ses plaques dessinées, donc visuelles et accessibles à tous, lettrés ou moins. Un artisan ou même un paysan pouvait comprendre ces plaques quasiment d’instinct ouvrant ainsi à une vision du monde scientifiquement fondée.

Et que dire du développement de la « démocratie » passant des Anciens parlements à la démocratie censitaire avec quelque 100 000 électeurs, nombre porté ensuite à un demi-million lorsque la bourgeoise dut introduire un modique « impôts sur le revenu », donc avant 1848 et la conquête du suffrage universel qui incita la bourgeoise – avant Weber et Boutmi – à s’inventer un pluripartisme bourgeois bien soumis au capital et à ses Appareils d’Etat afin de conserver le contrôle sur les masses prolétarisées, ce Grand Nombre qui fit la hantise de Nietzsche et de tous les intellectuels bourgeois après lui, y compris, à son meilleur, la « sociologie de la connaissance » selon Karl Mannheim …

Au moment où Castoriadis écrivait, l’Etat social ou Welfare State keynésien anglo-saxon, battait son plein, y compris aux USA où les conquêtes socio-économiques du New Deal, démocratie industrielle comprise, n’étaient pas encore démantelées malgré la victoire du va-t-en-guerre Truman – avec Dulles, Brennan et Cie – contre Wallace, durant les primaires démocrates tenues après la mort de FDR. Or, le New Deal, tout comme l’Etat social issu du Front national puis des cartons du CNR, prenait acte de la faillite du néolibéralisme classique avec son modèle de compétition parfaite niée dans les faits par l’émergence du capital financier qui prenait la suite du capital bancaire puis du capital industriel – chemin-de-fer etc. – incarné dans les Cartels et les Trusts – Lafargue, Hilferding, Hobson, Lénine – lui-même suivi par ce que Means appela dès le début des Années 20 aux USA les Big corporations.

A cela s’ajouta, à la lueur de la Grande Dépression, et de son chômage de masse accompagnant une indigence et un paupérisme sans précédent, la réalisation que les périodes d’inactivités des travailleurs, chômage, maladie, vieillesse etc.  n’étaient pas dues à leur volonté – « Through no fault of our owns » fut le cri de ralliement des travailleurs et des progressistes américains en particulier ceux de la CIO, les syndicats industriels qui se distinguaient du gompérisme débilitant pratiqué par l’AFL. On prit conscience que le travailleur relevait d’une espèce à reproduction sexuée devant se reproduire comme être humain dans un ménage, et non uniquement reconstituer ses forces pour retourner travailler le lendemain.

Keynes et tant d’autres remarquèrent également – selon la charte des droits sociaux de Beveridge – que les droits sociaux financés pas le salaire différé constituaient le meilleur remède anti-cyclique à opposer aux crises cycliques inhérentes au capitalisme. Outre le salaire différé ou cotisations sociales, le développement de la fiscalité progressive permit à l’Etat d’intervenir dans l’économie, du côté de la production – entreprises publiques, infrastructures etc. – ainsi que du côté de la demande – demande sociale interne dont la masse salariale assurée par le plein-emploi à temps plein – afin de préserver une croissance qualitative allant de pair avec le maintien du plein-emploi à plein temps. En paraphrasant Lafargue sans le citer, Keynes ira même jusqu’à imaginer que la hausse séculaire de la productivité mènerait progressivement à une semaine de travail de 15 heures pour absorber la force de travail « libérée » et maintenir ainsi le plein-emploi, unique moyen de préserver le MPC ou du moins la socialisation, contre ses « esprits animaux ». Dans un relent quasi Leveller -Winstanley  Keynes ajoute, en toute connaissance de cause, que ceci devrait suffire « pour satisfaire le Viel Adam en nous » tout en constituant l’unique moyen pour mitiger les crises structurelles du MPC qui opposent avec toujours plus d’acuité  la surproduction et la sous-consommation de masse.

Or, ce développement du MPC vers le capitalisme avancé de l’Etat social – salaire différé et fiscalité progressive républicaine – qu’est-ce autre qu’une meilleure répartition de la plus-value jusqu’ici empochée par les capitalistes qui payaient uniquement le salaire net individuel, forçant ainsi tous les membres des  familles de travailleurs au travail, vieillards, femmes et enfants inclus. A la fin, ce que Marx constate, c’est que les forces productives se développent et que les rapports de production idéologiquement surdéterminés ne suivent pas toujours, de sorte que le rééquilibrage se fait par la lutte de classe, les réformes et les révolutions qui finalement imposent, d’une manière ou d’une autre, la transition et le dépassement vers un Mode de production plus harmonieux.

Castoriadis devait dire ce qu’il pense du patinage à l’envers commencé avec les surreprésentés américains – et pas uniquement à Chicago University – prenant la suite du juif-fasciste autrichien Ludwig Mises et de tous ses disciples dont la Société du Mont Pèlerin – avant Davos et al … – et avec la nouvelle définition de l’anti-dumping sanctuarisée par eux dans l’OMC depuis l’Uruguay Round et ses suites. On sait que cette définition de l’anti-dumping élimine du calcul tout ce qui ne relève pas strictement du salaire individuel net du travailleur, ainsi que tout critère environnemental à minima – Summers vs Bhopal ? – menant ainsi à une course globale au moins disant salarial, le marché global du travail devant, selon Solow – prix Nobel 1956 !!! –, trouver son équilibre au « seuil physiologique », un mètre élastique, digne du retour de ce pitre au subjectiviste marginaliste d’origine le plus niais – Ecole autrichienne vs Ecole historique allemande de Gustav Schmoller pour ne rien dire des marxistes – alors qu’historiquement et sociologiquement la longévité moyenne de 1 demi milliard de camarades Dalits est de 40-42 années !

On le voit il y a encore une marge à la déflation salariale en Occident, y compris en Italie – l’assistance sociale ou GOL – équivalent RSA – y est de 350 euros/mois par foyer payés par le PNRR, ce qui, concrètement, en fait un système étatique de subvention du travail au noir étant entendu que l’on ne peut pas vivre avec cette somme et que les ponts ont tendance à s’écrouler … !!! 

Bref, on aura compris que Castoriadis n’a pas la plus minime formation pour pouvoir critiquer le marxisme – ou même comme on l’a vu les théories keynésiennes ou celles de la régulation qui théorisaient au mieux – en occultant Marx – une meilleure redistribution de la « plus value sociale » dans ce que j’ai appelé les trois composants du « revenu global net » des ménages, salaire individuel, salaire différé et la part de la fiscalité revenant aux ménages sous forme d’accès citoyen garanti aux infrastructures et services publics. Bref, Althusser avait déjà montré le rôle des Appareils d’Etat, dont l’université bourgeoise, dans le maintien du système…

Pour faire bref, une fois posé un point de départ paralogique qui vous permet de vous abstraire de toute réflexion historique méthodologiquement fondée, il suffit de broder. Ainsi toute la discussion initiée par Marx sur les Modes de production comparés – avec les extractions spécifiques de la plus-value, absolue, relative, structurellement relative ou productivité et plus-value sociale plus ou moins socialement contrôlée – les paramètres de la RS-RE, les Epoques de redistribution ainsi que les Ages technologiques et les Ères civilisationnelles – par moi spécifiés en suivant la méthode de Marx -, tout ceci disparaît. Au profit des suivantes élucubrations, qui ne sont que ce que le jeune Benedetto Croce appela, en les différenciant des distincts, des « opposés », ou des catégories  « aristotéliciennes » qui font disparaître le « premier concept concret, le devenir » – voir mon Introduction méthodologique . Dans ce livre, je démontre aussi l’inanité de « l’unité des contraires » ou « opposés » chez Hegel, qui falsifie la logique et les développements dialectiques. Castoriadis distingue ainsi trois catégories l’oikos, l’agora et l’ekklèsia. (p 591) Car il s’agit de « comprendre aussi exactement que possible la relation que le politique entretient avec ce qu’il est convenu d’appeler le « social » » (p 590)  

Bien entendu, Castoriadis privilégie aussi d’autres catégories, romaines ou issues de la Renaissance etc., mais elles renvoient toujours à l’« origine » grecque en restant des catégories sociologiques statiques, aristotéliciennes, des constructions conceptuelles prises hors du mouvement dialectique du réel. Et cela ne va pas sans problème, ces catégories se chevauchant allègrement. L’oikos, ou domaine de l’économie domestique, est en partie opposé au privé selon Hannah Arendt et son opposition privé/public dans le sens du markéting. L’agora devient le marché – quasiment dans une acception topographique selon la taxonomie de K Polanyi, marché, foire, emporium etc., sans pouvoir nier son acception politique. L’ekklèsia devient le lieu et la pratique de la représentation politique, de sorte que Castoriadis est obligé d’admettre que la frontière entre agora et ekklèsia est poreuse. Et c’est aussi ce que dit le dictionnaire ou Wikipedia !   

Aristote a joué un méchant tour à Castoriadis. On sait, ne serait qu’à travers le jeune Marx, que Platon – en fait, les pythagoriciens dont Socrate – pose comme point de départ des réflexions sociales et politiques le concept universel de l’Espèce humaine, le reste suit, dont l’égalité implicite que la République doit instaurer étape par étape selon le degré d’avancement de l’éducation donc des consciences – individuelles et collectives -, projet repris et modernisé par Joachim voir ici. Comme toujours, les travaux scientifiques de l’Académie – et de Socrate – furent condamnés par les systèmes en place. Aristote, ancien élève – infiltré ? – de l’Académie pris part aux tentatives de réfutation. La plus connue est sans doute la tentative de réfutation du système de reproduction biologique des groupes mis en scène dans la République, critique qui fait abstraction de l’essentiel, à savoir que les catégories or, argent, fer sont des constructions ultimement dépendantes de l’éducation, elles ne sont pas étanches comme des castes entendues comme castes séparées. D’ailleurs, Socrate en fait la preuve maïeutique en faisant retrouver le carré du carré au jeune esclave analphabète.

Plus sérieusement encore, Aristote, sentant la faiblesse de l’attaque, procède comme cela advient toujours, en falsifiant les prémisses de départ. Le concept universel de l’Espèce sera repris par la philosophie moderne avec notamment Kant après Machiavelli, ainsi qu’avec tous les théoriciens de la nature humaine donc de la Loi naturelle ( diritto delle genti selon Vico) et avec Herder, sans oublier l’influence de Buffon, Cuvier etc. Ce concept universel est occulté par Aristote en posant comme point de départ la famille, dans son sens plein, à savoir la domesticité de la famille élargie, voire du clan, sous contrôle d’un patriarche. Le jeune Marx en conclut que la subordination politique et sociale ne sera pas supprimée tant que l’unité « famille », y compris la famille nucléaire, ne sera pas dépassée avec ses relations de pouvoir intrinsèques dont les structures familiales – monogamie, exogamie, matrilinéarité, patriarcat etc. – et les structures de parenté assurant « la circulation des femmes », donc la reproduction biologique et sociale. Ceci ne veut pas dire que le « ménage » – terme neutre – comme lieu de la reproduction biologique disparaîtra, simplement il prendra d’autres formes qui effaceront les relations de pouvoirs en son sein en les substituant par des relations d’amour et de coopération. (voir l’essai Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs dans la partie rose de mon vieux site ici.) 

Ce fait d’occultation régressif accomplit le métèque Aristote poursuit en différenciant l’économie domestique – oikos – et l‘économie politique, à savoir la chrématistique. Avec les Physiocrates, cette distinction sera en grande partie effacée ou plutôt transformée. C’est déjà plus intéressant que la confusion oikos, agora, ekklèsia, surtout lorsque l’on a saisi l’occultation initiale recherchée.

Et qu’en est-il alors du domaine « social » ? En fait, la porosité castoriadicienne est inhérente au mouvement de la réalité, la société est toujours une « société politique », tout dépend de son degré d’avancement dans la voie de l’émancipation la plus grande possible et donc de l’accomplissement de l’égalité humaine formant la base de la liberté humaine collective et individuelle. Nous disons ici avancement au lieu de modernisation ou de développement puisque  – Joachim et Winstanley l’avaient entrevu avec leur « communisme » et les Bolchéviques et Mao l’ont démontré brillement ensuite – ainsi que  le disait l’historien allemand Ranke, chaque époque est potentiellement aussi proche de dieu, ici de l’émancipation égalitaire. Car, ainsi qu’il ressort de la structure du Capital, tout dépend de la Redistribution sociale – champ de la lutte de classe et donc de la politique qui reste le domaine de la mobilisation et de l’allocation des ressources de la Communauté au nom et au bénéfice de la Communauté – sur la base de la Reproduction dynamique. La Reproduction est régulée par les Equations de la Reproduction Simple et Elargie, champ de la Planification et de la démocratie industrielle et sociale, qui renvoie, au niveau microéconomique, aux formes d’extraction de la plus-value, dont la « plus-value sociale » dans les Modes de production socialistes et communistes et leurs diverses Époques de redistribution plus ou moins avancées.

La séparation anti-dialectique du « social » d’avec le « politique » – compris unilatéralement comme Etat hiérarchisé selon ses formes compatibles avec l’exploitation de l’Homme par l’Homme – renvoie, en fin de compte, à l’occultation univoque typiquement marginaliste entre valeur d’usage et valeur d’échange par l’invention du concept amputé de l’« utilité ». Ainsi nos deux auteurs après avoir parcourus Proudhon, Castoriadis, sans exempter Negri, Hardt, Hannah Arendt etc. tentent de proposer une solution que voici : « Il faut opposer le droit d’usage à la propriété » (p 595) ce que ni Proudhon, ni Castoriadis ni personne d’autre auraient osé, puisque toute société repose sur la division sociale du travail laquelle implique l’échange des marchandises entre elles, donc de leurs valeurs d’échange avec leur support valeur d’usage.

Reste que l’on ne peut pas rechercher une forme plus démocratique de la « société » ou mieux de la « société politique » en prétendant détruire la valeur d’échange ! Certains Bolchéviques naïfs avaient cru au début de la Révolution pouvoir détruire l’exploitation en interdisant la monnaie. Ce ne fut pas le cas de Lénine, notre maître à tous en matière de compréhension scientifique du marxisme de Marx, qui connaissait parfaitement les premiers chapitres du Capital, Livre I, où la dualité de toute marchandise, valeur d’usage et valeur d’échange, est rappelée, et où on démontre que l’échange d’une marchandise contre une autre implique leur commensurabilité, donc un mètre ou étalon de mesure universel, à savoir la valeur d’échange de la force de travail, seul équivalent universel mesurant tous les autres, bien que les échanges puissent être médiés par des équivalents particuliers – des coquillages, des patates etc. – ou, mieux encore, par des équivalents généraux plus facilement transportables et dont chaque partie aliquote conserve les propriétés naturelles du tout, ex l’or, l’argent etc.  

Pour la petite historique face à l’hyperinflation, Lénine ne se débalança pas, il applaudit même au rôle de destruction des inégalités de classe existantes en Russie – pour une fois l’inflation était utilisée pour le bien du peuple ! –  mais il s’assura pour que les Bolchéviques et les Soviets veillassent le plus rigoureusement possible à l’approvisionnement des ménages et des entreprises sous leurs contrôles, ce qui préfigura quelque peu la comptabilité planifiée en Produit Matériel Net. Ceci permis aux Bolchéviques de passer outre la réaction occidentale et interne réunie – la contre-révolution blanche. La période est connue comme Communisme de guerre. Ceci n’empêcha pas Lénine et les Bolchéviques, une fois assuré la pérennité du régime, de concevoir des transitions comme la NEP, flexibles mais toujours surdéterminées par la planification centrale et l’utilisation maximale par cette planification de la « plus-value sociale » relevant des impôts mais surtout des bénéfices réinvestis par les entreprises d’Etat, ce que précisément Liberman-Khrouchtchev détruiront.

Or, Castoriadis le savait pertinemment en tentant d’imaginer de manière utopique ( ?) un pouvoir politique diffus et dissous dans le social, plus encore que les formes d’autogestion connues-, la distinction valeur d’usage, valeur d’échange ne saurait être abolie puisque ni la division sociale du travail, ni les échanges qui en découlent, ne peuvent l’être. Aristote, pour sa part, approche la question selon sa méthode de taxonomie et de catégorisation conceptuelle : il pose alors la question fondamentale – reprise par Marx dans le Capital, Livre I : comment se fait-il que deux marchandises aussi dissemblables qu’un trépied et un lit puisse s’échanger entre elles, à savoir établir une égalité en terme de valeur d’échange ? Aristote ne réussit pas à fournir une réponse. Marx expliqua que la société esclavagiste dans laquelle il baignait occultait largement le rôle de la force de travail et donc celui de la valeur d’échange de la force de travail comme seul étalon universel permettant d’établir la commensurabilité de toutes les marchandises entre elles.

On voit l’ineptie de nos deux auteurs. Marx, que j’ai repris en tentant de le prolonger avec le concept de « plus-value sociale », montre dans sa Critique du programme de Gotha comment le socialisme et le communisme ayant aboli la propriété privée, mais non la possession individuelle, ex. la datcha stalinienne, abolissent aussi et surtout l’accumulation privée de la plus-value extraite durant le procès du travail et destinée à être réinvestie dans la Reproduction Simple et Elargie pour assurer la croissance. Ceci implique que la plus-value devienne commune – tiens ! « commun-commune» !!! – c’est-à-dire qu’elle soit accumulée dans un Fonds Social qui est ensuite réinvesti – préférablement avec l’ajout du crédit public … – dans la Reproduction Elargie socialiste ou communiste. Mais cette fois-ci cela se fait selon des priorités sociales, humaines et environnementales, par le biais d’une démocratisation entérinée à tous les niveaux, principalement la démocratie industrielle et sociale dans la Planification matérialisée par les comités d’entreprise, les syndicats, la représentation des consommateurs et des chercheurs, les Branches, les Secteurs et les filières, le Conseil Economique et Social, et la supervision par l’Assemblée nationale afin de combattre les disparités régionales dans la Formation sociale nationale etc.

Sur cette base, on conçoit, en suivant Marx, le dépassement vers un Mode de production historiquement plus avancé dans le sens des possibilités nouvelles qu’il offre pour mieux assurer les bases matérielles – dont la démocratie socialiste, voir ici – de l’égalité et de l’émancipation humaines. La recherche de la productivité la plus poussée possible continuera après le dépassement du Mode de production capitaliste mais elle répondra à des priorités sociales et environnementales – y compris, au niveau des finalités de la recherche ex. médicaments génériques, le repositionnement des molécules naturelles plutôt que de criminels pseudo-vaccins à ARN messager fait en quelques heures et distribués avec une mixture qui ne correspondait même plus à celle que les instances européennes et mondiales avaient illégalement acceptée sous prétexte qu’il n’y avait pas d’alternatives, voir ici

Cette productivité dans la sphère de la production mènera à des cycles récurrents de RTT, de sorte que le Domaine de la Nécessité, celui du travail qui reste l’honneur des citoyens et la base de leurs droits, occupera toujours moins de temps puisque toute citoyenne et citoyen apte au travail a l’obligation de participer à l’effort commun en sachant que la productivité, respectueuse de l’ergonomie et du décloisonnement des tâches pour assurer la parité homme-femmes, augmentera de manière séculaire libérant ainsi le temps-libre, celui du Domaine de la Liberté socialiste où pourra s’épanouir la personnalité de chacune et de chacun dans le sens d’une émancipation individuelle et générale la plus poussée passible. Et ceci sans nier les bases humaines ni le génome humain comme veulent le faire les tenants de Davos et autres pitoyables Yuval Hariri qui, en ignorant tout de la dialectique d’ensemble unissant la dialectique de la Nature et la dialectique de l’Histoire, viennent nous dire que la nature humaine n’est qu’un « récit »« hackable » à souhait. (Comment cet Hariri explique-t-il sa position bipède si tout est récit, sans lien jugement-réalité?). Cette falsification vise uniquement à créer des espèces « humaines » différentes : nous avons-là le délire suprématiste nietzschéen-rabbinique à son degré le plus extrême. Cette optique donne lieu à ce que nous constatons sous nos yeux à Gaza aujourd’hui, des horreurs jamais égalées dans l’Histoire humaine.

Dans le Domaine de la Liberté, les Hommes pourront donner libre court à leur imaginaire et à leur esprit créatif. Le communisme, dit Marx, est une société dans laquelle « toute personne ayant le potentiel de devenir un Raphael, pourra le devenir réellement.» Le « travail », manuel et intellectuel, qui est le cœur de la relation dialectique constituante que l’Être humain entretient avec la Réalité – nature, histoire, fictions -, sa base phénoménologique selon la réinterprétation de la Phénoménologie hégélienne par Kojève, si l’on veut, se donnera libre court, librement, et créera des œuvres qui resteront des valeurs d’usage ne devant pas être échangées, en tout cas pas comme des marchandises. Et ceci sera possible, nous le répétons, grâce à la production de toutes les valeurs d’échange nécessaires dans le Domaine de la Nécessité. Une préfiguration en est donnée par les mandala bouddhistes, pures créations esthétiques ( « spirituelles », mot à comprendre dans le sens de la psychoanalyse marxiste développée dans la Second Partie de mon Pour Marx, contre le nihilisme, ou Livre II ici.) 

On voit le danger de ces mutilations a-scientifiques, qui nient la dualité valeur d’usage-valeur d’échange et donc la dialectique Nature-Histoire et ainsi de site. Nos deux auteurs sont donc des faussaires dangereux. Et d’ailleurs ils partent du constat de la victoire sans appel de l’Empire néolibéral global, suivant en cela les pitres Negri et Hardt (incroyables références pour qui connaît un peu leurs biographies … et le rôle de Gladio, des Stay behind et de la CIA durant les Années de plomb dans la Péninsule …). Leurs élucubrations visent uniquement à nous faire croire que ces « communs » sans substance, sont la seule voie de résistance au Mode de production capitaliste aujourd’hui de nouveau dévoyé par l’exclusivisme théocratique raciste le plus barbare.

Détours par les « commons » anglais.

Quelle utilité peuvent avoir les « commons » d’Angleterre, pour comprendre le « commun » – substantif – de nos auteurs ? Bien entendu, pas grand-chose. Ce sont des institutions ! Mais comme les « commons » et le mouvement des enclosures reviennent fatalement sous la plume de nombreux commentateurs particulièrement de langue anglaise, il fallait bien en passer par là.

Les auteurs évacuent d’ailleurs rapidement toute velléité de traiter la propension néolibérale de breveter le vivant, la nature et les découvertes scientifiques comme relevant d’une lutte des classes ayant quoi que ce soit de commun avec un mouvement de « nouvelles enclosures ». Ils affirment : « Mais l’accent mis sur ce point – importance des droits coutumiers ou de la Common Law, ndr – ne saurait nous faire oublier que notre tâche ne peut consister aujourd’hui à redonner vie aux anciens communs, fut-ce sur une nouvelle base sociale, ni à en établir de nouveaux en prenant les anciens pour modèles, comme s’il suffisait de fonder les droits politiques sur cette nouvelle base pour actualiser le supposé « modèle social » des deux chartes. Pas plus que la Magna Carta de 1215 n’est une déclaration des droits civils et politiques avant la lettre, la Charte de la forêt de 1225 n’est pas une déclaration des droits sociaux comme droits universels des pauvres qui aurait pour sens de fonder la première. Il est trop facile de réduire à priori le néolibéralisme à « une doctrine économique de la mondialisation et de la privatisation » pour mieux faire apparaître la Magna Carta comme opposée à cette doctrine au prétexte qu’elle définirait « des limites à la privatisation » (sic !).

Si l’on pense le néolibéralisme comme une forme de vie ordonnée au principe de la concurrence, alors la conscience du caractère singulier de notre situation historique interdit tout rapprochement hâtif avec des configurations appartenant à un passé révolu. » (pp 398-399) Et pas uniquement révolu. En effet, il nous fut expliqué que le néolibéralisme triomphant a mis fin à l’expression politique et socio-économiques des droits individuels – ajoutons que Blair suspendit même l’habeas corpus en allant en Iraq … voir ici – et des droits sociaux fondamentaux tels que spécifiés par la Charte sociale de Beveridge de 1942 ou encore dans nos Constitutions nées de la Résistance au nazi-fascisme tout comme dans la Déclaration Universelle des Droits Individuels et Sociaux Fondamentaux de 1948 d’inspiration identique et encore en vigueur … malgré tous les Denis Kessler surreprésentés de ce pauvre monde.

Pour faire bonne mesure ils ajoutent « … comme nous l’avons établis plus haut, il n’y a pas de « communs de connaissance » qui seraient déjà constitués à la manière dont les communs agraires pouvaient l’être à l’époque de l’accumulation originelle, de sorte que la course au brevetage ne peut être comprise comme une « nouvelles vague d’enclosure ». (p 399)

Nous sommes ici dans la supercherie totale par voie d’inversion de la réalité. La nature, les connaissances etc. relèvent du patrimoine humain commun, le brevetage est une expropriation pour fins privées. Processus commencé avec la victoire des néocons reaganiens alors que les Socialistes du temps du Président Mitterrand avaient tenté de défendre ce patrimoine commun de l’emprise de la marchandisation – et de la militarisation – tout comme l’espace, les fonds marins et l’Antarctique.   

Reste alors leurs rappels historiques – sans doute des notes de cours réutilisées – concernant les deux Chartes, le développement de la Commons Law en tant que telle par opposition aux Statute Laws, surtout à la lueur de la Révolution Anglaise – voir le rôle de Sir Edward Coke et John Selden, Matthew Hale, p 374 etc. – et du Black Act plus tardif de 1723, abrogé en 1823. « La loi – le Black Act – constituait en elle-même un Code pénal d’une extrême sévérité puisqu’elle créait d’un seul coup cinquante nouvelles peines capitales correspondant à autant de délits différends. Parmi les principaux délits, on pouvait compter notamment le fait de « chasser, blesser ou voler un cerf ou un daim, et braconner un lièvre, un lapin ou du poisson » » (p 406 ) On voit s’ouvrir ici tout le champ des luttes de classe entourant les « commons » qu’ils se gardent bien d’analyser ; ils se bornent simplement à remarquer que la Magna Carta suivit la défaite anglaise à Bouvines de 1214 – et la révolte des barons contre Jean-sans-terre.

A part les révoltes sous Jean-sans-terre, la révolte des paysans anglais de 1381 mais initiée bien avant aurait mérité quelques mots. Son souvenir se répercuta dans la « guerre des paysans en Allemagne » de 1525, qui mettait en scène le joachimite révolutionnaire Thomas Müntzer, un évènement marquant qui fut analysé par Marx-Engels- voir ici. « Quand Adam bêchait et Ève filait, où était alors le noble ? », cette phrase du prêtre « mendiant » John Ball, ami du leader paysan Wat Tyler, que Winstanley réutilisera, avait été reprise par les paysans allemands : « Als Adam grub und Eva spann, wo war denn da der Edelmann? »4.» Voir ici. Cette reformulation sociale et politique avait été devancée par la présence en Angleterre de Lollard, un franciscain joachimite vaudois dont s’inspira la longue résistance des « lollards », plus encore que par la traduction de l’Ancien Testament par John Wyclif qui en tira une théologie personnelle – Ce que Valdo avait fait à Lyon avant lui.

Pour un bref rappel sur ces luttes, on se reportera à la belle entrée dans Wikipedia « Révolte des paysans anglais » dans https://fr.wikipedia.org/wiki/R%C3%A9volte_des_paysans_anglais

Il importerait par conséquent de ne pas appauvrir le contenu et la signification de ses révoltes paysannes qui insufflent un contenu nouveau aux « commons » anglais. Pour en donner un avant-gout je reprends ici une partie de mon essai sur Joachim de Flore ici :

Citation «En fait, nous retrouvons cette innovation théorique-pratique de Joachim dans tous les conflits qui suivront sa mort en 1202. Et, de manière particulière, dans la conception communiste de Gerrard Winstanley, des Diggers et des Levellers avant leur défaite militaire à Burford en 1649. Ceci est très différent des « Commons » anglais, les terres manoriales sur lesquelles les résidents avaient un accès restreint menant à des conflits permanents avec les seigneurs et autres possédants comme le montre si bien le précurseur « communiste » anglais. (10) Ou encore de l’ineptie d’accompagnement du néolibéralisme monétariste inventé en Occident après la défaite de l’Unesco imposée par Reagan – tentative d’établir un nouvel ordre mondial de la communication et des télécommunications -, à savoir les « biens communs » en lieu et place des biens publics fournis par des entreprises publiques, alternative néolibérale qui ne nuit ni à la perpétuation de la propriété privée, y compris dans les monopoles naturels devant logiquement revenir au secteur public, ni à l’accumulation du capital, ni à son interprétation du réchauffement climatique en lieu et place de la protection de l’environnement et de la mise en œuvre de l’Ecomarxisme.

De même, William Blake tentera à sa façon de refaire une vaste narration proto-biblique pour réactualiser le projet de Winstanley à la leur de Thomas Paine et de la Révolution française et de A New System ; or an analysis of ancient mythology – 1774 – par Jacob Bryant en ligne avec l’Abrégé de l’origine de tous les cultes de Charles-Franҫois Dupuis 1742-1809. (https://fr.wikisource.org/wiki/Abr%C3%A9g%C3%A9_de_l%E2%80%99origine_de_tous_les_cultes ). En ceci, outre une puissance graphique et artistique à l’égale d’un Michel-Ange, il démontre une compréhension raffinée de l’usage des mythes tels qu’il ressort, entre autres, d’une lecture soignée de Joachim et de Vico.

La réputation et les œuvres de Joachim étaient connues dès l’origine par les dirigeants Normands d’Angleterre et leurs Cisterciens. De fait,  Richard Cœur de Lion, de passage à Messine en septembre 1190, avant son embarquement pour la Terre Sainte, tint à interroger Joachim sur l’avenir de sa croisade – Philippe Auguste l’accompagnait mais, entendant mieux l’appréciation de Joachim qui en prévoyait l’échec, décida de regagner la France au plus tôt. On sait ce que pensait Joachim du pouvoir temporel, lui pour qui le vrai Temple était la conscience humaine ; cette conviction fut renforcée par la prise de Jérusalem par Saladin en 1187. ( https://fr.wikipedia.org/wiki/Richard_C%C5%93ur_de_Lion ) Plus encore, l’abbés cistercien Adam de Perseigne et le chroniqueur et abbé cistercien anglais Ralph de Coggeshall l’avaient rencontré à Rome en 1195. Dans son Chronicon complété en 1208, Ralph résuma ce qu’il avait appris de Joachim lui-même. (Voir Pasquale Lopetrone, « Gioacchino raccontato da Radulphi de Coggeshall » Corriere della Sila, 5 giugno 2023, p 10) On sait également que G. Bruno fit un passage remarqué à Londres qui le poussa à écrire sa Cena delle ceneri. Outre sa mordante ironie pour « les pédanteries et âneries » des lettrés d’alors, il démontre dans ce dialogue bien connaître ses sujets, entre autres l’astronome pythagoricien Filolao contemporain et ami du Maître de Crotone qui savait déjà que la Terre ou le Soleil n’étaient pas le centre de notre galaxie. En outre, Blake, qui travaillait de près avec des éditeurs, affirmait souvent avoir une facilité pour les langues étrangères, et de manière évidente il était bien informé.   

Note 10 : «10 ) « Winstanley s’inspirait fréquemment de l’expérience locale pour illustrer les manquements de la noblesse à l’égard des pauvres, comme lorsqu’il se plaignait de leur exploitation des terres communales et les accusait d’intervenir chaque fois que les pauvres “coupaient du bois, de la bruyère, du gazon ou des fours, dans des endroits de la Commune où ils n’avaient pas le droit de le faire”. Ses expériences à Cobham ont également dû constituer la base de l’analyse très subtile des relations sociales rurales contemporaines qu’il présente dans ses écrits sur les Diggers – une analyse qui différencie les pauvres non seulement de la gentry mais aussi des “riches Freeholders”, ces yeomen prospères qui s’associent à la gentry pour tirer “le plus grand profit des Commons, en les surchargeant de moutons et de bétail”, tandis que les pauvres se retrouvent avec la plus petite part. » (John Gurney, 2013, p 21)

On sait que l’historien anglais anti-althussérien EP Thompson, le même qui prétendait faire de William Blake le « dernier de Muggletonians », le même qui sous couvert de marxologisme académique bien ancré dans la « polite culture » – Tradition burkéenne – fait la chasse à tout ce qui peut ressembler à du jacobinisme ou pire encore à du bolchévisme, a développé une conception « culturelle » de la « sécularité » anglaise. En l’occurrence ici, il rappelait que les Blacks – paysans – anglais avaient au moins le droit hérité de la Magna Carta et de la Common Law, d’être jugés avant d’être pendus pour des petits vols en particulier sur les terres domaniales. Barrington Moore montra comment la Révolution et la Restauration anglaise avaient fait plus de morts que la Révolution française ou bolchévique. De même pour les Blacks, ou paysans. En fait, sans s’en rendre compte, cet anti-althussérien flanqué pour ce travail de sape idéologique-théorique par Ralph Milliband et autres comme le démontre le coup contre New Left Review, illustra le cynique et sanglant caractère de classe de la justice bourgeoise, un sujet que les marxistes authentiques ont quelque peu négligé. (Voir mon Pour Marx, contre le nihilisme, 2002, dans la Section Livres-Books de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com

Pour l’importance des biens publics produits et offerts par les entreprises publiques encadrées par la planification et le crédit public voir le chapitre « Biens publics : sauvons ce qui peut encore être sauvé » dans Tous ensemble – idem. Ce chapitre fut écrit alors qu’Enron faisait faillite et que le Fraser Institute y allait de sa cynique et démagogique proposition baptisée par moi « modèle british-colombien » : puisque le capital spéculatif court-termiste ne peut financer les infrastructures qui exigent des investissements longs, l’Etat doit prendre en charge ces projets puis une fois achevés les transmettre au privé pour un dollar symbolique afin d’assurer aux clients – non aux usagers – le « juste prix du marché ». Nous en sommes à ce degré de déliquescence académique et éthico-politique. Et cela continu de plus belle, avec toute la chutzpah de rigueur en pareilles matières. 

Ceci mérite d’être souligné dans le contexte post-reaganien et climatologique des « biens communs » utilisés en réalité pour protéger les oligopoles privés tout en garantissant leurs profits par toutes sortes d’aides, de bourses pour les certificats carbone  et autres green bonds spéculatifs. Penser global, mais agissez local, en privatisant et sans remettre en cause la concurrence imparfaite de Tirole et Cie selon laquelle les Etats souverains doivent céder la place à la « gouvernance globale privée » les oligopoles transnationaux se chargeant eux-mêmes de consulter par cookies et autres leurs clients pour tenir compte au mieux de leur préoccupations, sans nuire à leurs profits. Bien entendu, tous ne sont pas clients, et tant pis pour eux ; en outre, les « clients » qui ne sont plus des « usagers » de services publics reçus comme droits citoyens garantis par la Constitution mais des « clients », ne sont dignes d’intérêts que s’ils sont solvables …      

11) Sur Paolo Cinanni voir : « Cinanni, Paolo: un comunista esemplare calabrese », 17 luglio 2017, dans  http://rivincitasociale.altervista.org/cinanni-paolo-un-comunista-esemplare-calabrese-17-luglio-2017/  Pour les « usi civici » très particuliers en Sila, les luttes des paysans dont nous faisons état dans le texte et les problèmes de la migration de masse d’après-guerre, voir P. Cinanni, Lottes per la terra e comunisti in Calabria 1943/1953 e Emigrazione e unità operaia : un problema rivoluzionario. Il me reste encore à mettre à jour mon texte sur le grand communiste calabrais en incorporant ces deux livres fondamentaux. On verra aussi :  Recensione argomentata del libro di Pino Fabiano « Contadini rivoluzionari del sud: la figura di Rosario Migale nella storia dell’antagonismo politico, Città del Sole Edizioni, marzo 2011, dans http://rivincitasociale.altervista.org/recensione-argomentata-del-libro-pino-fabiano-contadini-rivoluzionari-del-sud-la-figura-rosario-migale-nella-storia-dellantagonismo-politico-citta-del-sole-edizioni-marzo-2011/  »

Revenons brièvement sur la définition du « commun », à ne pas confondre avec les « (biens ) communs » ou les « commons » anglais, à savoir l’« inappropriable » qui exclut ainsi la terre – contre tout sens commun ? Et, de fait, si le globalisme néolibéral a triomphé définitivement pourquoi gêner Arnauld Rousseau en France ou Blackrock et autres du genre en Ukraine, pays préalablement ruiné par une guerre impériale-sioniste menée par procuration en finançant des Bataillions nazis dont Azov, mais qui compte pour1/3 de l’ensemble des terres noires agricoles disponibles qui, selon cette vision pathologique guerrière, ne peuvent pas être abandonnées à la Russie etc. …Ceci exclut également l’eau courante – Veolia etc. – et l’air – depuis quelques décennies le Japon a mis à disposition des bornes à oxygène contre le smog dans les villes les plus touchées par cette pollution. Idem pour l’espace, aujourd’hui toujours plus militarisé y compris par des firmes privées. Et que dire de la haute mer en dépit de la Conférence sur le droit de la mer ou encore de Hugo Grotius (p 48) qui illustre aussi le concept par l’exemple du « hareng » (p 340) En effet, à son époque, le hareng et la morue étaient non seulement très abondants, quasi inépuisables, mais à cause de cela ils servaient à nourrir les prolétariats à bon compte, en particulier au Portugal, en Espagne – la paella – ainsi que dans la partie méridionale de l’Italie avec les plats au baccalà, quoique en moindre mesure.

Bref, il s’agit d’une « praxis constituante » sans support « naturaliste ni essentialiste ». Tant pis pour la « praxis » selon son acception gramscienne ou simplement selon sa définition du dictionnaire. Tant pis aussi pour sa version en tant que « pratique théorique » althussérienne  !!! En fait, nous assistons ici à un glissement sémantique de l’inappropriable à l’inépuisable. Ce qui nous renvoie à la première édition de Eléments le premier livre du théoricien marginaliste de la rareté Léon Walras : dans une note de bas de page au début du livre, il précise, qu’en dernière analyse, la rareté est socialement produite – ce qui a dû faire rire son père Auguste et m’a fait, pour ma part sauter sur ma chaise : tout l’édifice walrasien tombait d’un coup. Ne parlons pas de la reprise à rabais par Paul Samuelson dans son manuel trop de fois réédité qui illustre le concept avec l’exemple du diamant, sans mentionner la fabrication des diamants industriels.  D’ailleurs la note disparut dans les éditions suivantes du livre de Walras et il est facile de conclure que Sartre n’eût pas accès à la première édition puisque qu’il posera fallacieusement l’abondance comme critère préalable du socialisme. Grave malentendu. Car le socialisme ne repose pas sur l’abondance mais sur la production assurée selon les besoins du peuple et sur la redistribution égalitaire de la production. … Les Bolchéviques et Mao en firent magistralement la preuve. Là aussi nos auteurs divaguent et taisent le rôle de la planification pour assurer les besoins, au moins essentiels, des citoyennes et citoyens sinon par des biens communs du moins par des biens, services et infrastructures publics payés collectivement et à accès individuellement gratuit et universellement garanti.

Ce qu’il importe de souligner ici, c’est que la conceptualisation des « communs » contre les biens publics et contre la conception d’une transition pacifique ou révolutionnaire au socialisme, remonte très spécifiquement à une pesante défaite de la gauche et des forces progressistes internationales, infligée notamment par l’offensive de Ronald Reagan contre l’UNESCO et contre l’ONU et son projet de faire de la Haute mer un patrimoine commun à toute l’Humanité avec la Conférence sur le droit de la mer. Cette offensive reaganienne mit littéralement fin à la volonté d’hausser l’aide internationale – à un minimum de 0.7 % du PIB – ouvrant ainsi la voie à la privatisation rampante des Agences spécialisées de l’ONU par le biais des partenariats publics-privé, ce qui est un véritable contre-sens pour la principale organisation inter-étatique mondiale !!! Je renvoie à la 5ème partie de mon « Les conséquences socio-économiques de MM Volcker-Reagan et Cie », mars 1985 ici . Ainsi, aujourd’hui, Bill Gates et son obsession vaccinale domine à l’OMS, ce qui n’est qu’un exemple. En voici brièvement un résumé.

Dans les Années 70s, en réaction à la domination des MNCs, pointe avancée de l’internationalisation du capital productif, particulièrement américain et grâce au travail de nombreux marxistes, marxologues et progressistes – notamment Althusser, André Gunder Frank, William Appleman Williams, Johan Vincent Galtung, Immnanuel Wallerstein, et même Raymond Vernon ou Barnett et Müller, etc. – la nécessité de concevoir un Nouvel Ordre Economique International se faisait jour. La crise du système de Bretton Woods initiée le 15 août 1971 et officialisée au Sommet de la Jamaïque de 1976, y était pour beaucoup. Cette tentative de démocratisation par le co-développement international concerna également le Nouvel Ordre de l’Information et de la Communication, tel qu’étudié et proposé par l’UNESCO sous la direction de son Secrétaire Général sénégalais M. M’Bow. On pourra se reporter à cette entrée sur le Rapport MacBride ici.

Dans la même lignée la Conférence onusienne sur le Droit de la Mer avait tenté de concevoir les ressources maritimes – dont les nodules métalliques et le pétrole, outre les ressources halieutiques – comme un patrimoine de l’Humanité entière hors des frontières de la mer territoriale, prolongement des plaques continentales inclus. Il n’en reste plus que le concept de zone économique de 200 miles marins, quelque peu dévoyé puisque il ne doit s’agir que d’une zone de protection environnementale et de régulation de la pêche. 

A son arrivée au pouvoir, Reagan annonça les couleurs en mettant à la porte tous les contrôleurs de l’air alors en grève. Il mis l’UNESCO au pas en coupant les fonds américains, principaux soutiens de l’Agence, et en exigeant la démission de M. M’Bow. Suivie la répudiation de tous les progrès accomplis durant la longue Conférence sur le Droit de la Mer. C’est dans ce contexte délétère que n’acquit la formalisation de cette défaite subie aux mains des néoconservateurs qui fut entérinée par le « mythe sorélien » d’accompagnement de cette régression, les « communs », en lieu et place des services et des entreprises publics. Comme nous l’avons noté plus haut, la pratique du partenariat avec le privé sauvait nombre d’emplois de bureaucrates internationaux en dévoyant le sens et les finalités de l’ONU. Au niveau national, la public policy destructrice – privatisation, dérèglementation, tax expenditures, plein des sans-emplois etc. – alla main dans la main avec les fumeuses théories de la social justice à la Giddens, Rawls etc. Le démembrement du Bloc et l’Est et de l’URSS sembla donner raison aux plus intellectuellement démunis qui chantaient déjà le chant de la victoire et la « fin de l’Histoire ». Nos deux auteurs semblent avoir vite compris d’où soufflait le vent dominant … Vous jugerez ce que cela vaut du point de vue de l’analyse scientifique, au moins sociologique …

Le nouveau sophisme des servi in camera et des bas clergés.    

Ces falsifications narratives, ces sophismes et paralogismes ne datent pas d’hier mais ils sont devenus une méthode pratiquée avec d’autant plus d’acharnement par les classes dirigeantes depuis que la démocratie représentative bourgeoise et la remise en cause socialiste radicale les menacent. Leur hantise c’est la force du Nombre, voire la sélection au mérite véritable par l’éducation nationale et la Loi des Grands Nombres. Nous eûmes Nietzsche, Heidegger, Freud etc. ainsi que la falsification marginaliste de Böhm-Bawerk, Menger, Mises etc. . Voir ici. Aujourd’hui, cette volonté de bloquer le sens du « devenir » historique humain reprend de plus belle : nombre d’académiques s’y consacrent avec une assiduité stipendiée. Outre le GIEC – ici – et les « communs » dont nos deux auteurs, nous avons les reformulations narratives statistiques – par ex. Piketty, voir ici – et de nouveau Piketty, Cagé et al., sur les inégalités et les conflits électoraux dont l’histoire identitaire imputée devrait faire oublier les textes fondateurs de la méthode historique moderne en particulier les textes de Marx-Engels sur la lutte des classes en France, le 18 Brumaire et la Commune de Paris. Je me demande ce que Marc Bloc de l’Ecole des Annales en penserait ? D’autant que l’on voit mal les lois générales à dégager des seules expressions électorales et des conflits politiques ainsi formalisés alors que le nombre d’électeurs – électrices – varia de manière importante tout comme les modes de scrutin, et l’organisation parallèle des autres Appareils d’Etat, y compris l’éducation nationale. Nous avons même un E Todd qui voudrait nous refaire le coup identitaire religieux – à quand le retour des Chevaliers de la Foi ? – en s’inspirant de Max Weber dont l’esprit du protestantisme donné comme origine du capitalisme ne résiste pas aux interrogations du premier élève du secondaire venu, pour ne pas dire de ceux, lecteurs de Schumpeter, qui voudraient remonter jusqu’aux Jésuites de Salamanque ! Mais comment faire oublier les déterminants de classes principaux, surtout dans la première République laïque moderne ? Rosanvallon a montré comment ce replis idéologique identitaire – Barrès etc. – avait été artificiellement créé et promu par la droite et par une certaine gauche pour coopter une partie du prolétariat autrement attiré par les socialistes durant les difficiles transitions socio-politiques de la fin du XIXème et du début du XXème Siècles. (voir ici ) Bien entendu les analyses électorales gardent tout leur intérêt mais on ne peut ramener l’ensemble des luttes sociales à des conflits électoraux, la compréhension des seconds exigeant une connaissance des premières. Et quel est l’horizon des analyses économiques et fiscales proto-Pareto proposées ? Loin de réhabiliter le salaire net – contre l’inflation, la généralisation des primes etc. – ou le salaire différé devant financer la Sécu publique ou encore la fiscalité progressive républicaine inscrite dans la Constitution, on nous propose de faire du bouche-trou budgétaire en allant grappiller 2 % des montagnes de profit dissimulées dans les paradis fiscaux, de quoi persévérer avec les politiques d’austérité actuelles! Voir ici.   

La palme de cette tentative d’occultation générale revient sans doute à deux jeunes universitaires juifs-anglo-saxons ayant un vernis très vaste de culture, imaginez Internet et Youtube plus la vaste bibliographie universitaire que vous prépare le bibliothécaire et que vous mâchent les assistants de recherche, il s’agit de feu David Graeber et de David Wengrow etc. Leur travail – The Dawn of everything, 2021, nouveau crépuscule des dieux ? – voudrait critiquer l’historiographie, l’ethnologie et l’anthropologie fondées sur le « devenir » égalitaire humain, confondu avec une vision simpliste du passage des sociétés préhistoriques aux sociétés hiérarchisées en classes devant aboutir à la redécouverte de l’égalité humaine grâce au développement socioéconomique. Le point de départ consiste à affirmer que le concept d’égalité est un mythe inventé par les Grecs – Pythagore, Socrate-Platon ? – ou par l’idée de rédemption imposée au mythe biblique. (p 493) La méthode usuelle consiste à créer artificiellement des épouvantails pour mieux les démolir. La première victime en est Jean-Jacques Rousseau, comme on pouvait s’y attendre de qui ignore Joachim, Machiavelli et surtout Giambattista Vico, vrai idéateur moderne du devenir historique tendant à l’émancipation égalitaire. On accumule alors en vrac tout une série d’exemples que ni Rousseau, ni Marx ne connaissaient et on leur fait dire superficiellement ce que l’on veut. Superficiellement ? La preuve en est donnée par les quelques paragraphes maladroits consacrés à la méthode et aux travaux des universitaires qui s’étaient consacrés à prolonger les analyses pionnières de Marx sur les Modes de production comparés. (Pour les quelques bouts de phrases, voir pp 360 et 446. Vous avez aussi cette perle : « Now wait. A non-productive mode of production ? » p 189. Apparemment, c’est possible …Nous avons donc droit à quelques phrases montrant comment « l’écologie façonne l’Histoire» pp 256-257. Sans surprise, nos deux auteurs et ces deux-là sont sur une même longueur d’onde inégalitaire.  )

Mais pire encore, leur tentative de créer un récit alternatif brouillant les pistes et la nécessité historique du devenir égalitaire émancipateur humain, montre qu’ils n’ont rien compris à la problématique ni spécifiquement à Rousseau – pour ne pas dire à Marx. Faites abstraction, un peu comme fut obligé de le faire Machiavelli – qui connaissait Joachim – et tous les théoriciens de « l’état de nature » avec lui, des nouvelles données ethnographiques et archéologiques, et bien cela ne change absolument rien, puisque nous avons à faire à une Espèce particulière, l’Espèce humaine, ancrée dans la Nature mais dotée d’intelligence et de conscience et créatrice, sur cette base, de sa propre Histoire. Or, par le biais de la lutte de classes, cette histoire ne peut tendre que vers une reconnaissance toujours plus complète et raffinée de l’égalité intrinsèque à tous les membres de l’Espèce. A part l’ancrage biblique-talmudique aucun texte ancien n’a jamais remis cela en cause – ni fait l’apologie du génocide de droit divin, voir par ex., le Livre des Rois – , surtout pas tous les autres textes religieux et philosophiques cherchant à établir les normes et des rituels éthiques minimaux nécessaires à une socialisation plus au moins paisible, si l’on veut le « mentir vrai » de Socrate-Platon.

 La Golden Rule sous-tendant la nouvelle société égalitaire de Gerrard Winstanley n’était rien d’autre que ce qui deviendra l’Impératif éthique universel de Kant exposé dans son magistral Fondements de la métaphysique des mœurs. Qui renvoie, ainsi que Joachim l’avait fait remarquer auparavant, à l’égalité et à la communauté des biens que l’Acte des Apôtres généralisera et où l’on reconnaît, en partie, l’organisation de la Cité pythagoricienne, du moins pour les gardiens de la République de Socrate-Platon. Les problèmes à résoudre sont : comment y arrive-t-on et avec quelle organisation économique et sociale ?

Marx éclaire toute la problématique – les Modes de production comparés – en montrant que cette marche émancipatrice égalitaire n’est pas un parti pris moral mais bien une nécessité objective inscrite dans la logique d’extraction de la plus-value, et dans la logique de la reproduction élargie sociale dont les contradictions font inéluctablement transiter d’un Mode à un autre « supérieur » dans le sens que ce dernier résout la contradiction forces productives-rapports de production du Mode de production antérieur. La difficulté superficielle ici tient au fait que tous les Modes pré-capitalistes sont fondés sur l’extraction de la plus-value absolue – et de la plus value relative strictement conjoncturelle, les proverbiaux coups de colliers ou bien l’accélération des cadences. Les avancées de productivité ne sont pas absentes mais elles s’expriment dans la très longue durée plutôt que d’une entreprise à une autre. Par exemple, l’utilisation du silex, l’astronomie pour le contrôle du temps et des saisons, l’invention de la charrue puis des socles en métal, le collier d’attelage, les moulins à eau ou à vent etc. Aucun Mode de production ne vivant en autarcie, il faut également analyser les relations commerciales et étrangères: par exemple les peuples du Néolithique ou la Ligue athénienne ne fonctionnaient pas comme l’empire akkadien … C’est pourquoi pour tenir compte du niveau général de productivité il faudra spécifier à quel Âge technologique le Mode appartient. Pour comprendre les conditions paramétriques spécifiques à un Mode il faut encore analyser les Ères civilisationnelles : l’enterrement des morts, les structures de parenté, l’attitude face au parricide et les règles morales sociales, le respect de l’humain, le refus des sacrifices et des guerres injustes etc.    

En résumant sa méthode qui associait l’investigation historique concrète et intellectuelle et la méthode d’exposition qui en résulte une fois atteint une loi générale ou mieux encore une loi universelle fondée sur un « concret pensé », Marx, admirateur critique de Darwin, écrivait que « L’anatomie de l’homme est une clef pour l’anatomie du singe ». Selon la « critique indigéniste » de ces auteurs, ceci devrait être compris à l’envers (tiens !) en abstraction de tout devenir … Bref, barrer la route et la Science, dit l’Ancien Testament et avec lui toutes les sectes régressives de tout poil, notamment théocratiques et racistes. Bref avec cette nouvelle critique indigéniste on perd même de vue l’aperçu, post-Foucauld, selon lequel les sociétés premières compensaient par le développement de leur épistémè spécifique centré sur les relations sociales et les médiations avec l’Inconnu ou la Spiritualité, les lacunes d’une techné encore balbutiante. Une société égalitaire moins assujettie au travail aliéné et disposant de plus de temps libre devra d’ailleurs s’en occuper en toute connaissance de cause, par exemple en tenant compte de la théorie de la psychoanalyse marxiste que j’ai exposée dans la Seconde Partie de mon Pour Marx, contre le nihilisme, le Livre II ici.  

Tout ceci est pitoyable. Et les universités occidentales, en proie à une obscène et débilitante surreprésentation de certains groupes, servent désormais, sur fonds publics, à élaborer ce genre de récits creux contre le devenir égalitaire humain ! (Celles et ceux qui veulent se rendre compte de l’ampleur de ce paupérisme narratif philosémite nietzschéen pourront vérifier, ne serait-ce que grâce à Internet, Youtube ou Wikipedia, du moins pour les années antérieures à la chute de l’URSS en 1991, des auteurs comme Lévi-Strauss – Race et histoire -, Karl Polanyi et P.P. Rey, par exemple, sur le Dahomey, Maurice Godelier sur la société Baruya en Papoue Nouvelle Guinée, Claude Albert Robert Meillassoux, etc., etc., ou encore la synthèse de la problématique des modes de production comparés par Foster-Carter en anglais. )     

Pour tous ces néo-narrateurs, il s’agit de généraliser la méthode de corruption de Nietzsche et Heidegger à tous les domaines pour éliminer la logique du devenir historique humain vers l’émancipation et l’égalité et remplacer le tout par des récits plausibles faisant perdre de vue la contradiction égalité-liberté opposant ces deux termes de manière factice pour rétablir les prétentions exclusivistes de certains groupes dominants. La fausse opposition égalité-liberté se résout dialectiquement dans l’émancipation égalitaire de l’Espèce. La forme la plus  monstrueuse de ce genre de manœuvre est celle mise en scène par le jeune juif Yuval Harari qui, du haut de son ignorance crasse, prétend que tout est récit, y compris le génome humain, et que l’Etre humain est façonnable à merci, en fait hackable !!!

On le voit, tous ces parasites, qui finissent par récurrence de la même façon pour les mêmes raisons selon l’implacable logique de l’exclusivisme, prétendent faire de l’occultation en usurpant un mérite universitaire qu’ils n’ont pas. (Sait-on que plus de 80 % des étudiant.e.s de Harvard, de Yale – comme G.W. Bush jr –  et d’autres universités cotées américaines sont des « A students », sans doute au grand damn de Lester Thurow du MIT qui écrivit son Head to Head, 1992, en constant le déclin de son pays? Le crétinisme induit par la surreprésentation est létal, alors que le « crétinisme » congénital peut être remédié par un minimum de support scolaire. En distinguant plusieurs formes d’intelligence Joachim montre qu’elles sont toutes d’égale dignité et toutes également nécessaires à une société harmonieuse. Sur cette base les Jésuites remarquèrent que plus de 80 % de la population à leur époque était rurale-paysanne de sorte que, vu la Loi des Grands Nombres, ils réalisèrent que leur réforme scolaire qui devait revitaliser les sociétés en déclin, ne pouvaient réussir sans un large recrutement scolaire et sans l’organisation de la mobilité sociale par l’éducation. La reproduction incestueuse de caste et de classe conduit à un suicide social.)

En suivant Kant – la sensation est la base de toute connaissance menant ensuite aux concepts a priori etc. – il faudrait demander à ces pitres comment ils expliquent qu’ils puissent se tenir dans une position bipède et comment ils réussissent à fonctionner et à se reproduire dans la nature et la société : on ne peut pas évacuer la dialectique marxiste, donc scientifique, aussi facilement. Contrairement au pitre et faussaire Gödel, on ne peut pas non plus partir de la prémisse majeure selon laquelle tous les Crétois partout et toujours sont menteurs, car ces « êtres » ne seraient pas viables comme Êtres humains et ne pollueraient pas les théories, à part celle née dans la tête de Gödel et des pauvres « mathématiciens » formatés qui se font prendre à ce faux paradoxe. (Zénon : le point est donné comme concept. Mais Achille et la Tortue ne  sont pas des concepts ni mêmes des réalités géométriques à deux dimensions mais bien des êtres à trois dimensions dans l’espace. S’ils courent contre un mur, ils finiront par s’écraser dessus, la rançon de cette moitié de la moitié toujours à parcourir digne des … Castoriadis et Cie de tous temps et dans toutes les dimensions,. Ҫa oui ! ) 

Rousseau, Hegel et le « commun ».

Nos auteurs voulant faire exhaustifs, nous avons droit à quelques pages sur Rousseau et Hegel. Ils ne touchent pas les questions de méthodologie, comme la simplification hégélienne proposée par Michelet thèse-anti-thèse-synthèse et moins encore l’absurdité logique de « l’unité des contraires » – que je fus le premier à dénoncer dans mon Introduction méthodologique – ni le parti pris idéaliste de Hegel qui mutile la dialectique, ainsi que le jeune Marx en fit la preuve définitive. Ce qui les intéressent c’est de réfuter le contrat social de Rousseau, entendu, sinon comme « commun », en tout cas comme donnée socio-politique universelle déclinée selon des formes historiques spécifiques. Rousseau, par exemple, décline pour son époque deux constitutions, une pour la Corse, l’autre pour la Pologne, selon une théorie implicite sous-jacente de la transition spécifique à chacune de ces Formations Sociales différentes mais devant les mener toutes deux à un « contrat social »  achevé, de nature essentiellement identique, c’est-à-dire démocratique donc humainement universel. (Voir l’essai sur Althusser ici )

L’universalité démocratique humaine du contrat social de Rousseau est ainsi critiquée selon l’Essence de l’Humanité hégélienne donnée comme seul point de départ universel par le philosophe de la Raison prussienne destinée à dominer le monde comme émanation de l’Esprit dans l’Histoire ! Adieu luttes de classe et égalité humaine concrète, au mieux nous aurons, quelques années avant l’accomplissement de la Raison à Iéna en Prusse, la chevauchée bonapartiste de l’Esprit à cheval … Mais on le sait le « commun » substantif ne peut être qu’une « praxis constituante » sans réification, une pseudo-praxis qui en réalité allie théorie et pratique sans objet, idéaliste et donc vide à souhait.   

Citons ces auteurs : « On aperçoit très clairement à travers cet exemple l’opposition entre ce qui est commun aux hommes, ou ce qu’ils ont de commun entre eux, et l’universel que constitue leur genre (l’espèce humaine ) : un homme privé de lobe auriculaire ne cesse pas pour autant d’être un homme en ce qu’il « est dans (im) l’universel, et c’est seulement par un tel fondement intérieur qu’il lui est donné de pouvoir être brave ou instruit dans la mesure où ces qualités particulières ne peuvent appartenir à un homme que s’il est avant toutes choses un homme comme tel.» Bref, ce qui est simplement commun aux hommes (le lobe auriculaire ) leur est accidentel et extérieur, alors que ce qui est vraiment universel (leur humanité) leur est essentiel et les détermine intérieurement. A la lumière de cette opposition, on peut comprendre l’insatisfaction de Hegel à l’égard tant du « point de vue universel » de Kant que de la « volonté de tous » de Rousseau : le premier parce qu’il est seulement un point de vue subjectif qui ne procède pas de l’essence humaine, la seconde parce qu’elle n’est qu’une somme » (p 59)

C’est ainsi que ces deux auteurs tentent d’établir que « la seule manière d’échapper au naturalisme et à l’essentialisme est de poser en principe que ce n’est pas en raison de leur caractère commun que certaines choses sont, ou plutôt doivent être, des choses communes, pas davantage que ce n’est en raison de leur identité d’essence ou de leur appartenance à un même genre que les hommes ont quelques choses en commun et pas uniquement quelque chose de commun. » (p59)  

Tout ce charabia revient à nier la dialectique d’ensemble qui unit dans le Sujet humain individuel ou collectif ou classe sociale, agissant comme l’« identité contradictoire » pouvant conjuguer les deux dialectiques de la Nature et de l’Histoire, de sorte que les actions – le travail manuel et intellectuel – des Hommes portent sur et modifient les 3 Réalités – Nature, Institutions, Fictions – objectivitées qui lui sont extérieures et qui peuvent prendre les différentes formes de la propriété et de la possession. Ceci est exclu par nos auteurs, car il n’y a rien en commun en tant que propriété – ni biens publics, ni services sociaux publics etc. – mais seulement du commun lévitant dans les nuages.     

Le fait est qu’ils se méprennent sur l’Essence de Hegel. Hegel, qui connaît ses prédécesseurs, par exemple Platon, Aristote, Joachim, Descartes, Bruno, Spinoza dûment falsifié par la Monadologie de Leibniz, Rousseau etc., n’élimine pas la Nature et moins encore les sensations – qui pour Kant sont à la base de tout entendement – comme base de l’entendement et de la Raison. Au contraire, il prend acte de l’impossibilité, largement surdéterminée par l’Inquisition, et de la difficulté pour Spinoza de développer la monade – empruntée à Joachim et à Bruno – hors du domaine de la natura naturans : en conséquence, le passage spinozien aux attributs du jugement est nécessairement boiteux, car pour être explicite il aurait du affirmer l’athéisme, à savoir le développement de l’entendement et de la Raison à partir de la biologie. Kant, on le sait, éludera la question de manière parfaitement laïque en posant la prééminence des sensations – Epicure est le plus grand des Anciens aimait-il répéter – et en établissant une séparation scientifique entre la science et sa méthodologie et la métaphysique. Outre le travail des matérialistes anciens – sa thèse sur Démocrite – Marx aura à sa disposition celui de Buffon, Cuvier, Lamarck, Darwin, Etienne G. Saint-Hilaire, à savoir la théorie de l’évolution advenant dans son environnement. En suivant ici en partie Leibniz, Hegel tente de rétablir l’orthodoxie religieuse, sa « phénoménologie » travaille alors à l’envers – comme le note Marx, son édifice marche sur la tête – elle donne l’évolution tant dans le domaine de la Nature comme dans le domaine de l’Histoire et des Idées comme étant surdéterminée par l’œuvre de l’Esprit, qu’il ne définit pas, mais qui se manifeste dans la Réalité. C’est là précisément, la falsification de l’Idéalisme hégélien.

Le prix scientifique et méthodologique à payer est immense. En particulier sur la définition de l’universel, à savoir le niveau sans lequel aucune science non relativiste n’est possible. Comme les autres Anciens, Aristote différenciait déjà le singulier – extra-ordinaire, monstrueux, comme l’exclusivisme en politique – et le particulier. Le particulier permet de concevoir le général, soit un ensemble d’« objets » entrant dans la même catégorie. La science aristotélicienne – comme les probabilités chères à Leibniz – permet de remonter des particuliers au général mais pas de redescendre, puisque le général ne donnera prise que sur les éléments communs à ces « objets » qui les font entrer dans l’ensemble général sans abolir par ailleurs leurs autres particularités – par ex., l’argument sur le lobe auriculaire.

Cependant, ainsi que le montre Platon-Socrate – les Pythagoriciens – ceci ne suffit pas, ni pour la logique, ni pour la science qui, pour leurs parts, visent parfois à l’universel par delà du général et de sa relativité disons poppérienne, pour faire moderne. Platon distingue, par exemple, les techniques mathématiques et la logique, cette dernière seule étant universelle et relevant du domaine des Idées. (En un sens il devançait Wittgenstein réagissant à Peano et Russell, entre autres. )

Ainsi dans la République Platon pose comme point de départ de l’analyse de la problématique de la Cité et de son gouvernement, non pas la « famille » – la domesticité – aristotélicienne qui ne peut mener qu’à un niveau général, mais bien l’Espèce humaine, qui, elle, n’est pas uniquement la somme des attributs physiques communs à tous les Hommes ni leur Essence supposément religieuse, mais leur possibilité dialectique de se reproduire au sein de la Nature et de l’Histoire par leur travail – manuel et intellectuel. Kant développera magistralement cette ascension de la sensation et du jugement à l’universel scientifique en particulier dans son magistral Critique de la Raison pure : les Hommes procèdent d’abord à l’investigation du monde qui les entoure, cette méthode d’investigation conduit à des conclusions analytiques et synthétiques, ce qui culmine dans la méthode d’exposition. Ces conclusions sont générales, donc relatives, ou universelles, les concept a priori étant universels du moins tant que l’on se meut dans le même Univers.

Contrairement aux idées véhiculées par tant d’académiques, et autres Lukàcs, la méthode de Marx, celle du matérialisme historique doit plus aux méthodes d’investigation et d’exposition de Kant, dûment historicisées – Kant reste stationnaire, comme sa cosmologie … – qu’à la dialectique inversée et amputée idéologiquement de Hegel, contre laquelle les hégéliens de gauche et particulièrement Marx s’étaient insurgés. Il ajoute – comme Joachim avant lui, mais probablement à son insu – que l’Histoire et la Raison humaine font eux-mêmes ces deux parcours mais en sens inverse, de sorte qu’à un moment du développement de l’Histoire, donc aussi de la conscience et de l’intellect humains, les obscurités se dissipent – les Sceaux sont ouverts, dirait Joachim.

L’exemple suprême de Marx, son concept à priori historicisé en tant que « concret-pensé » qui fonde la science économique, est donné dans le Livre I du Capital : Aristote réussit à voir la nécessité de la commensurabilité entre toutes les marchandises puisque l’échange entre elles se réalise, mais il est incapable d’en saisir le mètre commun, la valeur d’échange de la force de travail. Le capitalisme avec son exploitation froide reposant sur la « libération » de la force de travail de ses gangues antérieures – statuts, enclosures, idéologies etc. – dévoile ce secret. Mais il faudra la logique d’airain de Karl Marx pour en venir à bout. Ainsi Adam Smith dans la page 47 son Wealth of nations, éd Sutherland 1993 – en suivant Locke pose que la Nature étant à tous et le travail humain à chacun, le fruit du travail est donc légitimement la propriété du « travailleur ». Smith pose alors la question : si la valeur d’échange est le fruit du travail humain, comment se fait-il que le propriétaire des Moyens de production gagne tellement plus que ses travailleurs ? Il répond : c’est qu’« il aime moissonner là où il n’a jamais semé », et, en bon physiocrate, il conseille de réguler ce partage de la valeur d’échange selon des règles morales plus strictes – voir mon Livre IV HiHan! sur la question ici.  

On le voit, nos auteurs éludent les problèmes de la propriété et de ses formes : Or Rousseau commence sa réflexion justement en notant que la naissance de la propriété – un homme survient qui dit abusivement « ceci est à moi » sans être immédiatement contredit – fait sortir l’Humanité de l’état de nature égalitaire – où « le temps est immobile » selon l’expression de L. Colletti, à ses débuts. Plus précisément Rousseau disait que « les peuples heureux n’ont pas d’histoire » en se référant à l’égalité donc à l’absence de luttes de classes dans l’état de nature des premières sociétés. Avec l’entrée dans l’Histoire, le devenir est dominé par la lutte des classes. Rousseau était un lecteur très attentif de Machiavelli. (voir ici )

Alors que Machiavelli voulait investiguer quelles étaient les constellations de forces et ses formes les plus adaptées pour permettre aux Hommes de « vivre libres », Rousseau ajoute plus explicitement l’exigence de l’égalité humaine, à retrouver et à garantir dans le « contrat social ». Ce contrat n’est pas uniquement la somme des volontés de tous – la démocratie comme expression générale donc relative -, il en est plus exactement la résultante non plus sur la base de visées idéologiques de part, mais sur la base des données universelles constituant l’Espèce humaine que le « contrat social » permet de recouvrer, étant la concrétisation institutionnelle des droits fondamentaux humains conçus comme des matérialisations de la Loi naturelle – ou du diritto delle genti de Vico que Rousseau connaissait parfaitement, en contra-distinction de la conception du droit naturel du rosicrucien Leibniz. En voulant écarter toute question portant sur les formes de propriétés nécessaires pour assurer l’égalité et la liberté concrètes des citoyennes et citoyens, ces auteurs sont, soit des naïfs, soit des faussaires. Peuvent-ils véritablement croire que le néolibéralisme global a gagné définitivement la bataille, se faire à ce point des émules des inepties de Fukuyama et de sa « fin de l’Histoire » dans une version de pacotille universitaire de Hegel ?  

Profitons-en pour ajouter une clarification concernant la différence essentielle entre le matérialisme dialectique – plekhanovien, en réalité – et le matérialisme historique de Marx. A part l’Idéalisme de Hegel qui nous troque l’universalité concrète de l’Espèce humaine et de la société pour l’Essence et la Raison, on nous mène en bateau avec l’opposition factices entre structures matérielles, et superstructures conceptuelles, ou encore avec une tentative de mieux les réconcilier par la praxis – Gramsci etc. – et la théorie du reflet. Ces théoriciens ne se rendent pas compte que les structures et superstructures sont déjà des institutions – une forme des Réalités selon Vico qui en énumère trois dont la science doit tenir compte : la nature, les institutions et les fictions  – de sorte qu’elles appartiennent déjà à la Dialectique de l’Histoire. Mais elles reposent aussi – ils l’oublient toujours – sur le matériel- le chimique, le biologique – donc sur la Nature et la Dialectique de la Nature. Le grand problème pour la Science est de relier les deux dialectiques de la Nature et de l’Histoire– Voir le problème de Spinoza qui développe la monade dans sa natura naturans puis chancèle un peu lorsqu’il doit passer aux attributs du jugement !!! Je renvoie à mon Introduction méthodologique pour la résolution du problème – à savoir l’identité contradictoire nature-histoire-conscience incarnée dans le Sujet humain, individu ou classe, ce qui est totalement contraire à l’impossible et absurde « unité des contraires » hégéliens. La Dialectique est simplement la vision dynamique non stationnaire qui tient compte du devenir humain qui est le premier concept concret (comme dit le jeune B. Croce avant de dériver vers son libérisme corporatiste.)

Le matérialisme historique distingue aussi sciences naturelles ou dures avec leurs méthodes expérimentales spécifiques, – qui ont aussi leur développement historique propre et leurs  « concrets pensés » révélés historiquement et logiquement, par exemple la chimie de Lavoisier avec ses égalités de transformation par rapport à l’alchimie et au phlogistique -, et les sciences sociales et historiques, de la même façon que la marchandise a une valeur d’usage – naturelle, objective devant être mesurée selon les sciences dures, donnant la composition technique des procès de production chère à l’ingénieur Pareto et le vecteur sur lequel repose la valeur d’échange  – et une valeur d’échange compréhensible par l’Economie Politique marxiste, exposée dans mon Précis d’Economie politique Marxiste. Pour ces deux livres voir la section Livres-Books de mon vieux site www.la-commune-paraclet.com . On sait que Pareto ne réussit jamais à concilier la composition technique et la composition valeur d’échange, ce que seul Marx fit – et que j’ai élucidé définitivement par la Loi de la productivité marxiste réinsérée de manière cohérente dans les Equations de la RS-RE.

L’eau comme « commun » : Lucarelli, Podestà etc. vs le référendum de 2011. (Voir les pages 668-672 avec le sous-titre « I comuni per i beni comuni» ) 

Ce dont il s’agit ici c’est de la remunicipalisation de l’eau à Naples le 27 septembre 2011 suite à l’élection de De Magistris et de ses comités citoyens à la mairie de la capitale parthénopéenne. Cela concrétisait une longue mobilisation populaire contre la privatisation de l’eau par le gouvernement Berlusconi – décret Ronchi du 19 nov 2009 – qui avait mené à la grande victoire référendaire de juin 2011. Cette mobilisation anti-globaliste et particulièrement dirigée contre la dérèglementation, les privatisations et les traités de libre-échange, avait repris de l’élan lors du contre-sommet de Gênes de 2001. «  Le 23 septembre, le conseil municipal de Naples a décidé de transformer Arin de société anonyme en société de droit public. C’est ainsi qu’est née “Acqua Bene Comune Napoli”, première étape importante vers la républicanisation du service de l’eau dans la ville napolitaine.» (c’est moi qui souligne, voir : https://www.acquabenecomune.org/notizie-dalla-campania/1115-napoli-lacqua-e-un-bene-comune )

Les juristes Alberto Lucarelli, Stefano Rodotà et Ugo Mattei qui avaient alimenté la discussion publique autour des « biens communs » et les comités citoyens avaient bien compris la différence entre les sociétés par actions et les entreprises publiques, au sens français du terme, contrôlées soit par l’Etat soit par des collectifs de citoyens. A Naples, par souci défensif et démocratique, la nouvelle société municipale tentait d’entériner une forme d’ouverture à la démocratie participative. « La « souveraineté populaire sur les biens communs au moyen de la participation des citoyens » se traduit concrètement par le fait que les établissements de services publics comme ABC Napoli sont gouvernés par des représentants des usagers, des associations écologistes, des mouvements sociaux et des organisations de travailleurs présents au sein du Conseil d’administration de la municipalité.» ( pp 771-672) Il s’agit donc de remunicipaliser tout en ajoutant une part de démocratie participative. En outre, conscients aussi du développement du dossier qui vit – longtemps après la France et ses parlements de l’eau de 1964 voir ici et ici – la prise de conscience de la nécessité de tenir compte des bassins hydrologiques pour la gestion du service public de l’eau garanti nationalement, Lucarelli et la municipalité de Naples restaient convaincus de la nécessité d’établir la protection légale à plusieurs niveaux national, municipal et régional. Ils ne sous-estimaient pas la volonté des néolibéraux et de ses gouvernements transversaux de passer outre au référendum de 2011. Et de fait, la contre-réforme constitutionnelle de Gutgeld-Renzi, défaite haut la main par le référendum de 2016, avait imaginé de modifier le Chapitre V de la Constitution pour nationaliser toutes les entreprises municipales – plus de 8000, dont plusieurs centaines valant plus de 2 milliards à l’époque – afin de mieux pouvoir les privatiser par la suite. (Voir : Book Review: Yoram Gutgeld, Più uguali, più ricchi, ed Rizzoli, 2013, ovvero un sacco di vecchi cliché neoliberali che non valgono la carta sulla quale sono scritti ici et sur le référendum ici)

Après cette nouvelle défaite le gouvernement du PD revint à la charge selon le blueprint néolibéral européen et global qui constitue le seul horizon de nos gouvernements, par le bais de la Loi Madia, en partie démantelée légalement par la suite. Aujourd’hui, on revient à la charge avec une modification constitutionnelle ultra vires sur « l’autonomie différenciée » ou régionalisation de l’Italie, pourtant définie par sa Constitution comme une « République, une et indivisible » dont la fiscalité est, avec la sécurité et la défense, un des principaux pouvoirs régaliens non transférables sinon au seul niveau administratif en respectant, ce faisant, les niveaux nationaux essentiels des services prévus par la Constitution elle-même. Ce coup de force crapuleux sans précédent contre la Constitution s’accomplit par une loi ordinaire qui ne permet justement aucune contestation référendaire, le tout avec la complicité de la majorité parlementaire et de toutes les instances garantes, dont la Présidence. Toute modification à la Constitution, surtout une modification de cette ampleur, devrait pourtant respecter la formule d’amendement prévue par la Constitution elle-même. Nous en sommes arrivés à ce degré de dégénérescence éthico-politique nationale dans notre Péninsule.     

Ces conquêtes populaires, plus démocratiques que la remunicipalisation de l’eau effectuée par le haut par la Ville de Paris, suscitent une telle adhésion que nos deux auteurs n’osent pas les critiquer ouvertement. Pourtant leur analyse du cas napolitain se conclut de la manière suivante : « En articulant « biens communs » et « démocratie participative », les animateurs de la mobilisation mettent en œuvre pratiquement ce que nous appelons ici le « commun ». Mais, en conservant la catégorie de « biens », les juristes italiens comme Lucarelli et Mattei perpétuent une sorte d’autocontradiction théorique. Ils voudraient, très légitimement, dépasser la dualité fondamentale du dominium et de l’imperium en s’attaquant au rapport de domination du dominus et du bien, mais ils la reconduisent en continuant d’utiliser la catégorie juridique de biens qui « appelle » logiquement un maître. » (p 672)

Une praxis constituante menant à une nouvelle forme de propriété plus démocratique institutionnalisée, le peuple souverain comme « maître » du, des « communs», quelle horreur, en effet, pour ces deux auteurs !!! Bref, pour faire bonne mesure, il me suffira de renvoyer aux nouvelles formes de démocratie à inventer, in primis dans la planification socialiste, ici.   

Conclusion.

Ce livre fait à quatre mains tente de proposer une narration « résolument anti-capitaliste » axée sur le « commun » tout en prenant acte de la victoire définitive du néolibéralisme global – parfaitement, c’est ce qu’ils écrivent … par exemple, pp 730-731 …. Il s’étend sur 759 pages Table des matières incluse. Cependant, ils ressentent le besoin de résumer, et le font de nouveau en 10 points de synthèse qui s’étalent de la page 741 à la page 747. A la fin, on comprend qu’il s’agit d’un gargarisme, le « commun » substantif n’étant pas définissable autrement que quelque chose d’inappropriable donnant pourtant lieu à moult discussions sans objets, ce qui serait la nouvelle forme de l’agir en commun tant dans la sphère politique que dans la sphère sociale, mais en prenant soin d’exclure la sphère économique comme possible intermédiaire, y compris sous la forme des associations trop délimitées et institutionnalisées que l’on connaît comme Troisième Secteur, souvent à but non lucratif.

On pourrait ajouter de notre cru que depuis le début des années 80, toutes ses associations et ONG qui  marquent, pour le meilleur et pour le pire, tant au niveau domestique qu’international, la montée en puissance de la société civile dans la société politique nationale et interétatique, sont le plus souvent financées par les gouvernements, soit directement, soit par crédit d’impôts sur les dons, ce qui pose souvent la question de leur indépendance. Greepeace, par exemple, fut souvent le bras anti-nucléaire des USA dès lors que ce pays avait déjà en main les programmes de simulations ; elle était utile pour délégitimer et pour interdire les explosions nucléaires en surface ou souterraines nécessaires aux autres pays voulant se doter des mêmes possibilités. USAID, Human Watch et tant d’autres sont souvent suspectées à tort ou à raison … Il arrive même qu’elles soient payées pour certain.e.s par la milliardaire Aileen Getty comme Just Stop Oil et Extinction Rebellion, voir ici ?

Bref, il faut en rester au niveau des « discours » déconstructifs à la Derida et Cie, de préférence sans viser aucune réification légale et surtout aucune spécification des formes de propriétés communes alternatives à la propriété privée nationale ou globale. Les peuples – souverains ? – ne peuvent plus prétendre s’approprier de rien. La dernière ligne du livre se lit comme suit : « C’est pourquoi, tout en comprenant que l’on puisse continuer à parler de « biens communs » comme d’un mot de ralliement dans le combat, on préfèrera s’abstenir de parler de « biens » : il n’y a pas de « biens communs », il n’y a que des communs à instituer » (p747) Mais bien entendu à instituer sans réification objective, institutionnelle, uniquement comme une « praxis constituante » ne devant pas dépasser le stade de la mobilisation et de ses discours, littéralement sans autre objet que cette palabre …Citons de nouveau nos deux auteurs : la catégorie juridique de biens « « appelle » logiquement un maître. » (p 672)

Résumé en 10 points de synthèse.  

Voici le résumé du résumé fourni en 10 points qui vise cette institutionnalisation de l’« inappropriable » sans institution constituée :

1 ) Le « commun » est à comprendre comme substantif, il faudrait pouvoir supprimer l’article comme dans le titre de l’ouvrage. Le qualificatif, par exemple, « les communs » serait réifiant.

2 ) Le terme « commun » renvoie à un principe politique, à la primauté de la  délibération commune. Mais, contrairement aux délibérations d’un jury qui doit rechercher scientifiquement des preuves, délibérer n’est pas un métier pour des minorités spécialisées. « … une politique fondée sur la preuve scientifique, selon le modèle d’une médecine fondée sur la preuve (…) ne serait plus une politique du tout. » ( p 743) (Dôle de conception du processus de prise de décision démocratique ! Bref, si on comprend bien il faut éviter toute planification même stratégique …)

3 ) Le « commun » implique une participation – à ces délibérations – pour réaliser « l’agir en commun », créant une appartenance.

4 ) Le « commun » ne peut pas être un objet ni avoir un objet, il se borne à « une délibération commune », en vu d’avantages communs sans viser « des biens communs ». Bref une démocratie sans objet …

5 ) Le « commun » n’est ni un objet ni une chose – res – qui serait appropriable  Prudence : « On ne confondra pas non plus ce qui est commun en droit et ce qui peut aussi être une chose matérielle (la haute mer, les eaux courantes non domaniales, les espaces qualifiés de patrimoines commun à l’humanité, etc. ) qu’une chose immatérielle (les idées, les informations relatives au monde réel, les découvertes scientifiques, les œuvres de l’esprit tombées dans le domaine commun. La catégorie juridique de « chose commune » (res communis ) coupe les choses de l’activité alors que c’est seulement par l’activité que les choses peuvent être vraiment rendues communes. Elle doit donc être abandonnée » ( p 744)  

6 ) « On s’autorisera en revanche à parler des communs pour désigner non pas ce qui est commun, mais ce qui est pris en charge par une activité de mise en commun, c’est-à-dire ce qui est rendu commun par elle. » Bref, pappoter mais sans déranger le pouvoir, ses institutions et ses lois …

7 ) Le « commun » comme institution. « La praxis constituante est donc une politique de gouvernement des communs par les collectifs qui les font vivre » (p 745) à savoir, si j’ai bien suivi, la palabre associative et des fédérations d’associations ne visant pas le gouvernement des affaires de la Cité mais uniquement la coordination de ces palabres, ex les rencontres alter-mondialistes ? Sans doute même pas car il faudrait alors différencier entre groupe de pression et parti politique et discourir du pouvoir d’influence. Reste que le terme praxis – Labriola, Gramsci – renvoie à la dialectique, il est tout sauf un processus à vide. Althusser parlait pour sa part de « pratique théorique » informant l’action pour peser sur le réel et le changer – selon la Thèse XI à Feuerbach de Marx, ici.

8 ) « Comme principe politique, le commun a vocation à prévaloir aussi bien dans la sphère sociale que dans la sphère politique publique » (745) Exit la sphère englobante de « la production et des échanges.» (idem) Mieux, « en raison de son caractère de principe politique, le commun ne constitue pas non plus un nouveau « mode de production » ou encore un « tiers » s’interposant entre le marché et l’Etat pour former un troisième secteur de l’économie à côté du privé et du public » (pp 745-746) Bref, il ne fut pas gêner le capital global.

9 ) Le « commun » est un principe transversal aux deux sphères. Il y a donc des communs politiques et des communs sociaux. Qui peuvent se fédérer. Par exemple, des Forums globaux d’alter-globalistes et réchauffistes variés – sans relais politiques institutionnels, car alors ce ne serait plus acceptable de par la définition.

10 ) L’inappropriabilité du « commun » renvoie « à ce qui ne doit pas s’approprier, c’est-à-dire ce qu’il n’est pas permis de s’approprier parce qu’il doit être réservé pour l’usage commun. » (p 747) Serait-ce tout à coup mieux ? Non car les communs, des biens concrets comme la haute mer, les fleuves, l’eau courante etc.,  ne sont pas le « commun » qui doit rester une pseudo-praxis  constituante exempte de naturalisme et d’essentialisme – voir sur Hegel plus haut. A-t-on bien compris ? Voici le mot de la fin de nos auteurs : « : il n’y a pas de biens communs, il n’y a que des communs à instituer » (p 747) Les biens communs sont à bannir car un « bien » « appelle » logiquement un maître. » (p 672), peut-être le peuple souverain obsolète avec son Etat-nation et sa démocratie anti-exclusiviste en ces temps de néolibéralisme triomphant. 

Nous aurions-là l’anti-capitalisme résolu fondé sur le « commun» ! Tout ceci n’est qu’une supercherie indigne faite pour accompagner le néolibéralisme global pour eux triomphant.   

Paul De Marco

Notes :

1 ) Le triomphe du « marché » marginaliste néolibéral renvoie à une série de falsifications déjà analysées dans mon Introduction méthodologique (ici) et dans La pseudo-science économique de la bourgeoisie : voilà pourquoi nous devrions changer rapidement de paradigme économique (ici) La genèse de ces falsifications est la suivante : Pour John Locke la Nature appartient à tous les Hommes mais le travail est individuel de sorte que les fruits du travail sont la propriété du travailleur. Les Physiocrates reprendront le concept, mais grâce à Adam Smith les économistes se trouvent confrontés à un mystère : si le travail humain crée la valeur d’échange comment se fait-il que le propriétaire des Moyens de production gagne beaucoup plus que ses travailleurs ? Marx fournit la solution scientifique : le travail humain crée la valeur d’échange des marchandises dont celle de la force de travail qui est équivalente au travail socialement nécessaire pour la reproduire, en gros le salaire. Mais dans le procès de production – la fonction de production canonique s’écrit : c + v + pv = p – le capital variable ou force du travail a une double qualité : en tant que force de travail reconstituée prête à travailler il est du travail cristallisé, en gros équivalent à son salaire journalier. Mais ce travail cristallisé est aussi le vecteur du travail vivant qui va se dépenser durant toute la journée de travail. Si la journée est de 8 heures et que le salaire est produit en 4 heures, le fruit des 4 heures supplémentaires ou surtravail sera empoché par le capitaliste en tant que profit. Pour la première fois grâce à Marx le mystère de la commensurabilité des marchandises entre elles de même que le mystère de la genèse du profit, le problème de A Smith, étaient élucidés scientifiquement. Pour occulter cette exploitation de classe, la théorie classique de la valeur d’échange fut écartée au profit de la falsification subjectiviste et univoque de l’ « utilité » marginale des marchandises mesurée selon le « calcul des joies et des peines » de Menger qui deviendra la méthodologie marginaliste de base. Mais ce tour de passe-passe reposait sur une falsification préalable, celle de J.B. Say, qui, en s’inspirant de la paper currency de Ricardo, imagina d’écrire la fonction de production unilatéralement sous forme argent. Ricardo conférait ainsi une autonomie abusive à l’équivalent général monétaire devant lui-même être évalué selon l’étalon de valeur universel, la valeur d’échange de la force de travail. Ainsi on avait désormais affaire à des facteurs de productions certes divers mais tous exprimables sous forme argent dans les équations et leurs manipulations. L’exploitation du travailleur disparaissait ainsi que le fait essentiel, à savoir qu’il n’est pas un facteur de production comme un autre puisqu’il doit se reproduire – pour retourner travailler le lendemain – mais aussi se reproduire dans un ménage en tant que membre d’une espèce à reproduction sexuée. La force de travail devenait ainsi fluide sous sa forme monétaire et donc exploitable à merci puisque l’équilibre économique – Solow, pseudo-Nobel 1956 – serait atteint lorsque le coût du travail atteint son niveau « physiologique » – niveau éminemment élastique, on le voit. Les falsifications méthodologiques ne s’arrêtent pas là. Pour trouver le juste prix du marché qui quantifie l’utilité marginale on nous propose de croiser les deux courbes de l’Offre et de la Demande. Or, pour établir le juste prix du côté de l’Offre, il faut au préalable donner les barèmes de la Demande en prix, et vice-versa. Puis on croise les deux pour trouver … le juste prix du marché ! Voilà !!! (Et dire que Böhm-Bawerk accusait faussement Marx d’avoir succombé à la contradiction létale ex ante / post hoc dans le faux problème de la transformation des valeurs en prix de production : voir mon Tous ensemble, le Livre I, ici)

Mais il y a pire. Lorsque les marginalistes et les néolibéraux parlent du juste prix du « marché » leur charabia falsificateur se concentre surtout sur les obstacles imaginés sur le seul marché du travail. Or, la fonction de production est bien: capital + force de travail + plus-value = valeur d’échange de la marchandise produite. Outre la liberté sans entrave sur le marché du travail imposée par l’Etat soi-disant non interventionniste néolibéral qui, en fait, l’est beaucoup plus que l’Etat social mais pour le seul bénéfice des classes aisées, le libre marché devrait imposer la concurrence parfaite – libre et non faussée -parmi les producteurs et les distributeurs. Et que dit Tirole – et tutti quanti – sur la concurrence imparfaite : elle ne pose aucun problème, ne nécessite aucun anti-trust pour autant que, moyennant quelques cookies, les grandes firmes globales – Gafam et autres – se conforment à l’idéal qui consiste à veiller à la satisfaction de leurs clients. Noter qu’il s’agit de clients dignes d’intérêt uniquement lorsqu’ils sont solvables et non d’usagers ayant des droits d’accès citoyens garantis par l’Etat et ses entreprises publiques ou ses services publics. Marx puis Lénine avaient tous deux montré que la concurrence matérialisée surtout par les hausses de productivité menaient fatalement à la concentration-centralisation du capital. Nous eûmes ainsi – Lafargue, Hilferding, Hobson, Lénine etc. – les cartels et les trusts. Dans les Années 1920, Means aux USA publia son livre Big corporation qui signait la fin de la narration smithienne de la concurrence parfaite entre les bouchers et les boulangers du coin, chacun travaillant pour son compte personnel mais menant, via la « main invisible », à la satisfaction de l’intérêt général. Au prix d’un énorme gâchis, et de crises diverses, ce qui est toujours tu. Puis nous eûmes parmi les théoriciens bourgeois, les théories de la concurrence imparfaite avec les monopoles, les oligopoles et les monopsones – Chamberlin, Schumpeter, Sraffa, Joan Robinson etc. On voit la supercherie qui explique aussi le côté corporatiste-fasciste du néolibéralisme sous toutes ses formes, de Mises aux Chicago Boys opérant au Chili sous Pinochet et jusqu’à leurs émules occidentaux d’aujourd’hui. Il suffit d’ajouter que la prise de conscience de l’émergence des grandes firmes – nationales puis multinationales – posa la question du rééquilibrage du pouvoir de négociation des travailleurs – les syndicats conçus comme contrepoids lors des négociations collectives – et du rééquilibrage économique et politique qui vise à contrer les « esprits animaux » du capitalisme qui mènent fatalement aux crises conjoncturelles et aux crises structurelles comme la Grande Dépression initiée en 1929 où celle qui a cours sous nos yeux aujourd’hui. L’interventionnisme régulateur de l’Etat était considéré comme nécessaire. Je renvoie ici à la synthèse présentée dans la Note 15 sur John Galbraith dans mon Livre-Book III ici.     

On le voit ce néolibéralisme triomphant est très éloigné du libéralisme classique, de l’anti-exclusivisme, base de toute démocratie selon Thomas Paine dans son magistral Rights of Man ou encore de John Stuart Mill dans On Liberty .      

2 ) Dernièrement, cette relation végétation/CO2 donne lieu à des études plus approfondies qui montrent que les arbres, le blé, le riz placés dans la catégorie C3 se développèrent à une époque où le niveau de CO2 oscillait entre 800 et 1500 ppm, contrairement au maïs plus tardif qui rentre dans la catégorie C4.

Citation : «  In addition to not affecting temperature, Mr. Clark said the attempts to reduce CO2 are dangerous because of the anticipated effect on plants.

“C4 plants, like corn, evolved just 20–30 million years ago. And they evolved in response to the declining CO2 in the atmosphere. So, they’re a relative latecomer to our biosphere and reflect the danger of decreasing CO2,” he said.

A majority of plants, such as trees, wheat, and rice, are what’s known as C3 plants, which thrive at higher CO2 levels of 800 to 1500 ppm.

Mr. Clark said one of the benefits of increasing CO2 is improved global grain yields and the general greening of the planet.» dans Fixation on CO2 Ignores Real Driver of Temperature, Experts Say

UN claims that human-caused CO2 emissions are imperiling the planet are ‘totally garbage,’ says scientist. ‘CO2 doesn’t cause a change in temperature.’

(from quote in « ‘Pure Junk Science’: Researchers Challenge Narrative On CO2 And Warming Correlation »,  by Tyler Durden,  Wednesday, Feb 21, 2024 – 02:00 AM, https://www.zerohedge.com/political/pure-junk-science-researchers-challenge-narrative-co2-and-warming-correlation )  By Katie Spence, February 19, 2024, https://www.theepochtimes.com/article/fixation-on-co2-ignores-real-driver-of-temperature-say-experts-5588495?utm_source=partner&utm_campaign=ZeroHedge&src_src=partner&src_cmp=ZeroHedge

3 ) Je renvoie ici à mon essai Mariage, unions civiles et institutionalisation des mœurs dans la Partie rose vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com ainsi qu’au Chapitre «  11 ) Droits civils : « Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs » suivi par « Après les « surhommes » voici la fin souhaitée de l’Espèce humaine » » ici

Commenti disabilitati su Sur « La société des égaux » de P. Rosanvallon : Égaliberté ou Emancipation, la Liberté conçue comme Esthétique de l’Egalité, 23 novembre 2023.

Le livre de Pierre Rosanvallon, La Société des Égaux – éd. Du Seuil – date de 2011. Il prend acte des changements en cours marqués par l’explosion des inégalités, tant des revenus que des patrimoines. Les inégalités de revenus et de patrimoines qui avaient décru après 1913 et surtout durant et après la Seconde Guerre Mondiale, du fait de la progressivité de l’impôt sur le revenu, ont recommencé à croître avec l’introduction des réformes fiscales néolibérales monétaristes.

Dans nos sociétés « démocratiques », ces bouleversements reposent néanmoins sur le maintien de l’hégémonie de la bourgeoise. Elle sait jouer de la tension, pour l’auteur originelle, entre égalité et liberté. Mais il s’agit d’une tension bancale, transformée en opposition aristotélicienne indépassable qui nécessiterait par conséquent toutes sortes de contorsions et de médiations politico-sociales, alors que leur relation dialectique – égalité = Nature ; liberté = Histoire, les deux étant conjuguées par le Sujet, Individu ou classe sociale – se résout de manière concrète, historiquement, institutionnellement et idéologiquement par le degré d’émancipation humaine atteint selon la logique de la lutte des classes et des alliances de classes.

L’Homme étant un animal social doté d’une conscience, les inégalités, ou plutôt les différences naturelles, sont en réalité la condition de survie de l’Espèce, c’est-à-dire un ensemble spécifique dont tous les membres sont égaux, par définition, au sein de son environnement. Les différences institutionnelles et par conséquent aussi les diverses intelligences relèvent également de ce processus d’adaptation, de survie et de façonnement, l’Espèce humaine étant bien plus capable de s’adapter aux changements que les autres Espèces animales qui comptent uniquement sur leurs instincts. Elle le fait en intervenant directement sur la Nature et les institutions sociales. Dans ce double devenir, les différences ont égale dignité et sont toutes également nécessaires à une société harmonieuse ainsi que l’expliquait déjà Joachim de Flore. (ici) Ceci est d’autant plus vraie que la société se complexifiant, la division sociale du travail estompant ainsi les différences.   

Pour cette dialectique sur laquelle repose le matérialisme historique, je renvoie à mon Introduction méthodologique ici. L’auteur fait peser toute son analyse sur le concept d’égalité, alors que le vrai problème repose sur celui de la liberté concernant les Êtres humains membres d’une Espèce sociale à reproduction sexuée, que ce soit naturellement ou artificiellement. Or, la Liberté conçue comme Esthétique de l’Egalité concrète ne relève pas uniquement du libre-arbitre, du choix individuel radical ou du choix en harmonie avec des limites naturelles ou institutionnelles, dont psychiques, elle n’est rien d’autre que l’Emancipation humaine qui, selon Marx, ouvrira la porte de l’Histoire à une Humanité encore sujette à la Préhistoire de l’exploitation de l’Homme par l’Homme.

Le marxiste canadien Stanley Ryerson, bien ancré dans le bilinguisme fondateur de son pays et les luttes de classes nationales et mondiales avait concédé un manque de « liberté » en URSS ; il inventa ainsi ce néologisme « égaliberté » pour indiquer que la lutte pour une meilleure synthèse restait aussi inévitable que nécessaire. Balibar ne fit qu’emprunter le concept sans le comprendre. (1) Il ne s’inscrivait donc pas uniquement en réaction aux évènements qui avaient cours dans le Bloc de l’Est mais surtout à ceux qui prévalaient dans le processus de modernisation bilingue de son propre pays et dans la lutte visant à intégrer la Charte des droits fondamentaux dans la Constitution « coloniale » de 1867. Au fond, c’est à la marche de l’émancipation humaine qu’il aspirait, celle du Triptyque de l’Émancipation analysé par Marx dans sa critique de la philosophie du droit de Hegel reposant aussi largement sur le rejet de l’exclusivisme déjà bien analysé par exemple par Thomas Paine dans son Rights of Man. Nous avons donc l’émancipation religieuse atteinte grâce à la laïcité, l’émancipation politique atteinte par l’égalité formelle ou liberté de tous les citoyens devant la loi et dans la prise de décision, soit la démo-cratie, et enfin l’émancipation humaine lorsque tous les citoyens et citoyennes pourront participer à égalité dans les processus de prises de décisions concrètes en particulier en ce qui concerne la réallocation des ressources de la Communauté pour le bénéfice de la Communauté et de tous ses membres en privilégiant les priorités sociales communes. Dans une telle société le Domaine de la Nécessité économique, qui assure les conditions matérielles d’existence des Êtres humains, prendra toujours moins de place, ouvrant ainsi la voie au développement du Domaine de la Liberté socialiste.  

De fait, la poussée citoyenne républicaine et égalitaire ne tomba jamais dans le travers d’une telle opposition stérile. Au fronton de la République fut inscrit dès le départ : Liberté, Egalité, Fraternité, cette dernière devant assurer les bases matérielles d’existence des deux premières par la solidarité socio-économique et politique. Tous les premiers théoriciens de la République, de Thomas Paine, à Babeuf ou Buonarroti, avaient déjà entrevu un système de solidarité sociale ou « welfare » selon l’expression anglaise, pour tenir compte de la force de travail inactive par nécessité. Winstanley en Angleterre les avait devancé. Condorcet que Rosanvallon cite à juste titre distinguait bien trois espèces d’égalités, selon la  richesse, selon l’instruction et selon les accidents de la vie, mais ce dernier point le porta à appliquer ses connaissances des probabilités pour imaginer un système d’assurance vieillesse. (p 50) . Nous verrons plus bas que ce troisième principe, la Fraternité, fait toute la différence pour comprendre les perceptions de l’égalité que la bourgeoise est capable de manipuler selon les Époques de redistribution du Mode de production capitaliste, c’est-à-dire selon la logique particulière d’un régime d’accumulation du capital. L’expression énonçant que la Liberté est l’Esthétique de l’égalité est de Lénine, lequel connaissait bien Kant.       

Rosanvallon fait totalement abstraction de cette dialectique et s’emprisonne dans toute une série de représentations purement idéologiques de la supposée opposition entre égalité et liberté ; il le fait, en outre, sans jamais tenir compte des processus de production-reproduction-redistribution sociale, qui sous-tendent ces représentations. Nous sommes ainsi destinés à tourner en rond, accentuant ceci ou cela dans une lutte des classes pérenne mais sans aucun espoir de dépassement. C’est en quelque sorte la « fin de l’Histoire » d’une conception purement sociale démocrate frisant le social libérisme. Au mieux en s’en tenant aux superstructures bourgeoises il distinguera entre égalité-équivalence, égalité-autonomie et égalité-participation. (p 22) ; ces différentes formes seraient déclinées par la tension sociale entre des systèmes « d’égalité-distribution » et « d’égalité-relation ». (p 351) En suivant Claude Lefort (p 57) il considère que la conquête du suffrage universel – individualisé – représente le « point zéro de la société » alors que tout l’enjeu est de soumettre la propriété collective et l’allocation des ressources dans la reproduction élargie à ce suffrage universel. L’intérêt résiduel de son livre tient à un choix méthodologique : voulant apporter une contribution originale, il se tient à l’écart des formalisations habituelles préférant aller réinterroger les textes théoriques-idéologiques moins connus qui informèrent les exposions historiques et théoriques qui nous sont plus familières.   

Cette fausse opposition aristotélicienne est en effet déjà contenue dans les réflexions qui portèrent à la rédaction de la 1ère Constitution de la Révolution française. Ainsi Sieyès dans Qu’est-ce que le tiers état, dénonce les privilèges au nom de l’égalité humaine : « Le privilégié, écrivait-il, se considère avec ses collègues comme faisant un ordre à part, une nation choisie dans la nation (…) Les privilégiés en viennent réellement à se regarder comme une autre espèce d’homme » (p 27) D’un autre côté, Tocqueville critique l’univers aristocratique : « c’est à peine s’ils croient faire partie de la même humanité, notera-t-il en une formule célèbre. D’où, à l’inverse, sa définition de la démocratie comme société de semblables » (p27) laquelle mènerait au nivèlement et à la « médiocrité » selon son analyse des Etats-Unis à son époque.     

Selon Marx le Mode de production capitaliste induit une mentalité acquisitive fondée sur la nécessité de l’accumulation capitaliste, le capital inerte n’existant pas en tant que capital. A la fin, le développement des forces productives, à savoir la croissance imparable de la productivité entraînée par la compétition, sociale et/ou technique, entrera en contradiction avec les rapports de production ; c’est pourquoi Marx dit que le capitalisme crée ses propres fossoyeurs : le travail libéré réduit à la précarité et au chômage cherchera à rétablir un équilibre, en particulier par le développement accru de la RTT et de la socialisation des Moyens de production et d’échange. Entre-temps, comme à ses débuts dans sa lutte contre le féodalisme, la bourgeoisie tente de bâtir son hégémonie sur une idée restreinte de la liberté et de l’égalité, en cherchant à les rendre compatibles avec son processus d’accumulation privée qui mène à la marchandisation du monde entier outre la marchandisation de la force de travail et de sa reproduction. Vu par Marx ce devenir historique mène au dépassement du Mode de production capitaliste et à un degré plus haut d’émancipation humaine.

Pour l’auteur, ce procès dialectique prend la forme psychologique appauvrie et moralisante du Paradoxe de Bossuet : « … cette situation dans laquelle les hommes déplorent en général ce à quoi ils consentent en particulier. (…) … les individus se projettent abstraitement, alors que leurs comportement personnels sont concrètement déterminés et s’appuient sur des formes beaucoup plus étroites. On voit ainsi fréquemment, pour ne prendre que cet exemple, les jugements accablants sur l’injustice du système éducatif voisiner avec des comportements individuels d’évitement des obligations de la carte scolaire » (pp 17-18) Pour Marx, cette psychologie subalterne ou partielle n’est rien que le résultat des contraintes capitalistes sur des Individus exploités ne maîtrisant pas leur propre destin mais toujours capables d’imaginer un monde meilleur. 

Sur ce hiatus comportemental, que je suppose pérenne pour l’auteur, se développeraient les différentes déclinaisons de l’égalité sous l’hégémonie intéressée de la bourgeoise. A la limite, sur une telle base, en faisant abstraction des forces productives et des rapports de production, on peut tourner en rond indéfiniment. On le voit, l’occultation du devenir de l’émancipation humaine mène à un cul-de-sac.

Nous en donnerons deux exemples analysés par l’auteur, celui de « l’égalité dans la séparation » et celui du protectionnisme identitaire national de Maurice Barrès et consorts.     

Suite à la victoire du Nord sur le Sud mettant fin à la Guerre de Sécession américaine – 1861-1865 – l’esclavage fut formellement aboli. Puis dans le cadre des Reconstruction Amendements, les 13, 14,15èmes s’étalant de 1865 à 1870, le 15ème Amendement fut promulgué le 3 février 1870 pour reconnaître le droit de vote inaliénable à tous les citoyens indépendamment de toute considération de race, de couleur ou de servitude antérieure. (voir ceci) Cependant, le 14ème Amendement, qui ne reconnaissait les droits civils qu’au niveau étatique, ne permettait pas d’abolir la discrimination raciale opérée dans le secteur privé. Furent ainsi posés les jalons légaux sur lesquels se développèrent toutes les lois et les comportements pervers inhérents à la ségrégation raciale. L’« égalité dans la séparation » s’ingénia à inventer toutes les mesures de déshumanisation et d’exclusion politique et sociale possibles et imaginables. C’est ce que l’on appelle les Lois Jim Crow. « Les lois Jim Crow ont été confirmées en 1896 dans l’affaire Plessy contre Ferguson, dans laquelle la Cour suprême a exposé sa doctrine juridique “séparés mais égaux” concernant les installations destinées aux Afro-Américains. En outre, l’enseignement public était essentiellement ségrégué depuis sa mise en place dans la majeure partie du Sud après la guerre civile de 1861-1865. Les lois sur les compagnons excluaient la quasi-totalité des Afro-Américains du droit de vote dans le Sud et les privaient de toute représentation gouvernementale. » (traduction, Jim Crow laws – Wikipedia )En guise de brève illustration voici une autre citation : « Entre 1890 et 1910, dix des onze anciens États confédérés, à commencer par le Mississippi, adoptent de nouvelles constitutions ou des amendements qui privent de fait la plupart des Noirs et des dizaines de milliers de Blancs pauvres de leur droit de vote par le biais d’une combinaison de taxes électorales, de tests d’alphabétisation et de compréhension, et d’exigences en matière de résidence et de tenue de registres[23][24] Les clauses de grand-père permettent temporairement à certains Blancs analphabètes de voter, mais n’apportent aucun soulagement à la plupart des Noirs.
Ces mesures entraînèrent une chute spectaculaire de la participation électorale dans tout le Sud. » (idem)

On ne s’étonnera pas de l’emphase que Rosanvallon fait porter sur l’émergence de représentations racistes et discriminatoires visant à départager les « mérites » jugés intrinsèques des individus que le suffrage universel masculin considère néanmoins également comme des électeurs. La stigmatisation plus ou moins explicite des « classes dangereuses » et entre genres reposera sur des développements pseudo-scientifiques contestables. Ceci se vérifie avec le développement du darwinisme social, celui de l’inégalité des chances selon la phrénologie de Franz Joseph Gall, celui du QI d’Alfred Binet, celui de la Bell curve de Hermstein et Ch A. Murray, pour aboutir aux théories de Gobineau et consorts. (p 139 et suivantes). Si nous voulions compléter le décompte la liste serait longue et ne pourrait faire abstraction de Nietzsche ou même du nietzschéen Freud. Je m’en tiendrais ici aux économistes bourgeois. Merger, le même qui contribua a fonder le concept bancal « d’utilité » malgré l’évidence selon la quelle toute marchandise, y compris la force de travail, est duale, donc dotée d’une valeur d’échange et d’une valeur d’usage sans quoi « le calcul des joies et des peines » déterminant l’utilité reste subjectif et élastique. Il inventa également la notion de « life chances » dans un sens différent du « plain level field » des théoriciens républicains américains comme Th. Paine.

De fil en aiguille, ce concept permettant de prétendre à une égalité formelle au départ tout en entérinant les inégalités réelles socialement surdéterminés dans les processus et les résultats, fut repris par Max Weber. Sa sociologie en partie inspirée par Sombart, Bernstein et al., tentait de prendre acte et de justifier l’émergence d’une classe moyenne scolarisée, liée au développement des bureaucraties privées et étatiques, dont le « mérite » justifiait la position sociale par rapport au prolétariat ouvrier. C Wright Mills élaborera avec sa théorie des « cols blancs ». Suivirent celle des « technostructures » reflétant au niveau étatique la distinction dans l’entreprise entre propriétaires et managers – Domhoff, etc. Cette technostructure avait accompagné l’émergence des contrepoids démocratiques, y compris les syndicats appuyés par un nouveau code du travail protégeant la négociation collective. Elle alla de pair avec l’Etat social – ou Welfare State anglo-saxon – le démantèlement de ce dernier conduisant à son remplacement par les cabinets de conseils privés. Pour l’analyse des technostructures et des contrepoids je renvoie à la Note 15 sur John Galbraith dans mon Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Economique et Croissance, 2005. Comme le démontre le rôle de légitimation politique du « mérite » selon M. Weber, ces développements influencent grandement la composition et la conscience des classes en présence et donc la stratégie visant à forger les alliances de classe tant pour la bourgeoise que pour le prolétariat. Ces relations dialectiques font défaut dans l’horizon épiphénoménal de Rosanvallon.

Concernant le mérite, et par conséquent la légitimation de l’échelle salariale la pédagogie moderne sait combien la réussite scolaire dépend de la position de classe et de genre des individus, donc des normes langagières et comportementales tacites qui doivent être respectées. Le suffrage universel créant la hantise bourgeoise du Nombre, celui des « classes dangereuses », contre les privilèges, Boutmy alla jusqu’à concevoir les différences fondées sur l’éducation comme la barrière de classe ultime à opposer à ce danger. (2) Je renvoie à ce sujet à l’Annexe Spoliation  de mon livre Pour Marx, contre le nihilisme – 2002. C’est pourquoi l’idéal communiste, tant pour Marx que pour J. Guedes, reste le partage du travail disponible  avec l’égalité des salaires, l’échelle salariale extrêmement réduite ne variant en fait réellement que par la durée du travail accompli.  Puisque, selon Joachim de Flore, toutes les formes d’intelligences ont égales dignité et sont toutes aussi nécessaires pour une société harmonieuse , l’accessibilité permanente et gratuite à l’éducation supprime la valeur différentielle des diplômes, ceux-ci ne valant plus pour légitimer une présumée supériorité humaine ou sociale mais plutôt pour la participation collective dans la division du travail. L’expérience du socialisme réel a démontré que ceci n’est pas une illusion puisque la démocratisation socialiste de l’éducation et de la culture fit des prodige dans tous les domaines.                 

La République avait littéralement coupé le cou du « droit divin » pour établir l’égalité et le droit de vote de « citoyens ». Surgissait alors pour les possédants, reliques de l’Ancien Régime et nouvelle bourgeoise, la hantise du Nombre et de son expression démocratique. Que d’efforts déployés aujourd’hui encore pour y faire barrage. L’hystérie bien connue de Flaubert durant la Commune de Paris a ses antécédents. Par exemple, suite à la révolte des Canuts de Lyon en 1831 qui suivit de près la Révolution dévoyée de Juillet 1830 pour finir avec Louis-Philippe, roi des Français. Citons Rosanvallon : « On peut parler à ce propos de véritable bombardement idéologique. Saint-Marc Giradin, qui s’était illustré en qualifiant en 1831 les canuts en révolte de « barbares », sera le premier à lancer l’offensive pour ôter toute mauvaise conscience à la bourgeoisie. La misère est le châtiment de la paresse et de la débauche. Voilà les enseignements que nous donnent l’histoire », avait-il froidement lancé en 1832, depuis la tribune de la Sorbonne. Des tombereaux de livres et d’articles déclineront ces expressions pendant la Monarchie de Juillet. Dans sa somme consacrée aux « classes dangereuses », qui fera référence à l’époque, Frégier ira encore plus loin. Il criminalisera en effet le monde ouvrier en élargissant la catégorie des « classes pauvres et vicieuses » à celle des classes dangereuses. Il ne suffira plus pour lui que le prolétaire soit considéré comme un misérable et un dépravé, il fallait encore voir en lui la plus terrible des menaces » (p 128)

On voit comment fonctionne le mécanisme d’exclusion et comment il s’adapte à l’évolution des forces productives et des rapports de production. Les classes dangereuses le sont indépendamment de leur ethnie, de leur religion etc. pour autant qu’elles aient le potentiel de porter à un dépassement de l’ordre bourgeois et derrière lui de celui reposant sur l’exploitation de l’Homme par l’Homme. La banlieue est ainsi traitée aujourd’hui ; pire, pour la stigmatiser encore plus, on inventa une « menace islamiste » externe et interne par le biais des inepties théocratiques racistes des chocs de civilisation et de la doctrine des guerres préventives pensée pour détruire tous les rivaux économiques et militaires potentiels du putatif empire judéo-américain et plus exactement philosémite nietzschéen et de leur « temple » (de Salomon) à « reconstruire » bien qu’il n’existe aucune preuve historique ou archéologique de son existence  – si beau, prétend-on, qu’il obscurcissait la vue (sic !)

Pour s’emparer du pouvoir la « bourgeoise conquérante » fit une alliance avec le peuple en chantant les louanges de la « liberté, égalité, fraternité ». Pour sauver son nouveau Mode de production, elle dût très rapidement se dissocier de lui, le diviser et le dominer, ravalant ainsi ses principes à leur expression formelle la plus étriquée.

C’est pourquoi, paradoxalement, la condamnation des dérives exclusivistes redeviennent d’actualité. La condamnation dans Rights of Man de Thomas Paine de l’exclusivisme de la Tradition défendu par Edmund Burke contre la Révolution française garde toute sa charge libertaire, sociale et démocratique. Il en va de même mais définitivement cette fois-ci avec la Question juive de Marx.

Certains aveugles plus ou moins complaisants et/ou complices ont pu ne pas s’offusquer lorsqu’un juif-français comme Finkielkraut théorisa publiquement la « séparation » sans recevoir la moindre critique – à part la mienne – tout en conservant son poste dans l’Ecole polytechnique républicaine.  Avec le génocide perpétré sous nos yeux contre les Palestiniens en Cisjordanie, à Jérusalem Est et à Gaza par l’Etat colonial et d’Apartheid israélien – officiellement depuis le 18 juillet 2018 – on voit bien que le projet de « retour » exclusiviste ne comprend pas uniquement la destruction de la Palestine et des Palestiniens comme peuple, mais plus largement la soumission de tous les peuples gentils – goyim ravalés à un rang infra-humain – destinés à être « palestinisés » et « dalitisés ». (voir ceci et ceci )

 Il s’agit bien de la tentative renouvelée de résoudre les contradictions insurpassables du Mode de production capitaliste par un « retour » forcé à un régime de domination de l’Homme par l’Homme débarrassé de toutes prétentions à l’égalité, à la liberté et à la fraternité humaines. C’est bien d’une tentative de retour à la société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage qu’il s’agit. Je renvoie ici à mon Pour Marx, contre le nihilisme – 2002 – ainsi qu’à la Section Racisme, Fascisme et Exclusivisme de mon vieux site expérimental.

Cette fois-ci la tentative de domination implique « la séparation dans l’inégalité » théocratique-raciste la plus crasse, voulue par des putatifs « Maîtres du monde » – ce qui faisait rire le Romain Suétone … – des êtres capables de penser des thérapies à ARN messager moins qu’expérimentales, cuisinées par un vétérinaire en moins de trois mois et dont la formule effectivement injectée en masse fut changée en cours de production, le tout dans le cadre de l’invention de Nouvelles Lois de Manu, impliquant le rêve de destruction définitive de l’égalité inhérente à l’Espèce humaine par l’invention en laboratoire de sous-espèces. Ce que d’aucuns prennent pour une expression de l’ « humanisme » ! Pour la dérive vers de Nouvelles Lois de Manu voyez la Brève du 25 avril 2022 ; la traduction française est disponible au chapitre 12 ici. Pour l’aspect criminellement expérimental des pseudo-vaccins contre le Sars-CoV-2, voir par exemple la Brève du 11 novembre 2023 en cliquant ici. (Il suffit de traduire avec un traducteur en ligne par exemple www.deepl.com )

D’ailleurs, si l’on en croit des néo-fascistes génocidaires – et suicidaires – juifs-sionistes comme Netanyahu et ses généraux et conseillers, les Palestiniens – et leurs supporters – ne seraient que des « animaux » qui ne sont plus concernés par l’égalité alors qu’eux-mêmes seraient l’avant-garde des « enfants de la Lumière », dans un combat « civilisationnel ». Ce qui leur vaut d’être accusés devant la Cour Pénale Internationale – voir ici – et devant celles de l’opinion publique et de l’Histoire.  

Bref, dès que vous établissez une fausse opposition aristotélicienne vous êtes condamnés à en développer « logiquement » toutes les expressions possibles, jusqu’aux plus perverses. C’est ce que fait l’auteur peu soucieux de pensée dialectique. 

Autre exemple de ces dérives, celui du protectionnisme identitaire nationaliste de Maurice Barrès et al. Lorsque un Piketty tente d’offusquer la lutte des classes en représentant des « conflits », électoraux, qui, plus est, seraient marqués de manière prépondérante par la variable « identitaire », il n’y a vraiment rien de neuf sous les cieux. De fait, lorsqu’on lit les pages que consacre Rosanvallon à ce sujet dans le livre examiné ici, on est saisi par le manque d’originalité des nouvelles droites en France, avec peut-être la marque littéraire en moins.

L’auteur décrit « L’âge d’or du national-socialisme. C’est avec l’établissement de la Troisième République que le national-protectionnisme va imposer en France sa marque. La conjoncture économique a été le facteur déclenchant, cet établissement coïncidant avec le début de la grande dépression marquant la fin du XIX siècle, en même temps qu’avec les bouleversements engendrés par la première mondialisation » (p 190)

Marx et Lafargue ont été les premiers à analyser le passage du capital bancaire au capital industriel ce qui mena à la conquête coloniale pour assurer l’approvisionnement en matières premières ainsi que de nouveaux débouchés ; suivit la crise caractérisée par Marx pour la première fois comme une crise du crédit, ouvrant ainsi la voie à ce qui deviendra la nouvelle forme hégémonique du capital, le capital financier – Marx, Lafargue, Hobson, Hilferding, Lénine etc. Cette difficile transition est à la base de la tentation de repli qui pris la forme du « national protectionnisme ». Au lieu de baisser les heures de travail, on préféra diviser les prolétaires entre-eux et faire de la démagogie avec l’exclusion des « étrangers ». Il faudra attendre la « Loi de 1906 instituant la semaine de six jours (jour de repos hebdomadaire).» Puis la Loi du 23 avril 1919 instituant la semaine de quarante-huit heures et la journée de huit heures. » https://fr.wikipedia.org/wiki/R%C3%A9duction_du_temps_de_travail_en_France ) pour avancer vers la réduction du temps de travail. En 1905 fut créée la Section Française de l’Internationale Ouvrière, c.-à-d. de la Seconde Internationale. En 1919, avec le Traité de Versailles, la bourgeoise apeurée par la Révolution d’Octobre, initia la série de concessions qui mena, après la Victoire de Stalingrad, à la constitutionnalisation des droits sociaux et syndicaux fondamentaux. Ce fut le cas dans les Constitutions anti-nazi-fascistes d’après-guerre ainsi que dans la Déclaration Universelle de Droits Fondamentaux Individuels et Sociaux de 1948 qui accompagnent et renforcent la Charte de l’ONU écrite sous la même inspiration.

Cette difficile transition de la logique d’accumulation du capital, qui donne lieu à une crise économique et sociale au lieu d’être résolue par le partage plus équitable du travail social disponible, mena à la démagogie de l’exclusion des plus vulnérables, les « étrangers ». Evidemment, ceux-ci étant néanmoins nécessaires au capital au bas de l’échelle salariale effective, l’enjeu principal de cette démagogie – en réalité, hier comme aujourd’hui – visait uniquement à diviser les travailleurs entre eux en faisant miroiter un consensus économiquement avantageux sur la base d’une identité fictive, à savoir une identité nationale « française » plutôt que l’identité constitutionnellement légitime aux yeux de la constitution et des lois, à savoir l’identité des droits entre citoyens et résidents reҫus sur le territoire de la République. On sait que la Révolution française forgea le peuple des citoyens français, processus dont une des plus grandioses étapes fut « l’amalgame » des citoyens en armes,  indépendamment de leurs régions d’origine, en particulier, au front, à Valmy. La Commune de Paris ouvrit la porte large aux « étrangers » en annonçant l’Internationale en acte.      

Maurice Barrès, écrit l’auteur : « … fut ainsi le premier à utiliser en 1892 le mot « nationalisme » pour désigner une forme de politique intérieure. C’était donc une vision qui n’avait plus rien à voir avec celle de Michelet ou de Renan. Pour Barrès, la perspective nationaliste était celle qui accomplissait pleinement l’idéal d’un « protectionnisme ouvrier » (l’expression était alors fréquemment utilisée), tandis que le socialisme ne pouvait qu’échouer à lui donner forme. Il y avait en effet la promesse d’une efficacité immédiatement lisible avec le national-protectionnisme » (p 195-196) L’efficacité en question est bien entendu celle du régime d’accumulation. Barrès se fit le chantre autoproclamé de « l’égalité négative » celle de « la « foule des petits », petit capitalistes et petits travailleurs mêlés, par rapports aux « grands barons » ou aux « grands féodaux. » La dénonciation d’une « redoutable ploutocratie d’exotiques » conduisant en outre chez lui à superposer les deux dimensions » (p 201) Ceci donne naturellement cours au déferlement de la politique du ressentiment.

« C’est pendant cette campagne – législatives de 1893 – que Barrès se fera connaître en publiant un pamphlet incendiaire, Contre les étrangers. Le texte, véritable  manifeste politique, est une sorte de synthèse des grands thèmes du protectionnisme xénophobe de l’époque : taxe spéciale sur les employeurs utilisant de la main-d’œuvre étrangère ; expulsion de ceux qui tombent à la charge de l’assistance publique ; préférence nationale systématique en matière d’embauche . Mais il est aussi intéressant de souligner que Barrès liait directement cette vision à une philosophie de la solidarité et de l’égalité. Chez lui, l’idée de patrie redéfinissait complètement la question sociale. » (p 198)

L’auteur poursuit : « On ne s’étonne pas de trouver les formulations les plus violentes et les plus outrées sous les plumes exaltées et haineuses de la nouvelle extrême droite qui prend son envol sur ce registre. Les brochures publiées par la Ligue pour la protection du travail national en ont constitué un bon exemple. Il y était question  à longueur de page d’ « envahissement », d’ « invasion », d’« infiltration ». On y parlait des ouvriers étrangers comme des criminels et des fauteurs de troubles. Quant à ce qui était qualifié de « marée montante des naturalisations », on y voyait la menace que ces « actes contre nature » conduisait à ce que la « race française sera sûrement débordée avant peu ». Mais le ton n’était pas très différent chez certains notables républicains » (p 198-189) On ne sera pas étonné d’apprendre que : « les manifestations de rue contre les étrangers se multiplieront en conséquence dans les années 1890. (…) Incidents parfois sanglants, comme en 1893 à Aigues-Mortes dans une attaque ultraviolente contre les Italiens qui aurait fait cinquante morts, ou à de multiples reprises contre les Belges dans le Nord. Les syndicats et les divers partis socialistes s’opposèrent à ces réactions, mais ils ne purent en contrôler le surgissement » (p 200)

Comme on le voit la problématique reste d’actualité. Aujourd’hui on dirait que l’Histoire bégaie à la différence près que le nouveau national-protectionniste sert à masquer l’insertion subalterne de la Formation Sociale Nationale dans un Ordre mondial impérialiste libre-échangiste déclinant qui est fortement contesté par la monté des Brics et du Nouvel Ordre Multilatéral fondé sur la Charte de l’ONU – non ingérence dans les affaires internes des Etats souverains, etc. – et sur la Déclaration Universelle des Droits Fondamentaux Individuels et Sociaux. Cet ordre impérial philosémite nietzschéen prend chaque jour d’avantage la forme d’un « retour forcé vers la nouvelle domesticité et le nouvel esclavage » décrit dans mon livre Pour Marx, contre le nihilisme -2002 – avec, en prime, le « contrôle des flux d’information autorisés », la « déférence envers l’Autorité » – auto-conférée, c.à.d., en fait une Nouvelle Inquisition –, le tout dans le cadre de la Doctrine –  illégale – de la guerre préventive contre tous les rivaux militaires et économiques potentiels du putatif empire exclusiviste moyennant agressions armées, regime changes et « guerres »  contre le « terrorisme», ce dernier terme n’étant jamais défini légalement.

L’auteur cite à juste titre le tristement célèbre article de Denis Kessler : « « Adieu 1945, raccrochons notre pays au monde ! » Challenges, 4 octobre 2007. La liste des réformes ? C’est simple, écrit-il, prenez tout ce qui fut mis en place entre 1944 et 1952, sans exception. Elle est là. Il s’agit aujourd’hui de sortir de 1945 et de défaire méthodiquement le programme du Conseil national de la Résistance. » (p 288, note 1) C’est-à-dire démanteler les droits fondamentaux individuels et sociaux mis en place par l’Etat social d’après-guerre. C’est ainsi que parlent les représentants du Medef, dont Kessler fut vice président. La Banque JP Morgan abondait ouvertement dans le même sens. (voir ici)

Depuis l’attaque du 7 octobre 2023 par la branche armée du Hamas contre l’occupant israélien et les bombardements indiscriminés et sanguinaires de ce dernier, qui commet une série de crimes de guerre génocidaires selon la plainte déposée à la Court Pénale Internationale, ces accusations gratuites se doublent partout dans l’Occident philosémite nietzschéen par d’infâmes accusations « d’antisémitisme » contre toutes celles et ceux qui protestent contre ces crimes Sionistes, en condamnant naturellement tous les crimes de guerre, d’où qu’ils viennent, au nom de la Loi internationale et au nom des principes inscrits dans la Constitution. Comment d’écrire le «soutien inconditionnel » et unilatéral de certains à une agression sanguinaire, poursuivie depuis plus de 70 ans, par un pays occupant institué depuis le 18 juillet 2018 en Etat d’Apartheid raciste et théocratique ? Pourtant, plusieurs l’ont souligné avec courage, toutes les vies se valent.               

Soulignons de nouveau l’inéluctabilité de toutes les déclinaisons induites sur la base de cette prémisse aristotélicienne qui renvoie moins au devenir historique-psychologiques des « moments » de la phénoménologie de Hegel qu’aux saisies analytiques – on pourrait dire « cubistes » avant l’heure – sous différents angles des « diremptions » de Sorel, nécessaires à ses mythes soréliens concoctés à destination des masses.

Rien de nouveau aujourd’hui : eux/nous, nationalité donnée comme identité (raciale, ethnique ), grand remplacement, acculturation et le reste.

Les conditions matérielles d’existence précèdent les représentations que l’on s’en fait. Il en va de même ici surtout si l’on ajoute aux représentations qui portent sur l’égalité et la liberté celles sur la fraternité, donc l’émancipation humaine individuelle et sociale. De manière succincte, au sein du Mode de production capitaliste, nous en déclinerions les Epoques de redistribution qui permettent de saisir les nouvelles conquêtes sociales à ajouter ainsi que les retours en arrière momentanés que tentent les classes dirigeantes.

Le nœud du problème est révélé par l’évolution du « revenu global net » des ménages – salaire individuel, salaire différé, fiscalité -, à savoir l’état du partage de la « plus-value sociale » entre le travail et le capital. Tout repose sur la nature du contrat de travail – ou son absence. Sur ce niveau de la production, s’élève celui de la Reproduction – les Equations de la Reproduction Simple et Élargie – et celui de la Redistribution tant dans la réallocation des ressources disponibles – crédit public inclus –, que dans la reproduction dynamique des Moyens de production que des Moyens de consommation. On peut ainsi distinguer l’Epoque de Redistribution du libéralisme classique ; celle de l’Etat social ou Welfare State keynésien avec leurs régulations socio-économiques et budgétaires ; et celle de la régression libériste actuelle reposant sur le néolibéralisme monétarisme à l’heure du capital spéculatif hégémonique qui phagocyte l’économie réelle. A cette croisée des chemins, s’ouvrent deux possibilités, soit le « retour » vers la société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage puisque les processus de production nécessiteront moins de travailleurs physiques, soit l’approfondissement de la RTT fondé sur un « revenu global net » des ménages reposant sur une plus grande part de la « plus-value sociale » contrôlée par les travailleurs et les citoyen.ne.s eux-mêmes.       

Ainsi les articulations des perceptions de classes dans un Etat social reposant sur un Système de Sécurité Sociale avancé expriment des choix de société qui impliquent nécessairement un partage différent de la « plus-value sociale ». L’Etat social d’après-guerre avait donné lieu à une poussée de démocratisation tous azimuts, tant dans les relations de travail désormais conçues comme relevant de la démocratie industrielle, que dans la protection sociale et familiale des membres d’une Espèce reposant sur la reproduction sexuée indépendamment de la taille des ménages, que dans la fonction publique ouverte à la syndicalisation, que dans le logement social, les transports collectif, les loisirs et surtout la démocratisation de l’éducation nationale laïque, publique et gratuite. La poussée communiste-libertaire de Mai 68 ne peut donc pas être ravalée à un quelconque « qualunquismo » individualisant, réfractaire et petit-bourgeois.

Dans cette lancée se développèrent d’autres aspirations démocratiques exigeant la parité des genres dans tous les domaines et de nouveaux droits civiques (voir ici) ainsi qu’une nouvelle RTT permettant de renforcer les branches de la Sécurité Sociale tout en l’étendant au un système de garderie nationale mur-à-mur soutenant la marche à la parité concrète et un système de gériatrie-gérontologie moderne. (voir par ex Tous ensemble

Le déroulement de ce « roman inachevé » de la démocratisation sociale et de l’émancipation humaine fut violemment rejeté par la bourgeoise occidentale, la France faisant momentanément exception grâce au Programme commun mis en place par le Président Mitterrand avec l’appui initial du PCF jusqu’au revirement à droite voulue par les notables au nom d’une plus grande intégration au sein de l’UE donnée comme espace régional permettant de résister au déferlement global de la contre-réforme reaganienne. L’adhésion au Traité de Maastricht fut obtenu en promettant la défense des entreprises publiques – Art. F 3, 3b – que l’Europe sociale devait consolider. Ces promesses ne furent pas tenues, les soi-disant « champions nationaux » qui devaient tirer partie de l’espace européen pour conserver leur rang mondial, furent sacrifiés à la « gouvernance globale privée », puis de plus en plus aux politiques néolibérales et monétaristes, ce qui finit par transformer la gauche française en appendice du capital spéculatif hégémonique global. (3) Désormais, suivant le Consensus de Washington, le Trésor soumis à la logique de la FED et du FMI contrôlé par elle, exerce son hégémonie sur les Ministères de l’Economie et des Finances pour imposer sa public policy néolibérale-monétariste et son austérité budgétaire. En France, ceci nous a valu la Lolf de de Boissieu qui supprima toute gestion contre-cyclique en soumettant tous les budgets ministériels à l’obligation de ressources annuelles immédiates. L’UE abonda dans le même sens et ajouta le Fiscal Compact. Au fond, ceci revenait à copier, avec retard, la politique de Reagan visant à comprimer les budgets tout en leur imposant l’obligation de l’équilibre, y compris au niveau des Etats fédérés lesquels, pour leur part, ne pouvaient plus s’endetter mais devaient, néanmoins, continuer à assumer les services sociaux et les coûts croissants dus à l’explosion des budgets de l’assistance sociale causée par les ravages de la précarité et du workfare.   

Aux USA, la contre-réforme reaganienne se fit au son des clairons des économistes de Chicago qui avaient été précédés par les recettes de la Commission Trilatérale comprenant Samuel Huntington, celui-là même qui avait théorisé les « strategic hamlets » au Guatemala et au Vietnam puis, plus récemment, le choc des civilisations et la « guerre » au terrorisme. A l’époque, la Trilatérale milita ouvertement pour mettre fin « aux rising expectations » des travailleurs et citoyens, tout en imposant le contrôle sur « les flux autorisés de communications » et le « retour à la déférence envers l’Autorité », nouvelle Inquisition reposant sur la censure de plus en plus évidente. J’ai montré l’ancrage de ce programme qui refuse de contempler le dépassement de la contradiction entre forces productives et rapports de production dans un meilleur partage du travail socialement disponible dans les recettes du Report from the Iron Mountain voulut par l’Establishment américain à la fin des années 50s. (4)

Ce rapport s’inspirait lucidement du marxisme à l’instar de Bismarck voulant en émousser les pointes ; il prenait acte du fait que le moteur du capitalisme est la croissance de la productivité mise au service de l’accumulation privée ; cette croissance, entraînée inéluctablement par la compétition capitaliste, mène à «libérer » une part croissant de la force de travail ainsi réduite au chômage, puisqu’une productivité en hausse permet de produire plus en un même temps de travail avec plus de machines, d’organisation du travail mais moins de travailleurs physiques. Arrivé au point où seulement 20 à 30 % de la force de travail suffiront, que faire alors des 80-70 % restants. La réponse envisageait donc froidement « le retour à une société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage » en lieu et place d’un meilleur partage du travail socialement nécessaire entre toutes les citoyennes et citoyens aptes au travail. C’est bien cette « marche vers minuit » qui est sous nos yeux aujourd’hui, à peine masquée par la généralisation du « workfare » reaganien et la généralisation de la précarité. (Voir la chanson récente Rich Men North of Richmond )

En conclusion, M. Rosanvallon a une conception étriquée de l’égalité encore qu’il reprenne dans son titre une expression qui renvoie à la démocratie socialement avancée pour l’époque de Babeuf – c’était également le cas pour Thomas Paine dans le contexte américain. La lutte de classe contre l’inégalité n’est pas censée mener à l’émancipation humaine individuelle et collective, elle vise tout au plus une plus grande redistribution plus cohérente avec l’équité bourgeoise qu’avec l’égalité humaine. A preuve, sa conception est similaire à celle de Piketty, Sayez et al., dont j’ai démonté les mécanismes menant à un mythe sorélien selon lequel les inégalités sociales seraient indépassables. (5) Elle considère un peu la disparité des patrimoines mais elle est surtout obnubilée par le taux supérieur de prélèvement de l’impôt sur le revenu laissant de côté les autres considérables émoluments. Ce choix est hautement démagogique dans le cadre de la fiscalité régressive actuelle alors que durant le New Deal aux USA – de même qu’en France après 1945 – ce taux de prélèvement supérieur allait de pair avec des barèmes d’impôt fortement républicains et progressifs. Aujourd’hui, ceci mène un autre comparse Daniel Zucman, à démarcher un pseudo-Giec fiscal qui irait chercher au plus 2 % sur les gros revenus déposés dans les paradis fiscaux, juste assez pour boucher quelques trous budgétaires et permettre la continuation de la politique de démantèlement accéléré de l’Etat social et de la fiscalité progressive. (6)

L’erreur est toujours la même : la bourgeoisie ne sait pas rendre compte de la création de la valeur d’échange, et donc de la genèse du profit, ce qui lui permet de masquer son exploitation de classe et son accaparement de la « plus-value sociale » au-delà du salaire net individuel ou, au mieux, du « revenu global net » des ménages, à l’Époque de l’Etat social. Comme on sait, avec des Giddens (p 352) ou des Rawls (p 290 et 334) les conflits de classes se résolvent selon la théorie des jeux, les « outcomes » plus avantageux pour tous résulteraient de la coopération – entre dominants et dominées, patrons et travailleurs -, ce qui serait même douteux si d’aventure tous les joueurs étaient à égalité dans le jeu selon les illusions de la démocratie municipale de New Haven, Connecticut, de R. Dahl selon lequel tout groupe de 4 vaut tout autre groupe de 4.

Dans mon Introduction méthodologique (7) j’ai montré la structure du Capital de Marx : le Livre I analyse les rapports d’exploitation donc le contrat de travail, et le partage de la plus-value produite entre le salaire et le profit – et le cas échéant la rente agricole. Le Livre II analyse les rapports de reproduction  donc les Schémas de la Reproduction Simple et Élargie. Le Livre III analyse les rapports de redistribution soit les relations juridiques larges et la lutte des classes qui mettent en scène le niveau politique puisque le pouvoir politique consiste dans la capacité à mobiliser et à allouer les ressources de la Communauté en faveur de la Communauté, bien entendu selon le niveau démocratique atteint. Par exemple, à un système de planification socialiste correspondrait des formes de démocraties socialistes qui investiraient aussi et surtout les deux premiers rapports qui aujourd’hui sont placés sous la tyrannie de la propriété privée et du patronat flanqués par le pouvoir d’Etat bourgeois. (8)

Aussi tout discours sur l’égalité, y compris ses aspects économiques et fiscaux, commenceraient par le contrat de travail. Aujourd’hui, les protections légales – Code du travail etc. – sont démantelées et la course s’accélère pour le démantèlement des protections syndicales pour passer à une relation travailleur-patron de gré à gré, avec la précarité généralisée en prime. Lorsque les échelles salariales sont réduites dans le cadre d’un Système de Sécurité Sociale avancé, les inégalités diminuent fortement ainsi que la « peur des lendemains » des citoyennes et citoyens devant travailler pour vivre. De fait, tout le monde le constate aujourd’hui puisque les inégalités sociales restent encore moins dramatiques en France, pays où le démantèlement de la Sécurité Sociale et des droits des travailleurs est encore – pour peu ? – moins prononcé qu’ailleurs dans l’UE.

Pour le reste, on sait que toutes les classes dominantes ont peur du Nombre. A l’époque moderne, qui mit fin au droit divin et aux autres prétentions exclusivistes racistes ou théocratiques, ce fut la grande hantise de Nietzsche et, avant lui de Ed Burke contre lequel Thomas Paine écrivit son exemplaire Rights of Man en défense de la République et de l’égalité humaine. Bien entendu ces deux grands penseurs réactionnaires n’épuisent pas la liste. Rosanvallon en cite quelques autres dont Tocqueville et Barrès. Dans un cadre où les conquêtes populaires ont imposé le suffrage universel et la reconnaissance des droits sociaux pour compléter les droits individuels fondamentaux, cette hantise informe en permanence selon la constellation des forces sociales et politiques en présence, les stratégies et la propagande idéologique-démagogique des classes dominantes. Ceci fonctionne tant qu’elles réussissent à présenter la défense de leurs propres intérêts comme servant l’intérêt général. C’est de moins en moins le cas, d’où la fuite en avant exclusiviste philosémite nietzschéenne la plus régressive qui soit depuis la défaite du nazi-fascisme à Stalingrad.

C’est bien « le retour à une société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage » que tentent les dirigeants occidentaux surreprésentés. Aujourd’hui, par l’instrumentalisation sans précédent de la peur et de la surveillance omniprésente et intrusive, cela prend la forme des Nouvelles Lois de Manu (9). Cela cause beaucoup de dégâts mais n’a aucune chance historique de s’imposer du moins si l’on se fie à l’expérience historique de résolution de la contradiction entre forces productives et rapports de production. Ceci a toujours mené au bout du compte à un pas civilisationnel humain supplémentaire vers plus d’émancipation individuelle et collective.

Paul De Marco                  

Notes :

1 ) La proposition d’égaliberté, Étienne Balibar, Fabrice Flipo, https://www.cairn.info/revue-mouvements-2010-4-page-145.htm

Pour montrer la vacuité marxiste du traitement de l’égaliberté par Balibar voici une citation : «« L’égaliberté » est une exigence de liberté et d’égalité, l’un étant en tension avec l’autre, comme le montre l’auteur dans une discussion étroite de la Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen (p. 56-73), dans un rapport qui n’est pas sans lien avec l’identité de l’identité et de la différence hégélienne. (…)La forme extérieure de nombreux évènements récents s’explique bien quand la dynamique néolibérale est replacée dans une perspective postcoloniale. Le débat sur le « foulard » (2004) est largement surdéterminé par le fait que l’exclusion frappe d’abord les populations issues des migrations, la « laïcité » pouvant aussi se comprendre comme une forme particulière d’hégémonie nationale (p. 278). »

Nous avons déjà montré que la tension égalité/liberté est factice et sert à occulter l’émancipation humaine. Avec de nombreuses conséquences. Donc le discours sur le « foulard » et la « laïcité » qui serait devenue un facteur d’exclusion de la banlieue. Discours de la droite lorsqu’elle attaqua la laïcité comme «une idéologie comme une autre » forçant le Président Chirac à réaffirmer que la laïcité consistait « à croire ou à ne pas croire. » La question inventée du « voile » – par A Bauer et sa plume Klugman – a déjà été analysée dans mon Livre III, ici. (Utilisez le terme « voile » dans la Fonction rechercher pour aller aux paragraphes pertinents.) Entretemps, le lilliputien intellectuel Habermas, qui appela la police sur le campus au grand désarroi de Marcuse qui craignait que soit ainsi révélé les liens avec la CIA et le Mossad, prétendait critiquer Kant, un des plus grands épistémologues de tous les temps, en substituant à l’universalité de l’impératif éthique kantien non pas la particularité opposée au général mais la singularité, en fait celle des lubies des Elus de droit divin !!! Pour le contexte international de cette dérive voyez mon Pour Marx, contre le nihilisme, 2002, ici

2 ) Voici ce que j’écrivais dans la Note 11de mon essai « Yahoo, la liberté d’expression et sa fiscalité »:

 « 11 ) Citons une nouvelle fois Piketty, chantre de la spéculation érigée en système avec ses inégalités qu’il feint de critiquer pour mieux établir leur perpétuation (« partout et toujours » …) contre l’incrédule 99 % : « En 1872, Emile Boutmy créait Sciences-Po en lui donnant une mission claire : elles-mêmes les classes élevées ne peuvent conserver leur hégémonie politique qu’en invoquant le droit du plus capable. Il faut que, derrière l’enceinte croulante de leurs prérogatives et de la tradition, le flot de la démocratie se heurte à un second rempart fait de mérites éclatants et utiles, de supériorité dont le prestige s’impose, de capacités dont on ne puisse pas se priver sans folie. » dans Emile Boutmy, Quelques idées sur la création d’une Faculté libre d’enseignement supérieur, 1871 (sic), cité dans Piketty (2013), p 782.Piketty ne faisait que confirmer ce que j’avais déjà démontré dans mon site depuis sa lointaine création. Mais, avouons-le, la citation vaut son pesant d’or et on lui en sait gré … Noter que le système de sélection républicain imaginé par Boutmy reposait sur des connaissances à base scientifique utiles pour la société dans son ensemble. Bien entendu, les concours des grandes écoles étaient et restent biaisés de différentes façons dont le bagage intellectuel familial et l’aisance économique permettant de se consacrer à de longues études. On pourra se reporter au texte « Spoliation » dans mon Pour Marx, contre le nihilisme. On sait que 6 % à peine d’enfants d’ouvriers et de paysans ont accès à l’université. Cependant, Boutmy n’aurait jamais pu contempler que ce biais déjà rédhibitoire, qui contraint la mobilité sociale en faussant l’opération de la Loi des grands nombres en faveur des classes mieux placées dans la transmission des connaissances plutôt qu’en faveur de la seule richesse, puisse encore être renforcé par la pré-sélection maçonnique exercée en coulisse sur la base de l’adhésion à de grotesques narrations, trop souvent récompensées par des prix, en particulier en économie.»

La forme la plus grotesque de cette prétention éducative bourgeoise au fond axée sur la négation barbare de l’égalité et de l’émancipation humaines se retrouve dans le projet d’exclusion systématique Parcoursup ou, de manière plus grotesque encore, dans les inepties de Friot qui tente de vendre comme concept « communiste » ( !) l’abandon du contrat de travail et des négociations collectives pour un « salaire à vie » comme celui des fonctionnaires – aujourd’hui soumis aux coupures et à l’attrition des postes – mais négocié de gré à gré selon … les parcours scolaires et les diplômes !!! (Voir ceci et ceci)  

Au demeurant Althusser avait montré comment les innovations et les découvertes scientifiques dépendent de plus en plus tout au long de l’Histoire des équipes misent en place et financées par l’Etat – ou par de grands groupes accaparant alors les brevets … y compris sur le vivant …

La science – qui n’est que le travail intellectuel d’appréhension du monde – repose sur la distinction entre l’universel, le général et le particulier. Elle est ontologiquement égalitaire, puisque, sans ce que Hegel dénommait « l’espace intersubjectif » commun, aucun discours, aucune transmission de connaissance, partant aucun apprentissage, ne serait possible.

3 ) Je renvoie ici à mon « Les conséquences économiques de MM Volcker, Reagan et Cie », mars 1985, à mon « Europe des nations, Europe sociale et constitution » de jan 2004, tous deux dans la section Politique Economique Internationale de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com . Voir aussima discussion sur les politiques publiques dans le cadre de Maastricht contenue dans Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Économique et Croissance – 2005 – idem, section Livres-Books.  

4 ) Voir en particulier mon Pour Marx, contre le nihilisme, 2002.

5 ) Voir « Les inepties concaves de Piketty sur l’inégalité et les patrimoines » et « A fraud called Piketty », dans la-commune-paraclet.com/Book ReviewsFrame1Source1.htm . Pour rappel, les ratios diachroniquement et synchroniquement pérennes d’inégalité de Piketty font abstraction des la spéculation financière ainsi que de l’existence du bien nommé ici « socialisme réel » !

6 ) Voir « Le Giec fiscal de Daniel Zucman contre la souveraineté nationale et la progressivité fiscale » dans : LE GIEC FISCAL DE DANIEL ZUCMAN CONTRE LA SOUVERAINETÉ NATIONALE ET LA PROGRESSIVITÉ FISCALE, 26 oct. 2023 (1/3) | Blog di rivincita sociale

7 )  Voir Introduction méthodologique dans la Section Livres-Books de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com

8 ) Voir « De nouvelles formes de démocratie à inventer » dans https://rivincitasociale.altervista.org/de-nouvelles-formes-de-democratie-socialiste-a-inventer-1/ 

9 ) Voir a ) « Nietzsche et le cauchemar éveillé » dans NIETZSCHE ET LE RETOUR DU CAUCHEMAR ÉVEILLÉ | Blog di rivincita sociale ; b ) « Heidegger, la corruption intime de l’âme et du devenir humain » dans HEIDEGGER, LA CORRUPTION INTIME DE L’ÂME ET DU DEVENIR HUMAIN. | Blog di rivincita sociale ; c ) « Machiavelli ou comment « vivere libero » dans un Etat de droit approprié ». 29 déc. 2021, dans Machiavelli ou comment « vivere libero » dans un Etat de droit approprié. 29 déc. 2021. | Blog di rivincita sociale ; et d ) Pour Les Nouvelles lois de Manu » voir la Brève du 25 avril 2022 dans SARS-CoV-2 : BRÈVES/FLASH NEWS/BREVE. | Blog di rivincita sociale Blog di rivincita sociale  (On peut utiliser le cas échéant un traducteur en ligne comme www.deepl.com )

Commenti disabilitati su ECONOMIC CALCULATION, STRUCTURE OF RELATIVE PRICES, EXCHANGE RATES AND IPCC WARMING DISASTER: A short note, Oct. 30, 2023

(Translated with DeepL and edited)

The economy is made up of a set of public and private enterprises and administrations. This interdependent whole is broken down into production functions, which are functionally grouped into sectors, branches and inter-sectoral industries. Every economy grows, shrinks or remains stationary, i.e. it reproduces itself dynamically, either positively or negatively, or it treads water. As all these production functions are interdependent, this implies that this whole must find its mathematical resolution in a precise space, controlled for its interactions with the outside world. This space is that of the Social Formation – SF -, whether national or multinational, which is also the space of the macro-economy and consequently of the State, more or less the guarantor of the general interest, at least according to its class nature. Every production function produces a given quantity of goods or services, which have a unitary production cost and selling price – or exchange value. Given the interdependence of production functions, it is already clear that the exchange value – or price – of goods and services and the structure of relative prices are formed within the given SF. External trade is mediated by external balances, and therefore by the SF exchange rate, which reflects the competitiveness of its social capital.

All production functions have the same structure, involving the same variables: capital – fixed or circulating, materialized in the capital actually used in the production of each product (what Paul Sweezy called “used-up” capital), labor power and profits. The sum of these variables gives the exchange value or market price, which oscillates around it in a competitive regime, or is given ex ante in a scientifically planed regime based on exchange value. However, the relative weight of these variables in the various production functions varies, although the rate of profit remains the same in the given SF. This rate is defined as the ratio of profit to capital employed and to the cost of labor power. Similarly, the equality of this rate – but not of profit volumes, which depend for their part on lower unit prices enabling the conquest of markets – is given ex post in a competitive regime based on the mobility of the factors of production and especially on the mobility of capital, whereas it is given ex ante by scientific planning based directly on exchange value freed from price oscillations.

Bourgeois resolution models for the prices – or exchange values – of these interdependent sets always take a form derived from the quadratic resolution model proposed by Tougan-Baranovsky, whether by the latter himself, or by Léon Walras and his “groping” “market of markets”, or by all the input/output models including Piero Sraffa’s derisory neo-Ricardian matrices.

We’ll see below that simultaneous quadratic solving is based on a set with the same number of functions and unknowns and thus has absolutely nothing to do with solving the economic problem of exchange value – or price. It’s just a game, the worst instance of a Model superimposed on the Reality to be apprehended. Its fatal problem, which is that of bourgeois economics in all its forms, particularly marginalism, consists in reducing the duality of every commodity to a one-dimensional subjective “utility”, whereas every good or service, labor power included, is characterized by its use value apprehended in quantity and by its exchange value apprehended in “monetary” exchange value or price.

However, economic reproduction given by the simultaneous resolution of all production functions must respect both reproduction in quantities and in exchange values or prices. This was Marx’s great scientific discovery in his critical analysis of Sismondi’s annual income, which offered a delimited set allowing diachronic and synchronic comparative analysis, and Quesnay’s Tableau, to name but these two. This leads to Marx’s Equations of Simple Reproduction, which we can immediately compare with Tougan-Baranovsky’s so-called Synthetic Model. Marx’s two Sectors of Production include the entire economic space of the SF, since the Means of Production Sector “Mp” refers to capital “c” in the generic production function, and the Means of Consumption Sector “Cn” refers to labor power “v”. For its part, “pv” is the surplus value or profit corresponding to the surplus labor that the employer pockets. The rate of profit is given by pv/(c+v). We can then imagine all the sub-sectors and branches we want, or even recomposed intersectorally in filières. Simple Reproduction (SR) opens onto the logic of Expanded Reproduction (ER), or dynamic equilibrium, once the Marxist Law of Productivity has been clarified on the basis of Marx, which I alone have accomplished:

Marx’s Model of Simple or Stationary Reproduction is as follows:

Sector I of MP: c1 + v1 + pv1 = Mp (in quantity and exchange value or price)
Sector 2 of Cn: c2 + v2 + pv2 = Cn (idem)

The Equations of Simple Reproduction synthesized by Bukharin on the basis of Book II of Capital are :

Mp = (c1 + c2)
c2 = (v1 + pv1)
Cn = (v1 + pv1 ) + (v2 + pv2)

Here, on the other hand, is Tougan-Baranovsky’s derisory quadratic game – to solve it, he needs the same number of functions and variables, so he invents the Gold Sector in “c3”, which takes the place of the value of labor power…:

c1 + v1 + s1 = c1 + c2 + c3

c2 + v2 + s2 = v1 + v2 + v3

c3 + v3 + s3 = s1 + s2 + s3

Let’s return to the bourgeois epiphenomenal form of the problem, at best. When all the functions of production are left to the “invisible hand”, the resolution of the system, its reproduction, takes place according to the logic of the capitalist acquisitive mentality materializing in the accumulation of individual private capital. No one has to worry about simultaneous reproduction in terms of quantity and price. Corporate reinvestment, and the private bank credit that complements and accelerates it, will inevitably go where immediate profits are greatest. This interplay of the “invisible hand” therefore produces over-investment or expansion in certain sub-sectors and branches, inevitably accompanied by under-investment or contraction in others, thus upsetting the underlying quantity-price equilibrium – over-production/under-consumption. This excess will soon be purged by cyclical crises or Trade Cycles – and therefore by the enormous systemic capitalist waste – which characterize the capitalist mode of production.

But none of this can be grasped within the Supply/Demand schema and its strictly micro-economic equilibria. (For a brief overview of the ex ante/ex post inanity of the S/D scheme, see this .) Even the neo-liberal monetarist theory of Efficient Capital, which claims that all speculation accelerates the mobility of capital, thus bringing the system back to equilibrium more quickly, is blind or, better still, more inept than the marginalism that underpins it. For bourgeois theories, and for all variants of marginalism, any distinction between the real economy and the speculative economy is unknown, because it is totally obscured in its ontological space. Reality inevitably imposes itself on narratives – in this case, those of the “dismal science” – so books on economic history, more “Baconian empirical” to borrow a phrase from the great epistemologist Koyré, have to fill in the gaps left by mainstream economics textbooks, giving us accounts of crises such as those by John Galbraith or Minsky. On the contrary, the scientific basis of Marxism in this field is synthesized by Lenin in the Laws of Motion of Capital, which gives, according to the forms of capital – pre-capitalist merchant, merchant, banking, industrial, financial, internationalization of productive capital and today hegemonic speculative capital – the specific course of cyclical and structural crises, i.e. the concentration/centralization of capital and the overproduction/under-consumption in a given SF.

Like all bourgeois high priests, Keynes was perfectly familiar with Marx’s work, if only through Sraffa. He he tried to save the system it in spite of itself. He therefore retained the set of production functions randomly balanced by the market and by the “market of markets”, while insisting on two corrective elements: 1) the resolution of the set had to respect full employment – in its full-time, full employment version – thus reducing the acuteness of the social and political crises threatening capitalism head-on since the Bolshevik Revolution of 1917 and since the Great Depression triggered in 1929 in the USA ; 2 ) the exogenous rebalancing of the whole by State intervention on the side of Sector I of Mp – public enterprises and public or at least State-controlled credit – and on the side of Sector II of Cn, consequently of the renewal but also of the biological reproduction of the labor force in a household. The advantages of such a rebalancing through planning – whether German capitalist during the Great War or Bolshevik – had been proven. In particular, the German case had shown how planning, controlled by the capitalist ruling class itself, made it possible to eliminate the enormous waste in reproduction caused by private capitalist accumulation, a waste that endangered the security of the State in wartime and ultimately the global position of the national bourgeoisie in the “imperialist sharing of the world” denounced by Lenin.

For Keynes, within the set of interdependent variables, full-time full employment is the determining variable. This over-determines the entire relative price structure. For the Cambridge, UK, economist. a great connoisseur of Paul Lafargue whom he does not quote, this over-determination was bound to lead to the secular decline of the working week, according to the sharing of productivity gains. Without it, the system would be doomed. He therefore envisaged the possibility of his grandchildren living in a society of 15-hour working weeks (see here). Too bad he didn’t know that other great reader of the great Marxist Paul Lafargue, Boris Vian, who already foresaw the 2-hour week and the pianocktail.
The neo-liberal monetarist counter-reform, a Nietzschean philo-Semite one at heart, attacked this socio-economic compromise, which could only ultimately lead to the overcoming of the hegemony of the capitalist market and of the parasitic forces of money. Keynes spoke of the euthanasia of rentiers. The most idiotic of these, the “grandmaster” of them all, was the Austrian-Jewish Fascist Ludwig Mises, advisor to the Austrian Chancellor before the Anchluss, a man who never changed his mind even after fleeing Austria to save his skin. In fact, as a good theocratic racist exclusivist, he was more afraid of the German example of war planning, which proved that the systemic waste of the system could be eliminated, than of the Bolshevik example, which could give rise to mass ideological anti-communist hysteria to counter it. As for the example of German war planning, all that had to be done was to replace the war economy with a socially-oriented peace economy, which in fact was done in the West as early as 1943, out of fear of the Soviet advance after the Victory at Stalingrad.

However, the ideology of the market and its “invisible hand”, determining the merit of each individual according to the prowess of his acquisitive mentality, remains the ultimate refuge of the racist, often theocratic exclusivism of all self-elected superior groups – or “races”. Indeed, as the saying goes, “money calls to money”, which puts Menger’s “life chances” in their true a-democratic light.

Mises’s socio-economic and philo-Semitic Nietzschean eugenics are bluntly expressed in his book Socialism. On p. 475-476, for example, we read – that the public hospital creates disease, which is otherwise merely a holistic question of Will. Ergo, abolish the public hospital – which those in power are now systematically doing – and voilà…! Incidentally, the half-billion Dalit comrades don’t really have the luxury of being ill, having a longevity that fluctuates around 42 years.

After the war, discredited by the people’s thirst for a Welfare State and Social Security guaranteeing the real citizenship of the people as a whole, this neo-liberal monetarist counter-reform with its Chicago School was relegated to the university basements, notably in Chicago with its Hayek, Friedman et al. flanked by second-rate cabalist pseudo-philosophers à la Leo Strauss, inspired by Carl Schmitt. So it had to bide its time until Thatcher took over in the UK, followed by Volcker at the FED (1979) and Reagan as President of the U.S. (1982). (See this) With the dismantling of GATT customs protections, we witnessed the extroversion of the economic multiplier, which allowed some to discredit the domestic social policies – let’s call them Keynesian for short – of the advanced capitalist State.

At its core, therefore, monetarist neoliberal counter-reform is profoundly proto-fascist, with the socially minimalist State expected to eliminate, through its exclusivist narratives and its monopoly of force, all the purported obstacles facing the « market ». This quickly led to the negation of classical liberalism (A. Smith, John-Stuart Mill etc), through the concentration and centralization of global capital in the hands of a few MNCs and then of a few neo-mercantilist transnationals, whose aim was to ensure a “return” to the cruder domination of the exploitation of Man by Man. At the end of the Second World War, marked by the Victory of Stalingrad, despite the cooptation of many Nazi and fascist dignitaries and scientists in the West, priority was given to the New Deal, its trade-union and social counterweights, and the establishment of strategic planning within a mixed society supported by Social Security and public credit. It is worth noting that the latter costs nothing except the costs of its management. In fact, a return to public credit is today’s number-one requirement if we are to eliminate once and for all the philo-Semitic Nietzschean parasites of private finance, particularly global speculative finance.

Between the syncretism of Keynes, who sought to empirically reconcile capitalism, full employment and social security on the basis of better statistical data, and the neoliberal monetarist counter-reform of Mises and the Chicago School, there were what Joan Robinson called the “Keynes bastards”, a group that quickly became predominant in Western, and hence global, academia, including Hicks – who attempted to generalize Marshall’s two-variable system of capital and “wheat” – a catchword substituted for Marx’s concept of “socially necessary labor”, later overshadowed by Sraffa’s “basket of commodities producing commodities” – but Hicks didn’t go beyond three variables in a system of simultaneous resolution that didn’t even take income structure into account, a shortcoming shared with Pigou and Samuelson, among many others.

Robert Solow formulated this “bastard synthesis” in the 1956 essay that won him the Bank of Sweden’s pseudo Nobel Prize: This implied allowing equilibrium to take place at the “physiological threshold”, which is nonsensical hyper-Malthusian nonsense, since the physiological threshold for the workforce is elastic as it depends on civilizational conditions, including the development or absence of trade unions, collective agreements and Social Security, or even mixed planning. We need only add the penalizing externalization of the Keynes-Kahn Multiplier caused by the dismantling of the protective Gatt tariff system and its replacement by global free trade and the WTO’s definition of anti-dumping. As we know, the latter automatically excludes any reference to deferred wages which finance Social Security and to minimum environmental criteria, in order to force a race towards the lowest global bid, focused above all on individual net wages, which are destined to tend towards an ever lower gobal “physiological threshold”. This is what I’ve been denouncing for years as the desire of the monetarist neoliberal ruling classes to impose a “return to the society of the new domesticity and new slavery”, a society in which the Nazi industrialist Schindler is a Just Man and the Jew Stern his master and chief accountant – the Communists who opened the gates of the camps being the designated enemy, Stalin being worse than Hitler…

Let’s remember that in a set of interdependent production functions, the structure of relative prices in a given SF will depend on the organic composition of capital, i.e. the relative weight of capital and labor, the rate of profit remaining the same, in each of them, and that the resolution of the system – quadratic or Marxist – will be over-determined by the weight given to one or more determining variables, for example full employment for the variable labor power … or the artificially high price of energy.

In any economic system, rising productivity will “free up” part of the workforce, so that unless labor-intensive new or intermediate sectors are introduced, recourse to the Reduction of the Work Week will be the order of the day, which basically only socializes and redistributes productivity gains through planning. For Marginalists, full employment – precarious if need be, by dividing a full-time job by 2 or 3 to lower unemployment as defined by the ILO – can only be achieved by removing the obstacles present on the labour market, which amounts to treating human labour power in its liquid form as a factor of production like any other, apprehended solely in money form, a nonsense that dates back to Jean-Baptiste Say reading Ricardo on paper currency and already demonstrated by Marx in his Parisian Manuscripts of 1844.

Before moving on to a succinct analysis of the disaster resulting from the IPCC’s warming nonsense, we need to say a word about the complementary role of macroeconomics and microeconomics. The latter concerns each of the production functions taken separately; as a result of competition, they will seek to be more productive than their competitors, i.e. to produce, in the same working time but with an organic composition deepened by the use of technology and work organization, more identical or highly elastic products, at a proportionally lower unit cost… and with a similarly smaller labor force, estimated in physical workers or working hours, while the real wage of the labor force that remains employed remains identical to what it was before, when measured according to the output of said production function. Measured in relation to overall intersectoral production, the same real wage translated into monetary terms will fluctuate according to the respective productivity: if the productivity of Sector Mp increases, the same real wage will imply more Mp but will buy less Cn than before, at least if the productivity of this latter Sector remains unchanged. (Productivity in Sector I will lower the unit price of Mp, while that of Cn will remain unchanged). We can see that as productivity rises in both sectors, the standard of living of working people will rise, as the “structure of v” becomes more complex. Except that the rise in productivity, which intensifies work for the working people it affects, also “frees up” part of the workforce, i.e. it also creates unemployment – And thus structural inflation, at least if unemployment benefits are financed by additional money issuance rather than organically through social security contributions. (We refer the reader to this and this).

We already know that the space of macroeconomics overlaps with that of Social Formation, where exchange value – and prices – are created, since without this delimitation there can be no mathematical or Marxist resolution. All that would remain would be the super mess of micro without macro, driven by the acquisitive mentality of private capital accumulation, a nonsense worthy of Jean Tirole – but not of his mathematical training. (We know that Tirole, to date, can claim 4 great ideas for 4 great catastrophes, the first of which concerns his apology for financial deregulation as early as 1993 with a Harvard colleague, which through the repeal of the Glass Steagall Act in 1999 led to the subprime crisis of 2007-2008, i.e. the greatest crisis after the Great Depression. You’ve got to earn your Nobel Prize, don’t you? As for the rest, it’s almost enough to look at his titles: single contract leading to the Italian Jobs Act and the Loi Travail, “imperfect competition” self-regulated in favor of the Gafams by the Gafams themselves, the rest being as behavioral and ipcc-ist as one could wish…)

What needs to be added is that, contrary to marginalism and all forms of neoliberalism and monetarism, a well-managed or planned macro-economy is the necessary basis for a flourishing micro-economy : for instance, since goods have to circulate, a universally accessible public transport network is a considerable advantage in terms of production costs and interconnection with consumers; the same goes for the general qualification of the workforce through national public education, or for Social Security, which costs half as much when it’s mutualised and public.

The macroeconomic competitiveness rate is given by the Social Capital production function, which is the sum of Sectors 1 and 2. This rate of macroeconomic competitiveness of the Social Capital of the SFs is the basis of the exchange rate of the national currency, since it allows comparison between SFs of the main economic rates, i.e. the rate of competitiveness – or micro productivity for each production function – given by the essential ratio of the organic composition of capital noted v/C, or C = (c + v), the rate of extraction of surplus value or exploitation noted pv/v and the rate of profit noted pv/(c+v). This is important because no SF can live in autarky, and each must integrate the composition of its external balances into the equations of its national production functions.

Let’s turn now to the economic disaster set in motion by the IPCC and ratified by the Paris Agreement and its aftermath. As for the IPCC’s narrative nonsense demonizing CO2, the volume of which follows climate change rather than precedes it (permafrost, phytoplankton, feedbacks, etc.), and the fact that life on Earth is carbon-based, and other such warming shibboleths, I refer you to the English texts in the “Ecomarxismo” category of my website http://rivincitasociale.altervista.org . Let’s not forget that, since 1979, global warming data have been shamefully falsified, since they are based on satellite measurements taken in the absence of clouds, given that clouds permanently cover half the globe! Or the ppm CO2 measurement taken on Mauna Loa, one of the World’s 16 largest and most active volcanoes: recently, despite the Covid and the economic slowdown, the ppm CO2 has risen, and in fact there was an eruption in December 2022! People are being taken for fools. As far as the Paris Agreement is concerned, I refer you on the same site to this, for the prohibitive rises in commodity prices to this and for ipcc-ist financial speculation to this. On raw materials and metals, including those needed for the “ecological bifurcation”, see for instance the online videos by engineer Aurore Stéphant.

Let’s deal briefly here with the predicted disaster in terms of the relative price structure of the SF, with the induced deterioration of external balances and the explosion of prices, debilitating given as “inflation” requiring restrictive intervention by central banks. France’s current trade deficit, accompanied by the deterioration of its net external position largely due to the price of energy and electricity, is just a foretaste. For Olivier Berruyer’s analysis, see here. (« 200 MILLIARDS DE DÉFICIT : le fiasco du commerce français ! »)

Raw materials and energy as a whole – not just electricity – are important inputs in virtually all production and exchange processes. They affect production costs, and hence selling prices. It is clear from what we have written above that if the prices of these essential inputs are raised arbitrarily, the whole internal price structure will be altered, as will the exchange rate, creating a loop through the deterioration of external balances and the exchange rate. The system will become economically irrational, and will rapidly run its course, both domestically and against its external competitors.

Can we expect to administratively set the prices of these essential inputs, or even of other inputs, or even without taking into account the realities of the micro-economic productivity rate and the macro-economic competitiveness rate? The answer is no. Yet this is exactly what speculative green ecologists do when they set non-economic targets under the guise of ecological externalities that need to be taken into account to avoid catastrophe, the new end-of-the-world invented for the “new pastoral kids led on crusade”. In his latest Report 2024, Zucman proposes nothing less than a « fiscal IPCC » (!) to finance the ecological transition he deems necessary, not from an economic point of view, but according to the priority of decarbonisation sought by the IPCC. (See here the report is available in English.) Let’s also stress that this irrational crusade against CO2 contributes absolutely nothing to preserving the environment or human health. Global competition and trade with partners better managed than our SF, such as China, will soon expose the catastrophe. Pseudo-norms from the IPCC or the EU, such as the carbon tax, will do nothing to change this. All the more so as our markets are mature, while the wealthier middle and working classes continue to grow in China and emerging countries.

Unlike the Montreal Protocol, today it is our major partners and competitors who control both cutting-edge technologies, patents, economies of scale and solvent markets, as well as increasingly global trade standards. In the case of the Montreal Protocol, the U.S. and allied leaders invented the problematic narrative of CFCs being responsible for the hole in the ozone layer. It then became imperative to change all fridges and air conditioners, an operation far more lucrative than simply renewing existing fleets despite their programmed obsolescence. But, of course, Dupont de Nemours had the alternative patents. Today, this is no longer the case for solar energy, wind power, batteries, rare earths and, very soon, microprocessors, which will soon be manufactured on new substrates – wafers – which will enable us to redefine international standards and be well positioned for the Object Internet and 5G. The latter not only concerns the distribution of media content, but above all the staggering amount of data entering the simulations that are now indispensable in all fields and processes of conception, design and manufacturing. Rapid data transfer and processing have become major strategic assets.

Indeed, the example of the single European electricity market, and the suicidal sanctions imposed on Russian oil and gas, are illuminating. They give a good idea of the catastrophic effects to be expected from the ideological war waged against fossil fuels in the name of the fight against CO2, which has no climatic causal effect and is otherwise beneficial to vegetation and crops that store it naturally, whereas the real problem, in terms of environmental protection and human health, concerns above all fine particles – PM 2.5 and PM 10 – and other greenhouse gases.

The single electricity market, which sacrificed France’s advantage with its nuclear fleet, was designed to subsidize the construction of intermittent and totally inefficient renewable solar and wind energies. They were also designed to legitimize the destruction of State-owned companies – EDF/GDF – by offering private individuals paying income tax, which is no longer the case for half of all working people earning too little, to install private solar panels and wind turbines using tax credits. The result was a form of clientelism well in line with the logic of neo-liberal monetarist public policy, based on the philosophy of flat taxes and tax expenditures. Ultimately, the cost of this policy choice is passed on to customers and users.

Add to this the fact that 100% renewable is technically impossible due to the intermittency of sun and wind. This is why the EU decided to create a totally artificial competitive electricity « market ». It forced public producers to sell part of their electricity production, at an administratively fixed price, to distributors who produced not a single kilowatt-hour. Under the Arenh scheme, EDF is obliged to sell part of its production at low cost to its distributor competitors, who do not produce a single kWh!

This irrational drain is doubled by a crony privatization carried out surreptitiously under the guise  of the “fair market price” achieved thanks to this artificially created competition. As if this were not enough, the system reaches the height of its absurdity with the fact that the price of electricity delivery contracts is simply determined by the spot market, particularly that of gas. Since electricity is difficult to store, gas – or coal-fired power plants must be used in extremis to complete a contract, as nuclear power plants cannot be handled so erratically. It is therefore wrong to suggest that prices on these contracts are determined by marginal cost or by the last unit produced, which is Marginalist hogwash; in fact, it is the last power plant called into production to close the contract, which often runs on gas and whose price is determined on the spot market, i.e. at the level that is generally the most expensive.

To add insult to injury, as the polytechnician Gerondeau pointed out, since nuclear power cannot be ramped up quickly in line with fluctuations in demand, and since inefficient renewables have to be subsidized, when electricity from the latter is available – solar or wind peaks – it is used as a priority, reducing production from nuclear power, which nonetheless boasts much lower production costs! And what can we say about the philo-Semite Nietzschean sanctions against Russian oil and gas in favor of American shale oil and gas, which are far more polluting, almost 4 times more expensive and in short supply… as we know, the USA is now preparing to buy Venezuelan oil.

Let’s conclude by recalling that all production and exchange – and consumption – processes involve the use of energy and electricity. The explosion of external deficits in France and other countries testifies to the irrationality of these purely ideological policies based on a-scientific and villainous narratives, aimed at creating a new CO2 original sin against which we can obviously do nothing since life on Earth is carbon-based, other than pay indulgences – green bonds – to the new high priests and “masters of the world”! (Can you here Svetonius laugh?)

Let’s imagine, for the sake of argument, that the SF tries to protect itself by imposing new tariff barriers at the border, barriers that we’d like to be invisible or at least compatible with the free-trade treaties now being imposed on emerging countries, which is the case with the carbon tax and the industrial taxonomy designed to inform decarbonisation … and the allocation of “permits to pollute” now listed on the stock exchange! (In the US this sends one back to Scopes 1, 2, 3.) To have any chance of success in terms of external balances, we need to dominate technologies, standards and norms and raw materials. This is no longer the case, contrary to the illusion created by the Montreal Protocol.

In our economies, which are moreover open to the mobility of global capital – and speculative capital at that – stubbornness in this direction must in practice be paid for by increased wage deflation in the hope of remaining competitive. The wage deflation which has trended to the bottom since Thatcher and Reagan came to power has now reached its socially tolerable limits. The philo-Semite Nietzschean “elites” haven’t yet grasped the full extent of the disaster, as this logic accelerates their headlong rush towards their society of choice, that of the “return to the new domesticity and the new slavery”, all facilitated by the guilt-inducing ipcc-ist green catechism. The Gilets jaunes’ revolt has shown that this choice is based on quicksand, and that recourse to systemic repression, the Nietzschean Hammer, will not suffice to induce the masses to accept their permanent socioeconomic and democratic downgrading, nor to persuade them to give up their mobility like the old peasants attached to the glebe, despite the nonsense about the 15-minute City.

In fact, even an entirely autarkic society could not pretend to artificially manipulate the internal structure of its relative prices, as History, which is always the history of the class struggle, has shown. We can see this today, as soaring energy and commodity prices, combined with the theoretical and reactionary ineptitude of central banks who know nothing about “inflation”, are causing real wages and living standards to plummet. In the long history preceding the capitalist mode of production, usury was religiously condemned and often capped by recourse to the “just price” imposed, if necessary, in an administrative manner (St Thomas the Doctor Summa, etc.), according to the requirements of social peace and the sovereign refusal to tolerate the State within the State represented by the private forces of money (see, for instance, Philippe Le Bel versus the Knights Templar. )

With today’s capitalism, the new administrative prices are, on the contrary, designed to serve financial speculation, now in its green garb. The consequence is that, instead of preserving the minimum standard of living of the popular masses, the logic set in motion aims, on the contrary, to reduce it to the lowest level, “physiological” if you like!!!! Such retrograde steps, imagined by the neo-Nietzschean-Rabbinical « pitres », are no longer in the cards, despite the illusions of “wars against terrorism”, clashes of civilizations, the torture of dissidents under medical control – Israeli style – and new green crusades for neo-pastoral kid crusaders.

Ecomarxist planning is quite different, precisely because it respects the scientific and technical data which, as Pareto himself understood, determine the technical composition of production processes, driven by the quest for the highest productivity, for example, in order to better anchor ideas, by resorting to greater energy intensity, which is more acceptable in environmental and economic terms. However, no more than any other bourgeois economist, Pareto knew how to reconcile technical composition and exchange-value composition. Since my scientific elucidation of the Law of Productivity, duly reinserted in the Equations of Simple and Enlarged Reproduction, this is now possible. All that’s needed, then, is to take Ecomarxist data into account to inform planning, i.e. the allocation of resources available for dynamic reproduction, taking into account above all the social priorities democratically defined by recourse to socialist democracy (see here), i.e. industrial and social democracy rather than political democracy in the bourgeois sense of the term, i.e. limited parliamentary representative democracy with little power over private ownership of the means of production, and therefore over profits and the credit needed for reinvestment.

The theory of Ecomarxism presupposes the resolution of the problem of absolute and differential rent, i.e. the demonstration of the Marxist Law of Productivity, coherently reintegrated into the Equations of Simple and Enlarged Reproduction. I’m the only one to have done this following Marx. The lineaments of Ecomarxism are formulated in the Introduction and in the Appendix of my Livre-Book III, freely accessible here: https://www.la-commune-paraclet.com/Download/

Let’s take a look at a few key points concerning raw materials, including fossil fuels – once we’ve eliminated the IPCC’s ideological nonsense about CO2.

Scientific data is used both in the Dialectics of Nature – use values – and in the Dialectics of History – exchange values (natural or hard sciences and social sciences derived from historical materialism, for simplicity’s sake). Ecomarxist scientific planning uses and sponsors public research into available geological materials and resources. It can therefore have a precise idea of the quantities available and/or producible in relation to the short-, medium- and long-term needs of the Five-Year Plan. As the equations of its production functions, grouped into Sector 1 and Sector 2, are given ex ante in exchange value terms, the structure of relative prices is perfectly controlled. (I refer to my Synopsis of Marxist Political Economy, at the same link) In any case, any changes that do occur can be corrected, with planning easily readjusting itself according to quarterly – and even more frequent – data, thanks to the real-time information that can be made available using scientific statistics, i.e. based on the Equations of ER and its underlying SR. Planning can therefore be easily corrected without major upheavals, as already elaborated in Note 9 of my Book-Book III.

Furthermore, Ecomarxist planning will aim to favor products whose life cycle is better controlled with regard to optimal recycling, both upstream and downstream. For the rest, it will favor mass production with a life cycle of 6 to 7 years whenever the aim is to quickly satisfy real needs as equally as possible. On the contrary, whenever necessary, the renewal of these fleets will encourage high-quality production in short runs, or even better, in artisanal production. Real wealth will accumulate, but without resorting to antique shops reserved exclusively for affluent customers.

When it comes to the availability of raw materials and energy, Ecomarxism advocates protecting existing resources. Where supplies are limited, this will be done by reserving them first and foremost for needs for which no alternatives yet exist. Otherwise, we will aim for natural renewal – e.g. forestry or management of fish shoals at sea, etc. – or artificial renewal – e.g., biofuels, respecting strict agricultural zoning to protect arable land, while favoring dual crops in rotation, such as rapeseed, which simultaneously supplies biofuel and feeds for livestock. Guy Nègre’s compressed-air car plus adjuvants is superior to the electric or hydrogen car in terms of pollution, autonomy and price; moreover, by reserving the production of adjuvants to small farmers, we could save their standard of living while obtaining, in return, the maintenance of the landscape which also favours fire-fighting, for example in mid-hill areas or all those not involving protected arable land.

In all cases, public research will aim to find and design environmentally acceptable and massifiable substitutes.

Such a system is then legible, and its relative price structure can be determined according to the preservation and growth of the population’s quantitative and qualitative material standard of living, while aiming for the most favorable exchange rate. Degrowth is an absurdity induced by Marginalist GDP, now speculative at over 9% directly, so that its growth is combined with the barbaric deflation of wages and household “net global income”. A critique of Marginalist GDP is available here.

In reality, any socially advanced economy – preferably informed by Ecomarxism, which does not boil down to the primitive idea of circularity, which at best only concerns recycling – aims for sustained growth in the standard of living of its citizens, but this growth will mainly be qualitative. In other words, it will be driven by social needs, which, once basic material requirements have been met, will focus on social and human services, as well as leisure and leisure-time activities. To conceive of the overcoming of private capitalist growth, more aptly named private accumulation of capital, it is of course necessary to understand the difference between the capitalist “invisible hand” and scientific socialist planning based on the Equations of SR and ER duly informed by Ecomarxism.

Paul De Marco

Commenti disabilitati su CALCUL ÉCONOMIQUE, STRUCTURE DES PRIX RELATIFS, TAUX DE CHANGE ET DÉSASTRE RÉCHAUFFISTE DU GIEC: Une courte note, 30 Oct. 2023

L’économie est constituée par un ensemble d’entreprises et d’administrations publiques et privées. Cet ensemble interdépendant se décompose en fonctions de production qui se regroupent fonctionnellement en secteurs, branches et en filières intersectorielles. Toute économie croît, décroît ou reste stationnaire c’est-à-dire qu’elle se reproduit de manière dynamique positivement ou négativement ou encore en faisant du surplace. Comme toutes ces fonctions de production sont interdépendantes ceci suppose que cet ensemble doit trouver sa résolution mathématique dans un espace précis, contrôlé pour ses interactions avec l’extérieur. Cet espace c’est celui de la Formation Sociale – FS -, nationale ou multinationale, qui est également l’espace de la macro-économie et par conséquent de l’Etat plus ou moins garant de l’intérêt général, du moins selon sa nature de classe. Toute fonction de production produit une quantité déterminée de biens ou de services qui ont un coût de production et un prix de vente – ou valeur d’échange – unitaire.  Du fait de l’interdépendance des fonctions de production il est déjà évident que la valeur d’échange – ou prix – des biens et services et la structure des prix relatifs se forment dans la FS donnée. Les échanges avec l’extérieur sont médiatisés par les balances externes, partant par le taux de change de la FS qui renvoie au taux de compétitivité de son capital social.   

Toutes les fonctions de production ont la même structure impliquant les mêmes variables, le capital – fixe ou circulant, se matérialisant dans le capital  effectivement utilisé dans la production de chaque produit ce que Paul Sweezy appelait le capital « used-up » – , la force de travail et les profits. L’addition de ces variables donne la valeur d’échange ou les prix du marché qui oscillent autour d’elle dans un régime de concurrence ou bien qui est donnée ex ante dans un régime de planification scientifique fondé sur la valeur d’échange. Cependant le poids relatif de ces variables dans les diverses foncions de production varie quoique le taux de profit reste le même dans la FS donnée. Ce taux est défini comme le rapport du profit sur le capital engagé et sur le coût de la force de travail. Similairement, l’égalité de ce taux – mais pas des volumes de profits qui dépendent pour leur part des prix unitaires plus bas permettant la conquête des marchés – est donnée ex post dans un régime de concurrence reposant sur la mobilité des facteurs de production et tout particulièrement sur la mobilité du capital alors qu’il est donné ex ante par la planification scientifique axée directement sur la valeur d’échange débarrassée des oscillations prix.

Les modèles de résolution bourgeois des prix – ou valeurs d’échanges – de ces ensembles interdépendants prennent toujours une forme dérivée du modèle de résolution quadratique proposé par Tougan-Baranovsky, que ce soit par ce dernier lui-même, ou par Léon Walras et son « tâtonnant » « marché des marchés », ou encore par tous les modèles input/output dont les dérisoires matrices néo-ricardiennes de Piero Sraffa.

Nous verrons plus bas que la résolution simultanée quadratique reposant sur un ensemble proposant le même nombre de fonctions et d’inconnues n’a absolument rien à voir avec la résolution du problème économique de la valeur d’échange – ou prix. Ce n’est qu’un jeu, la pire instance d’un Modèle se superposant à la Réalité à appréhender. Son problème fatal, qui est celui de l’économie bourgeoise sous toutes ses formes, particulièrement du marginalisme, consiste à réduire la dualité de toute marchandise en une « utilité » subjective unidimensionnelle alors que tout bien ou service, force de travail incluse, est caractérisé par sa valeur d’usage appréhendée en quantité et par sa valeur d’échange appréhendée en valeur d’échange « monétaire » ou prix.

Cependant, la reproduction économique donnée par la résolution simultanée de l’ensemble des fonctions de production doit respecter à la fois la reproduction en quantités et en valeurs d’échange ou prix. C’est la grande découverte scientifique de Marx dans son analyse critique de Sismondi –revenu annuel, ou ensemble délimité permettant l’analyse comparative diacronique et synchronique  – et du Tableau de Quesnay, pour ne citer que ces deux-là.  Ceci mènera aux Equations de la Reproduction Simple de Marx que l’on peut immédiatement comparer avec le Modèle dit synthétique de Tougan-Baranovsky.  Les deux Secteurs de production de Marx incluent tout l’espace économique de la FS puisque le Secteur des Moyens de production « Mp » renvoie au capital « c » dans la fonction de production générique et que le Secteur des Moyens de consommation « Cn » renvoie à la force de travail notée « v ». Pour sa part « pv » est la plus-value ou profit qui correspond au surtravail que le patron empoche. Le taux de profit est donné par pv/(c+v). On peut ensuite imaginer tous les sous-secteurs et branches que l’on veut, voire les filières intersectorielles recomposées. La Reproduction Simple (RS) ouvre sur la logique de la Reproduction Elargie (RE), ou équilibre dynamique, une fois clarifiée la Loi de la productivité marxiste sur la base de Marx, ce que je suis le seul à avoir accompli :

Le Modèle de la Reproduction Simple ou stationnaire de Marx est le suivant:

Secteur I des MP : c1 + v1 + pv1 = Mp (en quantité et en valeur d’échange ou prix)

Secteur 2 des Cn : c2 + v2 + pv2 = Cn ( idem)

Les Equations de la Reproduction Simple synthétisées par Boukharine sur la base du Livre II du Capital sont :

Mp = (c1 + c2)

c2 = (v1 + pv1)

Cn = (v1 + pv1 ) + (v2 + pv2)

Voici, par contre, le dérisoire jeu quadratique de Tougan-Baranovsky  – pour le résoudre il lui faut le même nombre de fonctions et de variables aussi invente-t-il le Secteur Or en « c3 », qui prend la place de la valeur de la force de travail …):

c1 + v1 + s1 = c1 + c2 + c3

c2 + v2 + s2 = v1 + v2 + v3

c3 + v3 + s3 = s1 + s2 + s3

Revenons maintenant à la forme au mieux épiphénoménale bourgeoise du problème. Lorsque l’ensemble des fonctions de production est abandonné à la « main invisible », la résolution du système, sa reproduction, se fait selon la logique de la mentalité acquisitive capitaliste se matérialisant dans l’accumulation du capital privé individuel. Personne n’a à se soucier de la reproduction simultanée en quantité et en prix. Les réinvestissements des entreprises et le crédit des banques privées qui les complète et les accélère iront donc fatalement là où les profits immédiats sont plus grands. Ce jeu de la « main invisible » produit donc un surinvestissement ou expansion dans certains sous-secteurs et certaines branches fatalement accompagné par un sous-investissement ou contraction en d’autres, rompant ainsi l’équilibre quantité-prix sous-jacent – surproduction/sous-consommation. Cet excès sera vite purgé par les crises cycliques – et donc par l’énorme gaspillage systémique capitaliste – qui caractérisent le Mode de production capitaliste.

Or, rien de tout ceci n’est appréhendable dans les schémas Offre/Demande et ses équilibres strictement micro-économiques. (Pour un bref aperçu de l’inanité ex ante/ex post du schéma O/D, voir ceci .) Même la théorie néolibérale monétariste de l’Efficient Capital, qui prétend que toute spéculation accélère la mobilité du capital, ce qui reconduirait le système plus rapidement à l’équilibre, est aveugle ou, mieux encore, plus inepte que le marginalisme qui la sous-tend. Pour les théories bourgeoises, et pour toutes les variantes du marginalisme, toute distinction entre économie réelle et économie spéculative est inconnue car totalement occultée dans son espace ontologique. La Réalité s’imposant fatalement aux narrations – ici celles de la « dismal science » – les livres d’histoire économiques, plus « empiriques baconiens » selon l’expression du grand épistémologue Koyré, doivent donc compléter les lacunes des manuels d’économie mainstream, ce qui nous vaut des récits sur les crises à l’instar de ceux de John Galbraith ou encore de Minsky. Au contraire, la base scientifique marxiste en la matière est synthétisée par Lénine dans les Lois de motion du capital, ce qui donne, selon les formes du capital – marchand précapitaliste, marchand, bancaire, industriel, financier, internationalisation du capital productif et aujourd’hui spéculatif hégémonique – le déroulement spécifique des crises conjoncturelles et structurelles, soit la concentration/centralisation du capital et la surproduction/sous-consommation dans une FS donnée.  

Comme tous les grands prêtres bourgeois, Keynes connaissait parfaitement les travaux de Marx, ne serait-ce qu’à travers Sraffa. Il tenta de sauver le système malgré lui en le préservant. Il conserve donc l’ensemble des fonctions de production aléatoirement équilibré par le marché et par le « marché des marchés » tout en insistant sur deux éléments correctifs : 1 ) la résolution de l’ensemble devait respecter le plein-emploi – en son temps, le plein-emploi à plein temps – réduisant ainsi l’acuité des crises sociales et politiques menaçant frontalement le capitalisme depuis la Révolution bolchévique de 1917 et depuis la Grande Dépression déclenchée en 1929 aux USA ; 2 ) le rééquilibrage exogène de l’ensemble par l’intervention de l’Etat du côté du Secteur I des Mp – entreprises publiques et crédit public ou du moins contrôlé par l’Etat – et du côté du Secteur II des Cn, par conséquent du renouvèlement mais aussi de la reproduction biologique de la force de travail dans un ménage. Les avantages d’un tel rééquilibrage par la planification – capitaliste allemande durant la Grande Guerre ou encore bolchévique – avaient fait leurs preuves. En particulier, le cas allemand avait montré comment la planification, contrôlée par la classe dirigeante capitaliste, permettait d’éliminer les gaspillages de la reproduction causés par l’accumulation capitaliste privée, gaspillage mettant en danger la sécurité de l’Etat en temps de guerre et ultimement la place mondiale de la bourgeoise nationale dans « le partage impérialiste du monde » dénoncé par Lénine.    

Pour Keynes, dans l’ensemble de variables interdépendantes, le plein-emploi à temps plein joue le rôle de variable déterminante. Toute la structure des prix relatifs s’en trouve surdéterminée. Pour l’économiste de Cambridge, UK, grand connaisseur de Paul Lafargue qu’il ne cite pas, cette surdétermination devait mener à la baisse séculaire, selon le partage des gains de productivité, de la semaine du travail. Le système étant condamné sans cela. Il envisageait par conséquent la possibilité pour ses grands-enfants de vivre dans une société de RTT à 15 heures semaines. (voir ceci) Dommage qu’il ne connaissait pas cet autre grand lecteur du grand marxiste Paul Lafargue , Boris Vian, qui entrevoyait déjà la semaine de 2 heures et le pianocktail.

La contre-réforme néolibérale monétariste, philo-sémite nietzschéenne à la base, s’en prit à ce compromis socio-économique qui ne pouvait qu’aboutir, à terme, qu’au dépassement de l’hégémonie du marché capitaliste et à celui des forces parasites de l’argent. Le plus débile en la matière, le « grand-maître » de tous les autres, est le juif-autrichien fasciste, conseiller du Chancelier autrichien avant l’Anchluss, Ludwig Mises, un type qui n’a jamais changé d’avis même après sa fuite d’Autriche pour sauver sa peau. En fait, en bon exclusiviste raciste théocratique, il craignait d’avantage l’exemple allemand de la planification de guerre, qui faisait la preuve de l’élimination possible des gaspillages systémiques du système, que l’exemple bolchévique qui pouvait donner lieu à une hystérie idéologique de masse pour le contrer. En ce qui concerne l’exemple de la planification de guerre allemande, il suffisait ensuite de substituer économie de guerre par économie de paix socialement orientée, ce qui fut fait dès 1943 en Occident par peur de l’avance soviétique après la Victoire de Stalingrad. Or, l’idéologie du marché et de sa « main invisible », déterminant le mérite de chacun selon les prouesses de sa mentalité acquisitive, reste le refuge ultime de l’exclusivisme raciste, souvent théocratique, de tous les groupes – ou « races » – supérieurs auto-élus. En effet, comme le dit le proverbe, « l’argent appelle l’argent », ce qui met les « life chances » de Menger dans leur vraie lumière a-démocratique. L’eugénisme socio-économique et philo-sémite nietzschéen de Mises est exprimé sans détour dans son livre Socialism. On y lit par exemple – p 475-476 etc. – que l’hôpital public crée la maladie qui autrement n’est qu’une question holistique de Volonté. Ergo, supprimez l’hôpital public – ce que les dirigeants font désormais systématiquement  – et voilà … ! D’ailleurs le demi-milliard de camarades Dalits n’a pas vraiment le luxe d’être malade, ayant une longévité qui fluctue autour de 42 ans.

Après guerre, discréditée par la soif populaire d’Etat social et de Sécurité Sociale garants de la citoyenneté réelle du peuple dans son ensemble, cette contre-réforme néolibérale monétariste avec son Ecole de Chicago fut reléguée dans les sous-sols universitaires, notamment à Chicago avec ses Hayek, Friedman et al., flanqués par des pseudo-philosophes cabalistes de second ordre à la Léo Strauss, inspirés par Carl Schmitt. Il lui fallut donc attendre son heure jusqu’à l’arrivée aux commandes de Thatcher en GB puis de Volcker à la FED (1979) et de Reagan à la présidence des Etats-unis (1982).(Voir ceci) Avec le démantèlement des protections douanières offertes par le GATT, on assista à l’extroversion du Multiplicateur économique, ce qui autorisa certains à discréditer les politiques sociales, disons keynésiennes pour faire court, de l’Etat capitaliste avancé.

A sa base, la contre-réforme néolibérale monétariste est donc profondément proto-fasciste, l’Etat socialement minimum devant éliminer, par ses narrations exclusivistes et son monopole de la force, tous les obstacles à l’hégémonie du « marché » menant vite à la négation du libéralisme classique de celui-ci par la forte concentration-centralisation du capital global dans les mains de quelques MNCs puis de quelques transnationales néo-mercantilistes qui visent désormais à assurer le « retour » à une domination plus crue de l’exploitation de l’Homme par l’Homme. Au sortir de la Seconde Guerre Mondiale, marquée par la Victoire de Stalingrad, malgré la cooptation de nombre de dignitaires et scientifiques nazis et fascistes en Occident, la priorité alla au New Deal, à ses contrepoids syndicaux et sociaux ainsi qu’à la mise en place de la planification stratégique au sein d’une société mixte appuyée par la Sécurité sociale et par le crédit public qui ne coûte rien sauf les frais de sa gestion. De fait, le retour au crédit public s’impose aujourd’hui comme la première exigence citoyenne pour éliminer définitivement les parasites philo-sémites nietzschéens de la finance privée, en particulier de la finance spéculative globale.     

Entre le syncrétisme de Keynes cherchant à concilier empiriquement sur la base de meilleures données statistiques, capitalisme, plein-emploi et sécurité sociale, et la contre-réforme néolibérale monétariste de Mises et de l’Ecole de Chicago, il y eût ce que Joan Robinson appela les « bâtards de Keynes », un groupe qui devint vite prédominant dans les universités occidentales, partant mondiales, dont Hicks – qui tenta de généraliser le système à deux variables de Marshall, capital et « blé » – mot-valise substitué au concept de « travail socialement nécessaire » de Marx, occulté ensuite par le « panier des marchandises produisant des marchandises de Sraffa -, mais qui n’alla pas au-delà de trois variables dans un système de résolution simultanée ne tenant même pas compte de la structure des revenus, lacune partagée avec Pigou et Samuelson, entre autres.

Robert Solow formula cette « synthèse bâtarde » dans l’essai de 1956 qui lui valut le pseudo prix Nobel de la Banque de Suède : il supprima tout simplement la variable déterminante plein-emploi à temps plein de Keynes pour redonner voix au chapitre au « libre marché » sur le « marché du travail » ; ceci impliquait qu’il fallait laisser l’équilibre se faire au « seuil physiologique », ce qui est une inepte absurdité hyper-malthusienne, le seuil physiologique pour la force de travail dépendant des conditions civilisationnelles dont justement le développement ou l’absence des syndicats, des conventions collectives et de la Sécurité Sociale, voire de la planification mixte. Il suffira par la suite d’ajouter l’externalisation pénalisante du Multiplicateur de Keynes-Kahn causée par le démantèlement du système tarifaire protecteur du Gatt et son remplacement par le libre-échange global et par sa définition de l’anti-dumping à l’OMC. On sait que cette dernière exclut d’office toute référence au salaire différé et aux critères environnementaux minimum, pour forcer une course vers le moins disant global surtout axé sur le seul salaire net individuel voué à tendre vers un « seuil physiologique » toujours plus bas. Ce que je dénonce depuis des années comme volonté des classes dirigeantes néolibérales monétaristes d’imposer un « retour à la société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage », une société où l’industriel nazi Schindler est un Homme juste et le juif Stern son maître et comptable – les communistes qui ouvrirent les portes des camps étant l’ennemi désigné, Staline étant pire qu’Hitler …    

Retenons que dans un ensemble de fonctions de production interdépendantes, la structure des prix relatifs dans une FS donnée dépendra de la composition organique du capital, c’est-à-dire du poids relatif du capital et du travail, le taux de profit restant le même, dans chacune d’entre elles et que la résolution du système – quadratique ou marxiste – sera surdéterminée par le poids accordé à une ou plusieures variables déterminantes, par exemple le plein-emploi pour la variable force de travail … ou le prix artificiellement haut de l’énergie.

Dans tout système économique la hausse de la productivité « libèrera » la force de travail de sorte qu’à défaut de l’introduction de secteurs neufs ou intermédiaires intensifs en travail, le recours à la RTT sera de rigueur, ce qui, au fond, ne fait que socialiser et répartir les gains de productivité grâce à la planification. Pour les marginalistes, le plein-emploi, précaire s’il le faut en divisant un temps-plein par 2 ou 3 pour faire du chiffre chômage selon le BIT, s’obtient uniquement en supprimant les obstacles présents sur le marché du travail, ce qui revient à traiter la force de travail humaine dans sa forme liquide en tant que facteur de production comme un autre, uniquement appréhendé sous forme argent, une ineptie qui remonte à Jean-Baptiste Say lisant Ricardo sur la paper currency et déjà démontée par Marx dans ses Manuscrits parisiens de 1844.       

Avant de passer à une analyse succincte du désastre découlant des inepties réchauffistes du GIEC, il nous faut dire un mot sur le rôle complémentaire de la macro-économie et celui de la micro-économie. Cette dernière concerne chacune des fonctions de production prises séparément ; du fait de la concurrence, elles chercheront à être plus productives que leurs concurrentes, c’est-à-dire à produire, dans le même temps de travail mais avec une composition organique approfondie par le recours à la technologie et à l’organisation du travail, plus de produits identiques ou dotés d’une grande élasticité, à un coût unitaire proportionnellement moindre … et avec une force de travail, estimée en travailleurs physiques ou en heures de travail, similairement moindre, le salaire réel de la force de travail qui demeure employée restant identique à ce qu’il était auparavant en mesurant selon la production de la dite fonction de production. Mesurée par rapport à la production intersectorielle globale, le même salaire réel traduit en terme monétaire fluctuera selon la productivité respective : si la productivité du Secteur Mp augmente, le même salaire réel impliquera plus de Mp mais achètera moins de Cn qu’avant du moins si la productivité de ce Secteur reste inchangée. (La productivité dans le Secteur I fera baisser le prix unitaire des Mp alors que celui des Cn restera inchangé.) On voit qu’au fur et à mesure que la productivité grimpera dans les deux secteurs, le standard de vie des actifs grimpera, la « structure de v » se complexifiant. Sauf que la hausse de productivité qui intensifie le travail pour les actifs qu’elle concerne, « libère » également une partie de la force de travail, c’est-à-dire qu’elle crée aussi du chômage. – et donc de l’inflation structurelle du moins si les allocations chômages sont financées par l’émission supplémentaire de monnaie plutôt qu’organiquement pas les cotisations sociales. (Nous renvoyons à ceci et ceci)     

Nous savons déjà que l’espace de la macro-économie recouvre celui de la Formation Sociale où se crée la valeur d’échange – et les prix – puisque sans cette délimitation il n’y a aucune résolution mathématique ou marxiste possible. Resterait uniquement le super-gâchis de la micro sans macro entraîné par la mentalité acquisitive de l’accumulation privée du capital, une ineptie digne de Jean Tirole – mais pas de sa formation mathématique. (On sait que Tirole c’est, à date, 4 grandes idées pour 4 grandes catastrophes, la première concernant son apologie de la dérégulation financière dès 1993 avec un collègue de Harvard, qui moyennant l’abrogation du Glass Steagall Act en 1999 conduisit à la crise des subprimes de 2007-2008, c’est-à-dire à la plus grande crise après la Grande Dépression. Il faut bien mériter son «prix Nobel », ‘pas? Pour le reste, il suffit presque de regarder ses titres : contrat unique menant au Jobs Act italien et à la Loi travail, « concurrence imparfaite » autorégulée en faveur des Gafam par les Gafam elles-mêmes, le reste étant à l’avenant, comportemental et giéciste à souhait …)

Ce qu’il convient d’ajouter c’est que, contrairement au marginalisme et à toutes les formes de néolibéralisme et de monétarisme, une macro-économie bien gérée ou planifiée est la base nécessaire pour une microéconomie florissante : par exemple, puisque les marchandises doivent circuler, un réseau de transport public universellement accessible constitue un avantage considérable en terme de coût de production et d’interconnexion avec les consommateurs ; il en va de même pour la qualification générale de la force de travail par l’éducation nationale publique ou pour la Sécurité Sociale qui coûte deux fois moins chère lorsqu’elle est mutualisée et publique.

Le taux de compétitivité macro-économique est donné par la fonction de production du capital social qui est la somme des Secteurs 1 et 2. Ce taux de compétitivité macroéconomique du Capital Social des FS est à la base du taux de change de la monnaie nationale puisqu’il permet de comparer entre FS les taux économique principaux, soit le taux de compétitivité – ou de productivité micro pour chaque fonction de production – donnée par le rapport essentiel de la composition organique du capital noté v/C, ou C = (c + v), le taux d’extraction de plus-value ou d’exploitation noté pv/v et le taux de profit noté pv/(c+v). Ceci est important puisque aucune FS ne peut vivre en autarcie, chacune devant intégrer la composition de ses balances externes dans les équations de ses fonctions de production nationales.  

Venons-en maintenant au désastre économique enclenché par le GIEC et entériné par l’Accord de Paris et ses suites. En ce qui concerne les inepties narratives du GIEC diabolisant le CO2 dont le volume suit les changements climatiques et ne les précède pas (permafrost, phytoplankton, rétroactions etc …), et alors que la vie sur Terre est à base carbone, et autres âneries réchauffistes du genre, je renvoie aux textes en français de la Categorie « Ecomarxismo » de mon site http://rivincitasociale.altervista.org. Rappelons pourtant que depuis 1979 les données réchauffistes sont honteusement falsifiées puisqu’elles reposent sur des mesures satellites effectuées en l’absence de nuages, sachant que les nuages couvrent en permanence la moitié du globe ! Ou encore, la mesure en ppm du CO2 est prise sur le Mauna Loa, un des 16 plus grands volcans au monde et un des plus actifs : dernièrement, malgré le Covid et le ralentissement économiste, le ppm CO2 est monté et de fait il y eût une éruption en décembre 2022 ! On prend les gens pour des imbéciles. En ce qui concerne l’Accord de Paris, je renvoie dans le même site à ceci, pour les hausses prohibitives des prix des matières premières ceci et pour la spéculation financière giéciste ceci. Sur les matières premières et les métaux, y compris ceux nécessaires à la « bifurcation », voyez par exemple les vidéos en ligne de l’ingénieure Aurore Stéphant.

Occupons-nous brièvement ici du désastre annoncé en terme de structure des prix relatifs de la FS avec la détérioration induite des balances externes et l’explosion des prix, débilement donnée comme « inflation » nécessitant l’intervention restrictive des banques centrales. Le déficit commercial actuel de la France accompagné par la détérioration de sa position externe nette en grande partie due au prix de l’énergie et de l’électricité, n’est qu’un avant-gout. Pour l’analyse d’Olivier Berruyer, voir ici. (« 200 MILLIARDS DE DÉFICIT : le fiasco du commerce français ! »)

Les matières premières et l’énergie dans son ensemble– et pas uniquement l’électricité – sont des intrants importants dans quasiment tous les processus de production et d’échange. Ils affectent les coûts de production donc les prix de vente. Il est clair d’après ce que nous avons écrit plus haut que si les prix de ces intrants essentiels sont haussés arbitrairement toute la structure interne des prix en sera modifiée de même que le taux de change, ce qui créera une boucle par la détérioration des balances externes et du taux de change. Le système deviendra économiquement irrationnel et courra rapidement à sa perte tant au plan domestique que face à ses concurrents externes.  

Peut-on espérer fixer administrativement les prix de ces intrants essentiels, ou même des autres intrants, ou encore sans tenir compte des réalités du taux de productivité micro-économique et du taux de compétitivité macro-économique ? La réponse est négative. Or, c’est exactement ce que font les écologistes verts spéculatifs lorsqu’ils fixent des objectifs non-économiques sous couvert d’externalités écologiques dont il faudrait tenir compte pour éviter d’aller à la catastrophe, la nouvelle fin du monde inventée pour les « nouveaux pastoureaux menés en croisade ». Dernièrement dans son Rapport 2024, Zucman propose rien de moins qu’un GIEC fiscal ( !) pour financer la transition écologique qu’il estime nécesaire non pas du point de vue économique mais selon la priorité de la décarbonation voulue par le GIEC. (Voir ici) Soulignons aussi que cette croisade irrationnelle contre le CO2 ne contribue absolument rien pour la préservation de  l’environnement ou de la santé humaine. Très rapidement la concurrence globale et les échanges avec des partenaires mieux gérés que nos FS, par exemple la Chine, mettront à nu la catastrophe. Les pseudo-normes du GIEC ou de l’UE, dont la taxe carbone, n’y changeront rien. D’autant plus que nos marchés sont matures alors que les classes moyennes et populaires plus aisées continuent de croître en Chine et dans les pays émergents. 

Contrairement au Protocole de Montréal, aujourd’hui ce sont nos partenaires et concurrents majeurs qui contrôlent à la fois les technologies de pointe, les brevets, les économies d’échelle et les marchés solvables ainsi que de manière croissante les normes commerciales globales. Dans le cas du Protocole de Montréal, les dirigeants américains et alliés inventèrent de toute pièce la problématique narrative des CFCs responsables du Trou dans la couche d’ozone. Il devint alors impératif de changer tous les frigidaires et les climatiseurs, opération bien plus juteuse que le simple renouvèlement des parcs existants malgré leur obsolescence programmée. Mais, évidemment, Dupont de Nemours disposait des brevets alternatifs. Ce n’est plus le cas aujourd’hui ni pour le solaire, ni pour l’éolien, les batteries, les terres rares et très bientôt pour les microprocesseurs qui seront vite fabriqués sur de nouveaux supports – wafers – ce qui permettra de redéfinir les normes internationales et d’être bien placé sur l’Internet Objet et le 5G. Ce dernier ne concerne pas uniquement la distribution de contenus médiatiques mais surtout la quantité faramineuse de données entrant dans les simulations aujourd’hui indispensables dans tous les domaines et les processus de conception, de design et de fabrication. Le transfert et le traitement rapide des données sont devenus des atouts stratégiques majeurs.

De fait, l’exemple du marché unique de l’électricité européen, ainsi que les sanctions suicidaires imposées sur le pétrole et le gaz russes, sont très éclairants. Ils donnent un bel aperçu des effets catastrophiques à attendre de la guerre idéologique menée contre les sources d’énergie fossiles au nom de la lutte contre le CO2, sans effet causal climatique et par ailleurs bénéfique à la végétation et aux cultures qui le stockent naturellement, alors que le problème réel, en terme de protection de l’environnement et de santé humaine, concerne surtout les particules fines – PM 2.5 et PM 10 – et les autres gaz à effets de serre.

Le marché unique de l’électricité, qui sacrifia l’avantage dont disposait la France avec son parc nucléaire, fut imaginé pour subventionner la construction des énergies renouvelables solaires et éoliennes intermittentes et totalement inefficaces. Elles furent également conçues pour légitimer la destruction des entreprises publiques – EDF/GDF – en proposant aux particuliers payant l’impôt sur le revenu, ce qui n’est plus le cas pour la moitié des travailleurs gagnant trop peu, d’installer panneaux solaires et éoliennes privés en recourant à des crédits d’impôts. Ceci créa un clientélisme bien en phase avec la logique de la public policy néolibérale monétariste axée sur la philosophie de la flat tax et sur les tax expenditures. En définitive le coût de ce choix politique est reporté sur les factures des clients et des usagers.

Ajoutez que le 100% renouvelables est techniquement impossible du fait de l’intermittence –soleil et vents. C’est pourquoi l’UE décida de créer un marché concurrentiel totalement artificiel de l’électricité. Elle força les producteurs publics à ventre une partie de leur production électrique, à un prix fixé administrativement, à des distributeurs ne produisant pas le moindre kilowattheure. Dans le cadre de l’Arenh, EDF est obligé de vendre une partie de sa production à bas coût à ses concurrents distributeurs qui ne produisent pas le moindre kWh !!!

Cette  ponction irrationnelle est doublée par une privatisation clientéliste et crapuleuse opérée par la bande en prétextant le « juste prix du marché » atteint grâce à cette concurrence artificiellement créée. Comme si ceci ne suffisait pas, ce système atteint le paroxysme de son absurdité par le fait que le prix des contrats de livraison électriques est tout bonnement déterminé par le spot market tout particulièrement celui du gaz. En effet, le courant électrique se stockant mal, pour boucler un contrat il faut donc recourir in extremis à des centrales au gaz ou au charbon, le nucléaire ne pouvant pas être manipulé de faҫon aussi erratique. Il est par conséquent faux de faire croire que les prix sur ces contrats sont déterminés par le coût marginal ou la dernière unité produite, une foutaise marginaliste ; en fait, il s’agit bien de la dernière centrale appelée à la production pour boucler le contrat, qui fonctionne souvent au gaz et dont le prix est déterminé sur le spot market, soit au niveau généralement le plus cher.

Pour comble, comme le fit remarquer le polytechnicien Gerondeau, le nucléaire ne pouvant pas monter en puissance rapidement selon les fluctuations de la demande et comme il faut subventionner les renouvelables inefficaces, lorsque l’électricité de ces dernières est disponible – pics solaires ou éoliens – on l’utilise en priorité en réduisant la production du nucléaire qui exhibe pourtant un coût de production nettement plus bas ! Et que dire des sanctions philosémites nietzschéennes contre le pétrole et le gaz russes en faveur du pétrole et du gaz de schiste américains, beaucoup plus polluants, près de 4 fois plus chers et dont les quantités ne sont pas suffisantes à brève échéance … aujourd’hui les USA se préparent d’ailleurs à acheter du pétrole vénézuélien.

Concluons ceci en rappelant que tous les processus de production et d’échange – et de consommation – impliquent le recours à l’énergie et à l’électricité. L’explosion des déficits externes en France et en d’autres pays témoigne de l’irrationalité de ces politiques purement idéologiques fondées sur des narrations a-scientifiques et crapuleuses, visant à créer un nouveau péché originel CO2 contre lequel on ne peut évidement rien puisque la vie sur terre est à base carbone, sinon payer des indulgences – green bonds – aux nouveaux grands prêtres et « maîtres du monde »!

Imaginons, pour fixer les idées, que la FS tente de se protéger en imposant des barrières tarifaires nouvelles à la frontière, barrières que l’on voudrait invisibles ou en tout cas compatibles avec les traités de libre-échange aujourd’hui imposés aux pays émergents, ce qui est le cas de la taxe carbone et de la taxonomie industrielle devant informer la décarbonation … et l’attribution des « permis à poolluer » aujourd’hui cotés en bourse! Pour avoir une chance de réussite en terme de balances externes il faudrait dominer les technologies, les normes  et les matières premières. Or ce n’est plus le cas contrairement à l’illusion créée par le Protocole de Montréal. Dans nos économies, par ailleurs ouvertes à la mobilité du capital global, qui plus est spéculatif, l’obstination dans cette voie doit concrètement se payer par une déflation salariale accrue dans l’espoir de demeurer compétitif. Ce qui est perdu d’avance, cette déflation salariale qui sévit en effet déjà depuis l’arrivée au pouvoir de Thatcher et de Reagan ayant aujourd’hui atteint ses limites socialement tolérables. Les « élites » philosémites nietzschéennes n’ont pas encore pris la mesure du désastre puisque cette logique accélère la fuite en avant vers leur société de choix, celle du « retour à la nouvelle domesticité et au nouvel esclavage », le tout facilité par le catéchisme vert giéciste culpabilisant. La révolte des Gilets jaunes a montré que ce choix ne repose sur rien et que le recours à la répression systémique, le Marteau nietzschéen, ne suffira pas pour induire les masses à accepter leur déclassement socioéconomique et démocratique permanent, ni à les persuader de renoncer à leur mobilité à l’instar des anciens paysans attachés à la glèbe, malgré les balivernes sur la Ville à 15 minutes.

De fait, même une société entièrement autarcique ne pourrait pas prétendre manipuler artificiellement la structure interne de ses prix relatifs, c’est ce que montre l’Histoire qui est toujours l’histoire de la lutte des classes. On le constate aujourd’hui puisque l’envolée des prix de l’énergie et des matières premières, ajoutée à l’ineptie théorique et réactionnaire des banques centrales qui ne savent rien des « inflations », cause la descente en enfer des salaires réels et du standard de vie des populations. Dans la longue histoire précédant le mode de production capitaliste sévissait la condamnation de l’usure, qui était religieusement vouée aux fagots et qui était souvent plafonnée par le recours au « juste prix » imposé au besoin de manière administrative (le Docteur Somme, etc), selon les exigences de la paix sociale et selon le refus souverain de tolérer l’Etat dans l’Etat représenté par les forces privées de l’argent (voir, par exemple, Philippe Le Bel versus les Templiers.) Avec le capitalisme actuel, les nouveaux prix administratifs sont au contraire imaginés pour servir la spéculation financière, aujourd’hui sous ses oripeaux verts. La conséquence est qu’au lieu de préserver le niveau de vie minimum des masses populaires, la logique mise en mouvement vise au contraire à le réduire au niveau le plus bas, « physiologique » si l’on veut !!! De tels retours en arrière, imaginés par les néo-nietzschéens–rabbiniques, ne sont plus dans les cartes, malgré les illusions des « guerres contre le terrorisme », des chocs de civilisations, de la torture des dissidents sous contrôle médical – à l’israélienne –  et des nouvelles croisades vertes pour néo-pastoureaux.

Il en va tout différemment pour la planification écomarxiste justement parce qu’elle respecte les données scientifiques et techniques qui, ainsi que Pareto l’avait lui-même compris, déterminent la composition technique des procès de production tirée par la recherche de la productivité la plus grande, par exemple, pour mieux ancrer les idées, en recourant à une plus grande intensité énergétique, plus acceptable en termes environnementaux et économiques. Pas plus qu’aucun autre économiste bourgeois, Pareto ne savait concilier la composition technique et la composition valeur d’échange. Depuis mon élucidation de la Loi de la productivité, dûment réinsérée dans les Equations de la Reproduction Simple et Elargie, ceci est désormais possible. Il suffit alors de tenir compte des données de l’écomarxisme pour informer la planification, à savoir l’allocation des ressources disponibles pour la reproduction dynamique en tenant compte des priorités avant tout sociales définies démocratiquement par le recours à la démocratie socialiste (voir ici), donc industrielle et sociale plus encore que politique au sens bourgeois du terme, c’est-à-dire une simple démocratie représentative parlementaire limitée n’ayant que peu de pouvoir sur la propriété privée des moyens de production, donc sur les profits et le crédit nécessaire pour les réinvestissements.

La théorie de l’écomarxisme suppose la résolution du problème de la rente absolue et de la rente différentielle, donc en définitive la démonstration de la Loi marxiste de la productivité réintégrée de manière cohérente dans les Equations de la Reproduction Simple et Elargie. Je suis le seul à l’avoir fait en suivant Marx. Les linéaments de l’écomarxisme sont formulés dans mon l’Introduction et dans l’Annexe de mon Livre-Book III librement accessible ici : https://www.la-commune-paraclet.com/Download/ 

Voyons-en quelques points essentiels concernant les matières premières, dont les ressources fossiles – une fois éliminées les absurdités idéologiques narratives du GIEC sur le CO2. On fait appel ici aux données scientifiques dans le domaine de la Dialectique de la Nature – valeurs d’usage – que dans la Dialectique de l’Histoire – valeurs d’échange. (sciences naturelles ou dures et sciences sociales découlant du matérialisme historique, pour simplifier.) La planification scientifique écomarxiste utilise et sponsorise la recherche publique sur les matériaux et les ressources géologiques disponibles. Elle peut donc avoir une idée précise des quantités disponibles et/ou productibles en regard des besoins à court, moyen et long termes du Plan quinquennal. Comme les équations de ses fonctions de production regroupées en Secteur 1 et Secteur 2 sont données ex ante en valeur, la structure des prix relatifs est parfaitement contrôlée. (Je renvoie à mon Précis d’Economie Politique Marxiste, au même lien) En tout état de cause, les modifications qui surviendraient sont passibles d’être corrigées, la planification réajustant aisément le tir selon les données trimestrielles – et mêmes plus fréquentes grâce aux informations en temps réel pouvant être disponibles en recourant à des statistiques scientifiques, c’est-à-dire fondées sur les Equations de la RE et de la RS sous-jacente. La planification peut donc facilement se corriger sans grands chamboulements, tel que déjà élaboré dans la Note 9 de mon Livre-Book III.

En outre, la planification écomarxiste visera à favoriser des produits dont le cycle de vie est mieux contrôlé en regard d’un recyclage optimal, tant en amont qu’en aval. Pour le reste, elle favorisera la production de masse avec un cycle de vie de 6 à 7 ans chaque fois qu’il s’agira de satisfaire le plus égalitairement possible des besoins réels. Au contraire, le renouvèlement de ces parcs favorisera, chaque fois que cela sera nécessaire, la production de haute qualité en short runs ou mieux encore en productions artisanales. La vraie richesse s’accumulera mais sans recours à des antiquaires uniquement réservés à des clientèles nanties.

En ce qui concerne la disponibilité des matières premières et de l’énergie, l’écomarxisme préconisera la prise en compte de la protection des ressources existantes. Lorsque les disponibilités sont limitées, ceci se fera en les réservant prioritairement aux les besoins pour lesquels il n’existe pas encore d’alternatives. Autrement, on visera le renouvèlement naturel – ex forêt ou gestion des bancs de poissons en mer etc. – ou le renouvèlement artificiel – par ex., les biofuels en respectant un strict zonage agricole pour protéger les terres arables tout en favorisant les cultures duales par rotations, tel le colza qui fournit simultanément du biofuel et des tourteaux pour le bétail. En l’occurrence, la voiture à air comprimé plus adjuvant de Guy Nègre est supérieure à la voiture électrique ou à hydrogène en terme de pollution, d’autonomie et de prix; en outre, en réservant la production des adjuvants aux petits agriculteurs nous pourrions sauver leur standard de vie tout en obtenant, en retour, le maintien du paysage favorisant aussi la lutte contre les incendies, par exemple dans les zones à mi-collines ou toutes celles ne mettant pas en cause des terres arables protégées.      

Dans tous les cas, la recherche publique visera à trouver et à concevoir des substituts massifiables environnementalement acceptables.  

Un tel système est alors lisible et sa structure des prix relatifs peut être déterminée en fonction de la préservation et de l’accroissement du niveau de vie matériel quantitatif et qualitatif de la population, tout en visant le taux de change le plus favorable. La décroissance est une absurdité induite par le PIB marginaliste aujourd’hui spéculatif à plus de 9 % directement, de sorte que sa croissance se conjugue avec la déflation barbare des salaires et du « revenu global net » des ménages. La critique du PIB marginaliste est disponible ici.   

En réalité, toute économie socialement avancée, préférablement informée par l’écomarxisme qui ne se résume pas à l’idée primitive de la circularité qui ne concerne, au mieux, que le recyclage, vise une croissance soutenue du standard de vie de ses citoyens, mais cette croissance sera qualitative. En clair, elle sera orientée par les besoins sociaux, qui, une fois les besoins matériels de base garantis, concernera surtout les services sociaux et  humains ainsi que les loisirs et les occupations durant le temps libre. Pour concevoir le dépassement de la croissance capitaliste privée, plus justement nommée accumulation privée du capital, il faut bien entendu comprendre la différence entre la « main invisible » capitaliste et la planification scientifique socialiste fondée sur les Equations de la RS et de la RE dûment informées par l’écomarxisme.

Paul De Marco

Commenti disabilitati su LE GIEC FISCAL DE DANIEL ZUCMAN CONTRE LA SOUVERAINETÉ NATIONALE ET LA PROGRESSIVITÉ FISCALE, 26 oct. 2023 (1/3)

(Première partie de trois.

Pour le Global Tax Evasion Report 2024, ainsi que pour l’Executif summary, voir :  https://www.taxobservatory.eu/fr/publication/global-tax-evasion-report-2024/ . Dans la Section » A propos » apparaissent les sources de financement.

On pourra également visionner cette vidéo qui annonça la parution du Rapport : https://www.youtube.com/watch?v=psnX-0ifcuw … en tenant compte de cet article …)

1/3 ) Mise en perspective

En 2013 Zucman cité par Piketty (2013, p 746) fit une découverte : comme les balances des paiements des pays riches et des pays pauvres étaient simultanément négatives, chose impossible puisque nous sommes dans un cadre à somme nulle, ou bien la Planète était possédée par Mars (p 746 et 842) ou bien l’écart pointait au rôle joué par les paradis fiscaux et par l’évasion fiscale. Une candeur assez éloignée des connaissances générales ou encore de l’embargo imposé le 13 octobre 1962 par le Général de Gaulle à Monaco jusqu’à la conclusion d’un accord mutuellement acceptable. Le 15 août 1971 confrontés à un double déficit des balances externes, Nixon et Connally mirent fin de facto au Régime de Bretton Woods en supprimant la convertibilité de l’USD en Or et en imposant une surtaxe à l’importation sans prendre la peine d’informer leurs partenaires commerciaux au préalable. Outre le Trésor américain les divers départements académiques mainstream prirent enfin conscience de l’impact fiscal de l’internationalisation du capital productif par le biais des MNCs. Raymond Vernon de la Harvard Business School publia son fameux livre Sovereignty at bay à l’automne 1971. En appréhendant l’évitement fiscal des MNCs, il concluait que l’on pouvait reconnaître une entreprise florissante à la valeur de son bureau de comptables. À part beaucoup de discours lénifiants, rien ne fut fait jusqu’en 2017 lorsque les USA s’en prirent au secret bancaire et en 2021 lorsque 140 pays adoptèrent le principe d’une taxe minimale de 15 % sur le capital multinational et transnational.    

Dans son Rapport 2024, l’observatoire européen de la fiscalité constatait de nouveau que quelque 10 % en équivalent du PIB global en avoirs financiers échappent à l’impôt au niveau international sous forme d’évasion ou d’évitement fiscal. Ceci est très sous-estimé puisqu’avant la crise des subprimes de 2007-2008 selon la BRI les avoirs financiers avoisinaient 15 trillions pour 58 trillions de CDS et 596 trillions de OTC, voir : http://www.bis.org/publ/otc_hy0805.pdf?noframes=1 , 2007. Piketty passe également ceci sous silence, ou plutôt il renvoie le tout à une petite note en base de page, bien enfouie à la page 306, lorsqu’il s’aperçoit que tenir compte de ces faits invaliderait sa puérile reprise du caractère pérenne (p 583), donc inévitable, en tous temps et en tous lieux, de l’inégalité sociale selon Pareto. Il tenait au contraire à mettre en scène un ratio immuable ( !) de 6 ou 8 pour 1 alors qu’il s’établirait plutôt à 20 ou 30 pour 1 en tenant compte des dérivés financiers et de la spéculation globale. Il prend  le soin de dire que l’URSS ne fait pas partie de sa démonstration sur l’immuabilité de cette « loi » (p 405, note 3). (Pour ma critique à Piketty voir les articles ici : https://www.la-commune-paraclet.com/Book%20ReviewsFrame1Source1.htm )

Puisque les budgets néolibéraux monétaristes sont axés sur la philosophie de la flat tax et des tax expenditures, ils sont maintenus en permanence au bord du gouffre, justifiant ainsi la poursuite de l’austérité. Entretemps, les inégalités sociales explosent à des niveaux inconnus depuis la Grande Dépression de sorte que les citoyennes et les citoyens y sont de plus en plus sensibles. Ceci est particulièrement vrai pour les inégalités fiscales qui atteignent des niveaux inconnus jusqu’alors. Leur réprobation s’accroît à mesure qu’ils apprennent dans les médias que les milliardaires en France et aux USA paient respectivement 0 % et 0.5 % d’impôt sur le revenu, c’est-à-dire beaucoup moins que le plus simple smicard. Le jeu de tous les servi in camera consiste donc à éliminer préventivement tout surplus budgétaire potentiel par le biais de nouvelles dépenses fiscales, exonérations, crédits d’impôt  et aides diverses, dont les sauvetages – bailouts – en faveur du capital, en prétextant, bien entendu, de  la nécessité de rester compétitif au niveau global. Pour faire passer la pilule on prétendra alors vouloir taxer les « riches » mais à minima, sans taux « confiscatoires » afin de grappiller une petite poignée de milliards. On pourra feindre ainsi respecter l’équilibre budgétaire tout en s’en tenant scrupuleusement aux données de la public policy – l’Etat (social ) minimum –  et aux critères, aussi irréalistes qu’a-sociaux, du Sentier de consolidation fiscal européen, ou Fiscal Compact.

Sur cette lancée, on propose d’aller chercher quelque 250 milliards plus ou moins au niveau global soit en faisant respecter la taxe internationale minimum de 15 % approuvée par 140 pays en 2021 soit en élevant ce taux à 25 %.  Cette mesure est faite pour amuser la galerie, elle s’avère être une vraie passoire puisqu’elle autorise d’abaisser ce taux en tenant compte a ) de l’abaissement possible pour la substance économique, b ) de l’exemption des profits domestiques des firmes américaines, les USA n’ayant pas signé l’accord, comme d’habitude ; c ) les traitements préférentiels pour les crédits non remboursables ( ce qui s’étend désormais aux crédits verts), se reporter ici à la Figure 3 du Executif summary. En se concentrant sur les avoirs financiers on évite soigneusement de mentionner la Taxe Tobin nuisible au capital spéculatif ( que Tobin avait d’ailleurs désavouée avant son décès.) et surtout l’impôt progressif. Ce dernier est simple et efficace et nous épargne les discours sur les prélèvements transitoires sur les “surprofits” indéfinissables.

On comprend rapidement à la lecture de ce Rapport de l’Observatoire  européen de la fiscalité, organisme qui prétend être « indépendant » – c-à-d, en fait, des Etats démocratiques et souverains –  que cette proposition reprend celle déjà exposée par Piketty dans son livre de 2013. Pour ce dernier il s’agissait tout bonnement d’inventer une utopie fiscale susceptible de sauver le capitalisme globalisé (p 836). Zucman ajoute la dimension narrative a-scientifique de la décarbonation. On apprend ainsi que les considérables crédits d’impôts induits par l’IRA aux USA, dans le cadre de politiques qui seront nécessairement émulées par l’UE, avoisinent une somme équivalente aux recettes potentielles de cette taxe minimum globale de 15 %. Ce qui ne semble pas probable pour chaque pays pris séparément ainsi que le montre la distribution différentielle par zones à la Figure 2.3 du Rapport 2024. La méthodologie de Zucman par ailleurs très satisfait de son « modèle » est souvent à l’emporte-pièce. Avec des budgets sur la lame de rasoir, il devient impératif de  trouver d’urgence de nouvelles recettes fiscales, pour éviter un endettement vert insoutenable et toute exigence écologiste militante exigeant de taxer les transnationales et les riches pour assurer la « bifurcation » selon le catéchisme frauduleux du GIEC. (Je renvoie aux textes en français disponibles dans la Categoria Ecomarxismo de mon site http://rivincitasociale.altervista.org )

C’est pourquoi  Zucman propose l’institution d’un GIEC fiscal capable d’imposer globalement cette nouvelle narration dûment accompagnée par sa discipline néolibérale monétariste a-patride.

Le non-dit de ce discours fut pourtant révélé par Piketty lui-même dans son livre de 2013, chapitre 15,  lorsqu’il avouait que cette « innovation » fiscale pouvait sembler quelque peu « utopique » tout en étant néanmoins nécessaire pour permettre de conserver l’ouverture du monde aux MNCs et aux firmes transnationales, pour protéger la globalisation (p837) et éviter « l’apocalypse » au système capitaliste. Keynes pour sa part dénonçait surtout les “esprits animaux” du système capitaliste et ” le vieil Adam en nous” (ici) En fait cela revient à trouver un moyen de légitimation capable de soumettre la souveraineté fiscale des Etats souverains à la domination sans partage de la « gouvernance globale privée. » Les épigones de cette dernière avaient d’ailleurs sonné le glas des Etats-nations en faveur de l’Hégémon impérial et de son soft power accompagné par sa Doctrine de la guerre préventive et ses regime changes.  Ce serait alors le triomphe à la Pyrrhus de la micro-économie de Tirole et Cie sur la macro-économie. Le désastre est assuré. Il est d’ailleurs en cours. Logiquement parlant il ne peut pas y avoir de microéconomie sans la référence au cadre macroéconomique, l’équilibre de l’Offre et de la Demande sans référence aux données de l’équilibre général, « le marché des marchés » de Léon Walras, sombrant fatalement sur l’écueil de la logique ex ante/ex post. (voir ceci) Au demeurant, l’Etat social a prouvé que la macroéconomie, qui est censée assurer les infrastructures publiques et les services sociaux publics, constitue la base sur laquelle est érigée la productivité micro-économique et le standard de vie des citoyens. Notons entre parenthèses que le moindre fief féodal était considéré tel lorsque son seigneur souverain battait monnaie et présidait les lits de justice.  La régression voulue par les néo-exclusivistes doit donc être appréhendée dans toute son horreur historique et régressive. L’Etat-nation, berceau de la démocratie citoyenne, doit disparaître pour laisser la place à celle des (gros ) actionnaires, maîtres de la « gouvernance globale privée ».

Les alternatives constitutionnellement fondées, équitables, simples d’application et socio-économiquement efficaces sont tout simplement ignorées. Ce genre d’innovation, et de proposition à première vue progressistes, ne sont que des pièges mentaux dans lesquels enfermer les citoyens et les académiques mal formés, en gros la grande majorité d’entre-eux. Ce sont des narrations visant à établir un nouveau « sens commun » pour les masses populaires ainsi que le dit la Fondation Hewlett qui contribue au financement cet Observatoire. Par exemple, le principe découlant de la souveraineté fiscale des Etats selon lequel les profits – et les revenus – sont en général, sauf accord préalable entre Etats, taxés là où ils sont produits.

Notons que le recours à une nouvelle définition de l’anti-dumping capable de protéger les 3 composants du « revenu global net » des ménages – voir plus bas – permettrait de protéger la souveraineté étatique sans nuire à l’harmonisation fiscale au sein de l’UE, voire de l’OCDE ou de l’OMC pour autant que la règle du droit de retrait – opting out – soit respectée. Ce qui déclencherait une émulation des meilleurs choix socio-économiques à travers la sanction électorale s’opérant aux différents niveaux. Ce serait éminemment le cas au sein de l’UE moyennant une démocratisation de ses instances centrales. Voir l’essai Europe des nations, Europe sociale et Constitution, 14 janvier 2004 dans https://www.la-commune-paraclet.com/EPIFrame1Source1.htm#epi

Nous verrons qu’il est inexact de prétendre que que les firmes financières et industrielles transnationales fuient les pays qui appliquent un tel régime. Les avantages macroéconomiques structurels – infrastructures et services sociaux publics qui impactent les coûts de production – surcompensent ses désagréments en permettant une productivité microéconomique supérieure et un marché hautement solvable moins sujet à la pauvreté et aux crises cycliques profondes. Aucune firme ne met en danger ses marchés les plus lucratifs. La plus grande part des investissements directs vont d’ailleurs toujours dans les pays développés. En outre, les Etats souverains ne sont pas aussi vulnérables et démunis qu’on voudrait le faire croire. Du moins, s’ils n’ont pas renoncés entièrement à une portion de crédit public et à la planification, au minimum stratégique, de l’économie mixte. Ceci est particulièrement le cas aujourd’hui dans le cadre de l’émergence du Nouveau Monde Multilatéral et des possibilités qu’il ouvre pour les joint-ventures publiques.(voir ceci) Leur immense potentiel peut être illustré en pensant aux exploits des « coopérations renforcées » publiques en Europe qui portèrent à Euratom, Airbus et ainsi de suite avant leur désastreux transfert au secteur privé.

Il est abusif et tendancieux de concentrer le débat fiscal sur un impôt à minima sur les « riches » – on propose d’ailleurs 2 % au maximum ! – ou sur les firmes multinationales – 15 % avec moins de possibilité d’évasion ou 25 % – alors que l’enjeu reste la réhabilitation de la fiscalité progressive inscrite dans nos Constitutions. Ceci concerne particulièrement les trois composants du « revenu global net » des ménages ainsi que les circuits vertueux du capital qu’ils induisent, soit le salaire individuel, qui inclut non pas les primes mais surtout le partage des gains de productivité et des profits, le salaire différé – ou cotisations sociales – qui finance la Sécurité Sociale, et la part des impôts et des taxes qui revient aux ménages sous forme d’accès universel garanti et public aux infrastructures et aux services publics.

 Il importe de remarquer que le capitalisme libéral classique ne connaissait que le salaire individuel – pour de très longues heures de travail qui impliquaient tous les membres valides de la famille. La Grande Dépression et la peur salutaire instillée par l’URSS qui avait déjà fait bouger les lignes avec la constitution du modèle tripartite au sein de l’Organisation Internationale du Travail créée par le Traité de Versailles en 1919, fit vite comprendre que le travailleur devait également se reproduire en tant que membre d’une espèce à reproduction sexuée au sein d’un ménage et que ses périodes d’inactivité – chômage, maladie, vieillesse etc. – ne relevaient pas de sa propre volonté mais de données structurelles capitalistes ou biologiques. Beveridge, puis l’ONU mis en place après la Seconde Guerre Mondiale, se mirent à penser les droits sociaux fondamentaux dûment entérinés dans les Constitutions issues de la Résistance et dans la Déclaration Universelle des Droits Fondamentaux Individuels et Sociaux de 1948. En outre, le « revenu global net » des ménages, qui émergea de cette avancée scientifique de la discipline économique, reconnaissait la primauté d’une macroéconomie florissante, ne serait que pour assurer un plus grand multiplicateur économique structurellement consolidé, par exemple dans les travaux des keynésiens d’origine ou ceux des économistes de la régulation du capital. A l’inverse, ceux qui, à l’instar de Piketty et de Zucman, nous proposent les narrations démagogiques et mal ficelées sur les impôts minimum globaux sur le capital font consciencieusement l’impasse sur le démantèlent de l’Etat social et de ses droits sociaux qui reposaient justement sur la structure du « revenu global net » des ménages par ailleurs entérinée par la Constitution et par la Déclaration Universelle des Droits Sociaux et Individuels Fondamentaux de1948. D’ailleurs, dans la foulée de la logique marginaliste constitutive du PIB bourgeois (ici), il faut tenir compte du fait que la focalisation sur les seuls avoirs financiers exclut d’office les gigantesques circuits du capital spéculatif, CDS, OTC, etc., et de la banque de l’ombre.

On remarquera que l’Époque de redistribution du capital spéculatif hégémonique atteint la fin de son cycle. Ceci se traduit pas la déconnection finale en cours du capital productif et de l’économie réelle d’avec le capital spéculatif court-termiste, bien que ce dernier continuât  à phagocyter l’économie réelle. Les USA ne peuvent plus financer l’IRA par le capital financier : L’Etat néolibéral monétariste est donc paradoxalement obligé d’intervenir pour assurer ces investissements à long terme, mais, bien entendu, il le fait au service du capital privé ; de même pour le Science and Chips Act financé organiquement – donc sans inflation – par un prélèvement de 1% sur les faramineux buybacks mensuels, pourcentage que le Président Biden voulait hausser à 4 %.

Il est tout à fait possible de restituer à l’Etat les moyens fiscaux nécessaires à son intervention régulatrice dans l’économie nationale. Ceci peut se faire en réhabilitant le salaire individuel par le plein-emploi à plein-temps (RTT, partage des gains de productivité etc.), ainsi que le salaire différé (soit la restitution aux travailleurs et à la Sécurité Sociale des 98-100 milliards d’euros d’exonérations octroyés au  patronat sans aucune contrepartie pour les travailleurs sauf la précarité croissante et les réformes réactionnaires du Système social ( retraite, assurance-chômage, RSA, etc.) tout en initiant une marche arrière initialement prudente sur les 350 milliards d’euros et plus octroyés chaque année sous forme de tax expenditures ; ces dépenses fiscales sont très « bon chic, bon genre » puisque une fois accordées à l’instar du CICE elles disparaissent tout bonnement des radars budgétaires, médiatiques et souvent académiques. Le budget ne concerne plus que les recettes résiduelles et les dépenses fiscales servant à la légitimation sociale. On pourrait ainsi rétablir les monopoles naturels et les infrastructures publiques, dont les 4 branches de la mobilité citoyenne – route, rails, air, mer – qui seraient alors plus compatibles avec la préservation de l’environnent et de l’égalité citoyennes. Une telle réforme, qui s’inscrit dans le cadre des « réformes démocratiques révolutionnaires » propres à une authentique transition pacifique au socialisme – voir Tous ensemble -, serait appuyée par une nouvelle définition de l’anti-dumping calculée pour défendre, au minimum, le salaire différé nécessaire à la Sécurité Sociale, son niveau maximum étant naturellement limité par le taux de compétitivité macro-économique qui se reflète dans le taux de change donc dans les balances externes, compte tenu des distorsions dues à l’Euro Mundell.

Une telle anti-dumping nécessitant l’unanimité au sein de l’OMC, un gouvernement de gauche l’anticiperait par l’adoption d’une faible surtaxe à l’importation permettant d’assurer le financement optimal de la Sécu en sachant que les Affaires sociales restent une compétence nationale exclusive dans tous les traités européens, y compris le TFUE ou mini-traité de Lisbonne. On sait que l’actuelle définition de l’anti-dumping entérinée par l’OMC est issue du démantèlement des tarifs du GATT qui avait ouvert la voie à l’Uruguay Round puis à la Nafta et à tous les autres traités de libre-échange qui concernent désormais tant les services que les produits manufacturés. Pour enclencher une course au moins disant global, l’actuelle définition de l’anti-dumping exclut d’office toute référence au salaire différé ainsi qu’aux critères environnementaux minimum. Tant pis pour le GIEC fiscal et pour l’environnement ! Zucman semble ne rien savoir de tout cela, ce qui explique sans doute pourquoi son Observatoire « indépendant » reçoit des généreux fonds européens et autres …    

Voilà peu, la débâcle des banques régionales américaines plus liées à l’industrie, avec le refus de la FED de garantir leurs dépôts au-delà de 250 000 dollars alors que TOUS les dépôts étaient garantis pour les banques considérées comme étant des banques systémiques par le Trésor américain, montre bien cette déconnection. Par conséquent, un gouvernement de gauche tenant à appliquer une politique de rupture à gauche peut très bien penser entériner cette déconnection en abandonnant l’économie Monopoly au capital spéculatif tout en reprenant les leviers de l’économie réelle, à savoir par le biais du contrôle d’une partie du crédit public nécessaire pour financer les entreprises publiques réhabilitées et pour effacer peu à peu la dette publique et donc le poids onéreux de son financement. Le crédit public  ne coûte que le prix de son administration sans devoir verser de profits ou de dividendes. Avant la privatisation de la Banque de France par la loi Pompidou-Giscard-Rothschild la dette publique française oscillait entre 17 et 27 %. Avec un capital en fonds propre de 2 milliards financé par le budget année après année et un levier financier initial de 40 pour 1, les capacités de financement public seront vite conséquentes. Ces mises en fonds propres et ce levier seront d’ailleurs destinés à baisser vers 8 pour 1, voir moins, dès que la dette publique approchera 60 % du PIB. On sait que le crédit public est une anticipation des investissements allant au-delà de la possibilité de réinvestissement des entreprises et qu’il se traduit immédiatement, moyennant audits trimestriels pour éviter les fuites, en une masse salariale nouvelle pour près de 60 % en moyenne et en nouveau capital fixe qui s’ajoute naturellement à la richesse cumulée de la Nation.  

Dans un tel cas de figure, la gauche devra veiller à ce que ses rachats/effacements de dette publique – sur le marché secondaire d’après le TFUE – n’entrainent une série d’OPA dans l’économie réelle. Ceci implique la mise à date des pourcentages de contrôle tolérés dans les branches et les entreprises. L’argent spéculatif s’investira alors de préférence en bourse et sur les marchés financiers globaux qui tournent en rond et se nourrissent d’eux-mêmes. Lorsque le capital spéculatif fera faillite, il suffira de nationaliser en imposant un audit, ce que fit la GB initialement avec Northern Rock, une intervention qui ne coûta quasiment rien en forme de recapitalisation vu le levier fiscal, contrairement aux ruineux bailouts qui suivirent partout ailleurs. Pour ne rien dire du stimulus fiscal Covid pour 2020 qui coûta 16 % du PIB en moyenne pour les pays avancés avec comme résultat un Multiplicateur de 0.06 selon Gourinchas économiste en chef du FMI. (ici)

Parallèlement, la gauche  imposerait une RTT par loi cadre de 32 heures après avoir réinstauré les 35 heures, ce qui aura pour conséquence de rétablir les trois composants du « revenu global net » des ménages donc le pouvoir d’achat, les cotisations sociales et la fiscalité générale. Ceci soutiendra puissamment la demande interne alors que les cotisations des emplois à temps pleins élimineront rapidement le Trou de la Sécu lui permettant ainsi de soutenir à fond ses 5 branches tout en bonifiant ses services. Les recettes fiscales suivront naturellement la tendance, en particulier si les revenus des travailleurs seront entièrement indexés aux inflations et tiendront compte des gains de productivité. La gauche plurielle en son temps en fit une preuve éclatante puisque pour une exonération RTT de 23 milliards le taux de chômage tomba – en deux ans – de plus de 11 % à 8 %, que le Trou de la Sécu avait été comblé et que la dette publique avait chuté à 59 % du PIB, c’est-à-dire à 1 % de moins que le Critère afférant du Traité de Maastricht.

Ainsi que préconisé dans mon Tous ensemble, une fois la Sécurité Sociale réhabilitée et bonifiée, il serait possible de développer des Fonds Ouvriers – et des Fonds de productivité pour accompagner les inévitables restructurations. Ces Fonds seraient constitués par l’épargne salariale publique : elle serait, par conséquent, à l’abris des aléas du marché aujourd’hui spéculatif et permettrait, en accord avec le Plan, de constituer un pool de capital socialisé pouvant s’investir dans les entités publiques et les coopératives – industrielles, digitales, commerciales, artisanales, paysannes etc. – appuyant ainsi de facto le développement de ces dernières dans un vaste mouvement de socialisation de l’économie. Le panorama sociologique et électoral en sortirait changé : Jaurès avait salué « le temps de Carmaux ». Cette socialisation démocratique mettrait en œuvre un Modèle Quadripartite intégré dans le Plan qui matérialiserait ainsi une meilleure démocratie économique et sociale (voir ceci) : Syndicats, Patronat ou Management, Fonds Ouvriers et de Productivité et Etat, ce qui suppose la réhabilitation du Conseil Economique et Social et Environnemental.

Paul De Marco

Commenti disabilitati su Ricevo e diffondo: « I DIMENTICATI : Il gruppo degli ex percettori del reddito di cittadinanza e dei disoccupati di San Giovanni in Fiore INFORMA » 13 Ottobre 2023

I DIMENTICATI

SIAMO SERI!!!

Il gruppo degli ex percettori del reddito di cittadinanza e dei disoccupati di San Giovanni in Fiore

INFORMA

 Le OO.SS., le forze politiche, gli organi di stampa e tutti i cittadini del paese che hanno iniziato dl mese di giugno una protesta energica ed intransigente finalizzata all’ottenimento di un lavoro dignitoso per come prescritto nella Carta Costituzionale I Componenti di questo gruppo non vogliono assistenza o elemosine. Mai più incertezze sul lavoro. Mai più emigrazione.Mai più sfruttamenti. Da mesi i disoccupati non riescono a confrontarsi con il Sindaco, eccetto un solo incontro di pochi minuti tenutosi con due rappresentanti e grazie alla intercessione del Comandante delle forze dell’ordine di San Giovani in Fiore al quale va un ringraziamento sincero x la pazienza e la professionalità dimostrata nelle varie vicende. Il Sindaco ha chiesto le liste dei disoccupati per inviarle all’Ufficio di collocamento. Questa è la soluzione proposta dal Sindaco

SIAMO SERI!!!

Per cortesia…. Non bisogna prendere in giro i disoccupati. Alcuni di essi, da decenni timbrano il cartellino di disoccupazione. Nessuno mai, crede che questa istituzione possa essere la panacea per 280 disoccupati.

I Dimenticati chiedono certezza e dignità nei percorsi di ricerche lavorative.

Chi ha memoria storica dei movimenti di lotta per il lavoro può capire cosa significa vivere sulla alta montagna della Sila.

Veniamo al fatto verificatosi lunedì pomeriggio. Nessuno ha mai pensato di aggredire la figura del Sindaco. Verosimilmente vi è stata una vibrata protesta all’uscita dal Palazzo comunale, nella quale una ragazza alla presenza di due tutori della pubblica sicurezza ha bussato ( e non a pugni) al vetro della macchina per chiedere un confronto. Un frainteso. Abbiamo protocollato le debite scuse se il Sindaco ha subito una paura. I disoccupati sono contro ogni forma di violenza o di aggressione e sono a difesa delle istituzioni democratiche. Il diritto alla protesta, allo sciopero è sancito nella Costituzione.

I Dimenticati sono anche contro ogni forma di mistificazione mediatica della realtà e dei fatti materiali racchiusi nelle registrazioni delle telecamere del Palazzo Comunale.

E’ facilissimo cogliere mediante il pseudo senso di vittima una solidarietà proveniente dal mondo politico e civile che nella ignoranza dei fatti magari ascoltano testualmente “sono stata salvata da due carabinieri”. Menzogne pure.

Striscia la notizia, visionando il video potrebbe dire, parafrasando il grande TOTO’ “ Ma mi faccia il piacere”

SIAMO SERI!!!!

La solidarietà non può essere manifestata ad un Sindaco che approfittando di circostanze ambigue e subdole crea eroine che svaporano all’alba del nuovo giorno.

Il gruppo è convinto che la vera solidarietà deve essere espressa nei confronti di coloro i quali, la sera nel chiuso delle proprie case non hanno niente da offrire al proprio nucleo familiare. Ecco perchè bussano (e non a pugni) civilmente alla porta del Palazzo Comunale.

A conclusione il comitato scrivente afferma che la nuova strategia sarà quella di seguire, umilmente, in massa, tutte le manifestazioni pubbliche affinchè si possa capire che necessita un punto di incontro finalizzato all’apertura di una strada regionale.

Infine, a tutti i soggetti politici, a tutte le OO.SS., a tutte le associazioni presenti sul territorio che sono assiepati indisturbati sulla propria supponenza, il gruppo ricorda che la disoccupazione e quindi, la povertà è sinonimo di instabilità sociale, sinonimo di arretratezze, sinonimo di inciviltà.

AIUTATE “i dimenticati” a costruire una società più giusta e soprattutto più tollerante.

San Giovanni in Fiore lì 12/10/2023, il comitato del gruppo”I dimenticati”

Commenti disabilitati su FARE RETE: QUELLO CHE HO CAPITO PARLANDO CON ALCUNI « DIMENTICATI », IL GRUPPO DI DISOCCUPATI DI SAN GIOVANNI IN FIORE, 12 OTTOBRE 2023.

A tutte le disoccupate.i, le precarie e precari, le lavoratrici e lavoratori: Fate rete!

1 ) A noi, dicono gli auto-denominati « Dimenticati », disoccupati e precari di San Giovanni in Fiore (CS), non risulta che la sindaca Succurro sia stata « aggredita » il 10 ottobre scorso mentre saliva in macchina. Un nostro gruppo a solo voluto parlarli. Se si è intimorita, si può rassicurare: siamo un gruppo di cittadine.i totalmente pacifici ma determinati a difendere il nostro diritto costituzionale al lavoro e ad una vita dignitosa. Siamo ulcerati dalle sue accuse senza fondamento dicono tutte.i, in particolare le donne. Invitiamo i media a venirci a parlare prima di fare da cassa da risonanza.

2 ) I « Dimenticati » vogliono potere interloquire pacificamente e democraticamente con le nostre elette.i di cui contribuiscono a pagare i salari, anche quando cumulano le posizioni. Questo non può avvenire se la sindaca ci elude e rifiuta di incontrarli, blindando per fine le Assemblee del Consiglio municipale. Al contrario, richiedano che queste Assemblee municipali siano sempre aperte, riservando sempre un periodo di questione per accogliere i quesiti e i commenti delle elettrici e elettori alle elette.i, come d’altronde si usa in tutti i paesi civilizzati.

3 ) Il dovere istituzionale della Prima Cittadina è di affiancare le lotte costituzionalmente fondate delle sue concittadine.i. Questi non possono essere falsamente dipinti come abituati a vivere di sussidi quando invece chiedono e affermano da mesi anzi da anni: « vogliamo lavoro dignitoso, basta con i sussidi e la povertà.». In Italia gli imprenditori e i finanzieri pagano 9 % del carico fiscale totale, altro che sussidi …

4 ) Il dovere istituzionale della sindaca è di darsi da fare per appoggiare queste aspirazioni al lavoro dignitoso, non può essere di chiedere una lista da portare al Centro di collocamento di Cosenza, una iniziativa personale che i disoccupati e beneficiari del defunto RDC hanno già tutti compiuto, anche quelli che saranno lasciati fuori dall’Assegno e dal GOL. Ambedue programmi sono riservati ai nuclei familiari con un derisorio ISEE di meno di 6000 euro/anno per un misero beneficio di 350 euro/mese che viola frontalmente i dettati costituzionali ed europei in materia di diritti sociali fondamentali e di contrasto alla povertà. (1)

5 ) Forse la sindaca ignora la realtà: in Calabria il tasso di occupazione ufficiale secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, per la quale una sola ora lavorata basta per essere definito occupato, si aggira attorno al 40 %. Non può ignorare la tragica fine dei cosiddetti « navigatori » del defunto misero « workfare » all’italiana, cioè il RDC. Il lavoro non c’è, si deve creare con un piano di sviluppo regionale e locale, anche facendo intervenire lo Stato e gli Enti pubblici secondo gli Articoli 3, 4, 41, 43, 44,45 e 46 della Costituzione.

6) I « Dimenticati » chiedono cortesemente alla sindaca di mettere da parte ogni velleità di strumentalizzazione mediatica e di cinica criminalizzazione delle disoccupate.i per adoperarsi invece, con il loro appoggio, per chiedere alla Regione Calabria di agire, ad esempio con l’apertura immediata di un tavolo tecnico per decidere il da fare.

7 ) Sentendo i « Dimenticati » e ricordando la lunga lotta degli Invisibili e del Comitato Cittadino per il Lavoro Dignitoso (2), posso solo sperare che in ogni villaggio e città italiana e calabrese sia emulata la loro protesta in quanto cittadine.i per la difesa del lavoro e della vita dignitose. E tempo di voltare pagina sulla precarietà e la disoccupazione di massa. (3)

Paolo De Marco

Note:

1 ) Si veda : Mancato rispetto dei diritti sociali fondamentali e del PNRR da parte dell’Italia,11 ottobre 2023/ in http://rivincitasociale.altervista.org/mancato-rispetto-dei-diritti-sociali-fondamentali-e-del-pnrr-da-parte-dellitalia-11-ottobre-2023/

2 ) Si veda Comitato Cittadino per il Lavoro Dignitoso in http://rivincitasociale.altervista.org

3 ) Si veda :« Disoccupazione di massa come orizzonte del capitalismo moderno» , in http://rivincitasociale.altervista.org/disoccupazione-di-massa-come-orizonte-del-capitalismo-moderno/

Commenti disabilitati su Mancato rispetto dei diritti sociali fondamentali e del PNRR da parte dell’Italia, 11 ottobre 2023

(Alcune note aggiuntive sono state inserite nel testo originale)

A tutti i parlamentari della Sinistra GUE/NGL, Parlamento europeo

Alla Commissione europea:

Commissario: Budget & Administration e Commissario: Jobs & Social Rights.

Cari …

Vorrei attirare la vostra attenzione sulla grave violazione sistemica dei diritti sociali fondamentali e dell’utilizzo del PNRR in Italia. Quando i fondi strutturali europei e il PNRR vengono utilizzati in modo improprio, devono essere sospesi sine die.

Questa cattiva gestione non può che portare ad una grave destabilizzazione della società italiana e del ordine pubblico. Infatti, con il Decreto Lavoro 2023 (D.L. 4 maggio 2023, n. 48, modificato e convertito in legge – legge 3 luglio 2023, n. 85 – si è deciso di porre fine al programma di famelici pagamenti d’assistenza sociale impropriamente denominato Reddito di Cittadinanza – RDC – per sostituirlo con un nuovo sistema di aiuti – Assegno – e di « corsi » di formazione o GOL. (1) Sia il RDC che le due nuove forme di assistenza sono soggetti a severi accertamenti economici per i nuclei familiari. La soglia di ammissibilità al RDC era di 9.360 euro annui per nucleo familiare. Questa soglia è stata ora ridotta a 6000 euro all’anno per i nuclei familiari. Tanto per l’Assegno quanto per il GOL i beneficiari riceveranno 350 euro al mese. (Nota aggiuntiva: l’Assegno va ai nuclei familiari con minori, invalidi e over 65 non-occupabili; il GOL è uno strumento di workfare dato come inserimento al lavoro che non c’è tramite brevi corsi di formazione.) Inflazione reale a parte, con tale soglia di 350/mese applicata in Italia, e in particolare in Calabria, il governo non solo sta violando la politica anti-povertà dell’UE, ma sta anche oggettivamente contribuendo a creare un bacino di lavoratori disperati e impoveriti, la cui tipologia è legata alle mafie del lavoro nero e al nuovo sistema del “caporalato”. (Nota aggiuntiva: Anche il Sig. Boeri, uno dei responsabili dello smantellamento dello Statuto dei lavoratori e dello Stato sociale italiano, sa benissimo come funziona il sistema in Italia; perciò non esita a mettere in dubbio sia l’affermazione del CNEL secondo la quale esisterebbe una « contrattazione

collettiva che copre ben oltre l’80% dei lavoratori italiani », si la veracità, in molti casi, dei salari realmente versati. Vedi: Nove euro della discordia Gli errori rossi del Cnel sul salario minimo, secondo Boeri e Perotti, Linkiesta , https://www.linkiesta.it/2023/10/cnel-salario-minimo-boeri-perotti/) Il tasso di occupazione ufficiale dell’OIL – una ora lavorata vi toglie della lista dei disoccupati – per le coorti dai 14 ai 64 anni, con un’età pensionabile spostata a 67 anni e pochi mesi, si aggira intorno al 60% in Italia e al 40% in Calabria. Quello che si sta mettendo in atto è un regime illegale di esclusione sistemica per tutte le famiglie costrette a « vivere » con meno di 6.000,00 euro l’anno!

Questa politica sistemica di impoverimento proto-mafioso e corrotta è tanto più inaccettabile nell’UE, dato che l’attuale governo italiano sta utilizzando 4,4 miliardi di euro del PNRR per finanziare questi programmi, che sono indegni dei diritti sociali sanciti dalle nostre Costituzioni e dai standard europei. (2) Più di 1,2 milioni di famiglie saranno colpite, poiché il RDC sarà abolito a partire dal 31 dicembre. A ciò si aggiungono milioni di precari e lavoratori poveri e le loro famiglie. (Nota aggiunta: i RDC in Calabria erano attorno ai 83 000 nel 2022; un bel disastro in prospettiva, almeno se non si organizzano facendo rete regionale e nazionale per difendere i loro diritti costituzionali.)

Un effetto perverso di questa esclusione è quello di aggravare la violazione del diritto alla dignità dei cittadini, privandoli del diritto democratico di essere ascoltati dai membri eletti di cui pagano lo stipendio. Ciò può essere concepito solo come un taciuto incitamento alla violenza, volto a criminalizzare gli esclusi che cercano di far sentire la propria voce. Nella mia città natale, San Giovanni in Fiore, ad esempio, un gruppo di disoccupati abbandonati da tutti, auto-nominati “I Disperati”, ha cercato per mesi di spiegare la propria situazione alle autorità elette della città, senza alcun risultato. Questi cittadini chiedono disperatamente lavoro, non i soliti programmi di assistenza indegni che non possono garantire alcun sostentamento dignitoso. Il sindaco della città, che inverosimilmente è propensa ad accumulare mandati importanti e ben pagati – una giornata ha 24 ore per tutti noi – li ignora puntigliosamente e blinda addirittura i consigli comunali per impedire loro di farsi sentire in modo democratico (3). Sembra – ma non ero presente – che sia stata intercettata e che gli siano state poste alcune domande il 10 ottobre 2023 mentre saliva sulla sua auto. Certo, ogni atto intimidatorio è da condannare, anche se in Italia il parlare a voce alta difficilmente può essere considerato tale, ma ignorare i cittadini rimasti indietro e sostenere che per cercare lavoro basta rivolgersi all’ufficio del lavoro di Cosenza non fa altro che aggiungere al danno la beffa e alla spudorata incompetenza istituzionale. La giustizia certamente chiarirà le cose con la dovuta imparzialità. Resta il fatto che impedire ai cittadini di esprimersi democraticamente non è suscettibile di mantenere l’ordine pubblico; costituisce addirittura un abuso d’ufficio. (4)

La responsabilità sistemica delle autorità e la flagrante violazione dei diritti umani e sociali non possono essere ignorate facendo leva sulla criminalizzazione dei cittadini esclusi e lasciati indietro né sul coro stantio e prevedibile dei benefattori indignati e delle vergini offese che creano o accompagnano questo processo barbarico. Quasi tutti questi cittadini lasciati indietro affermano consapevolmente di essere pacifici anche se determinati. Vogliono semplicemente essere ascoltati, che è un loro diritto costituzionale. La Corte di Cassazione ha recentemente sottolineato che nulla, nemmeno il processo negoziale “sindacale” tutelato dall’articolo 39 della Costituzione, può rimettere in discussione l’Articolo 36, che così recita:

« Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. »

Questo Articolo deve essere letto alla luce, tra altri, dell’Articolo 1 “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, dell’Articolo 2 che garantisce la dignità umana e i diritti sociali, e dell’Articolo 3 che garantisce la solidarietà nazionale e l’intervento dello Stato per assicurare questi diritti fondamentali. La Costituzione e le norme europee destinate a contrastare la povertà assoluta e relativa e la disoccupazione endemica sono le uniche barriere rimaste contro il ritorno della barbarie (5).

Nel contesto di questa deriva sistemica a-democratica e asociale, la Commissione deve anche tenere conto della NADEF. Il governo italiano continua la sua cattiva gestione fiscale aggravando i suoi deficit. (Nota aggiuntiva: Il disastro dello Superbonus 110% e il suo trattamento contabile attuale, come pure la cosiddetta politica dei « ristori », la dicono lungo sopra questa gestione. Secondo il FMI, solo per il 2020 durante la crisi artificiale del Covid, i Stati avanzati hanno speso oltre 16 % del PIL con un moltiplicatore fiscale di 0,06. Risulta che 66% dei fondi sono andati alle imprese che non né avevano bisogno dunque ai profitti e dividendi. Il debito pubblico risultante pero deve essere rimborsato da tutti i contribuenti-lavoratori. Se veda: http://rivincitasociale.altervista.org/societa-dei-ristori-lockdown-permanenti-nuova-domesticita-nuova-schiavitu-pericolose-terapie-genetiche-pork-barrel-ricovery-fund-23-gennaio-2021/ Si veda pure: http://rivincitasociale.altervista.org/le-multiplicateur-economique-marginaliste-logique-et-histoire-4-mai-16-juin-2023/ )

Infatti, il governo è impegnato a svuotare al più presto le casse dello Stato per puro clientelismo e incompetenza, mentre si prepara a cedere le redini del paese all’organizzazione finanziaria privata conosciuta come MES, che non rende conto a nessuno e che alcuni hanno erroneamente soprannominato FMI europeo, il quale pero rimane una organizzazione inter-nazionale. (6) In ogni caso, l’Italia non sarà più in grado di rispettare i Criteri di Maastricht, per non parlare del disastro annunciato dal previsto ritorno già il 1° gennaio 2023 al Fiscal Compact, o almeno al suo rovinoso sentiero di consolidamento fiscale. Per quanto ci riguarda, il governo italiano, di fatto in bancarotta, sta approfittando dell’autocompiacimento europeo per accelerare il ritmo della spesa fiscale acostituzionale – ulteriore inutile taglio al cuneo fiscale – e della flat tax, rovinando così la fiscalità generale già evanescente del Paese. Per nascondere questa orrenda tenuta dei conti nazionali, i fondi del PNRR, per natura transitori, vengono utilizzati per un programma di assistenza sociale indegno di questo nome anche se costituzionalmente dovuto. Ma questi fondi non saranno più disponibili dal 1° gennaio 2027 in poi. Cosa accadrà allora, con la fiscalità generale dello Stato a pezzi?

Per misurare questa negligenza e incompetenza, ormai sistemica e trasversale, basterà ricordare che l’Italia ha dovuto restituire circa 38 miliardi di euro di fondi strutturali europei non utilizzati nel periodo 2014-2020; per la Calabria si tratta di quasi 1 miliardo di euro sui 2,2 disponibili! Basti aggiungere che l’Italia si limita a tradurre meccanicamente le direttive senza adattarle al contesto nazionale e regionale, contribuendo così allo sperpero incompetente e clientelare dei fondi disponibili. Ho già sottolineato l’inadeguatezza dell’attuale sistema di formazione professionale senza una politica di follow-up che porti effettivamente all’occupazione, e quindi alla priorità data alla creazione di posti di lavoro. Questo soprattutto in una regione come la Calabria dove il tasso di occupazione ufficiale dell’OIL è solo del 40% circa. L’unica cosa che si sta creando è una costosa attività di pseudo-formazione, con l’ulteriore vantaggio di un clientelismo burocratico radicato (8). (Nota aggiuntiva: La busta paga – « reddito globale netto » dei focolari – comporta normalmente il salario netto, il salario differito e le tasse; pagando il primo con il secondo con il taglio al cuneo fiscale ecc., distrugge il finanziamento della Previdenza e dell’Assistenza sociali, rimandandone il peso sulla fiscalità generale, la quale diventa rapidamente evanescente dato che i precari e gli assistiti non ricevano abbastanza per pagare i contributi sociali oppure molte tasse, a parte le tasse più regressive sul consumo. Si crea così un distruttivo cerchio vizioso.)

L’Italia ormai è un Paese talmente corrotto che, senza l’intervento della Commissione, dovremo dire, come Dante, “Abbandonate ogni speranza voi ch’entrate”.

Dato il disprezzo attivo e trasversale della Costituzione, in particolare dei diritti sociali fondamentali che sancisce, da parte dell’attuale classe dirigente, gli Italiani contano sulla decisa azione correttiva della Commissione,

Cordiali saluti,

Prof. Paolo De Marco

Notes:

1 ) Supporto per la formazione e il lavoro, https://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/decreto-lavoro/pagine/supporto-formazione-e-lavoro

2 ) Garanzia di occupabilità dei lavoratori – Gol, https://www.anpal.gov.it/programma-gol

3 ) Si veda il consiglio comunale del 28 settembre 2023: “San Giovanni in Fiore. La “regina” chiude le porte del Consiglio e caccia i disoccupati del Comune”, Da Iacchite , 28 Settembre 2023 https://www.iacchite.blog/san-giovanni-in-fiore-la-regina-chiude-le-porte-del-consiglio-e-caccia-i-disoccupati-del-comune/

Questa attitudine altamente anti-democratica e costituzionalmente reprensibile è diventata moneta corrente in modo politicamente trasversale, si veda la Categoria Comitato Cittadino per il Lavoro Dignitoso in http://rivincitasociale.altervista.org/category/comitato-cittadino-per-il-lavoro-dignitoso/. Lo Stato italiano è pienamente complice con questo metodo poliziesco-mafioso di assicurare il controllo sociale e politico del territorio; perciò non esita a macchiare la reputazione delle poche persone oneste e senza compromessi che ancora rimangono sul territorio, si veda la Categoria Totalitarismo italiano in http://rivincitasociale.altervista.org/category/totalitarismo-italiano/?doing_wp_cron=1697021014.6978321075439453125000

4 ) « San Giovanni in Fiore, intimidita la sindaca Succurro: «Due carabinieri hanno evitato il peggio» », « Ho querelato i facinorosi che hanno colpito a pugni la mia macchina, dopo avermi accerchiato per intimorirmi». La solidarietà delle istituzioni», Published on: 10/10/2023, https://www.corrieredellacalabria.it/2023/10/10/san-giovanni-in-fiore-intimidita-la-sindaca-succurro-due-carabinieri-hanno-evitato-il-peggio/

5 ) « Cassazione: retribuzione equa ex art. 36 della retribuzione », Pubblicato il 4 Ott 2023, https://www.dottrinalavoro.it/notizie-c/cassazione-retribuzione-equa-ex-art-36-della-retribuzione#:~:text=Con%20sentenza%20n.%2027711%20del%202%20ottobre%202023%2C,contratto%20collettivo%20stipulato%20dalle%20associazioni%20sindacali%20pi%C3%B9%20rappresentative.

6 ) Si veda « Lavoro dignitoso, basta con sussidi reddito ristori e assegni vari », 2 agosto 2023/ in http://rivincitasociale.altervista.org/lavoro-dignitoso-basta-con-sussidi-reddito-ristori-e-assegni-vari-2-agosto-2023/

7 ) « Fondi UE: Regione non riesce a spenderli, Tavernise «tornano indietro 940 milioni di euro» », Il capogruppo in Consiglio regionale del M5S « ci troviamo di fronte ad un classe dirigente, regionale e nazionale, che ogni giorno contraddice se stessa »

Scritto da S.G. 28/04/2023, https://www.quicosenza.it/news/calabria/fondi-ue-regione-non-riesce-a-spenderli-tavernise-tornano-indietro-940-milioni-di-euro

8 ) Si veda: « Corsi formazione senza verifica miliardo sprecato anno » in http://rivincitasociale.altervista.org/corsi-formazione-senza-verifica-miliardo-sprecato-anno/

Commenti disabilitati su POUR LE RENOUVEAU DE L’ÉMANCIPATION HUMAINE COMMUNISTE, Septembre 2023

(Pour aller rapidement au chapitre désiré utiliser un mot clé comme « Althusser » ou « alternance » dans la fonction « Find in page …» disponible dans le Menu en haut à droite)

1 ) Althusser ou pourquoi les compromis compromettants doivent être rejetés

1a ) Un mot sur la nécessaire alternance et sur l’union de la gauche authentique plurielle.

2 ) Ne pas imputer à Staline l’œuvre de Yeshov, le Sade soviétique.

3 ) La coûteuse supercherie du « socialisme marginaliste »

4 ) Les inepties de Bettelheim et Cie.

5 ) L’écomarxisme

6 ) Il n’y a pas une inflation mais des inflations.

7 ) L’Europe des nations et l’Europe sociale

8 ) Sur la voie pacifique au socialisme : réformes démocratiques révolutionnaires ou Rossinante du réformisme et Marche à l’étoile … de minuit.

9 ) Les nouvelles formes de démocratie socialiste à inventer

10 ) La psychoanalyse marxiste : critique définitive du charlatanisme bourgeois et freudien.

11 ) Droits civils : « Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs » suivi par « Après les « surhommes » voici la fin souhaitée de l’Espèce humaine »

12 ) Devoir de mémoire : « Qu’est-ce que j’entends par le terme de philosémite nietzschéen ? » Suivi par « Les Nouvelles Lois Manu »

13 ) Annonciateurs de l’émancipation communiste avant Marx : Joachim de Fiore et Gerrard Winstlaney.

(Nous avons insérés des liens à des textes plus tardifs dans la mesure où nous avons jugés qu’ils apportaient des approfondissements aux arguments traités.

La gauche authentique ne doit pas négliger la Bataille des Idées, ce qu’Althusser appelait « la pratique théorique ». Elle est nécessaire pour éclairer les stratégies et les tactiques visant la lutte et les alliances de classes ainsi que pour bâtir une contre-hégémonie capable de divulguer un nouveau « sens commun » susceptible d’être intériorisé par une majorité de citoyens en tant que citoyens. Pour cela, la persuasion doit reposer sur la méthodologie et la déontologie scientifiques. Aucune alliance de classes durable ne peut être construite sur la base de narrations inventées par les classes dominantes pour tromper et asservir les peuples, comme par exemple le marginalisme, l’écologie capitaliste et le trans-humanisme maintenant véhiculés par le Forum Économique Mondial de Davos. C’est justement à cette jonction scientifique que le marxisme doit, de nouveau, jouer son rôle. Le matérialisme historique de Marx a fourni, entre autres apports, deux contributions essentielles pour avancer sur le chemin de l’Émancipation humaine. Tout d’abord la Loi de la valeur de la force de travail qui permet de comprendre les mécanismes de l’exploitation de l’Homme par l’Homme, partant ceux de son abolition, et ensuite la critique définitive de tout exclusivisme raciste ou théocratique, critique sans laquelle aucune forme de démocratie ne saurait être possible. Le principe est pourtant simple : l’égalité est sacrée, l’exclusivisme est le pire crime contre l’Humanité. Les communistes doivent donc pouvoir contribuer de nouveau au plus haut niveau.)   

1 ) ALTHUSSER OU POURQUOI LES COMPROMIS COMPROMETTANTS DOIVENT ÊTRE REJETÉS.
Dédicace le 5 mars 2013 : Au Président Hugo Chavez, socialiste novateur qui a su concevoir la Révolution bolivarienne et le socialisme du XXIe siècle comme de nouvelles transitions vers un monde plus égalitaire.

Table des matières :
Introduction.
Le Capital est l’opus magnum de Marx.
Le plan dialectique des 4 livres du Capital.
Althusser et la théorie du pouvoir politique.
Althusser sur le fétichisme.
Althusser s’insurge contre la stratégie du Parti.
Les appareils d’État d’Althusser contre la contre-hégémonie de Gramsci.
La grande diplomatie de Gramsci.
L’angle mort d’Althusser.
Matérialisme dialectique vs matérialisme historique.
Althusser, la loi de la valeur et l’État.
Gramsci en tant que stalinien créatif et loyal.
Althusser sur Rousseau et Feuerbach.


Introduction.

Nous traiterons ici de l’article « Althusser : “Marx dans ses limites ” » http://www.after1968.org/app/webroot/uploads/Althusser-MIHL.pdf. Avec ma contribution théorique, les soi-disant ” limites ” imputées à Marx sont démontrées comme étant celles de ses critiques, même les mieux intentionnées. En effet, toute la perspective change dès lors que l’on rétablit la loi marxiste de la productivité, et avec elle l’architecture déployée dans les quatre livres du Capital. Cela dit, Althusser a été l’un des plus grands théoriciens marxistes, un parmi les rares intellectuels qui n’ont jamais pris les paralogismes pour de la science. C’est ce qui rend encore ses analyses éminemment utiles. Ma contribution s’est voulue dès le départ une tentative de concrétisation du projet qu’il avait énoncé, à savoir “revenir à Marx” pour rétablir et renforcer son caractère éminemment scientifique. Dans cet essai, nous mettrons l’accent sur les critiques d’Althusser, mais nous le ferons pour souligner leur pertinence pour notre monde contemporain.

Le Capital est le magnum opus de Marx.

Le Capital est le magnum opus de Marx. Il doit être considéré, selon les propres ébauches de Marx, comme un chef-d’œuvre bien pensé, bien qu’il n’ait pas pu être achevé par l’auteur lui-même. Les livres II et III ont été publiés par d’autres – des petits renégats célèbres. Le livre IV, qui entendait présenter l’histoire de la discipline, l’économie politique, est resté largement dispersé dans les notes de Marx. Si Althusser avait pu bénéficier de mon élucidation de la loi de la valeur du travail, en particulier en ce qui concerne la loi de la productivité pleinement intégrée dans les Équations de la reproduction simple (RS) et élargie (RE), nombre de ses questions et interventions lui auraient été épargnées. Ses autres interventions auraient certainement été plus fortes et plus directes, notamment les critiques qu’il adresse aux bandes réformistes opportunistes des eurocommunistes de son époque.

Nous écrivons ceci en gardant à l’esprit qu’un eurocommunisme authentiquement marxiste est aujourd’hui nécessaire et urgent pour substituer l’Europe sociale que nous voulons tous à l’actuelle Europe néolibérale du capital. Il y a quelques années, j’avais appelé à la formation d’une Fédération communiste européenne, dont le rôle aurait été d’unifier et de coordonner les luttes au sein de l’UE et de la zone euro. Comme vous le savez, cela n’a fait que pousser les renégats italiens et autres à tomber le masque. En prétendant que “le communisme avait déjà épuisé sa force de propulsion”, ces gens admettaient déjà en public qu’ils “n’avaient jamais été vraiment communistes” – mais, néanmoins, ils continuaient à être payés comme tels dans un rôle de premier plan ! Au lieu de cela, ils nous ont donné une gauche européenne inefficace et renégate. Leur espoir était de diluer les partis communistes restants qu’ils dirigeaient dans des conteneurs plus grands et non marxistes. Cela prend d’autres formes, comme Syriza en Grèce – un groupe myope qui demande maintenant une sorte de plan Marshall ! – ou le Front de gauche en France.

Comme si une alternative réelle et efficace à la crise actuelle du capital pouvait être tirée des manuels marginaux et bourgeois ! Jusqu’à présent, en tout cas, les militants étaient leurs dupes. Si un spectre hante à nouveau l’Europe et le monde, ce n’est certainement pas celui du réformisme petit-bourgeois : Sinon, leur existence politique en tant que bas clergé et serviteurs à huis clos serait superflue.

Pour en revenir à notre grand camarade communiste Althusser, il faut souligner qu’il a été un théoricien très rigoureux et peut-être même un plus grand logicien, tout comme Kant et Marx eux-mêmes. Les problèmes qu’il soulève sont toujours des problèmes réels et cruciaux. Ils ne peuvent être ignorés.

Le plan dialectique des 4 livres du Capital.
Grâce à mes contributions, je crois que le plan d’ensemble du Capital devient transparent : le Livre I traite du rapport d’exploitation incarné par le ” contrat ” de travail ; comme toujours, il est dit ” libre “, mais il se révèle invariablement être la cause directe du fétichisme et de l’aliénation spécifiques induits par le mode de production capitaliste. Considéré sous l’angle de la fonction de production, le Livre I pourrait être considéré comme la théorie marxiste de la microéconomie. Le livre II traite du niveau de la distribution ou de l’équilibre général ; il s’agit ici spécifiquement des Reproductions Simples et Elargies (RS et RE) et donc des Equations qui résument la structure surdéterminante de la “demande sociale”. Le Livre III traite des rapports de redistribution, soit des formes prises par l’Etat, en d’autres termes par les relations judiciaires plus larges. Celles-ci régissent les formes prises par la redistribution qui s’incarne concrètement dans les différentes “époques” de redistribution du Mode de production considéré. Le livre IV traite de l’histoire de la discipline jusqu’à sa reconstitution marxiste en tant que science à part entière (Voir mon Introduction méthodologique et mon Précis d’économie politique marxiste librement accessibles dans « Download Now », Section Livres-Books de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com).

C’est à l’aide de ce plan reconstitué qu’il convient de clarifier la vieille controverse sur les ” services publics “. Pour Althusser, il s’agit de la question cruciale de l’utilisation de ce que nous avons appelé la “plus-value sociale”, et donc de la possibilité de concevoir une voie pacifique vers le socialisme sans nier l’autre choix possible, à savoir la voie révolutionnaire vers le socialisme.

Bien entendu, seules les circonstances détermineront quelle alternative est la bonne à un moment donné, mais la première alternative devrait toujours être poursuivie simplement parce qu’elle prépare le terrain pour l’un ou l’autre choix.

Alors que cette première alternative implique une flexibilité tactique en ce qui concerne les alliances de classe, cette stratégie à long terme n’est possible que dans le cadre d’une vision stratégique claire reposant sur une analyse marxiste autonome de la situation générale et des luttes de classe. Toutes les alliances de classe ne sont pas possibles ni souhaitables. On pourrait résumer cela en disant que la direction est plus importante que la vitesse, cette dernière dépendant des circonstances. Il s’ensuit que la qualité marxiste de la direction est d’une importance capitale. Le réformisme vacille généralement à la fois sur la direction et la vitesse : il s’agit d’un pur opportunisme de classe et, en tant que tel, il est facile à reconnaître, en particulier parmi les dirigeants des partis de gauche. Comme Lénine avait coutume de le dire : La vie nous l’apprendra. En 1968, le PCF était encore prisonnier de la logique de Yalta ; il n’était pas entièrement maître de ses décisions. Il refuse de suivre Mitterrand lorsque celui-ci est prêt à surfer sur l’ambiance insurrectionnelle pour prendre le pouvoir.

La pratique théorique de l’hégémonie et de la contre-hégémonie développée par Gramsci est étroitement liée à ce questionnement. Bien sûr, cela ne se conҫoit pas en faisant abstraction de la lutte des classes : Prenons l’exemple de la France : Dans le premier cas, le PCF de G. Marchais a négocié un “Programme commun” exemplaire pour toute la gauche. Il l’a fait avec un PS faible, mais a été rapidement cannibalisé par lui. Pourtant, après quelques hésitations, il a persisté dans sa stratégie, ce qui a conduit à la victoire présidentielle et législative du PS dirigé par Mitterrand, en 1981. Par la suite, le PCF s’est engagé dans un lent mais inéluctable déclin, s’inscrivant dans sa posture de subalterne intellectuel. On peut imaginer ce que ressentait Althusser, le plus grand théoricien de son temps ! Ainsi, Althusser a fortement contesté les fondements mêmes de cette stratégie (voir son court « Ce qui ne peut plus durer dans le PCF » dans Le Monde, un court texte largement développé dans l’article de 1978 cité ci-dessus traitant des prétendues “limites” de Marx). Son point de vue reposait sur une critique de la théorie dominante du capital monopolistique, qui a ensuite été mise à mal par les politiques de Giscard d’Estaing et par celles du GATT, ainsi que par la fin du régime de Bretton Woods, qui a conduit à un régime mondial de libre fluctuation des monnaies. Cette tendance historique a ensuite été couronnée par la nomination du libériste Bérégovoy à la tête du gouvernement “socialiste”.

Althusser s’en prend aux illusions qui entourent la défense purement formaliste des “services publics” par les réformateurs – à l’époque, cela se faisait sans aucun concept de la “plus-value sociale” incarnée soit dans le processus de nationalisation, soit dans les Fonds Ouvriers. En d’autres termes, après 1983, les réformateurs ignorent la nécessité de concevoir les services publics dans le cadre d’un mouvement dialectique conduisant à des changements dans le régime dominant de la propriété privée (Sève, etc.) Pour les mêmes raisons, Althusser s’oppose à la stratégie de Berlinguer. Mais il l’assimile trop légèrement à Gramsci, léniniste et, on peut le dire, stalinien dans le bon sens du terme, puisque Staline fut un éminent et loyal marxiste-léniniste. Althusser visait Berlinguer comme un réformiste qui avait même renoncé à la voie pacifique empruntée par Allende, laquelle n’impliquait même pas la destruction de l’Appareil d’État hérité de la bourgeoisie. A la fin, le légaliste Allende a même refusé d’armer les organisations ouvrières pour faire face au coup d’Etat. Cela a laissé le champ libre à l’armée chilienne et à un Pinochet armé par les Américains et dirigé par le criminel Kissinger qui a froidement mis en œuvre le plan Condor. A cela s’ajoutent les manipulations des statistiques chiliennes transmises à la CIA par les multinationales américaines présentes au Chili : Ceci a permis de planifier les frappes destinées à déstabiliser le gouvernement souverain et démocratiquement élu d’Allende (Tout ceci est maintenant dans le domaine public et incontestable).

Contre cette confusion, j’avais proposé dans mon Tous ensemble une transition pacifique reposant sur la transformation lente mais inéluctable des formes dominantes de la propriété. Cela passait par le partage du travail socialement disponible, et une plus grande utilisation de la “plus-value sociale” directement amplifiée par les nationalisations ou indirectement par le biais des Fonds Ouvriers. Au niveau de l’économie mondiale, cette stratégie devrait s’accompagner d’une nouvelle définition de l’anti-dumping visant à protéger les critères environnementaux et les trois composantes du “revenu global net” des ménages, à savoir le salaire capitaliste individuel, le salaire différé – finançant la Sécurité Sociale et essentiellement l’assurance-chômage et les pensions publiques -, et la part des taxes et impôts dans le « revenu global net » revenant aux ménages sous la forme d’un accès universel garanti aux infrastructures et aux services publics. Ceci est très différent du « revenu disponible » marginaliste qui exclut tout ce qui compte pour la sécurité sociale des gens en ne tenant compte que du salaire individuel et de la part des revenus financiers des ménages lorsqu’ils sont assez aisés pour se permettre une telle rente financière.

L’avantage de cette nouvelle définition de l’antidumping est qu’elle ne nécessite aucune renégociation hasardeuse des traités internationaux existants, ce qui  exigerait l’unanimité au sein de l’OMC, tels que les traités mondiaux de libre-échange : Elle permettra par contre une nouvelle interprétation positive de ces mêmes traités. En outre, cette définition de l’anti-dumping à orientation sociale reste hautement compatible avec la mobilité internationale qualitative du capital, en particulier sous la forme de joint-ventures – ou « coopérations renforcées » publiques – mutuellement bénéfiques.

En ce qui concerne la puissance des Fonds Ouvriers en tant qu’instrument mis entre les mains des organisations de travailleurs capables d’effectuer pacifiquement de profonds changements socio-économiques en socialisant les Moyens de production, il suffit de se rappeler la panique hystérique qui a saisi la bourgeoisie suédoise lorsqu’elle a été confrontée à l’accumulation géométrique potentielle de capital dans les fonds ouvriers conçus par R. Meidner. Pourtant, jusque-là, la bourgeoisie suédoise se présentait comme une social-démocratie des plus avancées, éclairée par de grandes figures comme l’économiste et spécialiste des sciences sociales Myrdal, une social-démocratie qui pouvait même contribuer à humaniser les États-Unis dans leurs relations avec les minorités raciales. Mais, là encore, la proximité de la Suède avec les républiques baltes, qui comptaient alors parmi les plus riches des républiques soviétiques, y était pour beaucoup.

En France, le partage du travail disponible a pris la forme d’une réduction de la semaine de travail de 39 à 35 heures pour une même rémunération initiale. Grâce à l’augmentation automatique des cotisations sociales et à la consolidation de l’assiette fiscale parallèlement à l’extension de l’emploi à temps plein, cette tendance a permis la lente mais importante consolidation des programmes sociaux, ainsi que le meilleur partage des gains de productivité entre le travail et le capital qui en a découlé. Compte tenu de la prudence de M. Jospin, ce n’était qu’une tendance, mais une tendance qui allait généralement dans la bonne direction. Au cours des trois décennies précédant le gouvernement de la “gauche plurielle”, quelque 11 % du PIB avaient été prélevés sur le travail et transférés au capital sans aucune contrepartie, si ce n’est le chômage partiel et la pauvreté. (Ajout sept. 2023 : Il reste que la RTT permit de créer directement et indirectement près de 2 millions d’emplois, effaçant presque totalement le Trou de la Sécu, réduisant la dette publique à 59 % du PIB soit 1 point de moins que le critère du Traité de Maastricht, et induisant l’émergence spontanée qu’une sociologie du loisir. Aujourd’hui, selon la CGT, outre les gigantesques tax expenditures, les exonérations de cotisations se montent à 90-100 milliards d’euros, avec, en prime, une précarité qui se généralise par dessein gouvernemental de caste et de classe.) 

La même chose se vérifiait généralement ailleurs, bien que de manière beaucoup plus prononcée en Amérique du Nord. En vérité, dans la régression néolibérale alors triomphante, cette réduction de la semaine de travail (ou RTT) représentait une réfutation claire et concrète de l’économie bourgeoise : elle déboulonnait concrètement le concept fallacieux du “niveau structurel” ou du “niveau naturel” du chômage. Il avait été défendu par tous les cercles dominants, y compris par l’OCDE, dans leur tentative de justifier leur abandon des politiques (keynésiennes) de plein emploi, selon lesquelles seul le chômage frictionnel et saisonnier pouvait être toléré. Les niveaux élevés de chômage ne sont pas fatalement dus à des lois naturelles, mais à une stratégie froidement élaborée de redistribution des revenus en faveur des déciles supérieurs (voire du 1 % supérieur), une stratégie qui voudrait se faire passer pour une politique publique. La RTT s’est empressée d’envoyer balader ce raisonnement creux avec la régression rapide du chômage en France sous la “gauche plurielle” (mais, curieusement, à part moi, personne ne semble l’avoir remarqué…).

La réduction du temps de travail (RTT) a ainsi justifié la stratégie de la gauche plurielle, ne serait-ce que parce qu’elle rendait claire et concrète la démonstration économique sous-jacente (notamment sous la houlette rigoureuse du Premier ministre Lionel Jospin qui est allé jusqu’à créer un fonds de réserve pour les régimes publics de retraite. Ce fonds a été rapidement épuisé par la droite de Sarkozy et maintenant par la gauche afin de mettre en œuvre leurs mesures d’austérité suicidaires.) Le Premier ministre Jospin a également refusé d’enfermer la France dans la logique ignoble et suicidaire de la soi-disant guerre ( !) contre le terrorisme ; il a favorisé les interventions dans le cadre de l’ONU, le terrorisme relevant davantage de la résolution des conflits et de mandats de police internationale que de guerres préventives illégales et autopunitives.

Si le PS avait maintenu le choix de la RTT en ayant le courage d’en défendre le bilan après la surprenante défaite de M. Jospin, les régressions socio-économiques mises en œuvre par Sarkozy, ainsi que les régressions actuelles, auraient été impensables. La vérité est que l’initiative de la contre-réforme vient maintenant de l’intérieur du PS, où trop de gens au sommet se pensent comme des “liquidateurs” conscients et auto-sélectionnés de la spécificité française du socialisme illustré par Jean Jaurès et par le PCF marxiste à ses heures de gloire.

Idem pour le gouvernement Hollande. Sa prise de position désignant les banques comme l’ennemi lors des élections méritait d’être soutenue afin de changer les règles du jeu financier aujourd’hui dominées par la soi-disant “banque universelle” libre de toute entrave. Au minimum, il était urgent de revenir à l’ancienne séparation fonctionnelle entre les banques de dépôt et les banques commerciales (c’est-à-dire revenir au Glass Steagall Act promulgué par les New Dealers). À l’heure actuelle, toutes les fractions du capitalisme sont tombées sous l’hégémonie incontestée et destructrice de la finance spéculative. Il en va de même pour l’État lui-même, désormais sous l’emprise de la “gouvernance mondiale privée” philosémite nietzschéenne, avec ses croisades internes et externes. Voir mon Précis d’économie politique marxiste. Mais la déclaration de Hollande s’est avérée être un stratagème électoral démagogique et, de toute façon, elle a été totalement reniée : La réforme bancaire est devenue infra-Liikanen alors que le gouvernement PS n’hésite pas une fraction de seconde à sauver PSA Finance, probablement en préparation d’un plus grand renflouement des banques Paribas, Crédit agricole, etc. lesquelles recourent à nouveau à la titrisation…

L’objectif réel des fractions atlantistes dominantes du PS semble être d’éradiquer toutes les racines marxistes et de mettre en œuvre un “retour ascendant” vers une société sans gauche ni droite – à la Seymour Lipset, Sydney Verba et ali… Cela peut s’avérer quelque chose d’assez risqué en Europe et surtout en France. Au PCF, la grande messe “anti-stalinienne” et anti-communiste n’a pas encore été célébrée. Mais on assiste à d’étranges danses de chaises musicales, tant la direction s’est retrouvée dans une situation de “die if you do, die if you don’t” à cause de sa chaîne ininterrompue de compromissions réformistes. Celles-ci sont véritablement catastrophiques sur le plan intellectuel, d’autant que la Direction a participé sans complexe à l’occultation des principales avancées contemporaines de la théorie et de la science marxistes (le centre de recherche marxiste a été fermé dans les années 70 !), confortant ainsi la domination du Marginalisme avec un pitre comme Boccara et sa proposition de sécuriser l’emploi hors du cadre de la RTT : Cette stratégie a été immédiatement mise à profit par les élites patronales comme le Medef et retournée à leur avantage…. C’est bien là un comble ! On ne peut avancer aucune idée viable sur le socialisme en se basant sur le marginalisme. Comme on pouvait s’y attendre, la réalité a rapidement porté un coup à cette honteuse “sécurisation de l’emploi” (le Medef et le gouvernement préfèrent parler ouvertement de “chômage partiel” donné comme la concrétisation de la nouvelle forme de CDI ou de contrat de travail à temps plein ( !) tout comme les Allemands parlent de Kürtzarbeit ou les Américains de “workfare”…). Même avant sa promulgation, la hausse continue du chômage et l’accélération de la spirale économique descendante l’ont rendu inutile, sauf en tant que stratagème néolibéral pour faire baisser les salaires et les droits des travailleurs.

Malgré le penchant réactionnaire de l’élite économique, l’évolution rapide de la crise a maintenant éliminé le non-sens budgétaire européen et gouvernemental, le soi-disant “Fiscal Compact” et ses règles budgétaires. Toutefois, ces positions dogmatiques sont difficiles à modifier sans une crise ouverte et aigüe comme celle de 2007-2008. L’inertie politique typique et la courbette devant le pouvoir en place se lisent clairement dans la nouvelle loi bancaire du PS. Dans ces circonstances, le PCF est maintenant coincé entre le Front de gauche dirigé par Mélenchon et le PS au pouvoir : le premier vise à le détruire en le diluant dans un contenant non marxiste, et le second menace de fermer la porte à la négociation électorale concernant d’éventuels sièges aux élections locales et européennes dans l’éventualité où le PCF ne suivrait pas la ligne, quelle que soit la posture que ses dirigeants peuvent adopter avec les médias.

(Ajout, sept 2023. Un mot sur la nécessaire alternance et sur l’union de la gauche authentique plurielle. La France insoumise a évolué vers un socialisme à la française, à savoir inspiré par des figures comme Jaurès pour lequel la collectivisation ou la socialisation des Moyens de production – entreprises publiques, coopératives etc. –  devait aller de pair avec une démocratie plus achevée, disons une « démocratie socialiste » à inventer. Sur cette base tout redevenait possible pour une union à gauche, une union de rupture avec le capitalisme par ailleurs inscrite dans le programme commun et signé par les membres de la NUPES. Cette signature commune advenait dans le cadre des dernières élections législatives, la NUPES s’étant également mise d’accord sur la candidature commune de M. Mélenchon comme premier ministre et le cas échéant comme Président, ce qui devrait valoir encore aujourd’hui, du moins tant que le programme commun ne sera pas résilié.  Selon moi les tiraillements actuels au sein de la NUPES viennent moins du programme signé que du non-dit de la candidature commune dans l’optique d’une élection législative anticipée. Cette entente programme/candidat premier ministre ou président devrait logiquement être maintenue jusqu’à nouvel ordre puisque le gouvernement actuel risque de tomber d’un jour à l’autre sous le coup d’une motion de censure puisqu’il a déjà signalé vouloir passer en force avec le 49.3 et autres coups constitutionnels tordus du genre déjà expérimentés durant les débats sur la contre-réforme des retraites. Je m’en suis expliqué dans l’article suivant : « Commentaire rapide : budgets impossibles et politiques d’austérité européennes aggravées au nom d’une confuse compétitivité », 15 sept 2023/ dans http://rivincitasociale.altervista.org/commentaire-rapide-budgets-impossibles-et-politiques-dausterite-europeennes-aggravees-au-nom-dune-confuse-competitivite-15-sept-2023/ 

Or, c’est dans ce cadre précis, alors que l’alternance devient, une fois encore, à l’instar des années 20 et 30, une question vitale pour la gauche et pour toutes les forces progressives, que M. Fabien Roussel, poussé par ses conseillers, se posent en « homme de la situation » pour « rassembler la droite et la gauche » dans cet ordre semble-t-il, en dehors de la NUPES …Suivront bientôt les mythes soréliens et tout le reste ? Le maintien de sa candidature à l’élection présidentielle de 2022 a fait perdre M. Mélenchon à qui il manqua 421.309 voix pour être au second tour alors que M. Roussel n’avait aucune chance de se qualifier. Rebelote, en toute connaissance de cause ? Question que les membres et les sympathisants ne pourront pas éluder. C’est à n’y rien comprendre, sinon à y voir le dessein subalterne mais longuement muri de détruire la France insoumise et toutes les forces politiques ou civiles qui refusent la stigmatisation d’une grande partie de la population comme étant « islamo-gauchiste ou comme « éco-terroriste », et qui questionnent les dérives policières contre les militants syndicaux ou autres et les citoyens en général. Althusser n’en reviendrait pas.

Pour ma part, j’y vois une énième vérification de mes thèses développées en divers textes, dont mon livre Pour Marx, contre le nihilisme, 2002, portant sur la surreprésentation et la fausse représentation et sur le rôle des pitres nouvellement renégats – comme on le vérifie, Lénine ne parlait pas pour ne rien dire – et philosémites nietzschéens qui appuient objectivement, et pour certains consciemment, le « retour » vers une société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage avec ses « Nouvelles Lois de Manu » entérinées par la généralisation de la précarité et par de nouvelles narrations économiques – la microéconomie sans macro-économie -, écologiques – les âneries du GIEC – et trans-humanistes – Big Pharma et ses vaccins à mRNA -, entre autres dérives. (Sur les « Nouvelles Lois de Manu », voir la Brève du 25 avril 2022 traduite ci-dessous et ceci)

Le rôle du Parti communiste, son rôle d’avant-garde pour le dire sans modestie superflue, doit être de défendre la science puisque la science repose sur et réaffirme l’égalité humaine, tant dans les sciences sociales – le matérialisme historique et l’anti-exclusivisme de Marx – que dans les sciences dites dures, ces dernières devant respecter leur méthodologie spécifique expérimentale ainsi que la déontologie, ce qui n’est plus le cas avec les narrations capitalistes écologiques et sanitaires-totalitaires actuelles. Sans l’égalité des locuteurs, il n’y a aucun discours possible, aucun « espace intersubjectif » pour le dire avec Hegel.

Pour le reste, si les circonstances nous inscrivent dans le cadre d’une stratégie de transition pacifique au socialisme telle que décrite dans le chapitre «« Réformes démocratiques révolutionnaires ou lamentable Rossinante du réformisme. » (dans Tous ensemble, 2002) la direction primera sur la vitesse. A l’exception des compromis compromettants, le pragmatisme électoral jouera un rôle, ce qui impose une fermeté sur les principes scientifiques marxistes qui guident la ligne politique, ainsi qu’analysé dans « La marche à l’étoile … de minuit des-philo-sémites-nietzschéens actuels » dans http://rivincitasociale.altervista.org/la-marche-letoile-de-minuit-des-philo-semites-nietzscheens-actuels/ . Ce sera surtout le cas lorsque l’alternance politique deviendra une question de survie pour la conception même de la citoyenneté reposant sur un des acquis majeurs de l’alliance contre le fascisme et le nazisme, à savoir la Déclaration Universelle des Droits Sociaux et Individuels Fondamentaux, ces droits qui sont aujourd’hui attaqués de front par la nouvelle mouture du philosémitisme nietzschéen. L’Etat social issu de la défaite du Nazi-Fascisme en 1945 et constitutionalisé depuis doit être réhabilité et parfait, il n’a pas vocation à être démantelé. Le respect de l’environnement et de la santé humaine – par l’éco-marxisme, etc. – doit trouver toute sa place au côté de la Déclaration Universelle de 1948 pour qu’émergent enfin les conditions matérielles et institutionnelles permettant des progrès ultérieurs vers l’Emancipation humaine générale et individuelle. En France, sous le Président Chirac, la charte de l’environnement a d’ailleurs été adossée à la Constitution.

Dans le cadre d’une stratégie de transition pacifique à l’Etat social avancé puis au socialisme, le pragmatisme révolutionnaire se définit aisément. Il s’agit de défendre les trois composants du « revenu global net » des ménages, donc avec leurs circuits domestiques vertueux de capital, dont l’épargne socialisée par le salaire différé, dans le cadre d’une économie mixte planifiée appuyée sur le crédit public et sur les monopoles naturels nécessaires pour assurer les infrastructures et les services publics. Au niveau international, il faudra œuvrer au minimum pour une nouvelle définition de l’anti-dumping protégeant le « revenu global net » des ménages, le niveau supérieur à ne pas dépasser étant celui offert par la compétitivité macro-économique de la Formation Sociale qui définit le taux de change réel et partant la qualité de son insertion dans l’Economie Mondiale. (voir ceci et ceci.) On sait qu’une haute compétitivité macro-économique assurée par la planification, le crédit public, la Sécurité Sociale et les infrastructures publiques est l’assise nécessaire pour une forte productivité micro-économique des entreprises tant publiques que privées. Sur cette base il devrait être possible de forger une large alliance de classe unissant tout le bloc populaire et environnementalement conscient ainsi que les gauches plurielles mais authentiques. Les trois composants du « revenu global net » des ménages sont le salaire individuel, le salaire différé pour financer les 5 branches de la Sécurité Sociale et les taxes et impôts revenant aux ménages sous forme d’accès universel aux infrastructures et services publics.    

En attendant, il est facile de voir que la rupture avec les travailleurs et leurs familles – des traditionnels cols bleus aux cols blancs, qui gagnent aujourd’hui moins de 2000 ou 3000 euros par mois -, sera le résultat direct et inéluctable d’un retour aux compromis compromettants. La douloureuse vérité est que les cols bleus relégués dans des banlieues négligées par les pouvoirs publics et dégoûtés exhibent désormais tendance à voter pour la droite et même pour un RN démagogique. Les ravages de la « politique du ressentiment » soigneusement entretenue par la classe dominante visent à diviser les gens en occultant leur conscience citoyenne et leurs intérêts de classe. Elle ne recule devant aucune démagogie. Cela va plus loin que la seule classe ouvrière traditionnelle. Pire encore, sans contrefeux, cela se répercutera négativement sur la conduite du mouvement de grève qui s’amplifie et qui est désormais rendu inévitable par la dégradation rapide des conditions de travail et du niveau de vie moyen. Les points principaux du programme commun de la NUPES recueillent un large consensus, mais il faut encore réfléchir sur les éléments catalyseurs lors des votes. Comment expliquer par exemple, outre l’évolution du « parti » des abstentionnistes, que la grande majorité des séniors de plus de 65 ans que le gouvernement avait pourtant voué au tri, à la déprogrammation hospitalière, voire au Rivotril durant la crise totalitaire sanitaire, ait voté Macron ?

L’illusion des classes dominantes était celle d’une désindustrialisation active, d’une production sans usine ! Cette public policy néolibérale monétariste savait pertinemment que la remise en question des trois composants du « revenu global net » des ménages, soutenue par l’OMC et par les traités de libre-échange, détruirait inexorablement les acquis sociaux en démantelant l’Etat social pourtant constitutionnalisé. On paie aujourd’hui le salaire net individuel avec le salarie différé censé financer la Sécu alors que la fiscalité régressive et les tax expenditures ou dépenses fiscales détruisent la fiscalité générale nécessaire à l’intervention de l’Etat, la rendant évanescente. C’est la voie ouverte à la Marche philosémite nietzschéenne vers minuit, une marche qui arrive rapidement à son terme, celui d’une société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage.  )

Revenons aux considérations stratégiques. Bien entendu, le PCF français est un exemple de choix, mais ailleurs le dilemme pour la gauche semble être identique, voire pire, notamment en Europe. Notons qu’avec les 20 milliards d’euros supplémentaires du CICE nouvellement accordés sous forme de crédit à l’élite patronale sans contrepartie RTT pour les salariés, la RTT aurait pu être abaissée à 32 heures. Cela aurait pu se faire sans déplacement des charges patronales salariales sur la TVA, la taxe indirecte sur la valeur ajoutée. Dans ces conditions, un tel transfert s’apparente à un simple vol puisque les cotisations patronales sont directement répercutées sur les prix de vente et donc payées à nouveau par les travailleurs en tant que consommateurs, alors qu’ils continuent à payer leurs propres cotisations salariales. Notons aussi que l’épargne sociale à un fort effet anti-inflationniste et contre-cyclique. Il convient de souligner que ce transfert est également une absurdité économique, car il affaiblira la demande interne et conduira à de nouvelles attaques contre les régimes publics de retraite et d’assurance-emploi. Il est vrai qu’une TVA progressive pourrait en atténuer les effets, mais pas pour très longtemps en l’absence de RTT. Les deux doivent être étroitement liés. La seule solution durable reste une nouvelle définition de l’anti-dumping, aujourd’hui totalement ignorée par la gauche réformiste pro-libre-échange. (Voir ceci)

Les mesures gouvernementales s’inscrivent désormais dans une logique d’austérité et de coupes budgétaires orientées vers le seul financement de la dette souveraine. Depuis 1973, le financement de la dette souveraine a été retiré à la Banque centrale française, le gouvernement néolibéral choisissant de se financer sur le marché global privé. La dette était alors de l’ordre de 21,4 % du PIB et elle n’a cessé d’augmenter depuis. Aujourd’hui, elle est entièrement abandonnée aux mains des banques privées par l’intermédiaire d’une poignée de banques dites “primaires” (voir à ce sujet mon article « To save the Eurozone we must terminate the so-called universal bank » dans Download Now, Section Livres-Books de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com ). Cette discipline budgétaire entraîne la baisse du niveau moyen des salaires dans une vaine tentative de sauver une “compétitivité” mal définie.

En effet, la véritable compétitivité est fonction de la baisse structurelle des coûts de production dans une Formation Sociale donnée. Il s’agit d’un processus qui implique de véritables innovations et qui ne découle jamais de l’abaissement politique du coût de la main-d’œuvre au “niveau physiologique”. Ce dernier est en réalité un choix politique et, en tout état de cause, il reste basé sur un concept élastique dépourvu des fondements scientifiques les plus élémentaires. Tout ceci est infra-malthusien. Quoi qu’il en soit, même Olivier Blanchard du FMI s’est rendu compte que la compétition entre l’Achille spéculatif et la tortue étatique a été perdue par l’État néolibéral avant même d’avoir commencé, étant donné l’effet désastreux du multiplicateur négatif. En fait, le multiplicateur économique accélère de manière cumulative la spirale socio-économique descendante, tout en détruisant simultanément la base fiscale de l’État et le vrai emploi à temps plein… Étant donné qu’il s’agit d’une crise mondiale, son accélération est beaucoup plus rapide vers le bas que vers le haut en raison de la plus forte extraversion des formations sociales occidentales causée par les accords de libre-échange successifs.

En lien avec cela, nous avons la conception concrète du pouvoir politique tel qu’il se joue consciemment dans les luttes de classe du prolétariat, et nous devons donc nous référer ici à Antonio Gramsci. Pour en revenir au plan du Capital, c’est-à-dire aux trois rapports fondamentaux qui structurent les trois premiers livres du magnum opus de Marx, il faut noter que prévaut toujours une confrontation entre le capital et le travail. Celle-ci se produit simultanément à ces trois niveaux : Ceci est toujours masqué par la propagande bourgeoise, qui vante les relations harmonieuses et la démocratie pluraliste bourgeoise, et qui aime parler perpétuellement du “contrat de travail” libre et librement consenti, car il est censé être à la base même de son Pacte social : Il s’agit ici d’hégémonie de classe et de processus de légitimation. Or, si cette loi de sécurisation de l’emploi est promulguée en même temps que la destruction du code du travail et de la négociation collective, le contrat de travail deviendra encore plus “libre” qu’avant. Les autres niveaux (distribution et redistribution) seront alors également touchés, ne serait-ce qu’en raison de la nécessité de rendre la nouvelle “époque” néolibérale cohérente sur le plan socio-économique. Il ne s’agira que d’une rechute dans le capitalisme sauvage antérieur. En effet, les accords au niveau de l’entreprise l’emporteront sur les accords sectoriels et nationaux et, fatalement, les contrats de personne à personne, de gré à gré,  l’emporteront sur ces derniers. Pendant ce temps, les travailleurs n’auront rien à dire contre les restructurations patronales, leurs recours aux tribunaux ou aux Prudhommes seront fortement diminués et les prétendus “plans sociaux” deviendront inutiles ; surtout si l’employeur propose une délocalisation “inacceptable” qui le dégagera de toute responsabilité s’il utilise le refus du salarié comme prétexte pour le licencier !

Gramsci a proposé une alternative à ce compromis de cooptation gentiment offert par l’hégémonie bourgeoise. Pour le comprendre, nous laissons de côté les inepties sans fond concernant les 4 ou 5 interprétations différentes de la “société civile” ou encore les prétendues “antinomies” imaginées par Perry Anderson dans l’œuvre de Gramsci, qui est principalement composée de brouillons rédigés dans les prisons fascistes. Il faut d’abord déterminer à quel niveau Gramsci s’exprime. Cela prouve l’importance cruciale de réaffirmer la prétention scientifique du marxisme contre le marxisme vulgaire, en particulier le marxisme académique. Gramsci avait coutume de dire que le marxisme, en tant que science, doit nécessairement être indépendant (la chimie est indépendante de l’alchimie bien qu’elle la connaisse en profondeur), qu’il doit nécessairement se développer sur sa propre base, ce qui est un truisme bien que “significatif”. Gramsci a donc consciemment pensé refaire ou plus précisément actualiser pour son époque la critique définitive de Marx contre Smith, Ricardo, Hegel, etc. Il a donc dû faire face à Croce, Mosca, Michels, Pareto, Gentile et à l’école économique italienne, y compris, en partie, son ami Piero Sraffa, etc. Le processus est bien défini dans le concept d'”objectivation” de Dilthey, l’ancien étant reproduit dans de nouvelles “réalisations”, ce qui constitue le noyau du travail assidu de la pratique théorique.

Dans les circonstances actuelles, cela signifie que nous devons développer “positivement” la théorie marxiste pour toutes les disciplines, sans nous contenter de la critique marxiste négative des sciences sociales bourgeoises existantes. Celles-ci sont toujours présentées comme neutres, mais dans les faits, elles incarnent les techniques de gestion du capital ainsi que ses habitudes de légitimation. Nous devons donc le faire aux trois niveaux fondamentaux : La critique des relations de travail et des relations industrielles en accord avec le Livre I ; la critique du Marginalisme pour le Livre II, ainsi que la défense positive de la Reproduction élargie socialiste avec l’extension croissante de la ” plus-value sociale “. Bien entendu, cela va beaucoup plus loin qu’une timide défense des ” secteurs publics “, qui sont maintenant souvent conçus, dans l’optique d’une Unesco post-Reagan, comme des ” biens communs ” : à ce titre, ils peuvent être normativement définis par le Parlement (bourgeois), payés sur les deniers publics (selon les conditions de ressources !) mais réalisés par des entreprises privées, ce qui transforme les citoyens ayant-droit comme “bénéficiaires” ou « usagers » en simples “clients” ne méritant qu’une considération proportionnelle à leur solvabilité : Bref, les soi-disant “modèles” californien ou british-colombien que j’avais critiqués dans mon Tous ensemble et qui sont déjà réfutés par la réalité comme l’ont montré sans équivoque les scandales d’Enron et autres. Enfin, en accord avec le Livre III du Capital, il faut ajouter la critique des rapports juridiques et de redistribution dans leur sens le plus large, à savoir l’État bourgeois, sa Constitution et sa jurisprudence, et donc sa culture en général. Selon la définition classique, le pouvoir politique consiste dans la capacité de procéder à l’allocation des ressources de la Communauté pour la Communauté. Ce qui implique la lutte et les alliances de classes.   

Ceci renvoie aux différentes théories des droits constitutionnels. Aujourd’hui, nos constitutions modernes, nées de la Résistance en Europe, de la Charte de l’ONU et de la Déclaration universelle des droits individuels et sociaux, sont dangereusement attaquées de front par les philosémites nietzschéens, qui placent, sans la moindre vergogne, l’universalité sous le diktat d’une “singularité” très particulière. Ils y ajoutent leurs croisades criminelles propulsées par le même état d’esprit lunatique et archaïque, comme je l’explique en détail dans mon Pour Marx, contre le nihilisme. Le “sens commun” découle de cette lutte conceptuelle (ou bataille des idées). Ainsi, ce qui est en jeu n’est rien de moins que l’autonomie de pensée des classes populaires pour se libérer de leur “corporatisme” syndical ou professionnel instinctif comme seul horizon limité et immédiat, uniquement axé sur la promotion individuelle et la survie pure et simple. Cette attitude de soumission permet au capital de diviser les classes laborieuses contre leurs propres intérêts : Par exemple, les heures supplémentaires proposées comme moyen d’augmenter les salaires individuels se sont révélées être un choix irréfléchi. En effet, la plupart des travailleurs ne pouvaient même pas bénéficier du nombre moyen d’heures supplémentaires déjà prévu par les accords à différents niveaux. L’alternative illusoire avait été proposée par le gouvernement Sarkozy dans le but de diviser les travailleurs entre eux et de démolir ainsi le cadre légal impérieux mis en place par la RTT ou les 35 heures.

Sur cette base concrète, qui constitue le nœud même de la ” pratique théorique ” selon Althusser, Gramsci propose d’agir simultanément sur tous les fronts (les trois rapports cruciaux de production, de distribution et de redistribution, comme nous l’avons vu plus haut.) Il s’agit d’opposer la contre-hégémonie du prolétariat à la construction et à la diffusion de l’hégémonie bourgeoise. Il donne même l’exemple parfait de l’Encyclopédie française précédant la Révolution française : La science et le bon sens avaient échappé au contrôle étroit des Jésuites et de l’idéologie du droit divin, mise au service de la Monarchie absolue, au profit de la bourgeoisie laïque et révolutionnaire, en vérité même au profit de ses fractions égalitaires les plus avancées. Le droit naturel s’oppose au droit divin. En particulier, la “Conspiration des Egaux” de Babeuf se retrouve au fil du temps derrière tous les authentiques Idéaux de la Sociale, qui ont été prééminents sur le Drapeau de la Révolution dès le début, malgré la défense de la propriété privée par Robespierre. En effet, ces idéaux égalitaires nourris par les sections les plus militantes et les plus déterminées ont rendu la victoire possible. Les Droits de l’homme – Rights of Man – de Thomas Paine et ses notes annexes sur l’organisation du bien-être des citoyens montrent comment la propriété privée, strictement limitée par des lois de non-héritage assurant une égalité initiale (ou « plain level field » en anglais), était conçue comme un moyen d’atteindre la fin souhaitée, l’autonomie concrète de citoyens par ailleurs formellement égaux.

La même idée est au cœur de l’Esprit des Lois de Montesquieu, dont la différence avec le concept lockéen-américain de division des pouvoirs est inscrite dans l’autonomie sous-jacente des principales classes sociales, conçue comme une police d’assurance contre la tyrannie de l’Exécutif. Cela explique à son tour l’alliance réactionnaire établie par la Restauration : Si l’on veut, la dame anglaise a contribué à “normaliser” le duc et les idéaux de la Révolution, comme l’illustre le film d’Eric Rohmer “La dame et le duc”. (1) Ainsi, Burke se cachait derrière les mots Liberté, Egalité, Fraternité ainsi vidés de leur sens ; et derrière Philippe Egalité se tenaient les banquiers hégémoniques comme Fould, ainsi que Marx l’avait clairement indiqué dans ses écrits historiques traitant de la France.

L’esprit de la Restauration a été maintenu en vie par la bourgeoisie. Aujourd’hui, elle continue à traiter le syphilitique Nietzsche comme son Grand Maître, tandis qu’Israël chante les louanges de Wagner et d’autres pitres de ce genre. Il n’est cependant pas surprenant que cette alliance préventive entre la féodalité rénovée de Tocqueville et les loges maçonniques bourgeoises se soit resserrée dès que la bourgeoisie a été contrainte de concéder le vote universel et secret, à savoir la suprématie fatale du “nombre”, c’est-à-dire de la grande masse des citoyens et du prolétariat. L’alliance avait pour but de reprendre toutes les conquêtes populaires qui avaient été concédées. Par le biais de processus de présélection occultes et rigoureux, elle visait à reprendre le contrôle absolu de tous les mécanismes des Appareils d’État, y compris l’éducation bourgeoise.

Gramsci a donc développé une stratégie à deux volets : La guerre de position et la guerre de mouvement, ou, si l’on veut, la voie pacifique et la voie révolutionnaire vers le socialisme. Voir dans mon Tous ensemble le chapitre traitant de la transition pacifique est intitulé « Les réformes démocratiques révolutionnaires ou la Rossinante du réformisme » ; il incarne une théorie souple mais déterminée qui va à l’encontre des compromissions qui pavent la voie réformiste, proposées par des gens comme Bernstein, Millerand, Kautsky et la section Kriegel réintégrée et ses alliés, ce qui n’a rien à voir ni avec Gramsci, ni avec le socialisme.

Althusser et la théorie du pouvoir politique.

La définition classique du pouvoir politique est la suivante : C’est la capacité d’un individu ou d’un groupe à mobiliser et à allouer les ressources de la Communauté pour la Communauté. L’exercice du pouvoir se fait dans le cadre de règles constitutionnelles précises définissant un régime spécifique. Cependant, Maurice Duverger, contrairement à un Robert Dahl opérant à New Haven, n’a jamais confondu la démocratie nationale ou multinationale avec sa forme municipale : L’argument de l’équivalence politique de “n’importe quel groupe de 4” entre eux dépend clairement de l’accès aux ressources (y compris les médias), à l’organisation et au savoir-faire théorique. Cela dépend du régime de propriété.

Les marxistes ont également insisté sur le fait que les ressources ne peuvent être allouées avant d’être produites : C’est pourquoi l’économie politique et sa critique vont au cœur du problème. Les marxistes insistent également sur le fait que la politique n’est pas “l’art du possible mais plutôt l’art de provoquer l’émergence de nouveaux possibles”. C’est une “poétique” au sens étymologique du terme. (Voir mon article “Les conséquences socio-économiques de MM. Volcker-Reagan et Cie”, mars 1985, disponible dans la section Economie politique internationale du même vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com ). Les marxistes insistent également sur les différences constitutionnelles et politiques entre les partis politiques et les groupes d’intérêt ou de pression, simplement parce qu’ils ont des objectifs différents, des mandats différents et des règles de responsabilité différentes.

Les partis politiques opèrent au niveau de la société politique ; les groupes de pression opèrent au niveau de la société civile. La démocratie socialiste doit comprendre cette différence car le “dépérissement” de l’État en tant que structure politique de domination ne peut se faire que progressivement, principalement par la constitutionnalisation des droits individuels et sociaux et par le transfert des décisions à des groupes de la société civile intégrés dans le fonctionnement de la planification économique (laquelle incarne le mécanisme de responsabilité qui caractérise le Domaine de la Nécessité). L’Assemblée Nationale des Citoyens et la bureaucratie intègreront donc le mécanisme de planification socialiste mais dans leur propre rôle fonctionnel, ni plus ni moins. (Voir le résumé en italien dans mon chapitre Salvare il Partito communsita dai suoi nemici interni : “Le nuove forme di democrazia socialiste da inventare” et en franҫais « De nouvelles formes de démocratie socialiste à inventer », dans http://rivincitasociale.altervista.org/de-nouvelles-formes-de-democratie-socialiste-a-inventer-1/ ).

Il reste donc à présenter la théorie du pouvoir politique telle qu’elle s’applique aux questions spécifiques soulevées par Althusser. La théorie du pouvoir politique nous conduit alors à la théorie de la ” dictature du prolétariat ” ou, si l’on préfère, à la théorie de la ” démocratie socialiste “, seule forme de démocratie qui puisse être conçue comme pleine et authentique parce qu’elle est la seule à viser véritablement l’émancipation de tous les citoyens. Cela inclut l’émancipation de la réification du travailleur aujourd’hui réduit au statut d’une simple marchandise vendue et achetée sur le marché (liquide) comme n’importe quelle autre marchandise : Voir à ce sujet mon chapitre sur Cuba ainsi que la théorie de la psychanalyse marxiste dans la deuxième partie de mon Pour Marx, contre le nihilisme. (Ajout septembre 2023 : Lorsque Marx parle de dictature du prolétariat il le fait en référence à la dictature de la bourgeoisie et du double moulinet du capital, cela n’a rien à voir avec la compréhension moderne du mot et ses connotations fascistes et totalitaires. Un bel exemple nous est donné par Gerrard Winstanley dans son The law of freedom in a Platform of True Magistracy Revealed, 5 nov 1661, dans lequel il décrit le double rôle de l’Armée du peuple ou du Commonwealth – dans le sens plein du terme pour le « communiste » anglais à la Joachim de Fiore – pour le maintien de la paix interne ou pour la défense contre les envahisseurs. Dans les deux cas il s’agit de faire respecter ce que les Anglais appellent the Rule of law, dans ce cas la protection de la propriété commune et des libertés qui s’y attache et qu’elle permet. « Une armée monarchique aplanit les montagnes et en fait des vallées, à savoir qu’elle sert les tyrans et piétine les opprimés dans les ruelles faméliques de la pauvreté.

Mais l’armée d’un Commonwealth est comme Jean Baptiste, elle aplanit les montagnes en vallées, détrône les tyrans et relève les opprimés, ouvrant ainsi la voie aux esprits de la paix et de la liberté qui viendront hériter et régner sur Terre.

De sorte que, selon ce qu’il est dit, une armée pourra décider si elle doit faire le bien ou le cas échéant utiliser la force. » (p 142)  

La démocratie socialiste implique une constitution égalitaire, et la consécration des droits fondamentaux individuels et sociaux, c’est-à-dire de tous les droits universels qui ne peuvent jamais être réduits à de simples formalités idéologiques. Ces réductions idéologiques et formelles sont constamment mises au service des classes dominantes dans toutes les sociétés caractérisées par l’exploitation de l’Homme par l’Homme. On peut se référer à ma critique d’EP Thompson dans mon Pour Marx contre le nihilisme, une critique généralement adressée à la soi-disant “thèse culturelle” qui a également été utilisée dans la lutte des classes par le MI5 et le MI6 contre Althusser et les althussériens anglais (par exemple, le coup d’Etat au sein de la New Left Review avec l’aide de Ralph Milliband…). Mais aussi par E.P. Thompson et de nombreux membres de Gladio et de Rinascita dans un PCI déjà vendu par la clique de Berlinguer de l’époque. Un PCI qui, naturellement, a été rapidement détruit de l’intérieur à cause de cela.

Ceci soulève également des questions sur la justice de classe, le rôle des partis politiques et des groupes d’intérêt, etc. … (et, pour nous, le rôle crucial du “centralisme démocratique” régissant le Parti). Ma critique remet également en question l’utilité de la bureaucratie dans la division générale du travail, et son rôle démocratique propre dans le cadre de la planification et de la démocratie socialistes. Marx affirme dans le Manifeste ainsi que dans toutes les autres instances traitant de la question, par exemple le chapitre consacré au fétichisme dans le Livre I du Capital, que le socialisme est une simple administration des relations sociales rendues transparentes par la propriété collective et par l’organisation commune de la production et de l’échange, c’est-à-dire dans le Domaine de la Nécessité qui crée les conditions matérielles et institutionnelles du Domaine de la Liberté, sans lesquelles la liberté serait réduite au rôle d’un simple opium séculaire du peuple. Lénine a magistralement dit que la liberté était l’esthétique de l’égalité humaine.

Althusser sur le fétichisme.

L’analyse du fétichisme de Marx partage avec son analyse de l’exclusivisme (la question juive) et avec celle de la loi marxiste de la valeur de la force de travail, l’honneur douteux d’avoir suscité le bavardage le plus prolifique de pseudo-théoriciens souvent très ineptes. Tous semblent danser une drôle de danse sur leur tête, à l’image de la table présentée par Marx dans ce chapitre ! Le chapitre est très dense et donc principalement mal compris par les académiques habituels et par beaucoup d’autres. En voici les grandes lignes :

A ) La critique adressée par le matérialisme historique à la science bourgeoise mystificatrice, y compris la religion et ses interprétations : La marchandise est partout vénérée par la consommation comme une idole, ce qui est le cas surtout de ses victimes par excellence, celles qui ont peu d’argent pour acheter les marchandises, y compris des chaussures de course les plus à la mode dans les quartiers les plus pauvres où les Jeunes devraient peut-être se préoccuper davantage de reconstruire le Parti que de porter des marques célèbres… ou, du moins, ils devraient se préoccuper davantage de retrouver leurs propres modes de pensée autonomes. Sinon, ils seront de plus en plus subordonnés à une société vieillissante dominée par une gérontocratie masculine prompte à repousser l’âge de la retraite pour maintenir ses mains crochues sur les emplois non manuels les mieux rémunérés, au lieu d’abaisser l’âge de la retraite et de généraliser la RTT ainsi que les programmes sociaux financés par l’État et accessibles à toutes et tous. Le travail salarié après l’âge de la retraite pourrait être autorisé mais seulement après que la RTT ait généralisé le plein emploi dans chaque secteur concerné. Beaucoup de jeunes savent bien ce qui est en cause : Voir à ce sujet le talentueux groupe La Canaille http://www.youtube.com/watch?v=uNjEMYd56EY ; voir aussi la chanson historique ” C’est la canaille, et bien j’en suishttp://www.youtube.com/watch?v=cEKXjHyaUio et ” La Commune ” de Jean Ferrat : http://www.youtube.com/watch?v=S4LGwWmge3U.)

Il y a un dévoilement historique des catégories et des concepts qui précède toujours l’exposé scientifique d’un sujet donné. Mais celle-ci ne peut atteindre sa pleine scientificité que lorsque l’investigation a achevé son travail et abouti à la catégorie la plus simple et la plus abstraite, lorsque sa découverte a été rendue possible par l’Histoire entendue comme dialectique concrète de la vie (la dialectique de la Nature, celle de l’Historie mettant en cause les institutions humaine et l’Homme, sujet historique agissant, entendu comme “identité contradictoire” unifiant l’une et l’autre dialectique, concept marxiste étranger à la dichotomie cartésienne et leibnizienne opposant l’Objet et le Sujet, comme l’aurait dit Ernest Bloch).

En résumé, nous pourrions dire que nous arrivons alors au “concret pensé” théorisé par Marx, ou si l’on veut au “concept a priori” de Kant, mais sorti de son environnement “steady state” pour être replacé dans le contexte du devenir historique. Ex : Les molécules de Lavoisier ont enfin pu être formulées en une série d’équations et, à partir de là, il ne s’agissait plus que de compléter le Tableau fondamental ; quant à l’économie politique, la double identité de la marchandise en tant que “valeur d’usage” et “valeur d’échange”, caractérisant la force de travail elle-même, ne pouvait être perçue avant que la force de travail ne soit contrainte de se vendre “librement” sur le marché comme n’importe quelle autre marchandise, exprimant ainsi sa commensurabilité sociale loin de l’occultation de l’esclavage ou loin de la servitude féodale et administrative exprimée par le “prix juste” ou le “prix bureaucratique” de saint Thomas d’Aquin. ( En effet, le contexte historique impose des limites. Ainsi, Aristote avait déjà posé la bonne question économique mais, comme l’a noté Marx, il n’a pas pu répondre à la question : “Comment s’échange un trépied contre un lit ?”, tout simplement parce qu’il vivait dans une société dominée par l’esclavage). Le reste n’est que paralogismes ou, pire encore, sophismes (Bacon), c’est-à-dire des formes pré-scientifiques d’aliénation (illogique), qui ont fait bondir le bon vieux et incomparable philosophe Kant, surtout lorsque ces paralogismes étaient sciemment érigés en récits à utiliser contre les intérêts du peuple par les obscurantistes habituels. En effet, Kant est l’un des véritables Pères de la Révolution laïque et sociale française.

B ) Concrètement, en ce qui concerne l’économie politique et sa critique : La marchandise, tout comme l’argent, est une relation sociale en plus d’être une valeur d’usage spécifique. (L’argent en tant que marchandise n’est ni un équivalent singulier ni un équivalent universel, mais simplement un équivalent général. Seule la valeur d’échange de la force de travail peut être qualifiée d’équivalent universel capable de donner un sens à la commensurabilité économique de toutes les marchandises entre elles, y compris la valeur d’échange de la force de travail et de l’argent). Mais cette relation sociale n’est pas toujours transparente. Elle est souvent mystifiée, en particulier lorsque les relations sociales d’exploitation et d’aliénation qui sous-tendent sa production (et pas seulement dans ses formes les plus abjectes telles que le travail des enfants ou l’esclavage) ne sont pas claires comme de l’eau de roche – par exemple, les chaussures de course mentionnées plus haut ou les sacs à main féminins contrefaits imitant des marques célèbres : Tout cela fait référence au statut social, ou à son “apparence”. Rappelez-vous ce que Lord Sydenham a écrit au Foreign Office après que le “whig” Lord Durham eut écrasé la rébellion des Patriotes en Amérique du Nord. “Nous devons accorder l’apparence de la démocratie, plutôt que sa réalité”, un conseil qui a conduit à un type particulier de “gouvernement responsable” mais soumis.

En tant que telle, la marchandise est intrinsèquement aliénante et raconte une histoire aliénante ; par exemple, celle qui a été instrumentalisée par la série télévisée “Dallas” largement diffusée dans les bidonvilles du monde, avant les soi-disant “reality shows”. Il s’agit ici du “principe” intime ou de la “théologie de l’espoir” de la marchandise : Le marketing et ses règles sont les évangiles régressifs de la marchandise ; Veblen en a même fourni la version liturgique nécessaire aux classes moyennes non initiées. On leur prêche le credo de la mobilité et de la méritocratie. Elles s’imaginent ainsi faire partie des “classes aisées ” qui rivalisent entre elles et mesurent le degré de leur salut à l’aune infime de l’étendue de leur consommation, littéralement érigée en nouveau “standard de vie” ou, mieux encore, en “American Way of Life”. L’Esprit Saint sécularisé par Joachim de Fiore comme le Paraclet égalitaire annoncé, ou, si l’on veut, la Conscience humaine de la Fraternité de l’Homme incarnée par le “Prince moderne” de Gramsci, est ainsi masqué par le Veau d’or hégémonique et aliénant du consumérisme.

C ) Le détail : La division du travail et par conséquent l’aliénation inévitable, au sens de séparation, du travailleur par rapport à son produit. Pour échanger son produit contre quelque chose dont il a réellement besoin, il doit passer par un processus social dans lequel il peut se confronter à d’autres travailleurs pressés par la même séparation et donc par des besoins équivalents. En bref, il doit passer par un contexte social de division du travail et d’échange organisé de produits sur divers marchés (topologiques, institutionnels ou abstraits selon la contribution de Karl Polanyi). Mais ceux-ci échappent à son contrôle et font souvent de lui une victime : dans Global Reach, Barnett et Müller présentent de manière frappante le tableau des acheteurs de Coca-Cola au Mexique et dans d’autres pays sous-développés de l’époque. Ainsi, en général, la victime de l’aliénation des marchandises peut penser qu’elle désire un Coca-Cola alors qu’en réalité, elle désire et a besoin d’une bonne tortilla ou d’un taco, d’un sandwich, d’un bon spaghetti ou d’un succulent couscous fabriqué à partir d’organismes non génétiquement modifiés. Les désirs et les besoins sont manipulés, mais pas seulement pour la consommation : Nous savons tous que le café ou le thé, et d’autres substances similaires, ont été distribués en masse comme stimulants, dès que le travail a été intensifié par le taylorisme et maintenant par le mini-taylorisme. De nos jours, la consommation de cocaïne semble augmenter en raison de la vitesse et de l’environnement stressant des bureaux modernes, ironiquement surtout parmi les traders. Comme on le voit, il ne s’agit pas seulement d’être jeune et sérieux et de savoir verser le lait avant le thé chaud, afin d’éviter de briser les tasses en porcelaine fine avant de lire “Humanitad” à haute voix.

D ) La conclusion : Sous le féodalisme, les relations sociales étaient des relations directes, de personne à personne, bien qu’il s’agisse de relations sociales de servitude reposant sur une échelle structurellement hiérarchique qui définissait strictement le statut social. Cela incluait l’élection divine transposée dans le droit divin des rois et des aristocrates, une forme de surdétermination idéologique bien adaptée au Moyen-âge. Dans un tel contexte, selon Marx, tout est clair : il s’agit de la dialectique ouverte entre maîtres et esclaves (Hegel) ou même entre maîtres et domestiques (Swift), dans laquelle le consentement et l’obéissance ne sont jamais considérés comme acquis et où la force brute est toujours présente et à laquelle on a toujours ouvertement recours afin de maintenir la hiérarchie sociale. Au contraire, sous le capitalisme, la marchandise se présente comme le résultat d’une égalité économique fondamentale, qui doit être en grande partie valide, autrement aucun échange d’une marchandise spécifique contre une autre très différente ne serait jamais possible entre des citoyens formellement libres et égaux ayant le droit de déterminer leur consommation par eux-mêmes. Cependant, cette égalité (formelle) est matérialisée par la sueur, le sang et la chair du travailleur : Cela se fait par la médiation du contrat de travail dit “libre”. Ce contrat met en scène un travailleur salarié, donc exploité et aliéné, contraint de vendre “librement” sa force de travail à l’inévitable “homme au sac” (le “free-trader Vulgaris”) qui joue désormais le rôle de propriétaire des moyens de production. Dans ce contexte, le travailleur ne peut que s’attendre à être tanné comme une peau en cuire (voir la fin du chapitre VI du Livre I du Capital : http://www.marxists.org/archive/marx/works/1867-c1/ch06.htm . Il traite de l’achat et de la vente de la force de travail, qui constitue à mon sens l’illustration concrète du chapitre sur le fétichisme).

Certes, le travailleur est libre de mourir de faim s’il ne vend pas sa force de travail au capitaliste, à son frère ou à un autre capitaliste identique au premier. Mais il ne peut porter la main sur la propriété privée car l’État bourgeois, dont le rôle principal est de la défendre, est doté du monopole de l’usage légal de la force. Les crimes coûteux des cols blancs peuvent être traités avec indulgence, et même être imputés à un « twenty something » – “jeune d’une vingtaine d’années” – , mais certainement pas les petits crimes des cols bleus. Ainsi, on dit parfois que la meilleure façon de tuer un homme c’est de le priver de son emploi.

Les marchandises, c’est-à-dire les “choses”, dominent l’Homme de la même manière que les idoles religieuses dominent la raison (la conscience) du croyant aliéné. C’est pourquoi le socialisme n’a rien à voir avec Max Weber ni avec tant de bonnes âmes et leur penchant pour la “communauté locale” : Il ne cherche pas à revenir à une société statutaire et interpersonnelle, qui s’annonce toujours aliénante et hiérarchique sous prétexte de protéger les hommes des aspects impersonnels les plus froids du capitalisme. Cette utopie du “petit village” est au socialisme ce que le boucher et le dépanneur du coin sont au capitalisme moderne caractérisé par les grandes entreprises et les transnationales. Le socialisme n’est pas une dictature des pairs gérée comme une police de quartier : Au contraire, il s’inspire de l’égalité et de l’autonomie économiques effectives, qui sont la contribution révolutionnaire établie du capitalisme. En effet, la médiation par les marchandises engendre la science économique et donc la fin définitive du statut social hiérarchique qui incarne la servitude de personne à personne – y compris sous la forme archaïque de l’échange de cadeaux, comme le potlatch, etc. Au contraire, le socialisme s’approprie pleinement cette égalité économique, mais il le fait désormais scientifiquement par la science inaugurée par le Capital, et socialement par la Révolution et la démocratie socialiste. De même, il s’approprie collectivement la production et la distribution des marchandises réellement nécessaires aux individus ou à la société en général.

Ce faisant, il développe la forme spécifique socialiste de l’échange. L’échange en soi ne peut être assimilé à l’échange capitaliste ; l’échange devient un mode de vie générique et incontournable dès lors que la division du travail s’est enracinée, mais, bien entendu, il s’objective dans des formes sociales très spécifiques, qui sont surdéterminées par le mode de production dominant.

C’est dans ce processus concret de réappropriation que réside « le recouvrement de l’Homme par l’Homme lui-même » souhaitée par le jeune Marx et par tous les marxistes et citoyens à part entière, sa relation égalitaire avec la communauté en tant que producteur collectif, et non dans une relation personnalisée de personne à personne. Dans une véritable société socialiste, personne n’a besoin de perdre son temps à travailler ses réseaux et faire du networking pour avancer. En effet, sur cette base véritablement égalitaire, les relations interpersonnelles de fraternité, de sororité et d’amour peuvent alors prendre une nouvelle forme, une forme qui serait entièrement libre et émancipée (voir mon “Institutionnalisation des mœurs” dans la partie rose de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com ) Cela se déroulera naturellement dans le Domaine de la Liberté socialiste et non dans le Domaine de la Nécessité.

Ceci est crucial à un autre niveau. La planification démocratique socialiste ne devrait pas seulement être administrativement décentralisée et bilatérale afin d’ajuster constamment les performances à court et moyen terme pour atteindre des objectifs à long terme prédéterminés. Elle doit également être décentralisée dans toute la mesure du possible et compatible avec la cohérence nationale de la Formation Sociale. C’est le rôle de l’Assemblée nationale des citoyens et de la société civile socialiste. En reprenant les meilleurs apports de Mao ou du Printemps de Prague, cela impliquerait : des syndicats de producteurs et des collectifs de consommateurs, des comités de travailleurs, y compris de cadres, des comités d’universitaires et de chercheurs, etc.

La démocratisation de la bureaucratie (composée de “fonctionnaires publics”) devient alors un élément essentiel. Elle recueille et articule l’information qui permet ensuite à la Planification socialiste de déterminer socialement les priorités socio-économiques pour les plans quinquennaux, ceux-ci étant ensuite vérifiés et ajustés en permanence à tous les niveaux. Dans mon Précis d’économie politique marxiste, j’ai montré comment la fonction de production marxiste et les équations de la Reproduction Simple et Élargie peuvent rendre compte de tous les échanges socio-économiques dans des situations d’équilibre dynamique, y compris l’utilisation du “crédit” socialiste. Je montre également l’effet dévastateur de la spéculation. Surtout, la fonction de production marxiste pourrait être vérifiée presque instantanément par l’utilisation en ligne de codes-barres adaptés, simplement scannés et traités de manière centralisée : On disposerait ainsi de plusieurs séries de statistiques objectives et en temps réel, pour tous les secteurs et toutes les industries, et même pour les différentes filières, par nature intersectorielles.

Dans un tel contexte, le Parti joue le rôle crucial de garant politique de la Constitution socialiste et des lois, ainsi que le rôle de coordinateur central. En même temps, il est lui-même soumis à son propre contrôle interne par la base, par la mise en œuvre d’un “centralisme démocratique” qui ne devrait jamais permettre un quelconque report des calendriers électoraux et des congrès, qu’ils soient régis par des règles d’urgence de guerre ou non (les règles d’urgence de guerre étant limitées dans le temps et devant être justifiées, notamment avant d’être prolongées). La démocratie socialiste, bien que “centralisée”, serait diffusée à tous les niveaux de la société, au moins dans le Domaine de la nécessité. C’est la seule façon de garantir le non-retour à une société de classes, la seule garantie que le fonctionnement interne du système conduira de plus en plus, par étapes, au “dépérissement” de l’Etat en tant que structure extérieure et répressive placée au-dessus de la société civile. Jusqu’à présent, le Parti et les Appareils d’État ont été dotés à tort de nombreux privilèges ; naturellement, ils se sont rapidement éloignés de leur propre société civile socialiste et ont rapidement trahi leur système de “commandement et de contrôle”. Ils l’ont fait en faveur d’un système qui, en réalité, est bien pire, mais qui partage les mêmes caractéristiques, bien que mieux déguisées, que le système capitaliste moderne dominé par les grandes entreprises et les grandes banques. La démocratie socialiste reste en effet la question principale.

Comme on le voit, les conditions matérielles et institutionnelles nécessaires au « recouvrement de l’Homme par l’Homme lui-même » ne sont pas difficiles à concevoir. La confusion entretenue par le système est d’autant plus étonnante que le chapitre de Marx sur le fétichisme, bien que très dense, est pourtant parfaitement clair : Cependant, trop de pitres, de petits clercs et de servi in camera, surtout au sein des universités bourgeoises mais payés sur deniers publics, sont constamment à l’œuvre pour débiter des cargaisons trop souvent conscientes d’absurdités et d’inepties. Ils le font ad nauseum. Ces bavardages sont rapidement inférieurs à celui de G. Simmel sur l’argent. Même Plekhanov y va de sa “théorie psychologique” de l’argent alors que, dans le meilleur des cas, l’argent n’est rien d’autre qu’un effet des relations sociales marchandisées.

Cela dit, l’argent reste le nerf de la guerre pour ne pas être monopolisé par quelques-uns, surtout lorsqu’il s’agit du financement des partis politiques et des campagnes électorales, y compris l’utilisation des médias, dans le cadre de notre démocratie bourgeoise pluraliste. En effet, la démocratie pluraliste est surdéterminée par l’argent et par les loges maçonniques occultes, les plus dépravées et les plus inégalitaires, toujours décidées à imposer leur présélection en coulisse. Elle ne sert que les intérêts du pouvoir en place.

Il n’est donc pas étonnant que l’argent, l’équivalent général qui voudrait se poser comme l’équivalent universel et comme l’instrument principal du pouvoir entre les mains des prétendus Maîtres de la Terre (voir le Faust de Goethe), soit le rapport social capitaliste par excellence : Aujourd’hui, il prend l’allure d’une monnaie autonomisée sous forme de « papier Kerouac » ou de monnaie électronique, et de “crédit sans collatéral ” généralement distribué par les soi-disant “banques universelles” fonctionnant normalement avec des ratios prudentiels, sauf que ces derniers sont désormais remplacés de facto par le Quantitative Easing répétitif des Banques Centrales. (Sur ce sujet, voir aussi mon article « To save the Eurozone we must terminate the so-called universal bank » dans la section Livres-Books de mon vieux site expérimental. En fin de compte, la crise actuelle avec ses bailouts a illustré une évidence : Le véritable “prêteur en dernier ressort” est le contribuable, certainement pas la Banque centrale, même si le plafond budgétaire explose, pour ainsi dire ; voir “Credit without collateral” et “The Treasury and the Fed” dans la section Économie politique internationale de ce même site).

Ce crédit sans collatéral est désormais le Moloch monothéiste philosémite nietzschéen auquel les grands prêtres bourgeois sacrifient sans remords et avec la meilleure conscience du monde, y compris au sein du PS, sans épargner leur propre République, leur propre peuple ou leur propre État. Pourquoi l’État devrait-il être un État minimal, non interventionniste ? En vertu de quels faits scientifiques ? Pourquoi les dépenses publiques ne devraient-elles pas dépasser 17 % environ de l’ensemble du PIB ? En vertu de quels faits ? Certainement pas en vertu de la théorie scientifique de la “plus-value sociale”, en partie redécouverte par Lord Beveridge, Keynes et les épigones de l’Etat social occidental post-résistance ?

Le fait est que l’extension de la “plus-value sociale” est la condition préalable à la poursuite du développement de la productivité microéconomique et de la compétitivité macroéconomique. La théorie de Laffer sur l'”éviction” de l’investissement privé, qui ne vaut que pour la serviette en papier sur laquelle elle a été conçue, semble tragiquement hilarante aujourd’hui étant donné le poids de la dette souveraine privatisée sur les finances de l’État.

C’est particulièrement vrai quand on calcule les aggravations ajoutées par le rôle joué par les “banques primaires” dans la commercialisation des obligations d’État, et celui de leurs agences de notation associées et complices dans leur évaluation subjective du risque, qui à son tour affecte les CDS absurdes qui leur sont appliqués : En vérité, les États-providence les plus avancés n’ont jamais produit un “credit crunch” aussi dévastateur que celui auquel nous assistons aujourd’hui, malgré les assouplissements quantitatifs à répétition et les taux d’intérêt principaux proches de zéro pratiqués aux États-Unis. Ajoutons, pour faire bonne mesure, que les anciennes subventions directes n’ont jamais représenté ne serait-ce qu’une petite fraction des soi-disant “dépenses fiscales” – tax expenditures – inefficaces d’aujourd’hui. En effet, compte tenu des pressions électorales inévitables, leur rôle est d’effacer préventivement toute consolidation ou tout excédent budgétaire apparent, de peur que les excédents potentiels ou réels ne soient consacrés à la réhabilitation des programmes sociaux, ainsi qu’au lancement de soi-disant stratégies industrielles ; De plus, si vous en faites l’élément central de votre stratégie monétariste en faveur du secteur privé, ces dépenses fiscales feront en sorte que le budget apparaîtra toujours aussi précaire qu’il peut l’être, nécessitant ainsi davantage de mesures d’austérité conçue comme une pratique sûre de “bon sens” dans le cadre de la “paix, de l’ordre et du bon gouvernement”. Heureusement, ces mesures sont ruineuses et insoutenables à long terme. Par exemple, il y a peu, elles s’élevaient à 120 milliards d’euros en plus de tous les autres crédits et exonérations accordés au capital en France. (Au Canada, malgré la différence démographique, le montant est également de l’ordre de 120 milliards de dollars canadiens !)

Cette évidence s’impose comme une condamnation de la soi-disant “public policy ” néolibérale monétariste sans fondement et de sa philosophie de “flat tax”. Cependant, on peut constater que l’argument en sa faveur peut être et reste toujours avancé par les adorateurs des “esprits animaux” du capitalisme, un groupe de réactionnaires viscéraux toujours prêts à retomber – voir la logique du fascisme dans un passé pas si lointain – dans les formes de domination précapitalistes théocratiques, obscurantistes et racistes les plus barbares : Il s’agit d’une régression féroce, coûteuse et sanglante – de la part de ces enfants ordinaires et “soft” de Salò – dont les communistes sont aujourd’hui définitivement fatigués : Si Staline était pire qu’Hitler, alors méfiez-vous, car en détruisant Staline après l’avoir assassiné, vous préparez une inévitable répétition exclusiviste de l’Histoire, mais cette fois-ci sans Staline !

Althusser s’inscrit en faux contre la stratégie du Parti

Jusqu’à présent, mon travail a été conçu comme une tentative de “lecture du Capital“, c’est-à-dire une tentative de traitement définitif des exigences conceptuelles et théoriques formulées par le grand marxiste Louis Althusser. Néanmoins, en 1978, Althusser commençait à regarder favorablement les prolégomènes de Sraffa, probablement à cause de la soi-disant et absurde fausse controverse valeur-prix de production, qui avait été réactualisée par Arghiri Emmanuel, Christian Palloix et Bettelheim, voir : ” A propos de l’échange inégal ” in L’Homme et la société, Nr 18, 1970). Mes livres fournissent la validation de la loi marxiste de la valeur, validation scientifique définitive, jusqu’à preuve du contraire avec droit de réponse. Aucune réfutation n’a été proposée jusqu’à présent ; selon mon analogie du “puzzle” pour la certitude dans un univers donné, je crois qu’aucune n’est possible en ce qui concerne les points centraux : La théorie de Marx est scientifique de part en part. Dans ce contexte, il faut souligner la pertinence de la lettre de Gramsci à Sraffa dans laquelle il commente la méthodologie de Ricardo en incitant Sraffa, dans sa réponse, à mentionner les Manuscrits parisiens de 1844. C’est dans ce livre que le jeune Marx a formulé pour la première fois le concept de “demande sociale”, que j’ai ensuite traduit dans ses termes précis et opérationnels marxiste de valeur d’échange sous la forme des Équations de la reproduction du Livre II du Capital. Il ne fait aucun doute qu’Althusser aurait refusé d’approuver le soi-disant pacte social proposé par les néo-ricardiens autoproclamés, prolifiques et totalement vacillants. Ceux-ci ont détruit l’Italie depuis 1992 avec leur politique néolibérale de distribution des revenus (distribuzione dei redditi). Ils l’ont fait immédiatement après que la destruction interne du PCI ait ouvert la porte à leur influence. Aujourd’hui, le même type de politique de redistribution régressive est mis en œuvre en France par les philosémites nietzschéens sans vergogne surreprésentés dans les rangs dominants du PS. C’est une bande de Lilliputiens sans âme. Cette clique prétendrait même s’autoproclamer “liquidatrice ” du marxisme, tout en essayant pathétiquement de maintenir un pied ici et un pied là. Espérons sincèrement que cette tendance ne triomphera pas au sein du PS : elle a peu de chance de triompher en France et en Europe.

Dans son “Marx dans ses limites“, Althusser s’insurge contre la stratégie du Parti. Sa “problématique” reste centrale aujourd’hui. La stratégie de G. Marchais, alors secrétaire général du PCF, était la bonne à l’origine. Mais elle a été mal appliquée, ne serait-ce que parce que le Parti était coupé des intellectuels marxistes les plus avancés, tel Althusser, et de ses nombreux partisans, qui étaient les jeunes étudiants les plus brillants du pays, voire du monde, à l’époque. L’incompréhension des principales tendances économiques constituait un problème supplémentaire. Le Parti est resté fidèle à son attachement immuable à la théorie du capitalisme monopoliste, alors même que la réalité évoluait rapidement vers l’internationalisation du capital productif et, peu après, vers un monétarisme triomphant et des accords de libre-échange mondiaux sans entraves. En effet, l’une des principales préoccupations du PS dans les années 80, après le « tournant de la rigueur », était la fusion des banques, bien que certaines voix s’élevaient déjà pour dénoncer la dégradation possible des “meilleures signatures”. Mai 68 avait été un mouvement à multiples facettes, amis il avait illustré à sa manière l’inadéquation de la société au processus d’automatisation croissant, avec ses nouvelles hiérarchies et ses cadences de travail accélérées. Ce processus a été illustré par l’introduction de la machine à commande numérique sur le lieu de travail ; peu après, il a été présenté par Alvin Toffler dans son livre Future Shock (1970) comme un nouveau monde meilleur.

Pourtant, là encore, c’est Althusser qui avait proposé la stratégie contre-hégémonique gagnante consistant à fédérer tous les groupes progressistes de la société civile et politique sous l’hégémonie persuasive de la théorie marxiste, en mettant la forte organisation du PCF au service de ce mouvement fédérateur. Mais il n’a été entendu que par les ennemis du marxisme. Il en a été de même lorsque j’ai proposé de revisiter la proposition d’Althusser après le sommet du G8 à Genève. Devant l’enthousiasme initial des militants et le soutien de RPC de l’époque, 3 millions de personnes se sont rassemblées à Florence contre la mondialisation et ses guerres. Cette mobilisation de masse a rapidement obligé de nombreux renégats à sortir de leur placard, notamment dans la contre-création d’une gauche européenne renégate. Celle-ci s’opposait frontalement à ma proposition en faveur d’une Fédération européenne des partis communistes. Apparemment, pour tous ces pitres surnuméraires et surpayés, le marxisme devait être éradiqué et les partis communistes nominaux restants devaient être absorbés et dilués dans de nouveaux conteneurs renégats sociaux-démocrates. Cela correspond au rêve perpétuel des obscurantistes de toutes les époques, qui haïssent passionnément la science et ses véhicules.

Quoi qu’il en soit, le PS était alors dirigé par le très machiavélique F. Mitterrand, finalement plus réellement socialiste que nombre des principaux dirigeants socialistes de l’époque, sans parler de la nombreuse camarilla qui lui est rapidement montée sur le dos. Il a ainsi pu jouer avec une palette plus large et plus polyvalente. Le PCF, rapidement isolé, se concentre principalement sur ses soutiens traditionnels. Néanmoins, compte tenu du “double tour” électoral français, le PCF s’obstine à jouer le même jeu en 1981, pour assurer la victoire de la gauche. Il s’agit d’un exemple parfait de “ruse de l’Histoire” puisque, après la victoire de la gauche en 1981, le PS a dû remercier le PCF pour son soutien et s’est donc initialement rallié au Programme commun. Cela a conduit à des nationalisations rapides et massives, qui ont même été étendues aux banques. La terrible trahison de 1983 marque le début de la fin pour le PCF. Elle est suivie par la promesse creuse de Jacques Delors de négocier une Europe sociale en échange du soutien immédiat de l’électorat de gauche au traité de Maastricht.

Malgré cela, le PCF refuse de rompre clairement avec le gouvernement socialiste pour retrouver son autonomie politique et théorique. Il n’a même pas clarifié sa tactique et sa stratégie en termes marxistes autonomes. Ce faisant, il a choisi de rester une force subalterne de plus en plus vendue à la volonté idéologique de se présenter comme un possible “parti de gouvernement”, parfaitement capable de gouverner dans les limites strictes imposées par le capital et l’Alliance atlantique ! Il s’est mis à partager le même état d’esprit et le même paradigme … marginaliste et, mine de rien, le même paradigme “anti-stalinien” alors propagé par l’agit-prop des Nouveaux Philosophes carrément sales et vénaux qui commençaient alors à gangrener les mass-médias. Bien entendu, dans ce processus délétère, la section Kriegel n’a pas tardé à être réhabilitée et à prendre le relais. Voir Annie Kriegel et son décalage opportuniste caractéristique sur les faits cruciaux des “blouses blanches” … après la contre-révolution hongroise menée par les juifs et les sionistes. Par cette étiquette commode, j’entends les sections politiques qui étaient l’équivalent de la section Berlinguer en Italie. Comme en Italie (ou comme Beria avant sa mort), ils étaient convaincus en privé que l’OTAN était bien meilleure que le bloc de l’Est et que le pluralisme bourgeois était le summum de la démocratie. Ils trahissaient ainsi la confiance de leurs membres et de leur base qui les payaient en tant que dirigeants communistes. (En plus de la « surreprésentation »  j’ai donc dû développer le concept de “fausse représentation démocratique” pour faire face à ce phénomène délétère). Ce faisant, ils adoptaient la même position que celle adoptée, par exemple, par le faux infiltré et autoproclamé “orthodoxe” Georg Lukacs après le soulèvement tragiquement contre-révolutionnaire en Hongrie. Comme nous le savons, ce soulèvement avait été la conséquence directe, quoique tardive, de la trahison avortée de Beria, qui voulait prendre le pouvoir après l’assassinat de Staline avec le soutien des États-Unis en échange de la rétrocession de l’Europe de l’Est. Ce plan malveillant a été mené à bien par Gorbatchev et Eltsine.

Avec la réhabilitation de cette section, les libertés capitalistes et la culture bourgeoise ont été présentées comme supérieures, et la question de l’exclusivisme (c’est-à-dire l’essentiel de l’argument de la « Question juive » de Marx) a totalement disparu de l’ordre du jour, parallèlement à la montée des sentiments anti-islamiques en France. (En réalité, en ce qui concerne la base, la droite a manipulé cette question dans la mesure où les municipalités qu’elle détenait n’étaient pas disposées à fournir des logements sociaux et d’autres services destinés aux plus pauvres et aux immigrés. Naturellement, les immigrés et les pauvres ont afflué dans les municipalités dirigées par les communistes). Le centre de recherche marxiste a été fermé et, sans surprise, le journal communiste L’Humanité a rapidement pris ses distances avec le Parti et a abondamment cité les nouveaux philosophes les plus répugnants, ainsi que des personnalités comme Derrida, tout en occultant consciencieusement toutes les contributions nouvelles et authentiquement marxistes. Celles-ci étaient soit génériquement dénoncées comme “staliniennes”, soit totalement ignorées. Dans les années 70, certains dirigeants “communistes” sont même allés jusqu’à attaquer le Cuba socialiste, alors encore dirigé par Fidel !

L’analogie peut sans doute être trouvée dans la tentative théorique grotesque de forger une « nouvelle alliance », en transposant les contributions prétentieuses, largement creuses et au mieux behavioristes de Prigogine aux sciences sociales. On pourrait quasiment entendre certains de ces nouveaux “maîtres à penser” se promener en scandant “complexe ! complexe !”, certains d’entre eux considérant même leur survie à la naissance, par étranglement dans leur propre cordon ombilical, comme une sorte de signe : Certes, un signe qui les conforte dans leur dénonciation du marxisme, dont ils s’étaient servis auparavant surtout pour progresser socialement quand le Parti était intellectuellement fort comme principal parti de la Résistance et que les rangs de la droite leur étaient encore largement fermés. Il n’est pas sûr du tout qu’ils en sachent plus sur le pseudo-paradigme de la complexité qu’ils n’en ont jamais su sur le marxisme (résumant la première partie du Discours de la méthode de Descartes, Boileau écrivait : “Ce qui se conçoit bien s’énonce clairement”). Après tout, c’est peut-être une bonne nouvelle car ils peuvent toujours changer d’avis, “une fois encore “, selon les vents dominants. Ce qui vient à l’esprit ici, c’est sans doute l’analogie avec le reniement dévastateur des principes fondamentaux de légitimation, qui a conduit Sparte à couronner un roi bossu et à glisser ainsi rapidement vers sa propre destruction ?

Le contexte délétère est devenu tel dans les années 90 que le marginalisme de Solow et Cie, médiatisé au profit des militants no-global par des gens comme Stiglitz, rapidement libéré de la Banque mondiale pour jouer son rôle de médiateur, a été colporté comme étant supérieur au communisme authentique. Ces gens ont prudemment commencé à prendre leurs distances avec une URSS dogmatique pervertie de l’intérieur par le catéchisme hypocrite des assassins rabbiniques de Staline, qui ont finalement pris le pouvoir avec Khrouchtchev. Il n’est pas nécessaire de gratter profondément sous la surface pour se rendre compte que le “stalinisme” qu’ils dénoncent n’a rien à voir avec le marxisme de Staline ou celui de Trotsky – qu’ils considèrent encore pire que Staline lui-même – mais surtout avec leurs propres crimes dictatoriaux – et celui de Yeshov. Les pires criminels aiment ériger des mémoriaux pour dissimuler leurs propres traces. Ces crimes, ils ont ensuite eu besoin de les imputer à leur sauveur, Staline, un authentique communiste. La méthode est toujours la même : les criminels tentent toujours d’effacer leurs traces.

L’Histoire est en effet l’un des principaux enjeux de la lutte des classes : Mais Staline n’a jamais réécrit l’Histoire de manière aussi sale et intéressée qu’eux. Ce processus a commencé précisément après leur changement d’allégeance en 1948, suite à la proclamation unilatérale d’Israël (un État toujours illégal en l’absence d’un État palestinien indépendant, mais qui n’aurait pas survécu à sa naissance si Staline n’avait pas transmis les armes nécessaires par l’intermédiaire de l’Allemagne de l’Est, à une époque où les États-Unis menaient une diplomatie pro-arabe et pro-saoudienne au Moyen-Orient). L’accord officieux de Genève né de ma proposition “Camp David II”, rédigé dans les circonstances les plus difficiles – voir les annexes de mon Pour Marx, contre le nihilisme – a été rejeté de façon meurtrière par une série de crimes les plus crapuleux pour lesquels le jour du jugement viendra inévitablement, comme toujours dans l’Histoire).

La vérité est que Staline a été rendu responsable des crimes commis par le juif soviétique Yeshov, le Sade de la révolution bolchévique. Il a ensuite été religieusement sali dans l’application rigoureuse des rituels habituels d’occultation et d’usurpation de la Mémoire historique, même si le prétendu “stalinisme” à dénoncer n’avait rien à voir avec Staline lui-même. Il était mort depuis de nombreuses années lorsque les dénonciations ouvertes au sein de l’URSS ont été initiées en 1956. Cette campagne d’agit-prop s’est amplifiée notamment après l’échec de la contre-révolution hongroise. Même Trotski n’a jamais tenté de salir Staline d’une manière aussi ridicule. Il a toujours pris soin de le critiquer d’un point de vue strictement marxiste – de même, Mao parlait de contradictions au sein du prolétariat et entre celui-ci et la bourgeoisie. En fait, la position de Trotski a exaspéré la CIA et des gens comme Max Shachtman, un hystérique et démagogue, surtout après que Trotski ait refusé d’être manipulé par eux contre le dirigeant soviétique (voir la question de la Finlande). Cette position communiste de principe a probablement conduit à l’assassinat de Trotsky avec de nombreuses complicités, notamment de l’OCRA fasciste et de ses liens étroits avec l’Espagne franquiste, et a ensuite été commodément, mais sans fondement, imputée à Staline. De même, Khrouchtchev et Kaganovic, et non Staline, étaient les commissaires envoyés par le Politburo en Ukraine … bien que Kaganovic n’ait jamais été aussi salissant que Khrouchtchev en ce qui concerne le rôle de Staline.

En vérité, Staline, contrairement à Khrouchtchev, n’aurait jamais osé prendre un Liberman comme principal conseiller économique, pas plus qu’il n’a pris Marris comme conseiller linguistique et sur la lingua franca à adopter en Union soviétique voir : The Restoration of capitalism in the Soviet Union par W. B Bland, dans le site http://www.oneparty.co.uk/ . Bien entendu, la proposition malicieuse de Marris en faveur d’une nouvelle langue “socialiste” artificiellement créée pour l’URSS n’avait aucun sens. Elle aurait provoqué la désintégration violente de la fédération soviétique multinationale péniblement construite par l’ancien commissaire aux nationalités, Staline, sous la supervision de Lénine. En effet, on se demande comment quelqu’un, a fortiori un linguiste prétendument célèbre, a pu proposer quelque chose d’aussi manifestement stupide et criminel, d’autant plus que l’URSS était alors entièrement encerclée par ses ennemis de classe. Bien entendu, les nationalités ont ensuite été manipulées par Eltsine et ses appuis internes et externes pour provoquer la dislocation de l’URSS. Cela est indéniable avec le sommet de Minsk qui s’est tenu malgré les protestations du dirigeant du Kazakhstan ; de toute évidence, la logique de Minsk de ces révisionnistes était motivée par la haine des républiques islamiques soviétiques, laïques mais culturellement vivantes, dont on disait qu’elles avaient une démographie incontrôlée ( !), alors que l’axe américano-israélien planifiait déjà ses nouvelles guerres préventives en Asie centrale au nom du soi-disant « choc des civilisations » et de la soi-disant “guerre contre le terrorisme”).

En bref, les aspects “totalitaires” typiquement moralisateurs, vertueux et révisionnistes de l’URSS ont ouvertement commencé après 1956, lorsque Khrouchtchev a remporté la lutte pour le pouvoir. Le marxisme a été remplacé par la doxa hypocrite et répressive entretenue par les équipes généralement surreprésentées. Rappelez-vous la réponse de Chou-En-Lai à l’accusation de Khrouchtchev selon laquelle l’ancien mandarin avait trahi son origine de classe. “Oui, répondit fièrement le communiste Chou au leader paysan de l’URSS, nous l’avons fait tous les deux. » Il ne faut pas s’attendre à ce qu’une Hannah Arendt prenne note de ces faits, étant donné sa loyauté envers son professeur et mentor, le docteur nazi Heidegger. De même, un Leo Strauss de seconde zone à Chicago imitait à sa manière le juriste nazi Carl Schmitt. Les anomies de Hayek et le libertarianisme économique de droite en paraissent presque bénins. Naturellement, ces révisionnistes restent attachés jusqu’au bout – voir la Perestroïka de Gorbatchev – au privilège des cadres (en fait, une nouvelle classe dominante) et au rôle traditionnel des femmes en tant que femmes au foyer. Il ne leur est jamais venu à l’esprit que Marx avait expliqué que les sociétés de classes et de hiérarchie ne peuvent être abolies avant que la forme familiale ne soit transcendée (voir la Sainte Famille). Paul Lafargue, lui, l’a très bien compris, il est l’un des rares marxistes à en avoir développé la théorie. L’apologie des cadres et de la femme au foyer est l’aspect biface qui trahit généralement ces épigones. Dans cette optique, le rôle de Brejnev devrait être revisité. En effet, il est devenu le but de toutes les attaques insidieuses des mêmes équipes, alors qu’en réalité, sous son mandat, certes long, le niveau de vie et l’expansion extérieure de l’URSS étaient repartis à la hausse. On dirait qu’il a été vilipendé simplement parce qu’il avait refusé de laisser les Juifs soviétiques immigrer librement en Israël. Une ligne d’attaque plus directe concernerait, bien sûr, le Printemps de Prague et l’Afghanistan. L’Andropov déguisé jouait en tout cas le rôle d’un nouveau Beria, même s’il devait agir avec beaucoup plus de prudence pour éviter d’être pendu à un portemanteau pour avouer humblement face à un pistolet de service comme Beria face à celui de Joukov. Ceci devrait être clarifié par des historiens objectifs.

Cependant, il est indéniable que la création d’Israël, ainsi que la surreprésentation des Juifs soviétiques dans les appareils centraux de l’URSS, ont mis fin au communisme bolchévique. Nous savons que le commissaire à la question nationale, Staline, avait développé le caractère multinational de l’État soviétique, sous la supervision de Lénine : Dans l’architecture des républiques soviétiques fédérées, la république la plus grande et la plus peuplée n’avait pas de représentation propre et était assimilée à l’État soviétique fédéral lui-même. Le Parti a reproduit la même architecture, transformant ainsi institutionnellement les Russes en citoyens soviétiques. Les Juifs soviétiques n’avaient pas de république soviétique fédérale propre ; ainsi, dès le début, ils ont rapidement été surreprésentés au sein des appareils centraux du Parti et de l’État, en particulier au sein des appareils de renseignement. À cela s’ajoute l’influence de Molotova. C’est ce qui, en fin de compte, provoquera la lente mais inévitable destruction interne de l’URSS après 1948 (la même chose se produit ailleurs et s’est produite en Allemagne au cours du siècle dernier) (Ajout : aujourd’hui les ravages de la politique matrimoniale se retrouve partout dans l’Occident en proie à la surreprésentation et à la fausse représentation. C’est un fait sociologique indéniable, d’ailleurs visible à l’œil nu.)

Après cette date signifiante, l’universalité et l’égalité ont été lentement remplacées par une “singularité” exclusiviste. Bientôt, Staline fut présenté comme un criminel pire qu’Hitler, tandis que Schindler, flanqué de son comptable juif Stern, était transformé en homme vertueux, alors  qu’une Shoah monstrueuse car exclusiviste était criminellement substituée à l’Histoire commune de la déportation et de la Résistance au Nazifascisme. Il s’agit vraiment de la régression la plus grave et la plus répugnante dont on ait jamais été témoin dans l’histoire de l’humanité moderne, une régression qui ne peut que se terminer comme toutes les autres tentatives de ce genre se sont terminées auparavant. Staline avait vainement proposé la création d’une république soviétique juive dans l’Extrême-Orient soviétique ou en Crimée. Mais cette solution communiste était nécessairement inacceptable car, compte tenu des régressions anti-communistes et anti-égalitaires, la singularité doit prédominer sur l’universalité. Une race exclusivement (auto)élue doit obligatoirement considérer la séparation de l’Église et de l’État, qui représente pourtant le fondement même de l’égalité constitutionnelle de tous les citoyens, comme une “idéologie comme une autre”. De même, elle ne peut être confinée dans une seule république, si celle-ci n’est pas à la tête de l’Empire mondial : c’est ainsi que le changement fatal d’allégeance apparu avec la création d’Israël, ainsi que la surreprésentation des Juifs dans les appareils dirigeants du PCUS, ont conduit à l’assassinat de Staline dès qu’il eût initié des politiques visant à corriger cette surreprésentation après 1948 (ne serait-ce que pour protéger la patrie communiste).

Le changement de loyauté n’a pas été immédiat pour toutes les parties concernées. Il s’est aggravé après 1956. L’une des raisons en est que les Juifs faisaient encore l’objet d’une forte discrimination aux États-Unis bien après la mort de Staline, le 5 mars 1953. L’autre raison est qu’Israël, à ses débuts, ne disposait d’aucun autre soutien efficace que celui de l’Union soviétique ; en fait, il aurait été balayé du Moyen-Orient sans le soutien de Staline par l’intermédiaire de l’Allemagne de l’Est en 1948. En outre, les services de renseignement – jusqu’à Primakov et même après lui – étaient résolument pro-israéliens. La vérité est qu’en 1973, Israël avait perdu la guerre contre l’Égypte, mais qu’il l’a finalement gagnée parce que les conseillers militaires soviétiques ont retiré les batteries de missiles Sam : Le projet diplomatique bipolaire semblait être de confronter Israël à une défaite écrasante afin de le forcer à s’assoir à la table des négociations, ce qui s’est produit à Camp David et à Taba. Mais, bien entendu, les militaires égyptiens n’ont jamais pardonné cette défaite et l’Égypte a rapidement changé de camp. De même, pour les mêmes raisons, l’Irak républicain et laïque de Saddam Hussein a été trahi par Rumsfeld d’abord et par les Russes désormais affaiblis ensuite, ainsi que par l’ensemble de la communauté internationale et l’AIEA.

En fait, le communisme sous Staline avait occupé le terrain intellectuel et éthico-politique le plus élevé et s’était développé avec le soutien de nombreuses personnes courageuses, y compris des juifs communistes. Le totalitarisme bureaucratique révisionniste qui a suivi n’était pas une création de Staline. Au contraire, le communisme sous Staline a progressé très rapidement sur tous les fronts et s’est attiré la sympathie de tous les esprits progressistes avancés du monde entier (un exemple illustre est fourni par le grand scientifique et épistémologue anglais J. D. Bernal, auteur du monumental Science in History, Penguin Books, 1965). Un autre exemple parfait est fourni par le film Docteur Jivago. Peu de gens savent que Pasternak a bénéficié des commentaires amicaux de Staline alors qu’il écrivait son chef-d’œuvre. Quoi qu’il en soit, le livre est meilleur que le film – qui a pourtant de belles scènes poétiques.

Les archives ont également clarifié le rôle des communistes pendant la guerre civile espagnole. Comme vous le savez, de nombreuses crapules ont tenté de rendre les communistes responsables de la défaite de la République espagnole après le pronunciamiento de Franco. Ils ont été typiquement condamnés comme “staliniens”, bien que Staline ait été beaucoup plus efficace que Blum et tous les autres soi-disant dirigeants démocratiques réunis, en fournissant un soutien diplomatique et surtout armé. Comme si cela ne suffisait pas, ils ont également été condamnés pour les conséquences de la trahison du colonel franquiste caché Cipriano Mera. Voici ce que l’on peut lire dans une lettre à la rédaction envoyée au Monde diplomatique de janvier 2013, p 2.

Voici ce que l’on peut lire dans le Courrier des Lecteurs du Le Monde diplomatique de janvier 2013, p 2.

« Guerre d’Espagne. M. Fernando Malverde réagit à la recension de l’autobiographie de Cipriano Mera par Floréal Melgar « Guerre, exil et prison d’un anarcho-syndicaliste »

Les « communistes staliniens » d’un côté, l’anarcho-syndicaliste en perdant magnifique de l’autre : on est en pleine image d’Epinal. Il est dommage que, même dans un texte court, Floréal Melgar n’ait pas dit l’essentiel concernant Cipriano Mera : le rôle fondamental qu’il a joué dans la trahison qui provoqua la chute de Madrid et l’entrée sans combat des troupes franquistes, le 28 mars 1939. C’est en effet le coup d’Etat du colonel Segismundo Casado, le 5 mars 1939, qui accéléra la fin de la guerre d’Espagne. Casado, qui manœuvre dans la coulisse avec l’Etat-major de Francisco Franco, renverse le gouvernement de Juan Negrin et de ses soutiens communistes, partisans d’une guerre à outrance. Il provoque une « guerre civile dans la guerre civile » qui fait en quelques jours au moins deux mille morts. Le bras armé de ce coup d’Etat est le quatrième corps d’armée, sous les ordre de …Cipriano Mera. On connaît le résultat de ce sabordage de la résistance : Franco ne tint aucun compte des allégeances anticommunistes des auteurs de cette reddition. Tout le monde fut traité avec la même dureté, dans un véritable bain de sang. » (2)

La démocratie moderne repose sur la séparation de l’Église et de l’État, tout simplement parce qu’elle marque la fin de l’exclusivisme sous toutes ses formes concrètes. Sans elle, aucune égalité formelle et réelle entre les “citoyens” n’est possible. Les citoyens ne sont pas des païens : Ils sont des citoyens à part entière, un point c’est tout. Cela explique pourquoi j’ai dit ailleurs que le seul “temple” auquel on peut vraiment se fier est la Déclaration universelle des droits individuels et sociaux ; c’est aussi le seul lieu de refuge sûr. (Selon la légende biblique, le mont Sion était à l’origine un simple lieu de refuge ; c’est-à-dire avant l’établissement sanglant du royaume juif à la suite de l’assassinat du Grand Prêtre, qui a conduit à la désignation de Jérusalem comme capitale. Notons qu’aucun fait historique et archéologique connu ne vient étayer la légende du temple de Salomon : Jusqu’à présent, ce récit biblique est sans fondement, mais il nous renvoie probablement à la grande diplomatie mouvante des principaux empires de l’époque (déjà à l’époque…), une diplomatie qui impliquait le déplacement initial des tribus d’Ur et leur formation idéologique. Ces grands empires essayaient de gérer leurs marches respectives, d’autant plus que la Palestine a toujours été un carrefour multi-continental). Tout le reste est une erreur tragique ou, au mieux, une médiation – nationale – vers des valeurs et des institutions plus universelles, c’est-à-dire l’État et la Communauté internationale composée de tous les autres États formellement égaux, y compris l’État palestinien.

Les élus exclusifs sont à l’universalité comme Dracula devant la gousse d’ail et le pieu ou devant la croix. Dès que la lumière se fait sur cette sorte de singulière singularité qui se fait passer pour de l’universalité, elle périt. Sa logique est bien dépeinte dans le livre d’Orwell La ferme des animaux, où certains prétendent être plus égaux et élus que d’autres, 1984 étant l’inversion de 1948 comme nous le savons tous. À mesure que la lumière de la science brille au-dessus de lui, l’exclusivisme s’estompe et son Marteau rabbino-nietzschéen devient pathétiquement inutile et même dangereux pour ceux qui prétendent l’agiter contre le plus grand “nombre” de citoyens. Les exclusivistes ne peuvent pas supporter de devoir leur vie et leur salut in extrémis à des Gentils non élus, simplement parce que cela détruirait leur prétention à la “supériorité” (divinement) élue. La Shoah exclusiviste sert principalement de monument laïc à cette méthode, pour le bénéfice des Gentils crédules à qui on a artificiellement inculqué un sentiment de culpabilité. Cela ne résout en rien le principal problème interne d’Israël, à savoir la discrimination selon l’origine des tribus, lévites ou autres, soigneusement surveillée par les rabbins autant que le mariage mixte. Bien sûr, le métissage est une malédiction et même ma modeste proposition de mixité sociale et économique dans d’autres contextes s’est heurtée à la résistance obscurantiste mais occulte. (Voir mon Tous ensemble sur la politique du logement…)

Par conséquent, tant que l’exclusivisme prévaudra en Occident, le destin du communisme stalinien et bolchévique est d’être sauvagement et vicieusement sali par ceux-là mêmes qu’ils ont sauvés des camps nazis, alors que l’Occident menait encore sa politique de Cash and Carry. Cette politique impliquait activement les Warburg, d’Allemagne et des États-Unis, et bien d’autres encore ; dans ce contexte, une enquête sur la biographie et la “folie” ultérieure de Max Warburg n’est pas sans intérêt. Telle est la logique implacable de l’exclusivisme. Elle s’applique dans tous les cas, qu’ils soient religieux ou laïques. Il n’y a pas de marxisme possible sans la réaffirmation indéfectible de la « Question juive » de Marx. Aucune démo-cratie n’est compatible avec n’importe quelle mouture d’exclusivisme, théocratique ou raciste, ou pire encore les deux à la fois.

Les Appareils d’État d’Althusser contre la contre-hégémonie de Gramsci.

Ceci étant rétabli, nous devons noter qu’il y a peu de différences réelles entre les Appareils d’État d’Althusser et la stratégie de contre-hégémonie exposée par Gramsci, sauf peut-être que Gramsci a une meilleure connaissance du pouvoir politique et de ses formes, y compris les formes de légitimation prises par la démocratie formelle et représentative bourgeoise. Gramsci reste le lecteur le plus profond de Machiavel dans sa motivation éthico-politique progressiste. Pour le penseur florentin, les moyens ne sont que des moyens mis au service d’une fin, et ne se justifient que par leur valeur éthique et politique intrinsèque. On ne peut pas simplifier en disant que “la fin justifie les moyens”, car il entre en jeu des considérations cruciales sur les valeurs civilisationnelles et les représailles proportionnées nécessaires pour gagner et maintenir l’hégémonie politique. La feuille de route de Mao pour la VIIIe armée, son code de conduite avec le peuple, a précédé les Conventions de Genève ultérieures. Gramsci a clarifié ce point en soulignant l’appel de Machiavel à la création d’une milice italienne afin de promouvoir l’unité nationale, comme cela avait été fait en Espagne. Cette lecture originale va à l’encontre de l’interprétation vulgaire, bien que largement popularisée, de l’œuvre principale de Machiavel, “Le Prince“. (Ajout sept. 2023: le grand problème de Machiavel était « comment vivre libre » ce qui le poussa à développer une théorie très fine de la balance du pouvoir et de la constellation des forces en présence tant sur le plan interne que le plan international. D’où l’importance du respect aux Constitutions laïques qui doivent être respectées pour évite une ruine rapide et le cas échéant mises à jour selon les règles prescrites par la formule d’amendement. Les Conventions de Genève et le système onusien de la « sécurité collective », aujourd’hui mis à mal de manière sanglante par l’OTAN, sont l’aboutissement toujours à parfaire du raisonnement de Machiavel, surtout dans ses Discours. On le voit Machiavel est très peu machiavélique …Voir : « Machiavelli ou comment vivere libero dans un état de droit approprié », 29 déc. 2021, dans http://rivincitasociale.altervista.org/machiavelli-ou-comment-vivere-libero-dans-un-etat-de-droit-approprie-29-dec-2021/    

Néanmoins, rétrospectivement, il faut admettre que dans son contexte initial spécifique, Gramsci a sous-estimé l’ampleur de la manipulation des forces politiques et des institutions par le Vatican et par les petits mais très influents groupes juifs réactionnaires italiens, qui étaient influents dans les rangs de la “gauche”. Parmi eux, Margherita Sarfatti qui finança son amant Mussolini tout comme son père avait financé le pape réactionnaire Pie X (G. Sarto) avant elle. Comme nous le savons tous, l’armée en garnison à Rome avait reçu l’ordre de ne pas bouger, alors qu’une simple manifestation de force aurait bloqué la marche grotesque de Mussolini et de ses débris fascistes sur Rome. Ces faits concrets constituent des manipulations classiques de la fausse forme bourgeoise de la démocratie, qui est éminemment vulnérable à la présélection par les loges maçonniques avec leur intention féroce de conserver le pouvoir à tout prix, y compris par la mise en œuvre de sang-froid des régressions les plus vicieuses au regard des normes acceptées de la civilisation. Dans l’Italie d’après-guerre, cette volonté a été soutenue par Gladio et ses stay-behind. C’est une caractéristique qui continue d’être utilisée, surtout au sein de la gauche authentique, contre elle. C’est évidemment le secret intime de la domination bourgeoise, depuis que les classes capitalistes dominantes ont été contraintes de concéder le vote universel et secret – privilégiant l’importance autrement redoutée du simple “nombre”.

(Ajout sept 2023 : Emile Boutmy, créateur de Sciences Po, prêchait en faveur d’écoles d’élites afin que leurs diplômés, auréolés de leur « éclatant prestige » scientifique puissent faire pièce à la force électorale du grand nombre, celle de la populace et du suffrage universel. Même Piketty s’en était rendu compte ! Notez cependant que Boutmy entendait bien « science » et non pas « narration » tout en sachant que les concours sont le meilleur antidote à la surreprésentation puisque, malgré les nombreux biais de classe, ils entérinent à leur façon la Loi des Grands Nombres. C’est pourquoi au lieu d’œuvrer aux réformes scolaires et aux raccordements nécessaires tout au long de la vie pour effacer, du moins en grande partie, ces biais de classe  – voir l’Annexe « Spoliation » dans mon Livre II : Pour Marx, contre le nihilisme -, les philosémites nietzschéens surreprésentés œuvrent maintenant pour la suppression des Grandes Ecoles et leur substitution par des Universités privées à l’américaine avec une sélection par les frais de scolarité … Ce qui compte désormais c’est la Déférence envers l’Autorité – auto-sélectionnée -, le contrôle des flux de communication autorisés – néo-Inquisition exclusiviste – et la censure avec le Marteau nietzschéen pour les récalcitrants. (Idem Livre II) Pourtant le principe est clair : l’égalité est sacrée, l’exclusivisme est le pire crime contre l’Humanité et la démocratie.    

Cette concession démocratique a été rapidement reprise à tous les niveaux par le biais de la domination occulte bourgeoise et maçonnique de tous les … Appareils d’Etat : Université, bureaucratie, police, armée, modes électoraux, mass média etc. … et même les principaux groupes d’intérêt ou de pression préventivement financés par l’Etat capitaliste lui-même afin de canaliser et de contrôler la dissidence. La forme moderne la plus répugnante est l’ingérence organisée dans les affaires intérieures de pays souverains avec les “révolutions orange” financées par les Etats-Unis et l’Occident, voire les rébellions armées menées au nom du “changement de régime” (en violation frontale de la Charte de l’ONU). Ainsi, le scrutin universel est redevenu sûr pour l'”élite”.

D’une manière ou d’une autre, le communiste Gramsci a persisté dans sa sous-évaluation de ces dangers mortels, même après l’assassinat de Matteotti. En cela, il était peut-être même en dessous de la compréhension plus objective de Bassani dans son Giradino dei Finzi Contini, qui raconte une histoire qui n’est pas très différente de la surprise de Hilferding ou de Léon Blum lorsque les nazis sont venus les chercher, dans leur lit, alors qu’ils appartenaient à des groupes politiques différents et anticommunistes ! Comme vous le savez, Blum était convaincu d’appartenir – selon ses propres termes – à la “race de Herder”, preuve évidente qu’il ne comprenait pas grand-chose au concept d’espèce et donc à la logique universelle de cet éminent auteur allemand éclairé. (Le pauvre Herder a été encore plus mal compris par Nietzsche – dans sa poésie “au sommet” – et par les nazis qui ont ensuite cherché des origines ariennes dans l’Himalaya et ont dû enseigner leur savoir à un pitre, l’actuel Delaï-Lama).

En vérité, dans sa correspondance avec sa courageuse et dévouée belle-sœur Tatania, le communiste Gramsci a exprimé sa conviction que le sionisme représentait une régression vers une identité archaïque et qu’il cèderait rapidement la place à l’internationalisme communiste, mais il est mort avant que la création d’un Israël sioniste ne se matérialise. La conviction de Gramsci vaut pour toutes les nationalités, car les communistes ont appris à accepter la Nation comme une médiation incontournable et même enrichissante. Un État israélien aurait les mêmes chances de survie que n’importe quel autre État, mais seulement en tant qu’État démocratique laïque, non théocratique et non racial. Un État qui doit donc exister aux côtés d’un État palestinien indépendant et viable tel que défini dans le Plan de partage de 1947 par exemple (si ce plan de partage, venu de l’extérieur, était accepté par les Palestiniens par le biais d’un référendum).

Lorsque Gramsci parle des Appareils d’État, il ne se réfère pas à Carnot et à sa “machine à feu”, mais au développement historique spécifique des formes politiques. À savoir, les instances bourgeoises de représentation et leurs concessions nécessaires à l’universalité, bien que révocables, toujours accordées après de longues luttes, mais uniquement dans un but de légitimation. Ce sont des aspects sur lesquels Rosa Luxembourg elle-même a fortement insisté pour de bonnes raisons, bien qu’elle n’ait pas reculé devant la révolution spartakiste lorsqu’elle fut convaincue que l’alternative était devenue la révolution socialiste ou la barbarie.

Après quelques erreurs d’appréciation dans la lutte initiale contre le fascisme, bientôt “rachetées” par une pratique théorique exemplaire de la résistance dans les prisons fascistes, la compréhension théorique de Gramsci de la contre-hégémonie a conduit à la proposition d’une “assemblée constituante”. En fin de compte, cela a conduit au triomphe de la résistance dirigée par les communistes en Italie. En effet, malgré Yalta et le débarquement des forces américaines et alliées – n’oublions pas que les États-Unis étaient prêts à réinstaller Mussolini au pouvoir ainsi que Pétain en France – cette victoire a permis d’établir la République italienne moderne contre la monarchie fasciste. Cette victoire a été déterminante dans l’établissement de la République italienne moderne contre la monarchie fasciste. Au cœur de la Constitution italienne se trouve une économie mixte, publique et privée, liée à la constitutionnalisation des droits sociaux, y compris le droit d’être protégé par la solidarité nationale, tous ces droits étant naturellement dérivés du droit de travailler dans la dignité. La Constitution italienne envisage même la nécessité de nationaliser les entreprises privées lorsqu’elles ne sont pas en mesure de respecter ces devoirs sociaux fondamentaux.

La grande diplomatie de Gramsci.

L’apport de Gramsci ne s’arrête pas là et s’illustre dans deux autres cas essentiels, à savoir dans la stratégie diplomatique menée par Gramsci dans le cadre de sa libération négociée. A cela s’ajoute la stratégie de Gramsci en faveur d’une “assemblée constituante”. Cette dernière a finalement permis à Staline d’élaborer le concept avancé et novateur de “démocratie populaire” à appliquer à des pays ayant déjà connu une histoire institutionnelle bourgeoise, à l’instar de l’Italie. Après la Seconde Guerre mondiale, cela a conduit à des victoires électorales rapides des communistes en Europe de l’Est malgré l’infériorité militaire absolue des Soviétiques, du moins jusqu’en 1949, lorsque l’équilibre bipolaire des forces nucléaires, ou la dissuasion nucléaire, a suivi le développement autonome de la bombe A soviétique.

Avec une détermination et un courage inégalés, le prisonnier Gramsci, lecteur perspicace de Lénine, a transformé la négociation pour sa libération en une grande diplomatie visant à empêcher le rapprochement entre l’Italie fasciste et Hitler. Ce rapprochement aurait accéléré la guerre contre l’URSS, isolée et encore faible, avec la complicité de l’Occident. Un traité de coopération fut signé le 2 septembre 1933 (voir http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/22/Italia_Urss_alti_bassi_tra_co_9_060222088.shtml ), mais il se déchira rapidement en raison de la domination croissante d’Hitler sur Mussolini, lâchement abandonné par l’Occident lorsqu’il s’était mobilisé sur le Brenner contre l’Anschluss. Staline fut lui-même trahi par l’Occident. En effet, les régimes capitalistes se sont tous rendus à Munich avec l’intention cynique de faire d’une pierre deux coups. Après tout, la guerre maçonnique interne entre Nietzsche et Wagner avait été reproduite au niveau politique et impérial par les Allemands nietzschéens et les Anglo-Saxons informés par un Chamberlain “wagnérien” avec la complicité de la royauté anglaise et celle de la Maison de Gotha ; les divers Rosenberg, bien que pensant être aux commandes, comme d’habitude, n’étaient que des produits secondaires jetables. Finalement, le complice et criminel Rosenberg dut faire semblant d’être malade pour ne pas se rendre à la conférence de Wannsee du 20 janvier 1942 où la Solution finale fut abordée en tant que telle, mais resta néanmoins en place jusqu’au bout (voir Gilbert Badia, Histoire de l’Allemagne contemporaine, vol. II, 1962.)

C’est pourquoi, Staline dut finalement recourir à la même tactique léniniste-gramscienne pour gagner du temps ; il le fit en revisitant le premier traité de Brest-Litovsk. Staline savait pertinemment que, malgré la détermination des citoyens soviétiques, la planification soviétique ne serait pas en mesure de fournir les moyens militaires nécessaires pour contrer la machine de guerre allemande, qui était la plus puissante du monde, avant 1943. L’Histoire lui donne raison : À Stalingrad, les nouveaux chars soviétiques ont commencé à détruire les Panzers allemands et l’aviation soviétique a commencé à dominer le ciel. À son tour, ce changement de situation obligea l’Occident à débarquer in extremis en Normandie (où la farce tragique du débarquement à Dieppe n’était plus d’actualité…), de peur que l’Armée rouge n’atteigne l’Atlantique avant lui. De même, les bombes atomiques américaines ont été utilisées sur Hiroshima et Nagasaki (les plus grands crimes de guerre jamais commis dans l’Histoire), malgré le fait que les Japonais avaient entamé des pourparlers de reddition avec les Américains. Les bombardements américains ne visaient pas les Japonais déjà vaincus militairement; au contraire, le véritable objectif était d’impressionner et de bloquer l’avancée de l’Armée rouge sur le territoire japonais depuis le nord.

Avec l'”assemblée constituante” et la forme de “démocratie populaire”, nous avons l’un des plus grands chefs-d’œuvre de transition politique de tous les temps, un véritable chef-d’œuvre gramscien-stalinien. Il a été contré par le réarmement unilatéral de la zone d’occupation allemande sous le contrôle des États-Unis en 1952-1953 (il avait été précédé par l’introduction unilatérale du mark dans la zone américaine en 1946 par le général Lucius Clay, une action qui équivalait à une véritable déclaration de guerre ; il allait de pair avec le discours belliciste du perdant électoral Churchill à Fulton, Missouri, un discours qui marque le véritable début de ce qu’on appelle la guerre froide avec son « rideau de fer »). Peu après, la transformation de la politique d'”endiguement” – « containment » – en une politique agressive et déstabilisante de “retour en arrière” – ou « roll back » – a rendu cette transition plus difficile. L’idée principale de cette stratégie agressive était que les communistes égalitaires hésiteraient et vacilleraient s’ils étaient poussés dans leurs derniers retranchements : La crise de Cuba a prouvé qu’ils avaient tort, car les missiles soviétiques à Cuba ont dû être échangés contre des missiles américains déployés en Turquie, sur le flanc sud de l’URSS. Quoiqu’il en soit, la trahison interne était un jeu différent, un processus important à analyser parce qu’il remonte aux racines des tentatives de Staline, Trotsky, Mao et Gramsci d’empêcher la formation d’une nouvelle classe dominante de « routiers-capitalistes » – « capitalist-roaders » – dans les pays socialistes. Pourtant, le communisme soviétique est resté une forme historique éminemment progressiste, du moins avant que Khrouchtchev et ses alliés ne prennent le pouvoir. Il n’est pas surprenant que cette prise de pouvoir ait été immédiatement saluée par le soulèvement contre-révolutionnaire en Hongrie.

Heureusement, la communication entre Gramsci et le dirigeant soviétique avait été assurée en toute sécurité par les magnifiques sœurs Schucht, dont l’épouse de Gramsci. Malgré la présence délétère et vicieuse de Yeshov, elles sont parvenues à sauver les carnets de Gramsci de la prison en les remettant, avec le soutien de Staline, entre les mains sûres de Togliatti, l’ami et le camarade fidèle de Gramsci. Cela s’est fait avant qu’ils ne puissent être falsifiés. Elles étaient faite d’un matériau différent de celui de la femme d’Althusser qui avait ses liens avec les services de renseignement anglais pour la plus grande et la plus perverse joie de Peyrefitte and Co (voir à ce sujet le dernier livre publié par Althusser lui-même, qui contient également une critique et une dénonciation cruciales de Lacan).


L’angle mort d’Althusser.

Cela dit, il reste un angle mort dans le champ de vision d’Althusser. Il écrivit un petit essai intéressant sur Montesquieu qu’il présente comme l’inventeur d’un nouveau “continent” théorique. Mais il le fait sans mentionner ce que Montesquieu doit à Giambattista Vico, et à ses trois réalités, à savoir la nature, les institutions humaines et les fictions ou concepts logiques, dans le cadre du devenir historique. Il s’agit là d’un apport crucial à la science moderne et aux sciences sociales en particulier (voir la Scienza nuova de G. Vico), apport qui sera utilisé et affiné par Marx. Paul Lafargue insiste à juste titre sur l’apport de Vico car sans lui, il est difficile de savoir ce qui différencie les sciences sociales des sciences dures ou naturelles, même si ces dernières restent soumises à la dialectique de la Nature loin des prétentions archaïques du positivisme. (Par exemple, la mesure de la pression atmosphérique est une construction scientifique rationnelle qui place son unité au niveau de la mer et construit ensuite son échelle universelle à partir de ces données ; c’est encore plus évident pour la relativité qui implique des points de référence mobiles, une découverte trouvée à l’origine à l’état brut, si je puis dire, dans les souvenirs de Casanova d’un voyage du jeune aventurier sur un bateau fluvial lorsqu’il observa les rives filer en sens inverse. ). Althusser a donc choisi d’ignorer Vico pour se démarquer de l’historicisme bourgeois. Mais, ce faisant, il s’est placé dans une position où il ne pouvait ni redécouvrir ni comprendre correctement Joachim de Fiore, le grand abbé calabrais qui, à travers la figure de Thomas Müntzer plus tard, joue un rôle central dans l’exposé de Marx et Engels sur la contribution révolutionnaire apportée par la guerre des paysans à la marche progressive de l’histoire.

De même, cela l’empêche d’apprécier pleinement la critique marxiste de l’historicisme de Hegel et de ses disciples bourgeois tels que Benedetto Croce. EP Thompson, l’ennemi autoproclamé mais misérable d’Althusser, voulait vraiment éradiquer de la pensée politique de la GB toute racine jacobine ou révolutionnaire, et surtout toute pensée marxiste révolutionnaire égalitaire – en réalité, il tente seulement de réactualiser Burke contre Paine. Voilà le véritable secret, plutôt paupérien, de la soi-disant “interprétation culturelle des luttes de classes” et de la « peculiarity » anglaise : En bref, le prolétariat est avant tout considéré comme le produit d’un cadre culturel hégémonique donné, et non de l’exploitation par le capital, ce qui explique que l’appel du Manifeste à l’unité internationale du prolétariat en tant que classe par et pour elle-même doit être contrôlé au niveau national, par le biais des “peculiarities ” culturelles dominantes du régime bourgeois ! Les Fabiens peuvent être tolérés, pas les marxistes. Ceci explique la pure perversité – au pays de Marjorie Reeves – avec laquelle il tente de s’attaquer aux racines mêmes de ce processus égalitaire dans son étude inachevée du grand peintre anglais républicain et égalitaire William Blake (Witness to the Beast). Blake a été clairement influencé par Michel-Ange et surtout par le Michel-Ange de la Chapelle Sixtine, qui à son tour a été influencé par et a illustré en partie l’œuvre de Joachim, comme on l’a fait remarquer à juste titre avant moi. Dante connaissait l’œuvre de Joachim autant que celle du pythagoricien Platon, dont le mythe d’Er Pamphilien, antérieur au Christ, informe également la structure de sa Divina Commedia. Dans ce contexte, EP Thompson a utilisé le même ton désobligeant qu’il a toujours utilisé à l’encontre d’Althusser lorsqu’il a tenté d’insinuer que Blake était quelque chose de semblable au “dernier des Mohicans”, ou plus précisément quelqu’un de lié au “dernier des Muggletoniens”. Il était étranger à ce qu’il nomme la « polite culture ». Mais, ce faisant, il n’a fait que révéler des traits de sa personnalité plus qu’autre chose, et ce juste avant sa mort, ce qui est habituel étant donné que ce genre de personnes ne semble pas pouvoir s’empêcher de se vanter de leurs véritables motivations, même de manière déguisée…avant de passer l’arme à gauche.

Matérialisme dialectique contre matérialisme historique.

Cependant, Althusser se considérait comme un authentique critique marxiste de l’historicisme. En tant que tel, son projet était de tenter de rétablir le caractère scientifique du matérialisme historique. Certes, ce faisant, il est resté partiellement prisonnier de l’interprétation de Plekhanov par l’intermédiaire de Staline. Cependant, le dirigeant soviétique s’est efforcé de souligner les aspects matériels du “matérialisme dialectique” afin d’éviter toute rechute dans l’idéalisme. Nous savons, grâce à ma contribution, qu’il s’agit ici de la dialectique des distinctions ou Dialectique de la Nature (la Nature est distincte de l’Homme, un être naturel, et en effet la nature mène à l’homme, mais l’inverse n’est pas vrai) et de la dialectique des opposés ou Dialectique de l’Histoire (les formes historiques s’opposent entre elles, et se nient, comme le capitalisme s’est opposé au féodalisme ; bien sûr, les deux peuvent coexister pendant un certain temps, mais seul l’un d’entre eux peut devenir le mode de production dominant au sein d’une formation sociale spécifique. C’est coexistence à dominance : Ainsi, le féodalisme a transcendé l’esclavage et le capitalisme a transcendé le féodalisme, les deux conduisant à une forme socio-économique et culturelle supérieure ; il en sera de même pour le mode de production communiste, le socialisme étant sa transition ; le socialisme commence à se transformer en communisme dès que l’appropriation collective de la “plus-value sociale” est établie).

On est loin ici de la simplification de la dialectique de Hegel en thèse, antithèse et synthèse proposée par Michlet. Pour la première fois, dans « What is Living and What is Dead in the Philosophy of Hegel », Benedetto Croce a clairement différencié des catégories distinctes et opposées, clarifiant ainsi une fois pour toutes la fausse dualité de ce qu’il appelle les catégories aristotéliciennes, qui font des ravages lorsqu’elles sont utilisées dans une prose proto-dialectique de seconde main, ce qui donne alors une mauvaise image du caractère scientifique du marxisme. Pourtant, ces deux dialectiques doivent fonctionner ensemble. Leur conjugaison se fait par l’intermédiaire du Sujet actif, Individu ou classe sociale, qui incarne en lui-même une « l’identité contradictoire » naturelle et historique à la fois.  (Marx l’a dit dans une phrase brillante de son Idéologie allemande : il a affirmé que l’homme doit nécessairement se reproduire dans la Nature et dans l’Histoire sous peine de voir l’Espèce disparaître).

La dialectique hégélienne parle de l’unité des contraires, une confusion totale et une impossibilité logique, qui a en fait défiguré le solide fondement logique et méthodologique du marxisme. Staline a tenté d’échapper au problème en mettant l’accent sur le matérialisme dialectique. Cette approche était meilleure que celle de Plekhanov, ne serait-ce que parce qu’elle soulignait la base matérielle du processus dialectique, puisque les forces productives sont des choses naturelles et techniques qui doivent être comprises par les sciences dures et naturelles ; mais elle restait confuse. Bien entendu, l’équivoque sur le rapport entre forces productives et rapports de production nous renvoyait aux deux dialectiques et à leur conjugaison. Cette équivoque est à l’origine de nombreuses diatribes vides de sens opposant l’accent mis sur les forces productives d’une part – ce qu’on appelle l’économisme – et, d’autre part, la théorie dite de la réflexion entre les deux niveaux, les infrastructures matérielles et les superstructures historico-idéologiques. Lénine avait pratiquement traité la question dans son Communisme de gauche : un désordre infantile. http://www.marxists.org/archive/lenin/works/1920/lwc/index.htm )

La grandeur d’Althusser – et de Gramsci avant lui – est d’avoir senti l’importance du problème : ils développent donc une théorie de la réflexion qui libère le marxisme du déterminisme vulgaire sans pour autant résoudre le vrai problème. Mais cela explique la rigueur et la vigueur avec lesquelles Althusser cherche constamment à se démarquer de tout ce qui sent l'”humanisme” purulent (vagues “principes d’espérance” quiétistes sans praxis révolutionnaire etc…) et plus encore l’historicisme bourgeois. Bien sûr, la solution est celle qui élimine également les dernières traces de la dualité cartésienne et leibnizienne (l’Objet opposé au Sujet tel qu’il a été reformalisé chez Ernst Bloch, par exemple). Elle émerge lorsque nous réalisons que la dialectique naturelle des catégories distinctes et la dialectique historique des catégories opposées se résument dans la dialectique d’ensemble qui les conjugue toutes deux dans l’Être même de l’Homme, le Sujet historique. Cela apparaît à la fois individuellement, sous la forme du “bloc historique” de Gramsci ou du Mille-Feuille de Roland Barthes, et collectivement, en tant que classes sociales constituées en elles-mêmes et pour elles-mêmes. Ainsi, l’Homme, à la fois comme personnalité individuelle et collectivement comme classe, est à la fois Sujet naturel et historique : En tant que tel, il incarne l'”identité contradictoire” qui unit les deux dialectiques dans la Dialectique d’ensemble. Dans sa Méthode, qui est malheureusement restée à l’état de projet inachevé – quelques pages -, Marx l’explique très clairement. Marx commence par montrer que nous ne pouvons pas prendre notre départ analytique de la Nation appréhendée comme la catégorie historique première, puisqu’elle reste confuse dans ses paramètres, et se résume en fait aux différentes classes sociales opposées entre elles qui la composent et font l’Histoire à travers leurs luttes ; et, dans le même processus historique, produisent l’État-nation en tant que forme historique spécifique. Comme on le sait, pour Marx, “l’Histoire est l’histoire des luttes de classes”.

Par conséquent, Althusser, qui connaissait Hegel, Kant et Marx, entre autres, de manière approfondie, ne peut éviter certaines traces de positivisme. Cependant, il fait de son mieux pour clarifier le parcours de la science, même lorsque la science n’a pas encore atteint la clarification historico-conceptuelle à partir de laquelle un “concret pensé” peut être scientifiquement établi : voir ses différents niveaux P1, P2, P3 etc., dans la partie VI de son brillant essai intitulé : “On the Materialist Dialectic”, qui a été publié pour la première fois dans La Pensée, août 1963, dans www.marxists.org pour sa version anglaise).

Althusser, la loi de la valeur et l’Etat.

Les légères traces de positivisme d’Althusser sont également visibles lorsqu’il aborde la question du pouvoir politique. Par exemple, malgré son accès compromis à l’information dans les prisons fascistes, Gramsci s’est lancé dans une enquête à grande échelle sur la réalité sociale et institutionnelle. Althusser, quant à lui, s’appuie sur Carnot et mobilise tout son savoir-faire logique – j’utilise ici le terme “logique” plutôt que “structuraliste”, quelle que soit la signification de ce dernier terme. Il le fait avec une grande efficacité en démolissant les paralogismes en vogue à l’époque, mais il ne peut pas faire plus. Par exemple, il ne pouvait rien dire de définitif sur les principes mêmes de la loi de la valeur, tout simplement parce qu’il n’avait pas en sa possession la loi marxiste de la productivité clarifiée plus tard par moi. Mon éclaircissement scientifique largement occulté par les académiques et autres servi in camera élimine définitivement toutes les accusations relatives aux prétendues contradictions entre les trois premiers Livres du Capital (c’est-à-dire le soi-disant problème de la transformation de la valeur en prix de production). Comme nous le savons, le Livre III était principalement consacré aux “salaire, rente et profit”, c’est-à-dire à la redistribution et, par conséquent, aux institutions juridiques et politiques qui la sous-tendent. L’État – ou son “dépérissement” d’ailleurs – est considéré comme le résultat des luttes et des alliances de classes.

En effet, on peut sans doute présenter une analogie avec les sciences naturelles mais, néanmoins, on ne peut pas vraiment expliquer les Appareils d’État en s’ancrant sur Carnot – la « machine à feu » – et sa compréhension, aussi perspicace soit-elle, des forces et de la transmission de la force, etc. Ici, Althusser reste vaguement cartésien… Plus grave, il confond Gramsci avec les eurocommunistes (italiens, français et espagnols) qui l’instrumentalisent alors pour légitimer leur propre distanciation par rapport au bloc soviétique, ou par rapport à ce qui se donne alors comme l'”orthodoxie” marxiste ( !). Parallèlement, avec l’arrivée de Berlinguer à la tête du PCI, de nombreux ” universitaires ” anticommunistes ou pas, même hors d’Italie, ont été autorisés à consulter et à interpréter les archives de Gramsci, alors que leurs prédécesseurs n’avaient pas pu bloquer la transmission des papiers de Gramsci à son fidèle camarade et ami Togliatti – à qui Staline les avait heureusement confiés avant qu’ils ne puissent être « interprétés ». Il ne fait aucun doute que nombre de ces fouinards tentaient simplement de faire préventivement pour Gramsci ce qui avait été fait pour les Livres II et III du Capital de Marx, qui ont furent malheureusement publiés par d’autres – ce qui s’est produit parce qu’Engels avait vieilli et que sa mauvaise vue lui empêché de lire « les pattes de mouches » de son ami. Ces derniers, en particulier Bernstein et Kautsky et en partie Hilferding, se sont rapidement révélés être les pires renégats de tous les temps. Quoi qu’il en soit, la publication posthume des Livres II et III du Capital a été si bien préparée qu’elle a immédiatement permis à des gens comme Böhm-Bawerk et les loges réactionnaires, ainsi qu’à toutes leurs écoles et départements universitaires impliqués dans la discipline, et même à certains statisticiens des bureaux des douanes comme Bortkiewicz, de prétendre qu’il y avait une faille logique fatale entre le Livre I, écrit par Marx lui-même, y compris la version franҫaise,  et les deux autres.

Ils ont résumé ce soi-disant défaut logique comme étant le « problème de la transformation des valeurs en prix de production ». En le « découvrant », Böhm-Bawerk est allé jusqu’à prétendre avoir tout détruit du marxisme « roots and banches », « des racines aux branches » ! Mais son triomphe autoproclamé est loin d’être convaincant, même parmi les non-marxistes : le jeune Max Weber, immergé dans l’idéologie Junker, fut tellement ébranlé dans ses certitudes et tellement déprimé après avoir lu Le Capital qu’il dut prendre des vacances en Italie où ses contacts avec les Nietzschéens italiens lui ont fourni une issue psychologique et idéologique à sa grave dépression ! (Voir Hughes, H. Stuart, Consciousness and Society, The Harvester Press, 1979.) Une issue qui fut couronnée par les crimes de la république de Weimar, pour être précis.

En effet, avec leur sophisme subjectif ancré dans le « calcul des plaisirs et des douleurs », l’école autrichienne et ses adeptes n’ont fait que contribuer à transformer l’économie politique classique (Smith, Ricardo, Torrens etc.) en marginalisme. Leur « utilité » marginale confondait irrémédiablement valeur d’usage et valeur d’échange ; finalement, ceci força Léon Walras dans la première édition de ses Éléments à admettre dans une note de bas de page que « la rareté est un produit social ». Cette note, on le comprend, disparue rapidement dans les édition successives : Car, plutôt que de s’arrêter là, il continue… au bénéfice de Samuelson et Cie, comme on le sait, et leur éloquence sur les diamants et le reste, en ignorant le vrai problème… Ce faisant, ils ont transformé la discipline en une tristement célèbre « dismal science ».

Tous les marxologues et la plupart des marxistes ont été mystifiés par les vantardises creuses de Böhm-Bawerk, malgré Nicholas Boukharine et son L’Économie politique du rentier — critique de l’économie marginaliste, (1914), et Economic theory of the leisure class (1927) : Plus tard, Paul Sweezy a pris en main le « problème de la transformation » et a publié avec une grande honnêteté intellectuelle les principaux textes nécessaires pour résoudre le problème. Bien qu’il n’ait pas réussi à résoudre lui-même ce faux problème ex ante/post hoc, il a défendu la loi de la valeur de Marx comme une étape logique préalable nécessaire, fortement soutenue par l’histoire économique. Il a également présenté le problème à Einstein qui a donné son excellente quoique que partielle version dans son important Why Socialism ? (May 1949) voir : http://monthlyreview.org/2009/05/01/why-socialism .

Comme solution provisoire et personnelle, le grand marxiste américain Paul Sweezy a tenté de présenter une théorie du « surplus ». C’était une théorie qu’il pouvait utiliser pour interpréter les théories les plus avancées de son temps, comme le keynésianisme, ainsi que l’expérience de la planification de guerre américaine pour laquelle il avait travaillé ainsi que H. Magdof, et la thèse du capital monopolistique, cette dernière ayant eu sa traduction capitaliste dans les années 20 avec les Big Corporations décrites par Means. La théorie initiale du Monopole est née de l’élucidation par Lafargue, Hilferding et Lénine des lois du mouvement du capitalisme de Marx : à savoir, la centralisation et la concentration du capital. Sraffa, Robinson, Chamberlain et même Schumpeter en ont tenté une version bourgeoise ou académique pour échapper au ridicule d’une théorie marginaliste encore attachée à la « libre concurrence parfaite ». Reprise dans les années 30 conjointement avec le fonctionnaire Berle, la théorie du Monopoly sous les traits de la théorie de la Big Corporation devient la clé du New Deal car elle substitue au modèle irréel de la concurrence parfaite la description indéniable et dominante de la réalité sociale de l’économie. Il s’agissait d’une solution qui appelait à parvenir à un équilibre socio-économique ou à un contrepoids grâce à la négociation collective instituée par la loi Wagner sous F.D. Roosevelt. Ceci mena à une révolution dans la gestion des relations industrielles – voir Ralph Darendorf par exemple – une vision de la « démocratie industrielle » bourgeoise qui est restée dominante jusqu’au déclenchement de la contre-réforme reaganienne et monétariste. Son extension tardive avait été la théorie positive des contrepoids et de la technostructure publique développée par des auteurs comme J. Galbraith. (Voir la « Note 15 sur John Galbraith » dans mon livre III bilingue intitulé Keynésianisme, Marxisme, Stabilité Économique et Croissance, dans la section Livres-Books de mon vieux site expérimental www.la-commune-paraclet.com .)

Les seuls marxistes qui ne sont pas tombés dans le piège présumé de la contradiction étaient nos camarades bolcheviks : je prétends que cela est dû principalement à la bonne connaissance qu’avait Lénine de la contribution incomparable à la théorie et à la pratique marxistes offerte par Paul Lafargue, le même qui, bien entendu, est négligé par les marxistes traditionnels (!), bien qu’il soit notoire qu’Hilferding le connaissait bien, comme le montre clairement sa théorie du capital financier. Il convient de noter ici l’ineptie habituelle racontée à propos du jugement présumé de Marx sur l’incomparable Lafargue, dans les souvenirs d’Engels, selon lequel Marx aurait commenté : « Si ceci est du marxisme, alors je ne suis pas marxiste ». Si l’on se réfère au contexte, ce qui était dit était exactement le contraire. (3). La haine contre Lafargue était aggravée par ses brillantes critiques marxistes de la mythologie exclusiviste de son temps. Quoi qu’il en soit, la vérité est que le communisme français et bolchévique n’aurait pas existé sans le dévouement de toute une vie de Paul Lafargue à la cause de l’Internationale et sans son génie scientifique.

Staline était largement à l’abri des déviations, ne serait-ce que parce que, fidèle aux enseignements de Lénine, il était profondément ancré dans la réalité concrète de la planification économique et comprenait rapidement le mécanisme de la productivité en termes pragmatiques, comme le témoignait Bernal (voir ses Problèmes économiques du socialisme en URSS, dans http://www.marxists.org/reference/archive/stalin/works/1951/nomic-problems/index.htm ). Staline a également compris la nécessité d’écouler les excédents alimentaires et énergétiques afin d’engranger des devises pour accélérer le développement socio-économique planifié de l’URSS. Soulignons ici que son soi-disant « Socialisme dans un seul pays », un refrain de et pour les niais (plus que les naïfs adeptes de Longuet), signifiait en réalité le socialisme dans les deux tiers du plus grand continent de la Terre, avec une Union Soviétique composée de nombreuses républiques fédérées et quelque 110 ethnies et nationalités différentes ! Ce faisant, Staline s’était donné la possibilité de transformer l’URSS qui passa rapidement du statut de pays sous-développé à celui de superpuissance capable de briser seul la machine industrialo-militaire allemande et de rivaliser ensuite avec la coalition occidentale. Il le fit avec seulement deux plans quinquennaux. Comme nous le savons, Eltsine, avec l’aide active de conseillers occidentaux tels que de Boissieu – également responsable de la Lolf en France – et Jeffrey Sachs, a mis moins de 7 ans pour détruire la superpuissance autrefois appelée URSS, tout en causant son démembrement au passage.

Il s’est toutefois avéré que ma clarification de la loi de la productivité basée sur la loi de la valeur de la force de travail de Marx et dûment réintégrée dans les Équations de la Reproduction Simple et Élargie du Livre II, démontre que le soi-disant « problème de transformation » est totalement faux. Il faut inventé de toute pièce par Böhm-Bawerk pour les besoins de la cause. De plus, ma démonstration résout le problème dit de la « rente » – absolue et différentielle – , ouvrant ainsi la voie à l’écomarxisme, ainsi qu’à la juste résolution de la problématique de la coexistence sous domination de différents Modes de production. Ironiquement, cela montre aussi définitivement que ce problème logique « létal » ex ante/post-hoc, loin de s’appliquer à la loi marxiste de la valeur du travail, s’applique plutôt à toutes les versions de l’économie bourgeoise, qu’elles soient classiques, marginalistes ou néoclassiques, tout comme Marx l’avait prévu dans ces Manuscrits parisiens de 1844, et, en fait, tel qu’il l’avait anticipé avec le chapitre du Livre I du Capital consacré à la critique de « La dernière heure des Senior », à savoir la critique définitive de la « marge » fatidique des industriels aveugles de Manchester qui étaient derrière cette propagande.

Comme tout le monde sait, ils se sont opposés à la réduction laïque à la journée de travail de 10 heures, comme si cela aurait entraîné l’Angleterre dans l’Apocalypse ! La bourgeoisie s’en tient encore à cette folie sans comprendre que, hormis la fuite limitée vers l’exportation – comme le conseillent les épigones actuels des Chicago Boys, version européenne – impliquant les colonies et la division impériale du monde, la réduction du temps de travail représente la seule solution viable de lever la contradiction fatale de leur Mode de production, à savoir celle qui oppose surproduction et sous-consommation dans une Formation Sociale spécifique (voir Lénine, L’Impérialisme, stade suprême du capitalisme http://www.marxists.org/archive/lenin/works/1916/imp-hsc/index.htm  .) Ma contribution a provoqué mon exclusion administrative académique préventive ainsi qu’une occultation académique, maçonnique et policière surdéterminée, le harcèlement criminel – qui n’a pas épargné ma famille – et l’ostracisme social, mais en fin de compte, la victoire intellectuelle reste mienne. Ces va-nu-pieds intellectuels ne peuvent se permettre le moindre débat public avec droit de réponse. En fait, il s’agit de l’une des condamnations les plus accablantes de l’exclusion universitaire et du harcèlement politique perpétrés pour soutenir un régime injuste, jamais imposées dans l’Histoire de l’humanité : elle invoque son  jour du jugement au tribunal de l’Histoire. Quoi qu’il en soit, le fardeau de la réfutation scientifique et des réparations académiques et sociales repose désormais dans leurs camps. L’Histoire me jugera, mais les jugera aussi en particulier. Nous n’avons pas besoin de nous référer à L’Art de la guerre de Sun Tzu pour comprendre pourquoi mon occultation fut  encore plus étroite au sein des partis communistes européens contemporains de l’après-URSS, tous trahis principalement de l’intérieur au sommet. En Italie aussi, bien sûr.

Gramsci en tant que stalinien créatif et loyal.

Cependant, je suis heureux de signaler que la perspective est actuellement en train de changer pour mon camarade Gramsci. J’avais souvent souligné l’évidence selon laquelle Gramsci était un authentique léniniste au même titre que Staline. Pour échapper à la censure fasciste, Gramsci a dû jouer sur les mots ; par exemple, compte tenu de la soi-disant philosophie de l’action des gentils fascistes, il appelle le Parti communiste le parti de l’action, etc. Tous les théoriciens bourgeois qui ont traité jusqu’à présent de Gramsci sont facilement reconnaissables à l’instrumentalisation idéologique qu’ils font de cette linguistique volontairement flottante chez Gramsci (qui était linguiste de formation). Ce faisant, ils tentent de transformer Gramsci, le marxiste qui insistait vigoureusement sur l’autonomie scientifique du marxisme, en une sorte d’émule de la « sociologie de la connaissance » ou de théoricien historiciste !

Cependant, comme je l’ai souligné ailleurs, il s’agit d’une tâche plutôt impossible, Gramsci ayant adhéré à la IIIe Internationale dirigée par Lénine, avant la mort de Lénine, organisation à laquelle il est resté fidèle jusqu’à sa mort. Mais, bien sûr, Gramsci n’a jamais cru à aucun credo, pas même au marxisme en tant que credo, comme le montre clairement son appel à la « révolte contre le Capital », souvent mal compris, puisque pour lui il s’agissait d’une révolte contre le marxisme réduit à l’état d’une idéologie, afin de récupérer le marxisme en tant que trésor scientifique de l’humanité et du prolétariat. Il était disposé (et exigeait) à refaire le travail par lui-même, en tenant compte des problèmes actuels et concrets auxquels il était confronté en tant que communiste. Il n’est pas surprenant que les angles des attaques changent désormais : voyez par exemple le véritable imbécile G. Vacca qui dirige désormais l’Institut Gramsci de Rome et la Commission scientifique de l’édition nationale de l’œuvre de Gramsci !!! Désormais, ces séances à huis clos s’ingénient à souligner les aspects « staliniens » (!) de Gramsci. En effet, Gramsci a soutenu Staline contre Trotsky, tout comme Mao, mais il l’a fait en mettant l’accent sur le concept trotskiste de « révolution sociale » et donc sur la nécessité d’une révolution culturelle (c’est-à-dire sur la nécessité d’une nouvelle hégémonie du prolétariat carrément fondée sur l’égalité humaine et sur la science.) La révolution culturelle et scientifique devait être utilisée comme antidote contre l’ossification et la déviance du Parti et de la bureaucratie d’État pendant la période de transition.

Il en va de même pour Togliatti qui est désormais accusé gratuitement par ce Vacca et par d’autres comme lui, recourant sans vergogne à toutes sortes d’insinuations, de nombreuses trahisons (tant personnelles que politiques), alors que la réalité est bien connue : d’abord, les manipulations perfides de Ruggero Grieco qui était secrétaire général par intérim du PCI en l’absence de Gramsci et de Togliatti ; Grieco écrivait des lettres anonymes à Bâle et les faisait envoyer depuis Moscou pour tenter de les rendre plus légitimes ; bien sûr, elles étaient « interceptés » par la police fasciste et donnèrent lieu à des poursuites fascistes contre Gramsci et d’autres principaux dirigeants du PCI, alimentant ainsi l’accusation évidemment jamais prouvée de leur participation à des actes terroristes… Gramsci était naturellement furieux lorsqu’il apprit l’existence de ces agissements à tel point qu’il exigea que les chefs du Parti soient tenus à l’écart de sa propre grande diplomatie concernant le traité URSS-Italie, diplomatie qui aurait été couronnée par sa libération.

Gramsci était parfaitement conscient de la différence essentielle entre les questions internes et les relations interétatiques. C’est un jeu parfois difficile à jouer, mais, en réalité, cela touche au cœur même du concept gramscien de l’autonomie de chaque parti communiste au sein de l’Internationale, les deux devant être soutenus en même temps. Sa grande diplomatie n’était donc pas en contradiction avec sa stratégie interne visant la convocation d’une « assemblée constituante ». Il fallait à tout prix défendre l’URSS en tant que base rouge vitale de l’ensemble de l’Internationale ; sans cela, l’Occident aurait fini par composer avec le régime nazi. En fait, les élites occidentales étaient clairement favorables aux régimes fascistes anticommunistes ; les États-Unis ont même financé la propagande d’Ezra Pound en Italie. Pendant ce temps, le Parti devait exercer son autonomie en essayant d’unifier tous les partis d’opposition au sein de la Résistance ; ceci devait se faire en faveur d’un projet commun, celui de la convocation de l’Assemblée constituante qui déciderait du sort du pays une fois qu’il serait libéré de sa domination fasciste. Deuxièmement, la loyauté incontestable de Togliatti envers Gramsci, ce même Togliatti qui voyait dans l’urgence de préserver et de diffuser la pensée de Gramsci le meilleur instrument susceptible de conduire au développement d’un Parti communiste italien loyal et néanmoins autonome au sein de l’Internationale communiste. En fait, même ce Vacca est obligé de noter que, ce faisant, Togliatti avait rapidement commencé à publier des textes gramsciens cruciaux, en les éditant lui-même sans attendre, y compris sous les bombes franquistes pendant la guerre civile espagnole.

De plus, la première édition complète de Gramsci, inchangée et achevée sans aucune tentative d’imposer une interprétation spécifique, fut le résultat direct de l’approche respectueuse de Togliatti. Ce faisant, Togliatti a été exemplaire, quels qu’aient pu être ses autres défauts politiques, le cas échéant. (Apparemment, au vu de leur sort actuel de renégats, dont l’œuvre inclut la destruction de notre première Constitution, née de la Résistance et de « l’assemblée constituante » voulue par Gramsci, on pourrait dire qu’il avait un très mauvais jugement en ce qui concerne le choix de ses collaborateurs, même ou surtout au sein des organisations de jeunesse du PCI. Aujourd’hui, ceci est tragiquement illustré par toute l’équipe de la Bolognina et par bien d’autres du même niveau intellectuel et éthico-politique).

Togliatti a établi la norme dans l’approche du précieux travail de Gramsci. Et tout cela en l’honneur de notre camarade Gramsci, qui restera à jamais le véritable « Capo » du Parti en Italie, comme il est resté le Capo de Togliatti qui a toujours refusé ce titre pour lui-même du vivant de Gramsci, même durant sa détention dans les prisons fascistes. Rappelons que le régime fasciste l’a lui aussi honoré sans le savoir : en effet, le juge fasciste qui le condamna déclara dans sa sentence que son but était « d’empêcher cet homme de penser pendant 20 ans ». Les fascistes ont lamentablement échoué en cela, mais vous pouvez voir leur raisonnement, c’est le même qui prévaut toujours pour tous les obscurantistes et racistes, qui prétendent être les Maîtres de la Terre : la science est une lumière qu’ils ne peuvent supporter sans périr. Et le marxisme n’est rien d’autre que la science.

Aujourd’hui, ces renégats, travaillant main dans la main avec les spinelliens italiens et leurs homologues européens, ont complètement détruit les bases socio-économiques de l’Italie et sapé celles de l’Union européenne. Cela a été rapide : cela ne leur a pris qu’une décennie. Comme les camarades espagnols l’ont compris, aujourd’hui les membres de la zone euro, et de l’UE en général, ont besoin de toute urgence d’une nouvelle « assemblée constituante ». L’esprit d’égalité et de résistance de Gramsci prévaudra « une fois encore ».

Althusser sur Rousseau et Feuerbach.

Il faut encore ajouter deux remarques A) sur Althusser et Rousseau et B) sur Althusser et Feuerbach.

A ) Althusser sur Rousseau. Ce qui est en jeu ici, c’est la théorie de la transition et son rapport à l’exposition scientifique par opposition à l’investigation (Kant, Marx). L’exposition ne peut être que de nature générale, que ce soit avec le Contrat Social, avec la Critique de la Raison Pure de Kant ou avec le Capital. Rousseau est très clair sur ce point : il considère son Contrat social comme sa théorie générale et ses deux constitutions pour la Corse et la Pologne comme ses mises en œuvre concrètes. Ces deux pièces sont en effet très puissantes : elles pensent la transition comme une dialectique dynamique (ou maïeutique), s’éloignant de ce qui est, pour arriver lentement, à travers un cadre institutionnel surdéterminé, au résultat égalitaire réfléchi, un résultat qui serait donc réalisé de l’intérieur. Le résultat est la concrétisation du contrat social lui-même, soutenu par sa propre « économie » interne. Rousseau fut un grand étudiant de Lycurgue et des Anciens Classiques. Il s’intéressait aux constitutions antiques et romaines documentées dans divers auteurs anciens qu’il connaissait bien. De la même faҫon : Marx n’avait pas encore eu le temps d’achever son œuvre, mais avec sa Critique du programme de Gotha il nous a fourni une version, peut-être un peu « primitive » dans le sens nécessairement schématique mais pourtant essentielle, du concept crucial de « plus-value sociale », à savoir le Fonds Social commun. Cela a ensuite été élaboré et mis en œuvre par Lénine, Staline, Gramsci, Mao, Ho Chi Ming et le Che. Ce n’était pas une mince réussite, même si on la mesure à l’aune des autres contributions incomparables de Marx. Voir l’usage que Che Guevara en fait dans son «“On the budgetary finance system » de février 1964, dans Che Guevara Reader, Ocean Press, 1997, un formidable essai, qui a largement informé la planification économique cubaine à travers le « presupuesto »,du moins jusqu’aux dernières « réformes ». Pourtant, à ma connaissance, Althusser semble avoir ignoré l’importance cruciale de ces constitutions.

B ) Althusser sur Feuerbach. Sur Feuerbach, il sent effectivement que quelque chose ne colle pas. En effet, il cite Engels quand il reproche ingénieusement son splendide isolement à Feuerbach que le jeune Marx avait loué à tort comme le penseur qui avait rendu possible le socialisme moderne. Pour une raison ou une autre, Marx finit par ne plus être dupe mais ne semble jamais avoir entièrement clarifié la question, même si rien ne peut encore être affirmé à ce sujet. Quant à Engels, il avait été égaré par sa propre impression de jeunesse et surtout par les développements apportés par Otto Bauer au sujet de la critique du christianisme, notamment du type proto-socialiste. (Marx et Engels s’étaient souciés dans leur jeunesse de délimiter clairement entre le socialisme scientifique et le soi-disant socialisme utopique.)

Althusser note également dans l’article cité ci-dessus sur les limites de Marx, le « naturalisme » de Feuerbach. Il s’agit en effet d’une remarque très puissante, qui va au cœur du problème et explique probablement pourquoi il souhaitait revenir sur Spinoza en profondeur. En effet, Feuerbach est un faussaire, et en plus un réactionnaire rabbinique. Il apparaît comme le prédécesseur direct de Nietzsche critiquant les Idoles (égalitaires ou bienveillantes ), en particulier celles de l’Église universaliste paulinienne, par opposition à l’Église obéissante du juif circoncis et obéissant, Saint Pierre, Paul étant dépeint par les loges réactionnaires comme le « frère mineur » juste bon pour diriger l’Église chrétienne (voir mon Nietzsche et le retour du cauchemar éveillé .)

Ceci se fait au nom d’une régression consciemment instrumentalisée, qui n’hésite pas à créer artificiellement les nouvelles Idoles considérées comme nécessaires pour stabiliser le nouvel ordre mondial philosémite nietzschéen. Cette création artificielle a nécessité la falsification narrative de l’Histoire, ce qui avec Heidegger, alla jusqu’à la falsification de la philologie. On le sait, la philologie avait été le scalpel conceptuel utilisé très précisément par Vico pour parvenir à la notion de devenir historique égalitaire. Originaire de Naples, Vico a été exposé à la sécularisation de l’Esprit par Joachim et à ses trois « Âges », du Père, du Fils et du Saint-Esprit. Il tire également sa conception du devenir historique en grande partie de sa lecture des luttes de classes dans la Rome antique (voir son Antichissima sapienza Italiana), conclusion qui sera ensuite entièrement sécularisée par Kant, affinée par Hegel et définitivement établie sur son fondement scientifique par Marx avec sa théorie du matérialisme historique.

La science ne connaît que la réfutation scientifique, qu’elle accueille comme son meilleur moyen d’avancer. Parce qu’elle ne parvient pas à produire une réfutation scientifique de ses adversaires, la régression sociale est contrainte d’inventer des récits obscurantistes et de les imposer institutionnellement et académiquement, par la force juridique et la force brutale : c’est aussi simple que cela (voir Huntington sur la « déférence envers l’Autorité » théorisée juste avant son « choc des civilisations ».)

Cela s’était déjà fait avec la Bible ainsi que Spinoza (et Ibn Ezra) l’avaient démontré, ou encore avec la réfutation de l’interprétation hiérarchique des Évangiles catholiques dès que la Bible fut imprimée dans les idiomes « vulgaires » (elle n’était pas accessible avant à la plupart des gens). Il s’agit en effet de la véritable révolution sociale et intellectuelle provoquée par Gutenberg, un bouleversement qui alla au-delà de l’exploit pure mais technique que représentait l’imprimerie qui avait néanmoins été précédé par d’autres techniques puissantes comme les incunables, probablement issues du contact avec la Chine. L’objectif de Feuerbach était de démolir la sécularisation de la société et de l’État-nation, berceau de la démocratie exercée par tous les citoyens, ainsi que la conception du « devenir historique », d’autant plus qu’elle menaçait de reprendre la forme de la Raison à cheval, comme ce fut de nouveau le cas avec la Révolution sociale de 1848 à l’échelle européenne.

Le concept de devenir historique a été transmis à Marx par Hegel relayant à sa façon Vico et Joachim de Fiore. La Kabbale juive et vaticaniste avait été largement développée comme une première tentative de contrer la contribution pythagoricienne de l’Abbé calabrais offerte au cours de la Première Renaissance européenne. On peut aisément vérifier les tonnes de charabia obscurantistes prodiguées sur les Zéphirotes et leur position sur l’Arbre de Vie et comparer ceci à la Menorah ( apparaîssant sur l’Arc de Titus) autrement appelée le Luminaire. Bien sûr, l’arbre cabalistique européen a commencé ses ravages après que les Arabes eurent redécouvert et traduit les anciens textes grecs et romains. Tout cela se résume à un mélange d’astrologie, d’astronomie et d’incantations magiques conçu pour prêcher aux crédules et bloquer la route de la science aux masses.

La contre-réforme mise en œuvre avec force par les Jésuites au nom de l’autorité incontestable du Pape, dirigée par le schizophrène obéissant Loyola, tenta de faire de même contre la nouvelle science issue de la Seconde Renaissance. Ce n’était pas nouveau : la même chose était survenue auparavant pour Pythagore, Socrate et Jésus-Christ, ou même pour Sénèque avec la pseudo-invention de la Sibylle romaine (juive) ; cette falsification était devenue nécessaire du fait de l’ordre donné par Auguste de détruire tous les textes prophétiques et obscurantistes de Rome, à l’exception de ceux relatifs aux textes sibyllins romains (voir Suétone). A noter que la première traduction en anglais d’un fragment de l’Épopée de Gilgamesh, première source sumérienne des parties les plus anciennes de la Bible juive, un texte de seconde main, date des années 1830… à quoi il faut ajouter l’impact de Champollion avec les différentes versions du Livre des Morts égyptien que son déchiffrement avait rendu accessible (c’est-à-dire la résurrection et le jugement dernier sous la forme de la pesée des âmes dans la fameuse balance). Il faut ajouter à ce travail des loges réactionnaires la découverte, par les renseignements militaires anglais, des stratagèmes de domination brahmaniques indiens, qui s’ajoutèrent rapidement à celles de Ed. Burke et de la soi-disant Tradition.)

Par conséquent, l’Essence du christianisme de Feuerbach se veut une critique du Kant laïc, tout comme sa Théogonie  se voulait une critique de la Théodicée de Leibniz et s’adressant donc à la « Loi naturelle ». (Malheureusement la Théogonie est uniquement accessible sous forme d’extraits traduits très fragmentaires, ce qui est une véritable honte académique.) Bien entendu, le droit naturel constituait l’une des principales bases de l’égalité laïque ; dans sa version moderne il avait été reformulé par Vico comme le « diritto delle genti » historicisé. Sans surprise, Feuerbach a tout renvoyé dans le naturalisme et résume sa position comme suit : « Ich fülhe, ich bin » et non « Ich fülhe, ich denke, ich bin ». Bergson tentera plus tard une nouvelle attaque contre ce qu’il appelle la « philosophie géométrique » de Descartes, Kant etc., Descartes ayant été soupçonné d’athéisme par ses précédents maîtres jésuites et par ses collègues rosicruciens. Pour Descartes, l’âme humaine assimilée à la Raison – certainement dérivée de l’influence pythagoricienne occultée du calabrais  Telesio – reflète la perfection de Dieu. Mais l’Homme est seul responsable de sa propre appréhension du monde ; une leçon du Discours de la méthode dont l’incomparable Kant se souviendra bien et qu’il portera à sa conclusion laïque et révolutionnaire. Les rosicruciens et papistes envoyèrent même le jeune Leibniz, mathématicien, à Paris, alors que Descartes était mourant, afin de fouiller préventivement dans ses papiers. (Sur le sujet voir le livre d’Amir D. Aczel « Le carnet secret de Descartes », JC Lattès, 2007, édition originale 2005) Pascal a également tenté de démolir la tendance à la philosophie athée du doute ou à la philosophie géométrique, mais, à l’instar de Saint Anselme et de sa preuve de l’existence de Dieu par la seule perfection de ses attributs – reformulée ensuite par l’optimisme enraciné de Leibniz, même si, ironiquement, le Pangloss de Voltaire pendu… – son fameux « pari » confondit allègrement les conséquences humaines de l’existence du prétendu être divin avec l’un de ses attributs imputés, à savoir l’infini. Cependant, comme le font Pythagore et Socrate ou Vico et Marx d’ailleurs, on peut scientifiquement parier sur une Conscience universelle mue par le Bien éthique – par opposition au seul bien utilitaire : en français le « Bien » plutôt que simplement le « Bon » : Sans cela, la Nature, la vie biologique et la vie éthico-politique ne seraient pas viables, puisque la Conscience est l’organisation auto-consciente de la Nature à son stade le plus élevé, à savoir la vie ou la Conscience sous toutes ses formes possibles.

C’est là une accentuation de la synthèse pythagoricienne de la pensée rationnelle, mais nous savons maintenant qu’elle est propulsée par les luttes de classes, et non par une Providence abstraite ainsi que Vico l’a d’abord démontré : elle est toujours impeccablement valable et constitue la certitude raisonnable derrière la sécularisation de la pensée rationnelle, l’« Esprit » compris comme devenir historique. Cette soi-disant « philosophie géométrique », ou plus précisément la philosophie du doute, finira par atteindre sa maturité chez Marx après son passage entre les mains compétentes de Kant, le grand I. Kant qui, le premier, a rendu possible la science laïque, en dehors des considérations métaphysiques, et donc possible tout court. Lorsque la morale ou la déférence envers une autorité non scientifique vont à l’encontre de ceci, le résultat ne peut être qu’une aliénation sous toutes ses formes et à tous ses degrés. Voir sur le sujet mon Pour Marx, contre le nihilisme et son chapitre sur l’archéoastronomie, l’astrologie et l’astronomie, le calendrier, les religions et la psychoanalyse marxiste.

Paul De Marco (traduit de la version anglaise appuyée sur la version française préliminaire du 11 février 2013.)

Version anglaise : Droits d’auteur © La Commune, 17 février 2013.

Traduction française : Droits d’auteur © La Commune, 27 septembre 2023

NOTES :

1 ) Le film de Rohmer était une œuvre inhabituelle à gros budget, généralement soutenue par les loges maçonniques philosémite nietzschéennes actives dans les coulisses à l’époque, une initiative qui voyait le cinéma comme une arme culturelle dans la lutte des classes, même si Rohmer était beaucoup trop subtil pour tomber dans le piège. Son militantisme n’ira cependant pas plus loin que son film sur l’écologie. Cela étant dit, la sociologie intime de Rohmer, ainsi que son génie cinématographique (il est passé maître dans l’utilisation de tous les idiomes cinématographiques, y compris les couleurs et les ambiances avec la fraîcheur des productions à petit budget) mériteraient plus d’attention de la part de la gauche qu’elle n’en a eu jusqu’à présent. Mirabelle répond à Rainette : La loi du plus fort ne fait aucune différence puisque je suis là, et elle propose alors de partager son appartement. Dans sa « Collectionneuse », on peut s’interroger sur l’allusion à Saint-Just, mais la critique implicite de la distanciation calculée comme jeu de pouvoir reste forte étant donné que nous sommes bien ici face à un collectionneur vénal plutôt qu’à une collectionneuse calculatrice.

L’émergence de nouvelles classes dominantes, notamment au sein des sociétés républicaines égalitaires, tend à suivre cette même logique de distanciation, soutenue et figée par l’accumulation de richesses issues d’un accès privilégié à des ressources rares. Et je dois admettre que son traitement d’Honoré d’Urfé constitue un petit chef-d’œuvre : derrière les manières ouvertement pédantes (une tentative de révolutionner les mœurs sociales par la partie la plus avancée de l’aristocratie de l’époque), il dessine les idées les plus progressistes de l’époque; pour simplifier, nous avons un retour au pythagorisme, y compris la nouvelle compréhension de la religion et donc des relations interpersonnelles et sociales. On pourrait faire un beau film avec la reconstitution du poème, aujourd’hui perdu, de l’œuvre de Gassendi que l’on dit avoir été en possession de Molière, plus précisément du Molière qui était en contact intime avec les cercles pré-illuministes italiens et européens les plus avancés. Ces contacts font de lui une figures culturelles principales, avec Shakespeare, pionnier dans l’illustration des nouveaux codes de comportement, qui fleuriront plus tard avec les Encyclopédistes, modifiant ainsi le « bon sens » des masses. Le théâtre était alors le moyen le plus efficace d’interagir avec les masses et avec les couches les plus avancées de la société – tout comme le cinéma était et pourrait devenir aujourd’hui avec une néo-nouvelle vague à créer ? Voyez par exemple la cabale féroce montée par les Jésuites, malgré La Chaise, confesseur accommodant de Louis XIV, un roi qui a produit et incarné dans le ballet et les formalismes de l’étiquette l’harmonie socialement transposée du système solaire. Le jeune Roi Soleil était alors sous l’influence de Campanella, l’auteur calabrais de la Città del Sole, qui apporta avec lui en France les nouvelles connaissances arabes en la matière ; Malheureusement, il fut ensuite remplacé par la réactionnaire Mme de Maintenon sous influence jésuite, qui contribua à la révocation de l’Edit de Nantes, une démarche intolérante et réactionnaire annoncée au début du règne par la destruction de Port-Royal et de la critique sociale et éducative rigoriste, mais efficace, lancée par les jansénistes (voir les Provinciales de Pascal) contre les jésuites qui étaient véritablement les obscurantistes philosémites nietzschéens de l’époque.

2) Voici ce que l’on peut lire dans le Courrier des Lecteurs du Le Monde diplomatique de janvier 2013, p 2.

Guerre d’Espagne. M. Fernando Malverde réagit à la recension de l’autobiographie de Cipriano Mera par Floréal Melgar « Guerre, exil et prison d’un anarcho-syndicaliste »

Les « communistes staliniens » d’un côté, l’anarcho-syndicaliste en perdant magnifique de l’autre : on est en pleine image d’Epinal. Il est dommage que, même dans un texte court, Floréal Melgar n’ait pas dit l’essentiel concernant Cipriano Mera : le rôle fondamental qu’il a joué dans la trahison qui provoqua la chute de Madrid et l’entrée sans combat des troupes franquistes, le 28 mars 1939. C’est en effet le coup d’Etat du colonel Segismundo Casado, le 5 mars 1939, qui accéléra la fin de la guerre d’Espagne. Casado, qui manœuvre dans la coulisse avec l’Etat-major de Francisco Franco, renverse le gouvernement de Juan Negrin et de ses soutiens communistes, partisans d’une guerre à outrance. Il provoque une « guerre civile dans la guerre civile » qui fait en quelques jours au moins deux mille morts. Le bras armé de ce coup d’Etat est le quatrième corps d’armée, sous les ordre de …Cipriano Mera. On connaît le résultat de ce sabordage de la résistance : Franco ne tint aucun compte des allégeances anticommunistes des auteurs de cette reddition. Tout le monde fut traité avec la même dureté, dans un véritable bain de sang.

3) Lettre à E. Bernstein Friedrich Engels 2 novembre 1882 http://www.marxists.org/francais/engels/works/1882/11/fe18821102.htm

« Quand vous ne cessez de répéter que le « marxisme » est en grand discrédit en France, vous n’avez en somme vous-mêmes d’autre source que celle-là ‑ du Malon de seconde main. Ce que l’on appelle « marxisme » en France est certes un article tout spécial, au point que Marx a dit à Lafargue : « Ce qu’il y a de certain, c’est que moi je ne suis pas marxiste ». Mais si Le Citoyen a tiré l’été dernier à 25 000 exemplaires et acquis une position telle que Lissagaray a mis en jeu sa réputation pour la conquérir, cela semble tout de même contredire quelque peu ce prétendu discrédit. Mais ce qui le contredit davantage encore, c’est que ce discrédit n’empêche pas ces gens d’avoir assez de crédit pour que, chassés du Citoyen, ils fondent le jour même un nouveau grand quotidien et, en dépit des chicanes du propriétaire de l’ancien Citoyen, le maintiennent en vie pendant quinze jours, grâce au seul appui de travailleurs et de petits‑bourgeois (ouvriers et petits industriels, écrit Lafargue), et trouvent un capitaliste avec lequel ils vont traiter demain sur le sort définitif du journal : oui ou non. Lorsque les faits parlent si haut, Malon ferait bien de garder pour lui son « discrédit ».

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2 ) Ne pas imputer à Staline l’œuvre de Yeshov, le Sade soviétique.

Note sur Yezhov, les Grandes Purges et la Quatrième ou Cinquième Internationale (cliquez ici pour revenir aux “clichés” , dont l’absurde accusation sur « le socialisme dans un seul pays » alors que l’URSS était un continent multinational à elle seule comprenant 15 républiques soviétiques avec plus de 110 nationalités, en italien, utiliser un traducteur en ligne au besoin. Voir aussi l’«Annexe Russie » dans le Livre 2, dans http://www.la-commune-paraclet.com/Download/  ) )

Yezhov, juif-soviétique, était un nain pathologique qui fut dénoncé par Staline lui-même lorsqu’il se rendit compte qu’il imitait l’œuvre destructrice du Marquis de Sade lorsque celui-ci,  en sortant indemne de la Bastille, avait infiltré la Section des Piques pour devenir l’architecte conscient des pires dérives de la Terreur lors de la Révolution française. Selon une manœuvre identique, Yezhov éliminait méthodiquement l’ensemble du Comité central communiste à un moment où les dirigeants du Sanhédrin et des loges maçonniques occidentales préféraient encore la victoire d’Hitler plutôt que la consolidation de l’URSS (c’est-à-dire jusqu’aux lois raciales de 1938 ; fin décembre 1938, Yezhov sera remplacé par Beria). Ceci était évident aux yeux de tous en Italie avec la financière et amante de Mussolini, Margherita Sarfatti. Bien qu’il ait toujours été laborieusement dissimulé, précisément parce qu’il remettait en cause le nombre d’aveux signés, le rapport accusateur de Staline contre le juif-soviétique Yezhov demeura extrêmement utile aux communistes plus tard lorsqu’ils durent évaluer les accusations propagées par la conspiration révisionniste et totalement bureaucratique inscrite dans les deux rapports, dits de  Khrouchtchev. Comme on le sait, ces deux rapports secrets calomnieux ont été élaborés dans le cadre de la lutte pour le pouvoir déclenchée après la mort de Staline, qui a vu Khrouchtchev s’allier aux juifs soviétiques pro-Israël surreprésentés à tous les niveaux les plus élevés, ainsi qu’aux révisionnistes, en particulier dans le domaine de l’économie et de la pratique de la dictature du prolétariat, tels que Liberman ; ils passent sous silence le fait que Khrouchtchev, chef de l’Ukraine pendant le processus de collectivisation et pendant la période Yezhov, était personnellement responsable, parfois avec la supervision de Kaganovitch (un des rares communistes d’origine “juive” en haut lieu à n’avoir pas avoir trahi ni accusé Staline qu’il avait été un des premiers à appuyer), de la région la plus sensible de l’Union soviétique où le nombre de victimes dues à la contre-révolution dans le cadre de la collectivisation des terres a été le plus important ! (Voir par exemple les pages sur la “Barbarie nazie” dans la magnifique Histoire de l’Allemagne contemporaine, de Robert Badia, Vol. II, p 158 et s.)

Avec Staline, la dictature du prolétariat était immédiatement compréhensible par tous, les victimes étaient victimes de leur choix contre-révolutionnaire, c’était tout le contraire de la dictature de la bourgeoisie où les victimes sont systématiquement surdéterminées par leur classe parfois même par leur ethnie et par la misère qui leur est imposée (60 % des détenus dans les prisons et couloirs de la mort américains ne sont pas “blancs” ni riches). Si on pourrait dénoncer un processus de bureaucratisation dû principalement au communisme de guerre et au bloc capitaliste actuel il serait abusif de prétendre que Staline et plus encore Mao Zedong n’aient pas été conscient du problème et qu’ils n’ont pas tenté d’en tenir compte. (Il convient de ne pas oublier que l’Allemagne de Hindenburg entretenait en permanence et avec la complicité occidentale financée par le Plan Dawes et ses séquelles plus de 100 000 soldats déguisés en para-militaires  sur le Front Est; ce sera encore pire après l’arrivée d’Hitler au pouvoir en 1933).

Avec Khrouchtchev, la lutte des classes est abandonnée au profit d’un prétendu ” Etat de tout le peuple “, c’est-à-dire un Etat révisionniste reposant sur les processus nécessairement kafkaïens de la bureaucratie, érigée en nouvelle couche sociale privilégiée, et sur le système du ” command and control “, notamment en ce qui concerne la planification économique la régionalisation et privatisation de la « plus-value sociale ». Pour entamer une réflexion personnelle sur le sujet, voir par exemple la critique de Mao ou le livre de W.B. Bland The Restoration of capitalism in the Soviet Union http://www.etext.org/Politics/MIM/wim/wyl/hoxha/bland/index.html avec Staline et Trotsky à l’adresse www.marxists.org . La vérité historique sur Yezhov et tant d’autres juifs surreprésentés en Union soviétique, même au sein du Politburo, est hermétiquement dissimulée par les analystes juifs, occidentaux et même russes. Ces pitres rémunérés préfèrent commodément accuser Staline personnellement et donc, paradoxalement, mais c’est intéressant, l’ensemble du régime bolchévique et pas seulement le Politburo devant lequel Staline était responsable ! Mais ils ne tiennent absolument pas compte de l’autonomie opérationnelle de Yezhov (recours à l’anarchie et à la torture) et encore moins de la dénonciation de ces méthodes par Staline lui-même. Voir par exemple http://www.hoover.org/publications/books/3009586.html .)

Staline n’était pas un policier, c’était un chef d’État marxiste et le principal dirigeant du mouvement communiste international de 1927 à sa mort le 5 mars 1953. Les accusations concernant le Goulag sont sans fondement au moins avant la mort de Staline : dans ma ”Note 17” du Livre III et dans divers passages de mon Livre II, j’ai montré que les antistaliniens actuels de l’Est et de l’Ouest (y compris les révisionnistes soviétiques vénaux qui n’ont changé de ton qu’après 1991 afin de se faire financer et de faire financer leurs fondations bidon par l’Occident) mélangent les prisonniers de droit commun et les prisonniers politiques par pur calcul idéologique. Mais ils ne disent pas un mot du maccarthysme, notamment aux États-Unis et en Allemagne de l’Ouest où le parti communiste était tout simplement empêché de participer à la vie politique, au mépris du terme “démocratique” et surtout des prétentions au pluralisme …

 Martens a donné tous les chiffres avec précision. Ceux-ci confirment ma thèse selon laquelle, contrairement aux prisons américaines ou israéliennes, les prisons de l’époque de Staline ne pratiquaient pas de discrimination de facto sur la base de l’origine ethnique et n’autorisaient pas l’usage légal de la torture sous contrôle “médical” ( !); en fait, tout compte fait, il y avait moins de détenus dans les prisons de Staline sur une base annuelle que dans les prisons américaines ! (voir http://www.encyclopedie-marxiste.com/histoire_staline_martens.htm )
Le temps que Staline consacrait à la lecture des rapports de renseignement était comme celui de tous les chefs d’Etat, d’hier et d’aujourd’hui. Hier adulé par les Juifs à qui il offrait une alternative au ghetto et à la discrimination, il est aujourd’hui criminellement vilipendé par eux en permanence ! Ce seul fait devrait donner à réfléchir aux honnêtes gens, surtout avec le retour du fascisme philosémite nietzschéen, aujourd’hui indéniable dans ses nombreux crimes de guerre et ses crimes contre l’humanité ! Comme on le voit, ce n’est pas Staline qui a réécrit l’Histoire mais les éternels ”croisés” propagateurs de ”narrations” biblico-racistes. (”De quelle semence êtes-vous?” demande l’Evangile…)

Après la mort de Staline, dénoncer le “stalinisme” de manière générique en lieu et place du “bureaucratisme révisionniste” devient une monstruosité propagandiste imaginée par ces anticommunistes mais toujours avalée par des trotskistes qui ne savent rien de Trotski lui-même ! Ils cherchent simplement à délégitimer toutes les expériences communistes réelles, y compris celle de Cuba ! (Il est étonnant de voir ces camarades qui, au lieu de faire leurs devoirs pour mettre à jour leurs connaissances de base, s’écrient – sûrement en me lisant mais sans jamais me citer – : ”ils veulent réhabiliter le stalinisme !” Ce sont des néophytes candides, mais s’ils persistent ils deviennent objectivement des ”idiots utiles” mais uniquement utiles aux manipulations du Mossad et de l’OTAN, par exemple certains ”trotskistes” de salon, heureusement non italiens, concernant l’agression de l’ex-Yougoslavie (ou la question écomarxiste …) Je me réfère encore à Trotsky lui-même en ce qui concerne la question finlandaise. Au lieu de cela, il faut redevenir sérieux….

Il est connu dans les services occidentaux que ces personnes naïves sont appelées “useful idiots”. La même remarque s’applique à la critique de Mao Zedong. Cependant, un fait indéniable demeure : le camarade Staline a donné le premier exemple victorieux dans toute l’Histoire de l’Humanité de la création et de la consolidation d’une société socialiste avec des rapports de production totalement modifiés (”le monde va changer de base” s’écrie l’Internationale, en croyant vraiment ce qu’elle chante). L’Union soviétique de Staline a vaincu tous ses ennemis, même lorsqu’elle était en position de faiblesse matérielle, durant une épopée humaine plus grandiose que toutes les plus belles épopées antiques, en écho à la Longue Marche des communistes chinois sous la direction de Mao.

En fin de compte, il reste que si les communistes peuvent bien jeter tous les économistes bourgeois dans les poubelles de l’Histoire, ils ne peuvent en aucun cas ignorer Staline en matière de planification et de collectivisation des terres, ou de création d’une culture socialiste et émancipée (c’est-à-dire allant au-delà de la défense de la “révolution sociale” chère à Trotsky, l’adversaire lucide des mensonges infiltrés propagés par exemple par un certain Max Shachtman voir www.marxists.org ). Reste que si les communistes peuvent bien jeter tous les sociaux-démocrates dans les poubelles de l’Histoire (hier comme aujourd’hui en raison de la priorité donnée au philosémitisme nietzschéen), ils ne peuvent en aucun cas se permettre d’ignorer Staline sur le matérialisme historique, la lutte des classes et la question nationale (c’est-à-dire concrètement les formes constitutionnelles les mieux adaptées à l’ère du socialisme productif).

Si les communistes peuvent (doivent) très bien jeter les loges maçonniques dans les poubelles de l’Histoire avec tous les idéologues de bas étage comme Annah Arendt et d’autres du même acabit par exemple Leo Strauss (philosophe de seconde zone employé par l’Université de Chicago … lui aussi !) tout imprégné de kabbale mais néanmoins un des père « spirituels » des néocons de Bush… ), ils ne peuvent en aucun cas ignorer la contribution inégalée de Staline et de sa diplomatie à l’élaboration de la Charte de l’ONU et de la Déclaration universelle des droits de l’homme, individuels et sociaux, précisément ces deux Chartes fondamentales, base de nos Constitutions partisanes, que les actuels philosémites nietzschéens et l’État illégal d’Israël voudraient saborder pour revenir à la suprématie théocratique du Lévitique, y compris au-dessus des “petits frères” gentils du Vatican. C’est pourquoi, la défense même critique mais constructive de Staline reste la pierre de touche des communistes authentiques – Trotski inclus. Cela dit personne ne devrait prétendre se rejouer les luttes de jadis, l’Historie doit être traité selon la méthode objective des historiens. Il est évident que Staline a parlé pour son temps et son époque, les communistes du 21ème siècle doivent savoir être pour leur temps tout autant que Staline le fut pour le sien, mais avec la surreprésentation philosémite en moins ! Les conclusions communistes doivent être tirées des prétendues erreurs de Staline, et non d’une basse propagande philosémite nietzschéenne viscéralement anticommuniste.

Le rôle crucial de Sade dans la Terreur française est documenté dans la monumentale, magnifique et définitive biographie de Maurice Lever (Sade, Fayard, 1991). Dans ce contexte, la position de l’authentique bolchevik Trotski sur la question finlandaise est admirable, tout comme ses applaudissements tardifs mais réels pour la collectivisation des terres (qui fut la clé de l’industrialisation rapide et donc de la défaite des nazis).

J’ai déjà dit ailleurs mes doutes sur la version officielle, essentiellement juive, de l’assassinat ”stalinien” de Trotski. Le comportement de Trotski fut très différent de celui des trotskistes tardifs plus ou moins indirectement manipulés par le Mossad, qui rêvent de la renaissance de la IVe Internationale alors que divers pitres poursuivent le sabotage des partis communistes traditionnels notamment en France et en Italie : la preuve en sera facile à établir au vu de la nécessité du respect de la Charte fondamentale de l’ONU et des lois internationales toujours considérées comme supérieures à tout récit biblique (dans le respect de la théorie de Marx exposée dans la Question juive), notamment par l’Etat toujours illégal d’Israël. (Ajout : Cet Etat s’est officiellement déclarer être un « Etat juif » le 18 juillet 2018 entérinant ainsi son statut d’Etat d’apartheid théocratic-raciste.)

À cela s’ajoute la nécessité d’un respect absolu de la contribution encore inégalée du communisme réel à l’émancipation humaine ainsi qu’aux droits inaliénables du peuple palestinien sur l’ensemble de sa terre. Un autre critère très sûr est la position scientifique et marxiste sur le rôle de Staline et du bolchévisme, à opposer à sa condamnation pavlovienne, conséquence naturelle de son assassinat physique et historique par les Juifs soviétiques qui, avec Beria, voulaient livrer l’Europe de l’Est à l’Alliance atlantique et supprimer le gel des transferts d’armes vers Israël ordonné par Staline (voir l’affaire Slansky) quelques années avant son assassinat. On découvre facilement les démons dans l’eau bénite ! Il est évident que le respect de la loi de la valeur de Marx (y compris la productivité que j’ai élucidée scientifiquement sur sa base) ainsi que le respect de la méthode du matérialisme historique sont indispensables. (Ajout : Ceci inclut la critique définitive  de l’exclusivisme par Marx, sur la base de Thomas Paine – Rights of Man – et de la critique du droit de Hegel; sans la fin de l’exclusivisme il ne saurait y avoir ni laïcité, ni démo-cratie, ni égalité citoyenne socio-économique. Ce jeune Marx, celui de la Sainte famille qui inclut la Question juive n’est pas retenu par les pitres qui veulent opposer le « jeune Marx » au « Marx mature», puisque contrairement à Althusser ils préfèrent ignorer l’exposition scientifique de l’extraction de la plus-value selon les Mode de production et se gargariser avec un charabia prolixe mais sans fondement dans l’exploitation de « l’aliénation ».)

En attendant, vous vous souviendrez que j’avais appelé à la formation d’une Internationale sans chiffre pour marquer le désir d’un libre retour à Marx et à tous nos classiques, tout en soulignant le désir d’un œcuménisme authentiquement marxiste. (Pour être clair sur l’œcuménisme : avec un trotskiste, un maoïste, un ancien du PCI, un gramscien, un castro-guévariste, un communiste vietnamien, un communiste népalais, un naxaliste, etc., je peux discuter de manière constructive ; avec ces camarades, on peut facilement se mettre d’accord sur l’essentiel théorique et programmatique, le reste étant une question de contradictions au sein du prolétariat et de dialogue critique de bonne foi. Avec un Ingrao, un Bertinotti, un Sansonetti, etc., comme je m’en suis rendu compte un peu tard, nous nous abaisserions, trahissant du même coup notre idéal et les autres militants comme nous. Contre ces derniers, il faut des dénonciations fondées sur des faits, sachant bien que leurs monstruosités philosémites nietzschéennes ont à craindre très précisément la lumière scientifique de la théorie marxiste : preuve déjà faite, une fois exposés à la lumière du jour, ces émules du “retour à minuit” se désintègrent implacablement dans leurs propres grimaces !

En attendant, il s’agit d’imaginer une voie pacifique vers le socialisme, c’est-à-dire les alliances de classes appropriées, sans nier l’autre voie, révolutionnaire, évoquée par Lénine dans Etat et Révolution. Vous vous souviendrez sans doute qu’immédiatement après ma proposition, le grotesque Samir Amin (imaginez Amin dans le rôle de Marx, Lénine ou de Trotski … !!?), ce pitre de ”l’échange inégal” ( !) immédiatement révélé pour ce qu’il était vraiment, a proposé sans la moindre honte une 5ème (cinquième) Internationale, alors que le Mossad travaillait déjà à réactiver la quatrième avec les divers Michael Löwy, les créateurs de la critique du Che accusé d’être trop stalinien et trop bolchévique …. … (Notez que je ne plaisante pas, tout ceci est facilement vérifiable notamment en France où des va-nu-pieds intellectuels passent depuis des décennies pour des ”nouveaux philosophes” juste parce qu’ils se sont mis au service de l’OTAN et de ses loges maçonniques philosémites nietzschéennes et qu’ils sont massivement colportés comme des articles de consommation courante … ! Au pays de Babeuf, Blanchi, Varlin, Lafargue, Guesde, Jaurès, Sartre, De Gaulle, etc., etc., … Mais l’Italie a aussi son Tony Negri…)

Pour ma part, comme apologiste d’une direction collective composée de gens enracinés dans la réalité des luttes, je demande : Qu’ont apporté tous ces pitres du Mossad à la théorie et à la pratique marxistes originelles avec les divers complices maçonniques-académiques-politiques occidentaux depuis la mort de Staline, sinon de nombreuses trahisons (y compris celle des soi-disant  ”orthodoxes” ( ! ) mais en réalité bourgeois pluraliste comme Lukacs), ainsi que de nombreux ”plagiats inversés”, au moment où la dissimulation totale n’était plus possible, comme le démontre amplement, en premier lieu, leur attitude criminelle à l’égard de mes travaux, notamment ma restitution scientifique de la loi de la valeur de Marx et ma dénonciation de toute forme d’exclusivisme ?

La même question s’applique à la trahison d’un grand nombre des plus hauts dirigeants juifs soviétiques, hormis Kaganovitch et quelques autres, lorsque, vers la fin de la guerre, la question de la création de l’Etat d’Israël s’est directement posée, donc la question de la loyauté au processus d’émancipation humaine commune ou au processus exclusiviste et artificiel de création d’un Etat théocratique-raciste en guerre unilatérale permanente contre tous ses éventuels voisins mais, hier comme aujourd’hui, toujours en quête de domination mondiale en tant que ”maîtres du monde” putatifs ( !) et toujours aux commandes de la superpuissance du jour. ) toujours sous le contrôle de la superpuissance du moment…

Le philosémitisme nietzschéen actuel, avec ses guerres préventives illégales et ses Partiot Acts (”guerre” interne au ”terrorisme”, c’est-à-dire aux classes dites dangereuses pour l’avenir du capitalisme, encore une fois fascistoïde) ne serait pas compris sans cet arrière-plan avec lequel, on tente aujourd’hui de remplacer irrationnellement la Déclaration Universelle des Droits Individuels et Sociaux de la Personne, fruit de la brillante négociation de Staline et des Soviétiques dans le cadre de la création de l’ONU, par la suprématie grotesque du Lévitique (pace à Gilgamesh ! pace à Spinoza !), seule façon de légitimer l’idéal raciste, théocratique et discriminatoire de l’exclusivisme talmudiste-israélien, seule façon de tenter de remplacer l’idée singulière, exclusiviste et pathologique d’un seul “peuple élu” de Dieu par l’universalisme, sans si et sans mais, de l’égalité et des droits de la Personne, etc. …

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3 ) La coûteuse supercherie du « socialisme marginaliste »

Voir l’essai « Le socialisme marginaliste ou comment s’enchaîner soi-même dans la Caverne capitaliste », http://www.la-commune-paraclet.com/EPIFrame1Source1.htm#socialismemarginaliste

Voir aussi « Le PIB, outil de narration marginaliste contre le bien-être des peuples et la prospérité des États-nations », 24-mai-2020, http://rivincitasociale.altervista.org/le-pib-outil-de-narration-marginaliste-contre-le-bien-etre-des-peuples-et-la-prosperite-des-etats-nations-24-mai-2020/ 

Voir aussi « Le multiplicateur économique marginaliste : logique et histoire », 4 mai-16 juin 2023, http://rivincitasociale.altervista.org/le-multiplicateur-economique-marginaliste-logique-et-histoire-4-mai-16-juin-2023/ 

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4 ) Les inepties de Bettelheim et Cie.

Voir l’essai « La transition au socialisme déblayage définitif des falsifications malveillantes en particulier celles de Ch. Bettelheim » 21 juin 2021, texte complet à relire , http://rivincitasociale.altervista.org/la-transition-au-socialisme-deblayage-definitif-des-falsifications-malveillantes-en-particulier-celles-de-ch-bettelheim-21-juin-2021-texte-complet-a-relire/ 

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5 ) L’écomarxisme

Voir les textes en français dans la Categoria Ecomarxismo du site http://rivincitasociale.altervista.org/ 

Noter que l’isotope 13 carbone lié aux fossiles ne constitue que 1.1 % du total du carbone dans l’atmosphère, un pourcentage que le Giec n’a pas commenté ! Le GIEC et ses fidèles opèrent selon les règles du catéchisme et ne prennent plus en compte les critiques qui leur sont adressées, preuve de le déni de la méthodologie et de la déontologie scientifiques.

Voir «1.1 % de carbone anthropique (13C ) : le GIEC doit fermer boutique ou rendre compte » 9 août-2023, http://rivincitasociale.altervista.org/1-1-de-carbone-anthropique-13c-le-giec-doit-fermer-boutique-ou-rendre-compte-9-aout-2023/ 

Voir aussi « Meteorologists, Scientists Explain Why There Is ‘No Climate Emergency’»  Flawed modeling and overblown rhetoric drowning out scientific reality for the sake of money and power, climate experts say

Environmental activists participate in a Global Climate Strike march in Zagreb, Croatia, on Sept. 20, 2019. (Denis Lovrovic/AFP via Getty Images)

By Katie Spence, Sep 13, 2023, Updated: Sep 15, 2023, https://www.theepochtimes.com/article/meteorologists-scientists-explain-why-there-is-no-climate-emergency-5489139?utm_source=partner&utm_campaign=ZeroHedge&src_src=partner&src_cmp=ZeroHedge

En particulier cette citation « Un niveau de 280 ppm représente le double de ce chiffre, soit 80 ppm d’apport. Or, nous disons que l’apport de dioxyde de carbone d’origine humaine représente un tiers du total. Même les données du GIEC indiquent que l’apport de dioxyde de carbone d’origine humaine ne représente que 5 à 7 % de l’apport total de dioxyde de carbone dans l’atmosphère.
Ainsi, pour compenser l’absence de dioxyde de carbone d’origine humaine dans l’atmosphère, le GIEC affirme qu’au lieu d’avoir un temps de renouvèlement de 3,5 ans, le CO2 d’origine humaine reste dans l’atmosphère pendant des centaines, voire des milliers d’années.
“Le GIEC affirme que le dioxyde de carbone d’origine humaine est différent et qu’il ne peut pas s’échapper de l’atmosphère aussi rapidement que le dioxyde de carbone naturel”, a déclaré M. Berry. Les scientifiques du GIEC, qui ont dépensé des milliards de dollars, auraient dû poser une question simple : “Une molécule de dioxyde de carbone d’origine humaine est-elle exactement identique à une molécule de dioxyde de carbone d’origine naturelle ? Et la réponse est oui. Et la réponse est oui, bien sûr !
“Si les molécules de CO2 humaines et naturelles sont identiques, leurs temps de sortie doivent être identiques. Par conséquent, l’idée selon laquelle le CO2 reste dans l’atmosphère pendant des centaines, voire des milliers d’années, est erronée. (Edwin Berry) » (traduction)

Noter également les conséquences socio-économiques de telles inepties.

Voir « Accord de Paris, climat, décarbonisation et problèmes du ETS : le crime climatologique contre les pays émergents et la grande majorité de l’humanité à congeler au niveau inégalitaire de 1990 », http://rivincitasociale.altervista.org/accord-de-paris-climat-decarbonisation-et-problemes-du-ets-le-crime-climatologique-contre-les-pays-emergents-et-la-grande-majorite-de-lhumanite-a-congeler-au-niveau-inegalitaire-de-1990/ 

Voir aussi « Inflation : un nouveau cycle écolo bourgeois absurde s’annonce avec une hausse des prix allant de pair avec la déflation salariale mais donnée pour de l’inflation », 12 mai 2021, http://rivincitasociale.altervista.org/inflation-un-nouveau-cycle-ecolo-bourgeois-absurde-sannonce-avec-une-hausse-des-prix-allant-de-pair-avec-la-deflation-salariale-mais-donnee-pour-de-linflation-12-mai-2021/ 

Noter par exemple que le secteur de l’automobile est l’exemple classique de ce que j’ai appelé « secteur intermédiaire entraînant » et qu’en outre il était et demeure relativement intensif en travail. Et bien, la dispendieuse voiture électrique comporte en moyenne 20 pièces mouvantes contre près de 2000 pour la voiture thermique. Ceci signifie que plus de la moitié des quelque 320 000 travailleurs employés directement dans le secteur va disparaître en quelques années. Tout cela parce que le CO2 est bénéfique à la vie et à la végétation, la vie sur Terre étant à base carbone ! Il convient de jeter au plus tôt les inepties narratives du GIEC aux orties et réapprendre à considérer la préservation de l’environnement selon le principe de précaution et la santé humaine.

Voir « How Many Moving Parts Do Electric Cars Use? ICE/EV Compared » , Erwin Meyer,  July 8, 2023, https://www.evspeedy.com/ev-moving-parts/

Voir aussi « Le secteur automobile ne représente pas 9 % des emplois en France »,  Invitée, mardi, par LCP, la députée (PS) Delphine Batho s’est appuyée sur des chiffres qui incluent jusqu’aux auto-écoles et aux magazines spécialisés pour souligner le poids de cette industrie.

Par Simon Auffret

Publié le 21 octobre 2015 à 19h08, modifié le 22 octobre 2015 à 10h27,  https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2015/10/22/le-secteur-automobile-ne-represente-pas-9-des-emplois-francais_4794416_4355770.html#:~:text=%C2%AB%20Un%20secteur%20industriel%20qui%20repr%C3%A9sente%20200%20000,%25%20et%203%20%25%20de%20la%20population%20active

Citation : « L’Institut national de la statistique et des études économiques (Insee), qui a consacré en 2012 une étude à l’industrie automobile, juge de son côté que le secteur emploie 229 400 personnes, dans lesquels sont compris « le commerce et la réparation d’automobiles et de motocycles », soit 0,8 % de la population active. »

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6 ) Il n’y a pas une inflation mais des inflations.


Voir « The inflation narrative and the irreversible ruin of our country » July 4 2022. Includes French, Spanish and Italian versions, http://rivincitasociale.altervista.org/the-inflation-narrative-and-the-irreversible-ruin-of-our-country-july-4-2022-includes-french-spanish-and-italian-versions/ 

Voir aussi « Quelques absurdités sur la vieille courbe Phillips et l’inflation », 3 décembre 2022, http://rivincitasociale.altervista.org/quelques-absurdites-sur-la-vieille-courbe-phillips-et-linflation-3-decembre-2022/ 

Toute inflation note une discrépance entre la valeur d’échange d’une marchandise et son expression prix ; c’est en cela que les trois grands types d’inflation sont des phénomènes monétaires : trop de monnaie est émise par rapport à la valeur d’échange réelle dont elle est supposée assurer l’échange. Ceci n’a évidement rien à voir avec la notion tautologique marginaliste selon laquelle le marché établit le juste prix des marchandises mais un prix qui serait faussé par un excès inexpliqué de la masse monétaire face aux marchandises qu’elle est supposée acheter : en effet, pour le marginalisme, l’offre de monnaie est elle-même établie par le marché, ce qui serait vrai tant pour chaque marchandise que pour le revenu national formalisé par la tautologique équation de la théorie quantitative de la monnaie selon Irving Fisher. Comparer les prix constants en t2 aux prix en t1 n’a strictement aucun sens, sauf à réaffirmer le crédo du marché pour le juste prix des marchandises et leur expression monétaire à la fois en t1 et t2. C’est de la bouillie – liquide – pour les chats et les chiens.

A proprement parler l’inflation structurelle, qui est la forme principale des inflations, est un phénomène monétaire révélant un hiatus entre la valeur d’échange et son expression prix. Techniquement non niveau est donné par le rapport de la masse salariale sociale sur la masse salariale réelle. (Voir Tous ensemble ou le Précis) L’Indice fishérien IPC l’approche en ce sens que le panier de consommation moyen prix au niveau national correspond plus ou moins à la masse salariale sociale. C’est surtout le cas aux USA depuis mars 2020 alors que la partie de M2 allant aux ménages – épargne individuelle etc. – fut intégrée dans M1. Noter que la FED ne comptabilise plus M3, donc le capital financier et la spéculation. D’ailleurs les QE ont fait exploser M3 sans le moindre frémissement inflationniste – au sens IPC – au grand désespoir des grands argentiers qui tentaient d’atteindre, sans expliquer pourquoi, 2 % d’inflation. On le voit, la théorie monétaire bourgeoise met M1, M2 et M3 dans le même sac en parlant de « masse monétaire » ; elle ne sait pas faire la différence entre monnaie – M1 – et crédit, et moins encore entre crédit public, soit l’anticipation des investissements au-delà du taux de réinvestissement des profits, qui a des coûts dérisoires, et le crédit privé très onéreux puisqu’il est abandonné aux griffes du capital financier aujourd’hui spéculatif.  

Noter que toute augmentation des prix, donc de la valeur d’échange qu’ils expriment, n’est pas une inflation. Il est important de le souligner puisque un mauvais diagnostique mène à des remèdes inefficaces et souvent nuisibles. De fait, si l’augmentation du coût de l’électricité est surtout dû au marché unique européen dont les effets délétères sont encore aggravés par la spéculation, par les sanctions contre la Russie et contre de nombreux autres pays producteurs de pétrole et de gaz et, cerise dur le gâteau, par les inepties du GIEC, prétendre, comme le fait en autres le FMI, que les marges et les profits sont la cause de l’« inflation » – au singulier – ne donnera paradoxalement rien de bon pour les travailleurs et les citoyens. A preuve, si les salaires étaient indexés à 100 %, selon la logique de la Chaîne Fisher pour les prix constants, les prix augmenteraient certes mais pas l’« inflation » au sens de l’IPC. Pour faire baisser les prix, les gouvernements devraient alors réfléchir un peu plus et aller à la racine des problèmes, soit le marché unique de l’électricité, les sanctions, et les inepties climatologiques en particulier. Le marché unique de l’électricité est une « usine à gaz », de surcoît au prix actuel du gaz ! En effet, pour financer les onéreuses sources d’énergie renouvelable, intermittentes et inefficaces, il remplace administrativement dans les contrats la soi-disant « unité marginale » par la dernière usine appelée à la production, ordinairement au gaz, ce qui est tout différent.  Ce sera pire avec l’hydrogène gris extrait du gaz grâce à l’électricité soumise au marché unique nécessaire pour l’extraire ainsi que le CO2, pour les recombiner ensuite …   

Je note que les surprofits – windfall profits – sont une ineptie dérivée de la concurrence marginaliste, puisque selon les fluctuations normales des marchés, les profits fluctueront aussi. Pour opérationnaliser fiscalement cette pseudo-notion on considère la moyenne durant quelques années considérées comme plus normales remontant à un passé proche. On taxe alors l’excédent, une opération naturellement transitoire. Il est vrai que lorsque cet excédent est redistribué aux agents économiques et aux ménages, cela permet de contrer les effets de la montée des prix sans créer d’« inflation», la redistribution étant organique : elle ne modifie pas en soi les prix de vente. Cependant si les paramètres économiques ont changé en réponse à la crise, la situation risque de devenir paradoxale : les variations des prix autour de leur axe continueront mais entre-temps l’axe sera soit plus haut soit plus bas.

Une des pires confusions en la matière consiste à mélanger la logique les dividendes versés et celle des profits dégagés à l’époque des profits spéculatifs, c’est-à-dire des CFO prenant le pas sur les CEO et de la fiscalité régressive, avec ces ruineuses tax expenditures, qui privilégie les dividendes. La forme, aujourd’hui hégémonique, du profit spéculatif renvoie à la légalisation totale de l’intérêt spéculatif comme un taux de profit normal, surtout depuis l’abolition du Glass Steagall Act en 1999 aux Etats-Unis et des avatars européens et mondiaux qui suivirent immédiatement après. Or le taux d’intérêt classique est déduit du taux de profit. Avec l’hégémonie du capital spéculatif – qu’il faudrait supprimer – le taux d’intérêt spéculatif est désormais légalement considéré comme un taux de profit à part entière, ce qui, via la mobilité du capital, impacte le taux de profit qui prévaut dans la Formation Sociale. Ce faisant le secteur financier spéculatif, qui compte directement plus de 9 % du PIB, phagocyte toute l’économie réelle. Dans ce cadre, les entreprises qui ne joueraient pas le jeu, particulièrement pour les dividendes et les buybacks, seraient vite pénalisées, voire éjectées du marché global. La solution permanente qui est aussi la plus élégante à ces fluctuations naturelles des profits en régime de concurrence est donnée par la Constitution. Elle entérine la fiscalité progressive, y compris pour le capital, selon les barèmes déterminés par le Parlement selon sa composition politique. La Constitution, issue de la Résistance, avait intégré les leçons scientifiques imparties par la Grande Dépression, y compris sous sa forme encore marginaliste, à savoir le keynésianisme et les théorie de la régulation. Aujourd’hui les impôts en provenance du capital constituent une très faible partie des recettes fiscales globales, près de 9 % seulement en Italie. Et le capital exige toujours plus d’aides, d’exonérations et de dépenses fiscales.

Quant aux marges et à leur gestion nous sommes confrontés à un petit jeu annuel, naturellement plus médiatisé lorsque le coût de la vie augmente. Il met en scène les contradictions inter-capitalistes entre producteurs et distributeurs, particulièrement les grandes surfaces. Là aussi on ne va pas au fond du problème sans socialiser certaines productions ainsi que certains circuits de distribution, voire en supprimant les intermédiaires lorsque cela est possible. Par exemple, des coops agricoles pourraient écouler leurs productions alimentaires dans les restaurants universitaires, les cantines scolaires ainsi que dans les marchés de village ou de quartier. Les produits seraient toujours frais et de saison mais à moindre prix. Le reste serait mis en conserve, etc, … (Ceci fonctionnait parfaitement bien en Emilia-Romagna et à Bologne dans les années 60-70 avant de succomber à la logique spéculative, politiquement transversale après le harakiri du PCI voulu par ses dirigeants otanisés en coulisse puis ouvertement contre la volonté des membres en 1991-1992 qui avaient payés leurs salaires de « communistes ».)

Voir : « Promotions, pénalités, rapports de force : ce que change la loi sur les négociations commerciales », de La rédaction de France Bleu , Jeudi 23 mars 2023, Par France Bleu , https://www.francebleu.fr/infos/economie-social/promotions-penalites-rapports-de-force-ce-que-change-la-loi-sur-les-negociations-commerciales-5753143

Venons-en maintenant à la thèse de l’inflation – au singulier – due aux superprofits selon le FMI et tant d’autres qui furent récemment obligés de renoncer à leur dada favori, à savoir la boucle salaire-inflation du fait de la baisse marquée des salaires réels survenant après des décennies de déflation salariale causée par les politiques de précarisation, de workfare reaganien et de course globale vers le bas des salaires nets débarrassés du salaire différé et d’une partie de l’impôt sur le revenu selon la logique enclenchée par la définition de l’anti-dumping entérinée par l’OMC qui exclut d’office les cotisations sociales et les critères environnementaux minimum.

Voir «  Euro Area Inflation after the Pandemic and Energy Shock: Import Prices, Profits and Wages », Prepared by Niels-Jakob Hansen, Frederik Toscani, and Jing Zhou1, wpiea2023131-print-pdf IMF Euro Area Inflation after.pdf 

(Pour le résumé: « IMF ON INFLATION: « Euro Area Inflation and how Import Prices, Profits, and Wages fit in », Frederik Toscani , August 3, 2023 , https://www.imf.org/en/News/Podcasts/All-Podcasts/2023/08/03/frederik-toscani-euro-area-inflation )

Considérant le premier lien voici en traduction les paragraphes clés suivis de mon commentaire :

« En tenant compte explicitement du choc des prix à l’importation par le biais d’un déflateur de la consommation plutôt que d’une décomposition du déflateur du PIB, nous constatons que les prix à l’importation représentent directement 40 % de l’inflation en moyenne depuis 2022. Mais le rôle des profits domestiques reste significatif, représentant un peu moins de 45 % et les coûts de main-d’œuvre 25 % de l’inflation. Les taxes nettes ont été légèrement désinflationnistes au cours de la période et ont donc contribué négativement.” (p5)


” Les profits unitaires nominaux et la part des profits peuvent augmenter sans que le taux de marge ne change. 7 Pour obtenir une mesure de la part des bénéfices, nous devons rapporter les bénéfices nominaux à la valeur ajoutée brute ou au PIB. Et pour obtenir des mesures de la rentabilité, nous devons rapporter les bénéfices à la valeur des intrants ou de la production. ” (p13)


” Ce document a mis en évidence l’importance des prix à l’importation et des bénéfices nationaux en tant que contrepartie de l’inflation dans la zone euro depuis la pandémie et le choc énergétique. Une décomposition du déflateur de la consommation en 2022 montre qu’un tiers de l’inflation est directement imputable aux prix à l’importation, les profits domestiques représentant près de 50 %.


(…) Sur la base des données disponibles, l’augmentation des profits représente le fait que les entreprises répercutent plus que le choc des coûts nominaux, mais n’augmentent pas nécessairement leur rentabilité. “


” La politique monétaire devrait continuer à ancrer les attentes à l’objectif. L’Europe étant un importateur net d’énergie, le choc négatif sur les termes de l’échange implique que le revenu national doit diminuer (par rapport au scénario contrefactuel). Ceci peut être réalisé en réduisant les profits réels et/ou les salaires réels. Si la politique monétaire n’est pas le bon instrument pour influencer la distribution, nos résultats suggèrent que des politiques rigoureuses sont nécessaires pour ancrer les anticipations et maintenir une demande modérée de sorte que les acteurs économiques s’accordent sur une fixation des prix relatifs compatible avec la désinflation (p. 19). »

Commentaire rapide :

Les auteurs accomplissent ici deux exploits :

1 ) Ils utilisent le déflateur du PIB pour mesurer l’inflation – au singulier. Oubliez l’IPC !!! (qui n’est lui-même qu’un Indice fishérien hautement tautologique visant à construire des « prix constants » permettant la comparaison statistique au fil du temps. On simplifie ! Voir plus bas)

2 ) Ils ont donc tendance à confondre encore plus augmentation des prix et inflation (s) !!!

Par conséquent, il ne leur reste plus que la part des bénéfices au niveau macro-économique mise en regard du bénéfice unitaire ou à la marge bénéficiaire.


Le FMI devrait être fermé. Cela à failli se faire voilà peu mais le « sauvetage » hongrois fut inventé in extremis pour sauver la boutique. Suivirent l’Argentine de Macri et d’autres méfaits du genre ailleurs dans le monde.

Mais alors : l’inflation au singulier – le déflateur du PIB – n’est pas un phénomène monétaire. Qu’à cela ne tienne, les banques centrales devraient néanmoins poursuivre leurs politiques restrictives pour ancrer les anticipations ! Sous quelle influence sont-ils ? Dans le même souffle, ils disent qu’il faut augmenter les salaires et réduire la part des profits parce que cette dernière est inflationniste !


En fait, ils confondent la valeur absolue et la valeur relative et ajoute la ” rentabilité ” – la productivité – qui n’est pas vraiment mesurable en termes marginalistes.


D’où l’affirmation suivante : salaire + profit + impôts = p (p étant le résultat ou produit)


Maintenant, en observant p en t2, il est plus grand qu’en t1. Ils en concluent qu’il y a de l’inflation. Si l’on examine la composition de p, étant donné que les salaires réels sont en baisse et que les impôts sont neutres ou en baisse, le coupable ne peut être que le profit. Voilà !


Le problème véritable, dans le contexte spéculatif ambiant, est que la part des bénéfices a augmenté parce que les salaires ont baissé – il s’agit d’une escroquerie à l’égard des travailleurs – mais pas seulement parce que les importations ont augmenté et que leurs coûts sont intégrés dans les coûts de production. Les salaires ne sont pas indexés exprès.


Ils disent donc que p en t2 doit être ramené à un niveau plus proche de t1.
Cette baisse devrait être due à un rattrapage des salaires – la part relative des salaires et des profits. Mais, en fait, cela ne changera pas – mutatis mutandis – la valeur exprimée en prix de p à t2 !!!

Conservez à l’esprit la fonction de production : c + v + pv = p (soit capital + valeur de la force de travail ou salaire + plus-value = produit. )

Au final tout se joue sur le partage (v + pv). Les dirigeants et les économistes bourgeois ne savent rien des inflations, mais ils savent, depuis toujours, utiliser l’inflation – au singulier – pour écraser les salaires, qui eux ne bénéficient pas des sauvetages étatiques désormais permanents ni des QE et autres liquidités. 

De fait si les salaires étaient indexés à 100 %, une chose due puisque autrement c’est objectivement parlant un vol, les augmentations des prix ne causeraient aucune « inflation » au sens IPC, mais uniquement une modification de la structure des prix relatifs dans la Formation Sociale considérée. Le problème serait la tenue du taux de change et des balances externes.

Ce galimatias du FMI ne l’empêche pas d’appuyer la politique des taux d’intérêt élevés des Banques centrales, au prétexte que cela sert « à ancrer les attentes à l’objectif.» ! Quitte à induire la récession et donc à raboter encore plus les salaires . Chercher l’erreur … De fait, dans la logique « technique » des économistes et des traders, le pitre Mandelbrot compris qui prenait les prix du Dow Jones pour des « faits » à soumette à l’analyse stochastique, le seul ancrage, d’ailleurs fishérien, dont dispose les agents économique dans une économie sous hégémonie spéculative et boursière, sont bien les taux directeurs des Banques Centrales capitalistes, notamment les Obligations d’Etat à 5 et 10 ans, avec une préférence récente pour des termes plus courts aujourd’hui vu le problème causé dans les bilans des entreprises, des banques et des fonds par la différence entre la valeur nominale et le mark to market des actifs. Sans cela, les anticipations nécessaires à la plage temporelle pour la prise de risque reposeraient sur du sable encore plus mouvant … Plus de creux plus de bosses consistants dans les courbes, plus moyen de tirer des traits selon « l’analyse technique du Dow Jones », imaginez un peu !     


Oubliez la rentabilité… ou à proprement parler la productivité. En termes scientifiques, une hausse de productivité permet de produire plus d’un même produit ou d’un produit fortement élastique en un même temps de travail, avec la même force de travail en valeur d’échange mais avec moins d’ouvriers physiques. Le prix unitaire baisera de manière proportionnellement inverse à la hausse de productivité. Les prix baiseront mais sans inflation, du moins si le plein-emploi est maintenu maintenant l’égalité valeur d’échange = prix. (Voir Tous ensemble ou le Précis d’Economie Politique Marxiste)

La précarité généralisée et le workfare reaganien produisent des effets contraires : alors que l’économie réelle est phagocytée par l’économie spéculative, une « productivité » factice est activement recherchée par la déflation salariale plutôt que par l’approfondissement de la composition organique du capital, à savoir de meilleures machines et des organisations de travail plus efficaces tenant compte des conditions de travail des travailleurs et de leur niveau de vie – ce qui requerrait le partage des gains de productivité. Le tout est aggravé par la course au moins disant global sur la base du seul salaire individuel net, processus délétère entériné par la définition de l’anti-dumping de l’OMC. Les économies planifiées appuyées par le crédit public auront rapidement l’avantage, ce que les piteuses balances externes des pays occidentaux illustrent chaque jour d’avantage.    

L’IPC, l’Indice des prix à la consommation, a été construit par Irving Fisher, un économiste américain initié par Böhm-Bawerk, le premier grand falsificateur de Marx après le décès de ce dernier. Pour discréditer le statut scientifique du marxisme, il inventa le faux problème de la transformation des valeurs en prix de production. J’ai disposé de ce faux problème et de cette supercherie théorique-idéologique en donnant sa genèse historique et en démontrant à la fois les failles logiques de la critique de l’idéologue autrichien et la scientificité du marxisme une fois démontrée la loi de la productivité marxiste dûment intégrée dans les Equations de la Reproduction Simple et Élargie. La première démonstration publiée se trouve dans mon Tous ensemble.

En s’inscrivant dans la lignée de Böhm-Bawerk, Irving Fisher prétendra éliminer la distinction marxiste – Livre III du Capital – entre salaire, rente et profit, une distinction qui fonde la lutte de classe des trois grandes classes sociales du temps de Marx, pour fondre le tout dans son « income stream ». Ce dernier est un magma liquide concernant tous les agents économiques sans exception, capitalistes, ouvriers, ménagères, etc, tous ayant, par définition, un « revenu » à investir; pour la « mentalité acquisitive » donnée comme pérenne et identique en tout lieu et en tout temps, y compris dans les sociétés esclavagistes, féodales ou potlatch, il s’agit alors d’en gérer les flux en l’investissant au mieux selon ses propres préférences temporelles et de prise de risque. C’est simpliste mais commode : Adieu la lutte des classes. C’est la compétition de tous avec tous qui prévaut et qui est donnée comme loi naturelle. La psychologie béhavioriste américaine devient un paramètre universel, quoique toujours élastique, sans lequel la singulière supercherie de l’Ecole autrichienne aujourd’hui générale de l’« utilité marginale » univoque, le « calcul des joies et des peines » de Menger et al.,  ne pourrait prétendre au moindre statut scientifique. Or, toute marchandise est ontologiquement duale, tout particulièrement la marchandise force de la valeur du travail, exhibant une valeur d’usage et une valeur d’échange, cette dernière en faisant un objet économique, un objet échangeable sur le marché.

A part ce choix de falsification narratif, l’« income stream » fishérien reste ancré sur les prix marginalistes, par essence fluctuants. Si aucune valeur d’échange n’opère comme axe autour duquel les prix de marché fluctuent, comment comparer les expressions prix dans le temps, de t1 à t2 etc. ? Fisher proposa son fameux Indice. D’ailleurs, dans le monde falsifié de son « income stream », la construction d’Indices deviendra vite une douce manie tâtonnant pour un ancrage réel pour cet économiste riche qui finit ruiné après avoir prédit que tout allait bien juste avant le crack boursier préludant la Grande Dépression et ensuite juste avant la Récession dans la Dépression en 1937 sous le New Deal.

Pour procéder à ses comparaisons, Fisher construit donc un panier de consommation moyen et ce panier est censé conduire aux « prix constants » permettant les comparaisons. Les prix constants ne sont que la concrétisation de l’évolution des prix jugée sur la base d’une année de référence donnée comme Base 100. Mais comme Fisher, à l’instar de tous les économistes bourgeois en particulier marginalistes, ne dispose d’aucune théorie scientifique de la productivité, il est ontologiquement incapable d’y voir clair, notamment en ce qui concerne la distinction entre augmentation ou baisse des prix d’une part et inflation-déflation et structure des prix relatifs d’autre part. Fatalement, tous les ajustements se feront sur le dos du prolétariat, par les biais des inepties proférées sur les supposées « rigidités du marché du travail ». On sait que pour R. Solow – et aujourd’hui pour tous les néolibéraux et monétaristes – l’équilibre économique doit se faire au « seuil physiologique », sans que personne puisse nous dire où exactement il s’établit. Après tout la longévité moyenne des camarades Dalits oscille autour de 40-42 ans, il y a donc encore une marge pour la déflation salariale en Occident … On sait que la bourgeoise domine grâce à des narrations substituées à la science, laquelle repose sur la réalité vérifiée des faits et non sur les perceptions narratives. Fatalement, la réalité évoluant, les narrations s’en écartent perdant ainsi toute opérationnalité. Ce fut notoirement le cas pour les rituels religieux et le calendrier – julien, grégorien etc. – avant la consolidation de l’astronomie moderne. C’est pourquoi les narrateurs dominants de tous les temps, en développant des récits pour assujettir les masses, doivent s’ingénier à conserver une plausibilité, à savoir une manière d’interagir avec la réalité tout en maintenant leur dominance. Ils ajustent en permanence, ce sont les rois du zapping, la vérité historique doit être occultée. De ce point de vu, les indices de Fisher ouvrirent la voie aux comptabilités nationales et d’entreprises capitalistes, qui permettent une gestion pratico-pratique de classe, avec tous les défauts que l’on sait.     

Voir pour le détail : « Pouvoir d’achat, niveau de vie, temps de travail socialement nécessaire et « revenu global net » des ménages », 2-31 déc 2018, dans http://rivincitasociale.altervista.org/pouvoir-dachat-niveau-de-vie-temps-de-travail-socialement-necessaire-et-revenu-global-net-des-menages-2-31-dec-2018/ 

Et : « CPI inflation : current marginalist neoliberal-monetarist absurdities » June 29, 2023. Inclut la version française, http://rivincitasociale.altervista.org/cpi-inflation-current-marginalist-neoliberal-monetarist-absurdities-june-29-2023-inclut-la-version-francaise/   

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7 ) L’Europe des nations et l’Europe sociale

Voir l’essai dans http://www.la-commune-paraclet.com/EPIFrame1Source1.htm#epi

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8 ) Sur la voie pacifique au socialisme : réformes démocratiques révolutionnaires ou Rossinante du réformisme et Marche à l’étoile … de minuit.

Voir :

1 ) Le chapitre « Réformes démocratiques révolutionnaires ou lamentable Rossinante du réformisme », dans Tous ensemble (Livre 1.doc ici : http://www.la-commune-paraclet.com/Download/

2 ) « La marche à l’étoile de minuit …des philosémites nietzschéens actuels », http://rivincitasociale.altervista.org/la-marche-letoile-de-minuit-des-philo-semites-nietzscheens-actuels/ 

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9 ) Les nouvelles formes de démocratie socialiste à inventer

Voir « De nouvelles formes de démocratie socialiste à  inventer », http://rivincitasociale.altervista.org/de-nouvelles-formes-de-democratie-socialiste-a-inventer-1/ 

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10 ) La psychoanalyse marxiste : critique définitive du charlatanisme bourgeois et freudien.

Voir la Seconde partie de Pour Marx contre le nihilisme (Le Livre 2.doc ici : http://www.la-commune-paraclet.com/Download/ )    

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11 ) Droits civils : « Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs » suivi par « Après les « surhommes » voici la fin souhaitée de l’Espèce humaine »

11a ) « Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs » voir le texte dans http://la-commune-paraclet.com/moeursFrame1Source1.htm#moeurs

11b ) « Après les « surhommes » voici la fin souhaitée de l’Espèce humaine » voir la Note B de la Brève du12-13 janvier 2023 dans http://rivincitasociale.altervista.org/sars-cov-2-brevesflash-newsbreve/ 

La théorie philosémite des “surhommes” de Nietzsche prend désormais la forme de la fin de l’Espèce humaine pour être numérisée en plusieurs Espèces algorithmiques différentes.

On connaît les pathologies théoriques de Nietzsche et de Heidegger. (1) Elles reviennent “une fois encore ” à grand renfort de numérisation, de surveillance et de traitement algorithmique.

En voici une version post-moderne selon : ” Yuval Noah Harari – FUTURE OF HUMANITY ” World Leader , https://www.youtube.com/watch?v=CMRPD_wV__k

Yuval Noah Harari est un intellectuel public israélien, historien et professeur au département d’histoire de l’Université hébraïque de Jérusalem. “

Selon lui, d’ici peu, l’espèce humaine ” telle que nous la connaissons aujourd’hui ” aura disparu et sera remplacée par de nouvelles espèces totalement recréées biologiquement et algorithmiquement. En somme, le métavers à son paroxysme. Proche du Forum économique mondial de Klaus Schwab – avec sa propagande du vaccin ARNm, le New Reset et son Grand Inquisiteur dostoïevskien à qui il faut tout céder pour être heureux… – il prend la forme radicale mais logique de l'”annulation de la culture”. Harari admet avoir découvert tardivement qu’il est homosexuel, précisant que dans la forme algorithmique de lui-même, il l’aurait su plus tôt étant donné la surveillance permanente – à l’exclusion des manipulations algorithmiques ?

Harari s’inscrit dans un mouvement global. Ce n’est pas que ces gens en possession de laboratoires et de grandes entreprises numériques soient si “intelligents” – voir l’échec retentissant des “vaccins ARNm” – ou si originaux. Il me semble que cette pathologie de vouloir remplacer la Nature, sans même distinguer entre Nature et Histoire, entre Cerveau et Pensée, n’est pas très différente des fantasmes romanesques d’un Zecharia Sitchin lorsqu’il invente une mythologie sumérienne composée d’extraterrestres qui auraient produit en laboratoire diverses Espèces sur Terre, pour finir avec ” l’homme ” compris comme un serviteur idéal mais de toute façon à éliminer avec le Déluge parce que trop bruyant et rebelle. En vérité, cela ressemble plus à « l’Île du Dr Moreau » revisitée par les philosémites nietzschéens post-modernes comme Harari.

Le danger que représentent ces personnes est évident : vouloir ouvertement la destruction-remplacement de l’espèce humaine et travailler pour que cela se produise est certainement le “crime contre l’humanité par excellence”. J’aurais pensé que les tribunaux, y compris la Cour pénale internationale, seraient déjà appelés à intervenir (étant donné l’inaction de l’université).

Voici quelques lectures concernant cette monstrueuse dérive a-humaine :

1a ) Paul De Marco, « Nietzsche, et le retour du  cauchemar éveillé »,  http://rivincitasociale.altervista.org/nietzsche-et-le-retour-du-cauchemar-eveille/ 

1b ) Paul De Marco, « Heidegger, la corruption intime de l’âme et du devenir humain »,  http://rivincitasociale.altervista.org/heidegger-la-corruption-intime-de-lame-et-du-devenir-humain/ 

1c ) Pour Marx, contre le nihilisme, Deuxième partie : Pour une théorie marxiste de la psychoanalyse. Un extrait traduit en italien est disponible dans ” Contra-pitre ” dans la section Italie de www.la-commune-paraclet.com.

1d ) Sur l’importance d’une véritable réforme démocratique et scientifique de l’éducation, voir l’annexe “Spoliation” dans Pour Marx, contre le nihilisme, même ancien site expérimental.

1e ) Introduction méthodologique, Livre IV, même ancien site expérimental.

1f ) Pour « Les nouvelles formes de démocratie socialistes à inventer », http://rivincitasociale.altervista.org/de-nouvelles-formes-de-democratie-socialiste-a-inventer-1/ 

Voir aussi le chapitre ”Pour le socialisme cubain” dans Pour Marx, contre le nihilisme, idem. (Ne pas confondre “centralisme démocratique” et pluralisme bourgeois). Voir aussi la Section ” Pour le socialisme cubain ” sur le même ancien site expérimental.

1g ) Pour l’Ecomarxisme voir la catégorie du même nom sur ce même site.

1h ) Pour l’attitude des syndicats comparée celle de la Cour Suprême américaine, voir : The political and trade union leaders got it wrong : the workers, the citizens understood what was at stake, 15 October 2021 (voir l’intégralité du commentaire ici : http://rivincitasociale.altervista.org/i-dirigenti-politici-e-sindacali-hanno-sbagliato-le-lavoratrici-e-i-lavoratori-le-cittadine-e-i-cittadini-hanno-capito-la-posta-in-gioco-15-ottobre-2021/ )

2a ) Paul De Marco ” Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs/Matrimonio, unions civiles et institutionnalisation des mœurs “, dans la Partie Rose de mon site http://la-commune-paraclet.com/ . Voir en particulier la section sur le ” Devenir historique de l’espèce humaine et le principe de précaution.

2b ) Voici, par exemple, une critique importante de la culture woke et cancel : ” Big Pharma, Big Tech, and Synthetic Sex Identities “, Jennifer Bilek, Investigative Journalist, Jul 28, 2022, in https://jbilek.substack.com/p/big-pharma-big-tech-and-synthetic .
Dans cet article, voir notamment le rôle d’agences telles que Stryker Medical etc. Bilek ajoute : ” Jennifer Pritzker et sa famille ne doivent pas être négligées dans le développement des identités sexuelles synthétiques. “
Pour la vidéo : https://freedomlibrary.hillsdale.edu/programs/campus-lectures/big-pharma-big-tech-and-synthetic-sex-identities

À mon avis, les entreprises privées doivent être strictement exclues de ces questions et du pouvoir de définir ce qui peut être considéré comme légitime. Aucune intervention sur le génome humain susceptible d’être transmise à la génération suivante avec pour effet de modifier l’espèce humaine ne peut être tolérée ; le corps humain et la reproduction humaine ne doivent pas être marchandisés. En ce qui concerne les adultes, toute intervention doit être couverte par le système de santé publique. Les adultes doivent être libres de choisir pour eux-mêmes, sans interférence transmissible contre le génome humain, tandis que les enfants doivent avoir le temps d’atteindre l’âge adulte sans interférence, en particulier l’interférence du type marchandisée. Au contraire, les enfants et les adolescents doivent apprendre à être tolérants et à développer pleinement leur personnalité au rythme de leur propre développement psychosocial. D’où l’importance cruciale d’une véritable réforme démocratique de l’éducation telle qu’elle se dessine dans “Spoliation” (point 1d ci-dessus).

En général, comme nous l’avons déjà expliqué dans l’essai “Mariage, unions civiles et institutionnalisation des mœurs“, les droits civils sont ajoutés sans retirer de droits et sans pénaliser qui que ce soit. Ce qu’il faut, c’est du pragmatisme et de la tolérance. La modernité et la tolérance sont nécessaires pour les changements dans la vie quotidienne des citoyens. Je pense, par exemple, à l’attitude du mathématicien Bertrand Russell à l’égard des camps de nudistes : personne n’est obligé de les fréquenter. Ainsi, le problème de l’utilisation des toilettes n’est pas si difficile à résoudre, même en tenant compte du fait que les cabines sont de toute façon privées ; il suffirait d’ajouter une catégorie Trans à celles des femmes et des hommes. Cette approche devrait s’appliquer au sport afin de ne pas pénaliser les femmes. Les adaptations symboliques, par exemple pour la langue, suivront probablement leur propre chemin, dictées davantage par les nouvelles coutumes que par les universitaires.

Dans les documents publics ou académiques, la règle sera probablement celle de la clarté maximale. D’autres symboles publics comme les statues, les plaques commémoratives chériront l’authenticité historique sans succomber à une dialectique tronquée : dans la plupart des cas, l’effacement de la mémoire produit le contraire de la réflexion critique nécessaire à l’émancipation individuelle et collective. Marx disait, en accord avec Vico : ” L’histoire est l’histoire des luttes de classes “. Mieux vaut donc connaître son passé sans l’occulter. Cela dit, il n’y a aucune raison de commémorer certains personnages trop contraires aux droits constitutionnels ou à l’Article XII des dispositions transitoires et finales – anti-fascistes – de la Constitution italienne. Je pense qu’il convient de faire la distinction entre le mouvement “woke” qui est à juste tire aujourd’hui intolérant à l’égard de l’injustice et de la discrimination raciale ou autre, et le mouvement “cancel” largement manipulé par Big Pharma. Voir par exemple le mouvement Black Lives Matter. Il est évident que le mouvement “woke” ne prendra pas les mêmes formes en Europe et aux États-Unis, où la discrimination raciale et l’apartheid ont prévalu jusqu’à la fin des années 1960 et où les “programmes d’action positive” ont une origine historique distincte. En Europe, l’idéal d’égalité des citoyens prévaut et l’affirmation d’une égalité réelle, et pas seulement formelle, doit donc être recherchée par d’autres moyens juridiques, sociaux, éducatifs et culturels. Il en va de même pour l’égalité entre les hommes et les femmes. Même si, en ce début de XXIe siècle, le chemin semble encore parfois semé d’embûches… (voir par exemple “Spoliation“).

En fait, tout le discours sur l’annulation ou cancel, un discours typiquement américain, semble se réduire à une confusion idéologique démagogique ou à une dialectique tronquée. Il confond Nature et Société, Cerveau et Pensée. On se souvient de James Watson, qui se croyait si “intelligent” qu’il voulait être cloné ! Il a oublié que lui et d’autres comme lui avaient volé la photo de la double hélice de l’ADN prise par la chercheuse Rosalind Franklin qui, se doutant de ce qui s’était passé, avait été obligée de travailler sous un parapluie !

Heureusement, toutes les formes d’intelligence ont la même dignité et sont pareillement nécessaires à une société harmonieuse – selon Joachim de Fiore – et ne se transmettent pas génétiquement ! Il n’y a donc pas de gène de voleur ou de faussaire. Je me souviens avoir éclaté de rire lorsque j’ai lu que, dans son portrait ADN, Watson était africain à environ 16 %. En résumé, pensais-je, on peut encore sauver quelque chose. Il est d’ailleurs notoire que des millions d’Américains sont en fait des Afro-Américains à la peau blanche…

Le lot de l’Espèce humaine est de se reproduire dans la Nature et la Société, le plus harmonieusement possible. En tant qu’espèce dotée de conscience, sa vocation est de s’émanciper en tant qu’Espèce humaine, c’est-à-dire dans le Domaine social-historique. Comme je l’ai démontré dans mon Introduction méthodologique, c’est donc une folie pathologique que de nier que les deux dialectiques, de la Nature et de l’Histoire, soient toutes deux nécessaires. En unissant ces deux dialectiques par son “identité contradictoire”, le Sujet Humain meut la Dialectique Globale. Il n’y a pas d’émancipation possible – l’aspect humain de la liberté – qui soit fondée sur une mutilation ou une négation de notre origine dans la dialectique de la Nature. Au contraire, en sachant organiser la domination de la Nécessité naturelle et sociale par la division sociale du travail et l’augmentation séculaire de la productivité propre à ouvrir le temps libre, on peut espérer créer les conditions matérielles et institutionnelles d’existence nécessaires à l’épanouissement de la personnalité de chacun. Ni la génétique, ni la numérisation, ni la mise en algorithmes ne pourront créer ni favoriser la personnalité humaine. Foucault, ainsi que de nombreux anthropologues modernes, font la distinction entre épistémé et techné : mais ils avertissent tous que la techné doit être au service de l’homme, et non l’engloutir. Rabelais ajoutait : “Science sans conscience, n’est que ruine de l’âme”.

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12 ) « Devoir de mémoire :  Qu’est-ce que j’entends par le terme de philosémite nietzschéen ? » Suivi par « Les Nouvelles Lois Manu »

11a )  « Devoir de mémoire :  Qu’est-ce que j’entends par le terme de philosémite nietzschéen ? »

(Voir la version originale en italien ici : http://rivincitasociale.altervista.org/dovere-di-memoria-cosa-intendo-con-il-termine-filosemita-nietzschiano/  

Mise au point (14 déc 2016 – 12:07)

Le 8 décembre 2016, en réponse au message ” Loi budgétaire illégitime et prêt ruineux au MES ” posté le 7 décembre 2016 sur , la question suivante m’a été posée : ” Monsieur Paolo De Marco, pourriez-vous m’expliquer ce que vous entendez par “Italie philosémite nietzschéenne” ? “

Vu l’importance du sujet, j’ai décidé de faire circuler ma réponse en me basant sur les valeurs fondamentales de notre Constitution, née de la Résistance au nazisme-fascisme, et sur les valeurs compatibles et complémentaires de la Déclaration universelle des droits de l’homme individuels et sociaux et de la Charte fondamentale de l’ONU.

J’ajouterais que les comités de citoyens devraient traduire en justice la Commission européenne et le ministre italien de l’économie pour avoir sciemment trafiqué la loi budgétaire, aujourd’hui malheureusement gelée pour des raisons électoralistes illégales et vulgaires, simplement parce que l’UE essayait d’aider le gouvernement Renzi à gagner le référendum sur la contre-réforme constitutionnelle renzi-gutgeldienne. (1) Une telle dégradation de la démocratie et une telle ingérence vulgaire dans les affaires intérieures italiennes ne peuvent être tolérées. En attendant, l’Arc constitutionnel doit être reconstitué en vue du référendum sur le fameux Jobs Act.

Voici donc ma réponse :

“Oui, bien sûr, avec grand plaisir. Le terme de “philosémite nietzschéen”, que je n’aurais jamais imaginé utiliser avant d’être confronté à cette très dangereuse régression politique, intellectuelle et éthique, figure dans la présentation de la réédition américaine des livres de Nietzsche. Voir The portable Nietzsche, édité et traduit par Walter Kaufmann, Penguin Books ed, 1982, The basic writing of Nietzsche, traduit par Walter Kaufmann, 2000 Modern Library Edition, The will to power, Vintage Books edition, 1968. On tente ni plus ni moins de réhabiliter Nietzsche (sic !) parce qu’on prétend rétrospectivement qu’il n’était pas antisémite, au sens d’antijuif (il s’agit ici d’une aliénation du vocabulaire, puisque les Arabes sont aussi des Sémites). Tout ceci parce que dans certaines notes Nietzsche imaginait sa nouvelle “race dominante” comme née du “croisement” de juifs et de junkers prussiens !!!

Dans ma naïveté marxiste, j’ai tout au plus condamné le “sionisme de droite” en soutenant la stratégie d’Isaac Rabin sur les accords d’Oslo et j’ai même proposé mon “Camp David II” (voir dans mon Pour Marx, contre le nihilisme dans la section Livres-Books du site www.la-commune-paraclet.com . Cette proposition était la seule alternative pour la paix. Elle a donné lieu – sans jamais me mentionner mais en me soumettant immédiatement à la plus répugnante persécution intellectuelle, académique et sociale – aux officieux Accords de Genève ; qui ont déclenché l’enfer avec la provocation mortelle du criminel de guerre Sharon sur l’Esplanade des Mosquées.

Il s’agit d’une très grave régression vers la barbarie. Voir le texte “Nietzsche, un cauchemar éveillé” dans la section Livres-Books de www.la-commune.paracelt.com . Voir aussi, dans mon italien encore aléatoire, l’essai «« Elogio della Ragione e della laicità dello Stato » dans la section Italie du même site. (En français voir « Préambule et laïcité » et les chapitres qui suivent dans « Europe des nations, Europe sociale et constitution » dans https://www.la-commune-paraclet.com/europeFrame1Source1.htm#europe

Au niveau international, elle prend la forme de la “guerre des civilisations” imaginée par Samuel Huntington, le père des “hameaux stratégiques” au Guatemala et au Vietnam. Cette stratégie sous-jacente informe les désastreuses guerres de civilisation actuelles, déguisées en guerres contre le terrorisme, alors que nous savons tous très bien qu’Al-Qaïda et IS ont été conçues et financées par le Mossad et les États-Unis avec l’aide financière et autre des pétromonarchies.

Le même Huntington avec d’autres – par exemple Dershowitz, créateur de l’importation en Occident des techniques israéliennes de torture sous contrôle médical ( !), au mépris du serment d’Hippocrate et des droits fondamentaux inscrits dans nos constitutions égalitaires – ont imaginé le contrôle des “flux de communication”, le retour à la “déférence à l’Autorité” – autoproclamée, par exemple les Prix Nobel d’économie ! !! – et le Patriot Act avec ses séquelles européennes. Il s’agit d’un ” retour ” à une nouvelle Inquisition avec son Index.

Je suis marxiste et je reste attaché aux idéaux constitutionnels antinazis et antifascistes. Marx a été l’un des premiers et certainement le plus brillant critique de l’exclusivisme inégalitaire, théocratique et raciste. Nietzsche, ainsi que les sections philosophiques nietzschéennes anciennes et modernes – Sarfatti, Rosenberg, etc., etc. – ont été et continuent d’être ses partisans les plus insidieux. Il n’y a pas de démocratie possible si ces idéologies ne sont pas condamnées – elles sont d’ailleurs condamnées par l’Article XII des dispositions transitoires et finales de notre Constitution italienne, née de la Résistance (les Pères de la Constitution n’ont pas ignoré le rôle de Margherita Sarfatti ni de son père dans le financement des mouvements – et des papes – les plus réactionnaires d’Italie, ainsi que du fasciste Mussolini. Malgré tout cela, la résurgence de tels mouvements, comme la Casa Pound, est tolérée. La fausse représentation et la surreprésentation – cette dernière étant si évidente à l’œil nu sans qu’il soit nécessaire de se référer à la Loi des Grands Nombres – sont dangereusement revenues dans le paysage politique occidental et en particulier dans notre Italie, pays à « souveraineté limitée ».

J’ai expliqué – par exemple dans mon “Elogio ” mentionné ci-dessus – que la logique de l’exclusivisme conduit inévitablement à des conflits et à des guerres d’anéantissement. Ce fut le cas pendant la Seconde Guerre mondiale. C’est à nouveau le cas aujourd’hui, l’avant-garde de ce ” retour ” à la barbarie étant la volonté de détruire plus de 66 pays musulmans pour construire un Grand Israël dans un Grand Moyen-Orient ainsi dominé. Sans parler des ” changement de régime ” ou « regime change » … Bref, on veut détruire l’Etat-nation, berceau de la souveraineté du peuple pour revenir à un fascisme mou, fait d’auto-élection et de fausses méritocraties.

J’espère avoir répondu à votre question. Si vous avez besoin d’éclaircissements supplémentaires, n’hésitez pas à me recontacter. Par exemple, une forme de philosémitisme nietzschéen dans l’Italie d’avant 1992 se retrouve dans l’œuvre de Spinelli ; c’est pourquoi je dénonce également l’Italie spinellienne ainsi que le fédéralisme spinellien qui, dès le début, a cherché à affaiblir l’intégration européenne dans un cadre atlantique.

En Italie, ceux qui savent ne parlent pas (la ” fiorentina est chère”). Et les autres sont assez ignorants, malgré eux, car la censure est forte dès que l’on veut éclaircir ces questions fondamentales, ne serait-ce que pour expliquer le concept de “répudiation de la guerre” contenu dans l’Article 11 de notre Constitution antifasciste, c’est-à-dire anti-nietzschéenne.

Paolo De Marco, ancien professeur de relations internationales – économie politique internationale”.

NOTE :
1. Comme nous le savons tous, l’Italie s’est déjà vu attribuer une marge de 19 milliards d’euros, immédiatement gaspillée de la manière la plus vulgairement condescendante et électoraliste – l’aide de 80 euros, bonbons divers, Jobs Act, IMU, IRES, IRAP, etc. Malgré cela, tout le monde savait avant le référendum du 4 décembre 2016 que les chiffres ne collent pas. Voir « Iva al 25% nel 2018: la pesante eredità di Renzi, O si trovano 42 miliardi in due anni o scattano le clausole di salvaguardia » http://quifinanza.it/tasse/iva-al-25-nel-2018-la-pesante-eredita-di-renzi/97348/?ref=virgilio.

J’ajoute que l’austérité est en train de détruire l’Italie. Cela ne signifie pas pour autant que sortir de l’UE au sein des mêmes paramètres soit une solution valable. Au contraire, on peut très bien changer le paradigme socio-économique en restant dans l’UE, dont l’Italie a été l’un des trois grands pays fondateurs. En effet, la monnaie – laissée à la BCE – n’est pas le crédit – qui reste une compétence nationale selon l’Article 47 de la Constitution, sauvée in eextremis par le référendum du 4 décembre – et surtout la monnaie n’est pas un crédit public (qui contrairement à la ruineuse finance privée désormais spéculative, ne coûte que ses frais d’administration). De plus, le Traité de Lisbonne n’est pas une constitution, ce n’est qu’un traité qui peut donc être modifié. Il précise toutefois que les Affaires Sociales sont une compétence nationale exclusive. Voir l’essai « Uscire dall’euro non serve, serve mettere fine alla cosiddetta banca universale » disponible aussi en version anglaise dans : http://www.la-commune-paraclet.com/Download/ 

11b ) « Les Nouvelles Lois de Manu »

Tiré de la « Brève du 25 avril 2022 ». (traduction de l’original en italien)

« 3 ) Quelques mots sur les élections présidentielles de 2022 en France et la Marche vers les Nouvelles Lois de Manu.», dans http://rivincitasociale.altervista.org/sars-cov-2-brevesflash-newsbreve/ 

Depuis des années, je mets en garde contre la volonté régressive nietzschéenne pro-sioniste d’imposer le “retour” à une société de la nouvelle domesticité et du nouvel esclavage. En Italie, et certainement en Calabre et dans le Sud, nous y sommes déjà. Aujourd’hui, cette régression sans précédent prend, avec de plus en plus de précision, la forme d’une volonté de caste exclusiviste d’imposer une “dalitisation” – de Dalit, la caste indienne – de la population en plus de sa palestinisation. Les citoyennes et citoyens sont de plus en plus privés des moyens d’une pensée critique non enveloppée dans une série de récits régressifs avec le soutien transversal presque total de la politique parlementaire, des médias et des syndicalistes, y compris avec le soutien des plus sinistres qui voudraient se faire passer pour des progressistes. Ils entraînent les citoyennes et citoyens vers de Nouvelles Lois de Manu. Il ne faut pas manger de viande, surtout de la viande rouge – tant pis pour les carences en B12 des séniors – , et il ne faut pas gaspiller la nourriture. Le thermostat du chauffage doit être abaissé à 19 degrés – avec une tolérance de 2 degrés, bien sûr… pour ceux qui peuvent payer ou faire payer le public dans les bureaux. Le climatiseur ne pourra pas descendre en dessous de 29 degrés – toujours avec une tolérance de 2 degrés. À 29 degrés, les personnes âgées courront un risque plus grand que lorsqu’elles sont laissées à la maison avec Covid sans soins à domicile précoces. Selon les politiciens allemands et d’autres, il faudra renoncer à la douche quotidienne pour économiser l’eau de chauffage. Il faudra renoncer à la libre mobilité géographique et respecter les différentes zones de circulation sous prétexte de contrôler les émissions de CO2 – malheureusement bénéfiques pour la végétation et les cultures. On ne peut plus espérer obtenir un emploi fixe pendant des années, ni même un temps partiel décent ou une aide publique digne de ce nom – mieux vaut, disent certains, dépenser les quelque maigres 7 milliards d’euros du RDC – revenu soi-disant citoyen en Italie – pour consacrer 2 % du PIB pour la Défense imposés par l’OTAN, au mépris de l’Article 11 de la Constitution et de la loi 185/1990. Tout cela nous est prêché dans le cadre de l’atteinte délibérée au génome humain et aux libertés fondamentales avec les criminelles thérapies ARNm et les liberticides passeports verts.

Voici comment Nietzsche a résumé la Loi de Manu conçue pour affaiblir physiologiquement les personnes et pour ainsi contrôler les peuples – je me réfère ici à la “Brève” du 15 décembre 2021 : En voici un extrait :

” En guise de conclusion, veuillez méditer ce que leur Grand Maître Nietzschéen pro-sémite écrit sur le contrôle des multitudes – décombres, chandalas – avec des mesures sanitaires appropriées :

“Manu et sa société de castes “aryenne”. Après l’avoir lu, demandez-vous comment les membres d’une certaine camarilla académique et politique peuvent concilier ces inepties avec leurs propres mandats et positions. En fait, face à une régression aussi éhontément exclusiviste, on pourrait à juste titre conclure qu’il est temps d’utiliser toutes les machettes critiques et conceptuelles disponibles pour démolir sans pitié et déconstruire avec force ces néo-fascistes putatifs, qu’ils soient philosophiques ou autres. Je vous conseille d’imiter les bons bolcheviks d’antan : lorsque vous avez affaire à des fascistes et à des nazis, fussent-ils juifs, allez directement à la jugulaire en travaillant assidûment avec un stylo et du papier ou votre PC en dépit de votre dégoût esthétique compréhensible. C’est un devoir prophylactique humain de ne pas être timide tant qu’il est encore temps.

Citation de Nietzsche :

« Considérons l’autre cas de ce qu’on appelle la morale, celui de la reproduction d’une race et d’une espèce particulières. Le plus bel exemple en est fourni par la morale indienne, érigée en religion sous la forme de la “loi de Manu”. Ici, la tâche assignée est d’élever simultanément pas moins de quatre races : une sacerdotale, une guerrière, une pour le commerce et l’agriculture, et enfin une race de serviteurs, les Sudras. Évidemment, nous ne sommes plus chez les dompteurs d’animaux : un type d’homme cent fois plus doux et raisonnable est la condition pour concevoir un tel plan d’élevage. On pousse un soupir de soulagement en quittant l’atmosphère chrétienne de maladies et de prisons pour un monde plus sain, plus élevé et plus sauvage. Comme le Nouveau Testament est misérable par rapport à Manu, comme il pue !

Pourtant, même cette organisation a trouvé nécessaire d’être terrible – cette fois non pas dans la lutte avec les bêtes, mais avec leur contre-concept, l’homme sans race, l’homme métissé- mishmash -, le chandala. Et là encore, il n’avait pas d’autre moyen de le rendre moins dangereux, de le rendre faible, que de le rendre malade – c’était la lutte contre le “grand nombre”. Il n’y a peut-être rien qui contredise davantage notre sentiment que ces mesures de protection de la morale indienne. Le troisième édit, par exemple (Avadana-Sastra I), “sur les légumes impurs”, ordonne que la seule nourriture permise au chandala soit l’ail et l’ognon, puisque les écritures sacrées interdisent de leur donner du grain ou des fruits avec du grain, ou de l’eau ou du feu. Le même édit ordonne que l’eau dont ils ont besoin ne soit pas puisée dans les rivières ou les puits, ni dans les étangs, mais seulement à l’entrée des marécages et dans les trous creusés par les pas des animaux. Il leur est également interdit de laver leurs vêtements et de se laver eux-mêmes, l’eau qui leur est accordée à titre de grâce ne pouvant être utilisée que pour étancher leur soif. Enfin, l’interdiction faite aux femmes Sudra d’assister les femmes Chandala lors de l’accouchement, et l’interdiction faite à ces dernières de s’assister mutuellement dans cette condition.

Le succès de ces mesures de police était inévitable : épidémies meurtrières, horribles maladies générales, puis à nouveau “la loi du couteau”, ordonnant la circoncision pour les enfants mâles et l’ablation des lèvres intérieures pour les enfants femelles. Manu lui-même dit : “Les chandalas sont le fruit de l’adultère, de l’inceste et du crime (conséquences nécessaires du concept de reproduction). Ils n’auront pour vêtements que des haillons des cadavres, pour vaisselle que des pots cassés, pour ornements que du vieux fer, pour services divins que des mauvais esprits. Ils erreront sans cesse d’un endroit à l’autre. Il leur est interdit d’écrire de gauche à droite et de se servir de leur main droite pour écrire : l’usage de la main droite et de gauche à droite est réservé aux vertueux, aux gens de race. “( Voir l’Annexe de mon ” Nietzsche as an awakened nightmare » dans la  Section Livres-Books de mon ancien site expérimental www.la-commune-paraclet.com , la version française est disponible ici : http://rivincitasociale.altervista.org/nietzsche-et-le-retour-du-cauchemar-eveille/)

Nous vivons actuellement la fin d’un cycle de régression monétariste néolibérale que la classe dirigeante, encore hétéroclite et instable, formée par l’alliance Washington-Tel Aviv et leurs vassaux européens, cherche à transmuter en un nouveau cycle de guerre froide avec un nouveau CoCom capable de soumettre l’ensemble de l’appareil industrialo-économique européen et celui d’autres pays – par exemple les pays anglo-saxons – au Pentagone et à son complexe militaro-industriel. Les États-nations, berceau de la souveraineté des peuples, doivent disparaître pour être englobés dans la régionalisation impériale. La guerre contre les peuples est nécessaire pour les contraindre à accepter volens nolens cette régression sans précédent. La dictature sanitaire – dégénérescence du génome humain et contrôle des masses par des passeports verts et divers QR codes – ne suffit plus. Il faut donc une agression contre le Donbass, et par conséquent contre la Fédération de Russie, en manipulant les “idiots utiles” habituels, tant en Ukraine que parmi nous dans l’UE. La seule alternative, à savoir la neutralité ukrainienne en dehors de l’OTAN et de l’UE comme prélude à un retour au contrôle et à la réduction des armements sur le continent européen et dans le monde, est condamnée sans appel au regard de la Constitution et de la logique fondamentale de la dissuasion nucléaire dont personne ne peut faire abstraction. (Ajout : Du fait de l’indivisibilité de la sécurité dans un cadre de dissuasion nucléaire, personne ne peut prétendre que la Russie soit l’agresseur en Ukraine alors que ce pays, sous la botte de Washington – Biden père et fils, Nuland, Kagan etc. – depuis le coup d’Etat de Maidan en 2014 préparait son entrée dans l’Otan et construisait des laboratoires nucléaires et biologiques militaires. Les missiles nucléaires de l’Otan pouvaient alors atteindre Moscou en moins de 2 minutes abolissant toute dissuasion. Là est la vraie agression. C’est pourquoi la neutralité reste la clé à toute possibilité d’accord de paix.)   

M. Emmanuel Macron a de nouveau été mal élu au second tour. Cette fois avec 38 % des inscrits et un record d’abstention et de votes blancs ou nuls. Si l’on ne connaissait pas la trahison politique et syndicale quasi unanime de la méthodologie scientifique, de la déontologie médicale et de la liberté de prescription des médecins, on s’étonnerait des 68 % des séniors qui ont voté pour M. Macron même après qu’il leur ait fait du chantage à la pseudo-vaccination, au triage et souvent à la déprogrammation hospitalière….

Si M. Macron obtient la majorité aux prochaines élections législatives, le pire deviendra une certitude. C’est pourquoi, à mon avis, le mot d’ordre approprié pour cette prochaine élection serait “Faire barrage à tout prix au parti de Macron”. N’accepter le pacte républicain qu’avec les autres candidats de gauche compatibles avec le programme de l’Union populaire”.

13 ) Annonciateurs de l’émancipation communiste avant Marx : Joachim de Fiore et Gerrard Winstlaney.

Entre le communisme pratiqué parmi les Gardiens de la Cité idéale de Socrate-Platon et celui de Karl Marx, il y a celui de Joachim de Fiore, le premier qui fonda l’émancipation individuelle et collective durant le 3ème Âge de l’Humanité sur la sécularisation de l’Esprit – ou Conscience –illuminant tout.e.s pareillement et sur l’accès de tous aux moyens de production et aux fruits du travail. Gerrad Winstaley reprendra ce refus du salut dans l’Au-delà et spécifiera les conditions parlementaires, légales et normatives de la planification de la production et de la consommation collectives dans un Commonwealth largement agricole mais libéré de l’échange marchandisé. Pour Winstanley, qui anticipe la Critique du programme de Gotha,  la Terre et les outils sont un Trésor commun, tous les surplus de production supérieurs aux besoins des ménages va dans un Magasin commun où tous ont égal accès selon leurs besoins, médiatisant ainsi socialement la nécessaire division sociale du travail. Voir : « La Concorde de Joachim de Flore ou l’annonce de la révolution émancipatrice par la liberté, légalité, l’amour, la tolérance et la paix », 14 aout 2023, http://rivincitasociale.altervista.org/la-concorde-de-joachim-de-flore-ou-lannonce-de-la-revolution-emancipatrice-par-la-liberte-legalite-lamour-la-tolerance-et-la-paix-14-aout-2023/  

(Voyez Gerrard Winstanley, The true Levellers’ Standard Advanced, The law of freedom and other writings, Ed. Will Jonson, 2014. J’en donnerais bientôt l’analyse.)

Paul De Marco